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Notiziario Marketpress di Lunedì 21 Febbraio 2005
 
   
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  DA MARTEDI’ 8 MARZO AL TEATRO GRASSI LO ZIO DI FRANCO BRANCIAROLI  
   
  Milano, 21 febbraio 2005 - Martedì 8 marzo, alle ore 20.30, al Teatro Grassi, Lo zio di Franco Branciaroli, regia di Claudio Longhi, protagonista Franco Branciaroli con Ivana Monti, Debora Caprioglio. Scene Giacomo Andrico, costumi Gianluca Sbicca e Simone Valsecchi, luci Iuraj Saleri. Produzione Teatro degli Incamminati – Teatro Stabile di Torino. Ispirato ad un fatto di cronaca, di cui ha dato testimonianza recente anche la stampa italiana, Lo zio (Der Onkel) novità drammaturgica firmata da Franco Branciaroli, che prosegue la sua attività di ricerca sulla scrittura per la scena, ricostruisce la complessa “copertura” di un gerarca nazista, Karl Stoikmann, responsabile del progetto di sterminio degli ebrei, sfuggito alla giustizia e rifugiatosi a Buenos Aires, dove è raggiunto dalla moglie e dal figlio Hans che, tuttavia, cresce senza conoscere la sua vera identità, credendolo “lo zio”. Il “mito” del padre scomparso si riverbera sulla vita di Hans, che, per emularne le gesta, è diventato un miliziano di una non ben identificata “squadra” al servizio della dittatura militare, ma è anche tossicomane, gravemente fragilizzato dalla sua condizione. “La vicenda de Lo zio - afferma il regista Claudio Longhi – prende liberamente le mosse da inquietanti e terribili ‘fatti’ di una ‘cronaca’ di ‘ieri’ sempre a rischio però di trascriversi, in mancanza di una seria riflessione critica sulla nostra storia, in cronaca di ‘domani’, se non addirittura del ‘giorno’”. Ne Lo zio tale riflessione acquista una dimensione meno contingente e la vicenda di Hans e della sua famiglia si fa metafora. “Il mio testo - prosegue infatti Franco Branciaroli – è anche una metafora del fatto che il nazismo non è scomparso perché le modalità, le regole sulle quali si reggeva, le ritroviamo oggi nel mondo, ovunque si riduca l’uomo a una cosa senza valore, a una merce. Il nostro mondo è ‘lo zio’ di quel mondo ferocemente pagano con tutte le conseguenze che ciò comporta nella nostra vita”. Questa “farsa teatrale in due atti”, nella definizione del regista Longhi, associa, contaminandoli, i generi più disparati, unendo così il dramma storico e il dramma psicologico di famiglia, accenti ‘noir’ e modalità appartenenti alla commedia grottesca en travesti. Ma, tra le righe - suggerisce Longhi - prende pure corpo il sospetto che la vicenda borghese della gens Stoikmann nasconda un più segreto volto tragico o che i suoi continui ‘ribaltamenti’ e disvelamenti siano figli del metamorfico e illusionistico e teologico teatro barocco”. Un volto tragico che Branciaroli identifica nel tema della “negazione” del padre, un tema che serpeggia nella sua produzione drammaturgica. “Il rapporto padre-figlio mi ha sempre affascinato – dichiara – perché, spesso, mi è sembrato costruito sulla finzione. Savinio diceva che, perché ci sia dramma ci vuole Dio; qui la presenza metafisica divina è data da un padre che si finge zio e che quindi abbandona il figlio. Tutti i testi drammatici moderni sotto sotto hanno questo, un padre, a volte camuffato, che abbandona un figlio”. Ne Lo zio, inoltre, sotto l’aspetto di giallo o di saga famigliare, il tema della paternità negata si fa metafora di un presente che appare come l’inconsapevole travestimento di un passato mai del tutto cancellato, dove i figli non possono riconoscere i propri padri e in cui i padri, sconfitti, deprivano i figli dell’identità, fino all’alienazione. Un presente, come afferma Longhi, “sempre in bilico tra il timore che l’unica verità sia l’inganno e l’oscuro bisogno di una nuova spiritualità, capace di darci quelle certezze di cui siamo privi”. www.Piccoloteatro.org  
     
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