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Notiziario Marketpress di
Giovedì 28 Ottobre 2004
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NEXT HOME 2004 – ABITARE L’INNOVAZIONE SMAU 2004 – MILANO 21-25 OTTOBRE SMAU SICILIA 2004 – CATANIA 18-21 NOVEMBRE |
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Roma, 28 ottobre 2004 - Come sarà la tua prossima casa? A partire da questa semplice domanda, che ciascuno di noi si è sentito rivolgere molte volte o sulla quale abbiamo fantasticato in molte occasioni, si articola e si sviluppa il progetto Next Home – Abitare L’innovazione presentata quest’anno a Smau 2004. Una domanda che non presuppone prefigurazioni fantascientifiche. Non si tratta di immaginare la casa del futuro, ma la prossima casa, già realizzabile sulla base delle opportunità esistenti. Numerose aziende saranno presenti con prodotti e tecnologie innovative all’interno di un prototipo di casa in cui i visitatori potranno sperimentare direttamente l’integrazione tra innovazione tecnologica, soluzioni bioarchitettoniche, nuovi modi di abitare e nuovi modi di concepire la struttura materiale dell’alloggio. La nostra ambizione è che la Next Home non sia un semplice stand espositivo della domotica e tanto meno un contenitore indifferente di oggetti, prodotti e sistemi impiantistici domestici giustapposti. Collocata all’interno di un’area espositiva di circa 800 mq. Con stand, spazio workshop, aree informative, la Next Home vuole essere prima di tutto un’occasione per riflettere e porre degli interrogativi. Perché viviamo in case organizzate come quelle dei nostri nonni? Con il progetto Next Home – Abitare L’innovazione vogliamo cercare di capire come stanno cambiando i nostri comportamenti abitativi: che tipo di attività svolgiamo tra le mura domestiche? come interagiamo con il mondo mentre siamo comodamente seduti sul nostro divano e come interagiamo con la nostra casa mentre siamo in giro per il mondo ? Contemporaneamente la Next Home vuole stimolare un dibattito tra diversi soggetti (utenti, progettisti, immobiliaristi, imprese di costruzione, imprenditoria di settore, cooperative di abitanti, mondo dell’Ict ecc.) su una tesi che riteniamo fondata: perché continuiamo a vivere in case strutturate in modo quasi del tutto indifferente rispetto al cambiamento? Siamo infatti convinti che il settore abitativo ha dimostrato in questi anni di essere il più inerte nei confronti dell’innovazione. Nella nostra vita quotidiana siamo affascinati e coinvolti dalle continue evoluzioni della tecnologia, dalla telefonia fissa e mobile ai Pc, da internet alla banda larga, dalla televisione e radio digitale e interattiva ai sistemi audiovisivi di ultima generazione ecc. Tutte queste innovazioni condizionano e trasformano, quotidianamente, il nostro lavoro, il nostro modo di apprendere, comunicare, vivere, di muoverci ed interagire con la realtà. Le nostre case, invece, restano estranee a questi processi. Esse si riempiono continuamente di nuovi oggetti, nuove tecnologie, nuovi impianti, ma la loro struttura materiale non si trasforma! Se ci guardiamo intorno ci accorgiamo che viviamo ancora in alloggi organizzati secondo logiche, nel migliore dei casi, di 70, 80 anni fa. La nostra prossima casa sarà… Proviamo ad immaginare le risposte più probabili alla domanda con cui abbiamo iniziato la nostra riflessione. La mia prossima casa sarà……più grande, con una o due stanze in più, con un giardino o con un terrazzo, in una posizione più centrale o più isolata, con una cucina abitabile o un grande bagno e così via. Le aspettative sulle sue dotazioni tecniche, anche su quelle già disponibili e sperimentate, non sono prioritarie, rappresentano un problema successivo. Naturalmente questa considerazione non è attribuibile solo all’utente/consumatore. Il mercato degli alloggi offre, per la grande maggioranza, soluzioni abitative stereotipate e, quel che è peggio, gran parte dei progettisti pensano e disegnano, per ignoranza e pigrizia, case che ignorano le possibilità che l’innovazione delle dotazioni tecniche offrono. Al massimo tali dotazioni sono pensate come qualcosa che appartiene al sistema degli oggetti, che sarà introdotto all’interno del contenitore solo in un secondo momento, in base alle scelte del singolo consumatore. Insomma qualcosa che non ha nulla a che fare con la progettazione architettonica. La rivoluzione industriale: la casa come macchina da abitare All’inizio del Xx secolo, in piena rivoluzione industriale, i grandi maestri dell’architettura del ‘900 si trovarono in una situazione analoga. Nel 1923 Le Corbusier in “Vers une Architecture“ scriveva: “C’è un mestiere, uno solo, l’architettura, dove il progresso non è di rigore, dove la pigrizia regna, dove ci si riferisce volentieri al passato. Dappertutto peraltro l’inquietudine del domani tormenta e conduce alla soluzione: se non si va avanti si va al fallimento.” Anche allora Le Corbusier rintracciava la più grande arretratezza di pensiero nel settore residenziale. Mentre la rivoluzione industriale aveva portato a straordinarie e innovative realizzazioni ingegneristiche (ponti, strade, dighe, stabilimenti industriali ecc.) nessun radicale cambiamento era stato introdotto nel modo di pensare l’alloggio. L’innovazione tecnica, che era stata capace di creare i piroscafi e gli aeroplani, doveva, secondo il grande architetto, trasformare anche la casa in una “macchina per abitare”. In realtà il radicale cambiamento della società e dei conseguenti modi di abitare provocò, a partire dagli anni ’30 del secolo scorso, un progressivo affermarsi di nuovi modelli abitativi che misero in crisi la casa ottocentesca. I principi di economicità, praticità, funzionalità vennero applicati alla residenza. L’alloggio fu scomposto nelle sue parti costituenti. Queste furono analizzate in base alle singole attività e riaggregate secondo schemi distributivi razionali. Le zone dell’abitazione furono ridotte a due, la zona giorno e la zona notte, mentre si limitarono al minimo le superfici necessarie per ogni singola funzione. Si applicarono alla residenza i principi dell’industrializzazione, della standardizzazione e della prefabbricazione. Anche le dotazioni impiantistiche furono adeguate alla monofunzionalità degli ambienti della casa. Ma questo è stato l’ultimo vero cambiamento dei tipi residenziali. Volendo accentuare la provocazione, con l’esperienza della Next Home vogliamo evidenziare come oggi, in piena rivoluzione post-industriale, siamo ancora fermi a quel modello abitativo. Cospazialità e contemporaneità: l’indeterminatezza degli ambienti domestici La prima questione che vogliamo porre: la domotica, l’automazione domestica, gli elettrodomestici intelligenti, i nuovi apparati audiovisivi, i sistemi di controllo a distanza, internet e, ancora, l’home working, l’e-commerce, e-banking, e-learning ecc. Ecc., nonché i comportamenti abitativi che a queste innovazioni sono legati, mettono definitivamente in crisi il modello funzionalista della casa. Gli spazi non possono essere più organizzati secondo gerarchie funzionali rigide e le reti impiantistiche non possono più rispondere alla logica di tali gerarchie. Se riflettiamo sul nostro nuovo modo di abitare ci accorgiamo che esso non trova rispondenza in un sistema rigido pensato per un numero di funzioni limitate ed in sequenza temporale ordinata. Ci occorre un alloggio che sia sempre più il supporto materiale di una enorme potenzialità di comportamenti complessi, spesso contemporanei, con alti livelli di integrazione. Tornano alla mente le parole profetiche di un altro grande maestro dell’architettura del ‘900, Mies Van der Rohe: “Fai i tuoi spazi grandi a sufficienza, uomo, cosi da potervi camminare liberamente e non solo in una direzione predeterminata. O sei del tutto sicuro di come quelli verranno usati? Noi non sappiamo affatto se la gente ne farà l’uso che noi ci attendiamo. Le funzioni non sono così chiare né così costanti: esse cambiano più rapidamente dell’edificio.” L’innovazione decreta la fine del concetto di “stanza” monofunzionale: la camera da letto, il bagno, il soggiorno, la sala da pranzo, la cucina, il corridoio, l’ingresso. Non vi è altresì alcun pretesto tecnologico o comportamentale per posizionare rigidamente apparecchiature in luoghi che servono ad una sola specifica attività. Diviene necessario affermare il concetto di cospazialità (più funzioni in uno spazio) e contemporaneità (più funzioni in un tempo). Ha scritto recentemente l’architetto giapponese Toyo Ito: “Nella società fluttuante d’oggi è assolutamente essenziale rimuove le separazioni fondate sulla semplificazione delle funzioni e stabilire invece relazioni di sovrapposizione spaziale. E’ necessario, in altri termini, uno spazio che sappia aggiungere luoghi di mutamento, come vortici nel flusso uniforme di un fiume” D’altra parte la monofunzionalità sta progressivamente sparendo anche dai sistemi tecnologici di uso domestico. Uno schermo o, per dirla più banalmente, un televisore non serve più solo a ricevere programmi televisivi in analogico. Esso è contemporaneamente un terminale che integra sistemi di immagini e informazioni complessi: tv digitale, satellitare, internet, Pc, videogiochi, Dvd, sistemi a circuito chiuso (videocitofonia ad esempio) ecc. Un interruttore non è più progettato per azionare una singola funzione (ad esempio accendere o spegnere un apparecchio illuminate). Esso integra ed aziona sistemi complessi di funzioni (i cosiddetti scenari): contemporaneamente attiva l’antifurto, abbassa le tapparelle, “spegne le luci” ecc. Con la Next Home abbiamo cercato di realizzare una struttura materiale in grado di offrire il massimo grado di libertà spazio-temporale: quanto più la sua organizzazione consentirà comportamenti individuali e collettivi imprevisti ed imprevedibili e supporterà integrazione e cooperazione tra insiemi complessi di funzioni e servizi, tanto più elevata sarà la sua qualità. Un grande spazio centrale raggiunge il massimo grado di flessibilità, polifunzionalità, trasformabilità. La sua indeterminazione è la sua prima qualità: in esso tutto può accadere. Una serie di servizi sono collocati a corona di tale spazio (il servizio cucina, il servizio home working, il servizio benessere e cura del corpo, e così via) disponibili, di volta in volta, ad essere integrati ed assorbiti nello spazio centrale, in una serie ampia di combinazioni possibili. Dal sistema di oggetti al sistema di servizi Il secondo aspetto al centro della riflessione della Next Home: le dotazioni tecniche di una casa non appartengono al “sistema di oggetti” ma ad un “sistema di servizi”, che distribuisce, all’interno dell’alloggio, una serie di terminali tra loro integrati. Le strutture fisiche dell’alloggio, i muri, i pavimenti, le pareti, con le loro rigidità non sono più i dati di partenza del progetto della Next Home. Siamo partiti dall’identificazione delle possibilità comportamentali che si volevano assegnare alla domesticità per definire la dotazione del sistema di servizi necessari per supportarle. Per tornare all’esempio precedente, la necessità sempre più invasiva di interagire con sistemi complessi di immagini ed informazioni non si esaurisce nella Next Home nella presenza di uno o più oggetti/schermo. Le superfici che consentano questa interazione, grazie alle innovazioni tecnologiche del settore, sono parti integranti della struttura fisica della casa. Sono pareti, divisioni trasparenti/opache, sistemi di apertura/chiusura dello spazio. Ancora, il “soffitto” della Next Home supera la univocità funzionale di frontiera superiore dell’alloggio, al massimo caricata della necessità di fare da supporto a qualche apparecchio illuminante, per divenire una sorta di graticcia teatrale in grado di accogliere reti e terminali diversi, mutevoli nel tempo per quantità e tipologia. Con queste sfide cerca di confrontarsi la Next Home. Siamo solo all’inizio del percorso di ricerca. Un percorso che richiede l’apporto di molti soggetti che con l’iniziativa di Smau (che non a caso vede il Patrocinio dell’Istituto Nazionale di Architettura e del Consiglio Nazionale Architetti, Paesaggisti, Pianificatori, Conservatori) si sono associati per mostrare al pubblico una ipotesi di lavoro per la nostra prossima casa.
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