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Notiziario Marketpress di
Venerdì 29 Ottobre 2004
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LOMBARDIA / CHIAVENNA: MULINI E PIETRA OLLARE
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Non è così famosa come la Valtellina, non è così mondana come l’Engadina. Ma la Valchiavenna è un valle da scoprire pazientemente con lunghe passeggiate, escursioni a mezza costa, soste nei crotti e nei palazzi nobiliari della cittadina che dà nome al territorio. Chiavenna si trova all’imbocco delle valli che salgono, una al Passo dello Spluga e l’altra al Passo del Maloja ed è coronata dalle Alpi Lepontine e dalle Alpi Retiche. Neve e monti intorno, ma un posizione riparata dai venti freddi del Nord e influenzata piacevolmente dal clima mite del lago. Chiavenna è collocata sui depositi di frana che diedero luogo in tempi remotissimi alla formazione dei crotti, caverne così tipiche della Valchiavenna da essere simbolo delle festività e della gastronomia locale. Da quella frana derivano anche le famose Marmitte dei Giganti, mentre in basso scorre il torrente Mera, in centro città, tra i palazzi solenni del centro storico, ponti romantici e ruote di mulini. L’origine del centro storico di Chiavenna risale agli inizi del ’500 e ricalca l’impianto medievale, presentando strette vie caratteristiche che costituiscono la sua tipica fisionomia pittoresca. Il XVII sec. vide il transito delle truppe dei lanzichenecchi, che distruggono e saccheggiano tutto quanto incontrano sul loro cammino e seminano il morbo della peste. Successivamente si raggiunse una stabilità in campo religioso e la valle riprese a prosperare grazie ai commerci e ai trasporti. Questo luogo era il punto di partenza di numerosi sentieri storici, come la via Spluga, la strada della Forcola, la via Bregaglia, la strada che da Savogno porta in Valle di Lei, tracciati alpini attraverso i quali passarono greggi, commerci , uomini in armi, contrabbando ed idee. Mentre l’economia della valle era in passato basata essenzialmente sui trasporti e sui traffici commerciali, dopo l’apertura del traforo del Gottardo, Chiavenna è riuscita a mantenere una certa agiatezza grazie all’industria cotoniera e alla produzione della birra. E i palazzi del centro che testimoniano la ricchezza del passato sono ancora pieni di vita. Non solo i palazzi testimoniano la ricchezza, ma anche la Collegiata di San Lorenzo dove è conservata una preziosa coperta di Evangelario detta “Pace di Chiavenna”. La coperta è costituita da una tavola in legno di noce su cui sono montate 25 lamine d’oro di varie dimensioni, alcune lavorate a sbalzo, altre con inserti di gemme, perle, smalti e filigrana d’oro. Domina al centro una croce greca ornata da gemme e perle disposte a croce entro castoni dentellati, su un fondo di racemi in filigrana di lavorazione molto raffinata. Le scritte intorno alla base centrale fanno pensare all’intervento di un artefice illetterato, mentre la mano dell’artista creatore è decisamente eccellente. Da un tesoro all’altro. Bottonera è il mulino dell’ex pastificio Moro che sorge nel quartiere artigiano di Chiavenna, edificato nell’800 nella parte alta del borgo. Qui le varie attività utilizzavano l’acqua del fiume Mera attraverso una rete di canali che fornivano la forza motrice a mulini, ad una cartiera, un maglio, due fabbriche di ovatta, concerie, falegnarnerie, birrifici e al pastificio. I canali ebbero la loro importanza sino alla fine degli anni ’40 quando furono soppiantati dall’energia idroelettrica, peraltro già presente in valle dal 1894. Trenta anni prima nel Mulino Bottonera della famiglia Moro erano state installate quattro macine delle Officine meccaniche italiane di Monza, mentre nel 1930 fu dato l’incarico alle Officine Reggiane di realizzare una nuova struttura, portando a sei le macine e introducendo un sistema di elevatori e la setacciatura dello sfarinato. Il complesso è giunto pressoché intatto fino a noi, vero gioiello di archeologia industriale e ci sorprende con la tecnologia avanzata che offriva fino agli ultimi anni del ’900. Il mulino era in azione giorno e notte ed il lavoro, distribuito su tre turni, era coordinato da un capo mugnaio che, con una squadra di operai. sovrintendeva al funzionamento delle macchine e al caricamento nei sacchi dei prodotti della lavorazione: farina, crusca, farinette e mezzi grani. Il mulino ed il pastificio furono una presenza importante nella vita economica della Valchiavenna grazie al consistente apporto di manodopera. Se il Mulino ci porta in un ambiente di lavoro artigianale, ancora più autentica appare la lavorazione tradizionale della pietra ollare che si pratica qui come in Valtellina. Roberto Lucchinetti invita turisti e visitatori a scoprire il suo laboratorio di lavorazione della pietra ollare e tessitura tipica di Piuro a Prosto di Piuro (Info tel 0343/35905, www.pietraollare.com e-mail: Pietraollare@libero.it ). Un tempo tra le antiche attività tradizionali della bassa Bregaglia, un posto di rilievo era occupato dall’escavazione e dalla lavorazione della pietra ollare con cui si producevano soprattutto laveggi. “Alcuni ritengono che questi avessi hanno la proprietà di non tollerare veleno di sorta nella vivanda che dentro vi si cuoce, perché ogni veleno eventualmente propinatovi verrebbe neutralizzato durante la bollìtura”. Lo Scheuchzer scrive nel 1746, “... in queste pentole di pietra i cibi cuociono più in fretta e meglio che in altre fatte in ottone, rame o altro metallo; inoltre i cibi mantengono la loro naturale fragranza e non vengono inquinati da sapori estranei". Roberto Lucchinetti ha ripreso la tradizione dei piuraschi di cavare e lavorare la pietra ollare. Realizza, oltre ai classici laveggi, calici che riproducono la forma di uno antico trovato nella rovina di Piuro, “Furagn” che sono recipienti muniti di coperchio usati per conservare burro, grasso animale, carni e formaggio. All’inventiva di questo artigiano sono dovuti servizi per caffè, recipienti per conservare la fragranza del caffè macinato e “pigne" (stufe in pietra) dalle linee eleganti. Consorzio per la Promozione turistica della Valchiavenna, tel.0343/37485, infolink: www.valchiavenna.com
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