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Notiziario Marketpress di Giovedì 16 Dicembre 2004
 
   
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  NOVITA’ DELLA RICERCA NELLA TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA. “IL TRATTAMENTO CHE NON AUMENTA IL RISCHIO DI CANCRO AL SENO”  
   
  Milano, 16 dicembre 2004 - La ricerca sul rapporto fra la funzione delle ovaie e il cancro al seno è iniziata fin dalla fine del 1800, quando un chirurgo inglese dimostrò che si poteva far regredire il tumore asportando le ovaie. Negli anni '30 del secolo scorso furono isolati gli ormoni sessuali e cominciò la ricerca sperimentale. Intanto si era osservato che le donne con più figli si ammalavano di meno. Nella seconda metà del secolo la ricerca epidemiologica chiarì che il rischio è più alto nelle donne che hanno la prima mestruazione presto e la menopausa tardi, cioè una più prolungata attività ovarica. Nel 1964 il professor Grattarola, ginecologo-endocrinologo dell'Istituto dei Tumori di Milano, confrontando le biopsie dell'endometrio di giovani donne sane e ammalate di cancro al seno dimostrò che l'alterazione ormonale che favorisce lo sviluppo del cancro dipende da un ovaio che produce troppi ormoni sessuali di tipo maschile (androgeni), e che non riesce ad ovulare e quindi non produce l'ormone sessuale che caratterizza normalmente la seconda metà del ciclo mestruale (il progesterone). Vent'anni dopo un suo allievo, il dr Secreto, dimostrava che nel sangue delle pazienti con cancro al seno i livelli di testosterone erano più alti e, prima della menopausa, i livelli di progesterone erano più bassi rispetto a donne sane della stessa età. Rimaneva da dimostrare che queste alterazioni fossero la causa e non la conseguenza della malattia. Fu così che iniziammo un grande studio prospettico a cui collaborarono 11.000 donne sane della provincia di Varese, di cui disponiamo di campioni di sangue prelevati in un preciso giorno del ciclo e conservati a bassissima temperatura (il progetto Ordet). Attraverso il registro tumori della Regione Lombardia sappiamo che già 400 di queste donne si sono ammalate di cancro al seno e i loro campioni di sangue ci sono preziosissimi per esaminare la loro condizione ormonale precedente alla malattia. Dimostrammo che dopo la menopausa alti livelli plasmatici sia di estrogeni sia di androgeni sono associati ad un alto rischio di cancro. Nel 2004 c'era un numero sufficiente di casi anche in donne che erano entrate nello studio prima della menopausa e - 40 anni dopo l'intuizione di Grattarola - il dr Micheli potè confermare che il cancro del seno premenopausale è effettivamente preceduto da una condizione di androgeni alti e progesterone basso: un grande risultato della ricerca italiana e dell'Istituto dei Tumori di Milano, che apre la strada a strategie di prevenzione primaria del cancro della mammella, attraverso la dieta, che può modulare la produzione degli ormoni sessuali, ed eventualmente attraverso farmaci chemiopreventivi. Nel frattempo però si era diffusa una teoria contrastante, basata anche su numerosi studi sugli effetti dei trattamenti ormonali per i disturbi della menopausa, dai quali risultava che l'associazione di estrogeni e progestinici conferiva un rischio maggiore per il seno che non gli estrogeni da soli. La contraddizione è solo apparente perché questi farmaci progestinici non sono progesterone naturale, bensì molecole di sintesi che hanno anche altri effetti, in particolare effetti androgenici, e il rischio è tanto maggiore quanto maggiore è l'azione androgenica. Il progesterone naturale, invece, che è stato usato per il trattamento sostitutivo in menopausa quasi esclusivamente in Francia, non ha effetti androgenici, e nel grande studio prospettico E3n/epic, condotto con la collaborazione di 100.000 donne insegnanti francesi, oggi in pubblicazione, non si vede alcun aumento di rischio di cancro al seno nelle donne che ne fanno uso. Lo stesso studio conferma invece un significativo aumento di rischio per chi usa progestinici di sintesi, anche per breve tempo. L'importanza di questo studio è anche legata a un disegno migliore rispetto a tutti gli studi precedenti: lo studio consente infatti di seguire le donne dal momento in cui hanno iniziato il trattamento e di tener conto della durata del trattamento. Gli studi precedenti invece semplicemente chiedevano a un gran numero di donne sane se stessero prendendo o se avessero mai preso questi farmaci e poi le seguivano nel tempo per vedere chi si sarebbe ammalata, ma poiché questi studi si fanno solo su donne che non si sono (ancora) ammalate, eventuali donne che si fossero già ammalate a causa del farmaco venivano escluse mentre quelle che non si erano ammalate venivano incluse, con la conseguenza di sottostimare il rischio. Negli anni passati sembrava che la terapia ormonale sostitutiva in menopausa fosse da prescrivere anche per la prevenzione di varie malattie croniche e che i rischi fossero ampiamente compensati dai benefici. Oggi sappiamo che non è così, che non sono farmaci per la prevenzione, che l'unica importante ragione di prescriverli sono i disturbi della menopausa; ma sappiamo anche che per le donne che ne hanno veramente bisogno esiste la possibilità di scegliere una molecola, che non sembra aumentare il rischio di cancro al seno. Comunque, è importante che anche l'uso del progesterone naturale sia monitorato, anche se i dati a oggi in nostro possesso, sono molto incoraggianti.  
     
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