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Notiziario Marketpress di
Giovedì 09 Dicembre 2004
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LO STATO DELLA PICCOLA E MEDIA EDITORIA IN ITALIA |
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Roma, 9 dicembre 2004 - Sintesi del volume: Il valore della creatività nella piccola e media editoria. Materiali per una discussione, Milano, Associazione italiana editori, novembre 2004 Realizzato dall’Ufficio studi per tematizzare e approfondire alcuni aspetti – della piccola e media editoria - che il Libro bianco, realizzato in occasione degli Stati generali, aveva preso in considerazione solo marginalmente. Le aziende: in crescita. Oggi risultano 1.759 piccole e medie case editrici (di queste, 986 pubblicano tra gli 11 e i 49 titoli all’anno) Nel 2001 il parco aziendale della Piccola media Editoria (Pme) risultava attorno alle 880 imprese, che pubblicavano da 11 a 49 titoli all’anno, più altre 650 con una produzione compresa tra i 5 e i 10 titoli all’anno (case editrici, queste ultime, che in molti casi possono esser fatte rientrare in una condizione di pre-imprenditorialità, per scelta editoriale o per mancanza di risorse oppure perchè si trovano all’inizio di un processo di crescita verso dimensioni aziendali più consistenti). Nel 2003 sono aumentate, diventando le prime 986 (+12,0%), le seconde 773 (+18,9%): complessivamente si è passati dalle 1.530 del 2001 alle 1.759 del 2003. I piccoli e medi editori che risultano maggiormente strutturati, pubblicando più di undici titoli all’anno (la continuità produttiva espressa dalle novità pubblicate è direttamente correlata alla consistenza e all’articolazione di un progetto e di un piano editoriale che si sviluppa nel tempo, a una direzione editoriale, a una struttura redazionale, a una rete di collaboratori, a rapporti continui con le aree della pre-stampa, stampa e post-stampa, a una distribuzione e presenza nei canali di vendita, ecc.), sono quelle 986 case editrici che appartengono al primo gruppo e sulle quali si concentra l’attenzione dello studio (il numero di editori e di marchi presenti a una manifestazione come “Più libri più liberi”, in altre parole a una mostra mercato specializzata nella piccola e media editoria, è di circa 350-360 piccole case editrici). Le 986 case editrici rappresentano il 18,7% di tutte le case editrici “censite”, ma si sale al 26,9% (una su quattro di quelle che hanno una reale presenza e disponibilità in libreria o nelle anagrafiche) se consideriamo solamente quelle attive. Numeri che solo apparentemente possono sembrare elevati, per la relativa facilità ad “aprire” una nuova casa editrice e per basse (o inesistenti) barriere all’ingresso, cui corrispondono però, in un secondo momento, barriere all’accesso nella distribuzione, nella capacità di occupare spazi espositivi sul punto vendita, nella visibilità e nella comunicazione sulla stampa o in televisione e nella difficoltà ad accedere al credito. Produzione: in crescita, del 31,7%, rispetto al 2001. Meno ristampe e più novità. Nel 2001 i piccoli e medi editori avevano proposto, tra novità e ristampe, 12.726 titoli (una media di 14 titoli per casa editrice); due anni dopo questo valore è cresciuto del 31,7%, raggiungendo i 13.108 titoli (13 titoli per casa editrice). Meno ristampe e più novità. Il 70,5% di questa produzione è composta da novità, ben oltre i valori medi che contraddistinguono la media del settore (che nel 2003, secondo Istat, è del 64,4%). Il dato è interpretabile come conseguenza di una relativa giovinezza di molte delle case editrici, e quindi della costruzione in corso di un catalogo. Ma è anche correlato ad un altro aspetto, ben più importante e ricco di implicazioni negative: il “tempo” sempre più ridotto in cui le novità stanno sui banchi e sugli scaffali di una libreria più attenta agli indici di rotazione e alle componenti economico-finanziarie della sua gestione. Questo si rende oggi indispensabile in un quadro di crescente concorrenza tra canali e formule di vendita, rappresentando per la Pme – ma più in generale per quella che una volta veniva chiamata “editoria di catalogo” – una delle maggiori criticità per il settore. Il catalogo: sono 78mila le proposte della Pme (il 22% di tutto il settore editoriale) Nel complesso la Pme propone attraverso il suo catalogo il 22% dei titoli commercialmente vivi (circa 78.000 proposte su oltre 350mila). Questo dato però evidenzia la difficoltà e la complessità di far conoscere ai lettori una parte molto importante della produzione della piccola editoria: sia in termini di visibilità sulla stampa e nelle pagine culturali; sia per l’inserimento di un’informazione bibliografica completa e puntuale all’interno delle banche dati, in grado di consentire la visibilità e reperibilità da parte del libraio nel momento in cui un cliente fa un ordine. Sia, infine, in termini di visibilità delle proposte sui banchi e gli scaffali dei punti vendita. La tiratura: diminuisce (-3,5% rispetto al 2000) Se la tiratura media degli editori italiani è di 4.800 copie, quella di un piccolo e medio editore è oggi di 1.900 copie; e nel 2000 di 1.998 (-3,5%). Ma se il 35% dei piccoli editori dichiara una tiratura media superiore alle 2mila copie, per il 18% è inferiore alle mille (con una media di 522 copie per titolo). Giro d’affari: la Pme rappresenta il 31,6 % delle vendite della libreria Considerate le caratteristiche di questo settore, è opportuno abbandonare una rappresentazione complessiva del mercato librario. La Pme concentra la sua produzione soprattutto, se non esclusivamente, nell’area dell’editoria di varia – che comprende narrativa (italiana e straniera), libri per bambini e ragazzi, saggistica di cultura, editoria universitaria, d’arte e illustrata, guide turistiche e libri di viaggio, manualistica, opere di reference –, distribuita in librerie (indipendenti, specializzate, di catena), in grandi librerie on line ed edicola, e, parzialmente, nella grande distribuzione organizzata. La Pme esprime un fatturato, a prezzo di copertina, pari a 310milioni di euro, pari al 31,6% del fatturato del canale libreria. Se è vero che in questo valore sono comunque comprese piccole e medie case editrici (o marchi) entrati a far parte di grandi e medi gruppi editoriali o di grandi case editrici, il dato indica comunque il peso che proprio la diversificazione e l’articolazione dell’assortimento offerto dalla Pme propone oggi al punto vendita e, di conseguenza, ai lettori. Un dato che però si ridimensiona quando vediamo che quel 31,6% è costituito, in realtà, da alcune decine di sigle editoriali, che raggiungono l’1-1,5% di quota di mercato, mentre tutte le altre si trovano con quote appartenenti alla categoria dello “zero virgola qualcosa”. Questo non impedisce che alcuni di questi marchi abbiano delle posizioni di leadership nel particolare segmento di mercato in cui sono presenti con la loro produzione. E implicitamente permette di intravedere le potenzialità che le strategie di coalizione – “Uniti per competere” era il filo conduttore del Salone della piccola e media editoria di Roma dello scorso anno – possono avere per tutto il settore come mostra la stessa manifestazione di Roma. Occupazione: 5mila addetti nel settore della Pme Possiamo stimare in circa 5mila il numero di addetti (compresi i titolari che lavorano in casa editrice), pari a circa il 25% dell’occupazione complessiva. Il 46,8% (quasi uno ogni due) svolge mansioni che riguardano l’attività editoriale e redazionale-produttiva vera e propria. Dove vendono: per l’86% in libreria La Pme non vende i suoi libri, naturalmente, solo in libreria. Da questo canale provengono la maggior parte dei suoi ricavi (l’86%), ma un altro 5% proviene dalla vendita nella Gdo, e un restante 9% da altri canali: in particolare, dalla vendita per corrispondenza in cui sono comprese le vendite tramite Internet e dall’export di libri (entrambi i canali sono in crescita). A fronte di una tiratura media di 1.900 copie, nei dodici mesi successivi all’uscita del libro le vendite medie sono però di 860 copie. Internazionalizzazione: solo il 2% delle piccole case editrici vende i diritti all’estero C’è un rapporto diretto tra capacità di esportare e vendere diritti all’estero e dimensione delle case editrici. Nel 2003 il 18% delle grandi e medie case editrici ha venduto all’estero diritti di edizione dei propri libri e autori, contro solo il 2% delle piccole case editrici. Questo significa che la Pme prova a stare sul mercato internazionale senza avere i mezzi per sviluppare strategie di marketing specificamente indirizzate a questo tipo di sfruttamento del catalogo. Nonostante ciò, queste imprese sanno cogliere l’esistenza di una domanda di titoli italiani espressa dagli editori stranieri. Ci potremmo chiedere se questa domanda non potrebbe venir meglio perseguita dalla Pme rispetto a quanto non abbia fatto fino ad oggi. E magari anche in ambiti diversi rispetto a quelli tradizionali della narrativa, in favore invece di segmenti come la saggistica, la vasta galassia della manualistica, i libri per bambini che risultano in crescita nell’export di diritti. A ciò si aggiunge che – per i piccoli editori – è difficile avere sufficiente massa critica (anche in ragione dei bassi margini) per rendere conveniente lo sviluppo di una strategia di marketing specifica per il mercato dei diritti.
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