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Notiziario Marketpress di Lunedì 20 Dicembre 2004
 
   
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  INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO? ORA LE DONNE POSSONO TORNARE A RIDERCI SOPRA  
   
  Milano, 20 dicembre 2004 - Una recente indagine internazionale, commissionata da Boehringer Ingelheim, rivela l’emergere di un nuovo atteggiamento della donna moderna nei confronti di tale patologia. La regola – di fronte all’incontinenza urinaria da sforzo - non è più “soffrire in silenzio”, ma combattere, anche attraverso nuovi ed inediti rimedi. Tale ricerca conferma il ruolo chiave del medico nell’individuazione della patologia e nell’azione di consulenza e sconfessa l’idea che a soffrire di incontinenza urinaria da sforzo siano soprattutto le donne mature. Perdita di auto-stima, ansietà, rifiuto della realtà, vergogna e isolamento sociale. Questi sono solo alcuni dei complessi problemi psicologici causati dall’Incontinenza Urinaria da Sforzo, la forma clinica di incontinenza femminile più diffusa in Italia, che provoca perdite involontarie di urina a seguito di esercizi fisici, starnuti, colpi di tosse, risate. Come affrontano le donne italiane questo disturbo? Davvero la regola è “soffrire in silenzio” e rassegnarsi a convivere con questo fastidioso problema? La ricerca internazionale commissionata da Boehringer Ingelheim, che ha visto, in Italia, il coinvolgimento di 3.015 donne incontinenti, rivela l’emergere di un nuovo atteggiamento nell’approccio alla patologia, soprattutto nella fascia di età tra i 30 e i 40 anni. La donna giovane, sportiva, molto attiva sia in ambito sociale che nella vita professionale, anticonformista, che sa coniugare il proprio ruolo di madre e lavoratrice, accetta il suo status di incontinente, si confida con il proprio medico, s’informa e decide di passare all’azione, fronteggiando a viso aperto il problema. Tale macro-profilo, che la ricerca identifica come donna combattiva, rivela dunque un cambiamento nel relazionarsi all’incontinenza urinaria da sforzo che per la donna italiana rappresenta una reale minaccia “al proprio fascino femminile” e “all’autonomia raggiunta”. La donna combattiva intende dunque riappropriarsi al più presto della propria dinamicità e continuare a svolgere attività quotidiane quali fare ginnastica, andare in palestra ma anche ridere in totale libertà, starnutire e tossire. Tale ricerca evidenzia come l’incontinenza urinaria non sia una patologia che interessa esclusivamente le donne mature. Il 23% del campione ha un’età inferiore ai 40 anni, ha partorito per la prima volta intorno ai 25 anni e, di queste, il 43,1 % ha un secondo figlio. “E’ in questa fascia di età che emerge con evidenza il profilo della donna combattiva che segna una decisa inversione di tendenza nell’approccio a questa fastidiosa patologia – ha commentato Maurizio Bossi, Sessuologo. Oggi chi soffre di incontinenza urinaria da sforzo sente maggiormente il bisogno di ricevere indicazioni univoche, rassicuranti e risolutive da parte del proprio medico – continua Bossi – per fronteggiare un problema che condiziona la vita di tutti i giorni”. Le perdite involontarie e occasionali di urina si manifestano infatti al telefono (4,9% dei casi), per strada (2%), al lavoro (1,8%), in cucina (1,2%) e sulla soglia di casa (1,7%). Non tutte le donne, però, analizzando i risultati di tale ricerca, possono essere classificate come “combattive”. Lo stile di vita, il tipo di occupazione e persino i valori cui si fa riferimento possono condizionare il tipo di approccio nei confronti dell’incontinenza urinaria da sforzo. La ricerca mostra dunque la presenza, accanto a quella della donna combattiva, di due altri macro profili che riconducono ad atteggiamenti più rinunciatari e di non accettazione del problema. La “donna che nega di essere incontinente” ha dai 40 ai 50 anni, è solitamente una persona insicura e timida, veste in modo più convenzionale e, anche nella vita, tende a non confidare a nessuno i propri problemi. Negando di soffrire di tali disturbi, le donne che appartengono a questo macro-profilo vivono in uno stato non reale, una sorta di dimensione parallela che impedisce loro di prendere coscienza del problema e di ricorrere a qualsiasi rimedio, anche a quelli più immediati e tradizionali. La donna invece che “si rassegna”, ha solitamente un’età compresa tra i 50 e i 60 anni, è casalinga e dedica gran parte della giornata ai bisogni della famiglia arrivando a sacrificare le proprie esigenze e aspirazioni. Incarna al meglio il ruolo di madre e moglie, possiede una mentalità tradizionale unita ad uno spiccato spirito di sacrificio. Quando insorgono i primi disturbi legati all’incontinenza urinaria da sforzo, questa tipologia di donna non si reca di proposito dal proprio ginecologo e comunque tende a non confidarsi apertamente nemmeno durante il consueto check-up. E’ il professionista che in questi casi individua la patologia con domande indirette o con riferimenti a situazioni particolari o, per esempio, inducendo la paziente a tossire durante la visita. Il medico, risulta svolgere un ruolo di primo piano nei confronti della paziente sia per quanto riguarda l’individuazione della patologia sia nell’indicazione dei rimedi e delle cure più appropriate. Tuttavia, dalla ricerca Boehringer Ingelheim, emerge che il professionista non è in grado di indicare una soluzione né univoca né risolutiva al disturbo: al 50,7% delle donne interpellate, il medico non ha consigliato dei trattamenti specifici. Ad ogni modo i rimedi più indicati dallo specialista sono: gli esercizi di riabilitazione del pavimento pelvico (46,5%), l’uso di pannolini (15,8%) e l’intervento chirurgico (12,7 %). L’operazione chirurgica, alla quale solo il 43% delle donne accetta di sottoporsi, viene considerata una soluzione estrema e definitiva, adatta soprattutto in casi di evidente peggioramento del disturbo. Il pannolino – che risulta il rimedio più utilizzato con una percentuale del 53,6% - è tuttavia percepito come un palliativo e si associa alle persone anziane e alla perdita di femminilità e fascino. Ad oggi, anche gli esercizi riabilitativi vengono accettati da buona parte delle donne: se consigliati, vengono eseguiti dall’88,9% (e abbandonati dal 33.3 %). “Dai primi mesi del 2005 – ha dichiarato Carlo Rizzi, Responsabile Clinico Internazionale della Boehringer Ingelheim - il medico potrà proporre alle pazienti affette da Incontinenza Urinaria da Sforzo la prima terapia orale farmacologica basata sulla molecola duloxetina. La duloxetina, un nuovo composto ad azione centrale (un inibitore della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina,) aumenta la pressione di chiusura uretrale – prosegue Carlo Rizzi – ed in tal modo riduce significativamente (- 50%) il numero degli episodi di incontinenza da sforzo.” La soluzione farmacologica viene percepita come un’alternativa efficace sia al pannolino - consegnando una sensazione di libertà e autonomia – sia all’intervento chirurgico; inoltre viene considerato un importante strumento per far regredire il disturbo e come prevenzione all’incontinenza o al degenerare della stessa. I principali effetti collaterali della duloxetina sono la nausea (nel 23,2% dei casi), la fatica (12,7%) e l’insonnia (12,6%). Importante da rilevare che, dopo una settimana, in più della metà dei casi tali effetti si risolvono, mentre dopo un mese dall’assunzione diminuiscono di oltre l’80%.  
     
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