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Notiziario Marketpress di
Giovedì 03 Febbraio 2005
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RAPPORTO ISAE “LE PREVISIONI PER L’ECONOMIA ITALIANA: CRESCITA E STRUTTURA PRODUTTIVA” |
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Roma, 3 febbraio 2005- Con il 2004 si è chiuso uno degli anni di crescita più elevata attraversati dall’economia internazionale negli ultimi trent’anni. Tale positivo andamento si è realizzato nonostante l’acutizzarsi delle tensioni nei prezzi internazionali delle materie prime e lo scaricarsi sui mercati valutari dell’instabilità generata dagli ampi squilibri americani, come il rincaro del petrolio, arrivato per il Brent a quasi 50 dollari al barile nella media di ottobre, e il cambio sull’euro, che a fine dicembre si è spinto sopra il livello record di 1,36. Alla base della previsione per il biennio 2005-2006, l’Isae assume un lento ritorno verso valori più equilibrati tanto nelle quotazioni delle materie prime, quanto nei tassi di cambio. Per quanto riguarda il petrolio, si sconta una quotazione media annua ai 38 dollari nel 2005 e ai 33 nel 2006; il cambio del dollaro con l’euro si situa a 1,33 nella media di quest’anno 2005 e a 1,29 nel 2006. Dopo il picco ciclico del 2004, la crescita internazionale si modera nel biennio 2005-2006. Negli Stati Uniti, l’evoluzione del Pil nel 2005 si attesterebbe al 3,4% (4,4% nel 2004) e al 2,9% nel 2006, rimanendo in linea con la crescita potenziale; il Pil del Giappone invece risulterebbe dell’1,7% (2,9% nel 2004), e del 2,3% nel 2006. Nell’area euro, la crescita si colloca all’1,8% nel 2005 (come nel 2004), e al 2% nel 2006. L’asia conserverebbe un buon ritmo di espansione, la Cina registrerebbe un rallentamento contenuto come l’America Latina e l’Europa centro-orientale. In Estremo Oriente, il disastro del maremoto del 26 dicembre ha comportato perdite umane di proporzioni enormi, ma con un limitato impatto economico. India, Indonesia e Malesia sembrano in grado di assorbire lo shock nel breve termine, un effetto marginalmente maggiore potrebbe riguardare Thailandia e Sri Lanka, a causa della maggiore incidenza dei danni e del peso che riveste l’industria del turismo in queste economie. In Italia, nonostante una certa debolezza iniziale dell’export, dovuta agli effetti di freno derivanti dall’apprezzamento dell’euro, dovrebbero cominciare a manifestarsi gli stimoli derivanti da un rafforzamento della domanda interna, legato ad un aumento dei consumi, grazie all’andamento più sostenuto del reddito disponibile reale, e a un incremento degli investimenti dalla seconda metà del 2005. La stabilizzazione della quotazione dell’euro sul dollaro nella prima metà del 2005 e l’avvio nel secondo semestre di una sua inversione di tendenza potrebbero consentire un recupero di tono delle esportazioni. Secondo l’Isae la crescita del Pil si attesta all’1,8% nel 2005 (1,3% nel 2004), e al 2% nel 2006, in linea con l’area della moneta unica. Nel mercato del lavoro italiano la fase di ripresa economica, che dovrebbe interessare il 2005, si accompagnerebbe al mantenimento di una positiva dinamica nella domanda dell’input di lavoro. Nel 2005 le unità standard si incrementerebbero dello 0,6 per cento e quasi all’1% nel 2006. In termini di persone, l’aumento complessivo nell’arco del periodo 2005-2006 sarebbe di circa 420.000 unità; il tasso di disoccupazione continuerebbe a ridimensionarsi, portandosi al 7,9 nel 2005 e al 7,6 per cento nel 2006. All’interno del Rapporto inoltre l’Isae torna a verificare, con un’indagine ad hoc, gli effetti dell’entrata in vigore della nuova normativa sul mercato del lavoro rappresentata dalla legge Biagi (principali canali di reclutamento, tipologie contrattuali privilegiate, ecc.). Allo stesso modo nel Rapporto si illustrano alcuni risultati delle inchieste che l’Isae ha condotto per conto della Ue presso consumatori e imprese industriali. La previsione del’Isae sull’inflazione sconta per il biennio 2005-2006 la prosecuzione del processo di rientro. Nel 2005 si attesterebbe all’1,9%, riuscendo a confermarla anche nel 2006 (era 2,2% nel 2004). Per la finanza pubblica, secondo le stime dell’Isae, l’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche sarebbe risultato nel 2004 pari al 2,9% del Pil, conseguendo l’obiettivo fissato nella Relazione previsionale e programmatica di settembre. Il rapporto debito/Pil del 2004 dovrebbe essersi ridotto di circa mezzo punto percentuale, scendendo al 105,8% (dal 106,2% del 2003). Per il 2005, l’Isae assume la piena realizzazione e la completa efficacia dei provvedimenti definiti nella legge Finanziata approvata lo scorso dicembre e prevede un deficit al 2,9% del Pil e un debito in calo al 104,4% del prodotto. Nel 2006, in termini tendenziali a politiche invariate, il disavanzo toccherebbe il 3,4% e il debito scenderebbe al 103% del Pil. Una manovra di correzione delle tendenze di poco superiore al mezzo punto percentuale di Pil manterrebbe il deficit sotto la soglia di Maastricht, con effetti complessivamente limitati sulla crescita dell’economia. Il Rapporto Isae dedica un capitolo a “crescita e struttura produttiva dell’Italia” in cui si esaminano gli andamenti di lungo periodo del reddito pro-capite, della produttività e del mercato del lavoro della nostra economia in confronto con Germania, Francia e Stati Uniti. Dall’analisi emergono i seguenti punti: Non si riscontra tra una specificità in negativo dell’Italia rispetto ai maggiori sistemi europei; tra il 1990 e il 2003, il reddito pro capite degli italiani è aumentato, in termini reali, come quello dei tedeschi e dei francesi; dopo il 1995, si assiste a un rallentamento dell’Italia rispetto alla Francia, ma non nei confronti della Germania. I tre paesi europei, nel loro insieme, si erano avvicinati notevolmente al benchmark americano nel corso dei decenni precedenti, grazi a un forte miglioramento della produttività. Nel 1995, i livelli di produttività delle tre economie europee erano in linea o anche superiori allo standard degli Stati Uniti. Un ritardo rispetto agli Stati Uniti ha invece continuato a caratterizzare Italia, Germania e Francia in termini di tassi di occupazione e ore di lavoro per occupato. Dopo il 1995, gli Stati Uniti sono ripartiti con grande slancio, grazie al migliore utilizzo delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione (Tci); i settori che spiegano la migliore performance americana a partire dalla metà del decennio novanta non sono quelli che producono Tci, ma quelli che utilizzano Tci, in particolare alcuni servizi come la distribuzione all’ingrosso e al dettaglio, l’intermediazione finanziaria e alcuni servizi alle imprese; in queste attività è il “segreto” del successo degli Stati Uniti. La ripresa della rincorsa di Italia, Germania e Francia nei confronti degli Stati Uniti implica che si migliori la performance del mercato del lavoro (maggiore utilizzo di lavoratori nei processi produttivi) e che si adottino misure di liberalizzazione nell’ampio settore dei servizi che consentano di aumentarne l’efficienza, con ricadute positive per i settori acquirenti, in primo luogo quello manifatturiero esposto alla concorrenza internazionale.
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