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Notiziario Marketpress di
Lunedì 28 Febbraio 2005
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LA DIAGNOSI DI MALATTIA DI PARKINSON |
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Reggello (Firenze), 28 febbraio 2005 - Non essendo ancora effettivamente disponibili “marcatori biologici” o “tests standard” utilizzabili durante la vita, la diagnosi di malattia ‘spontanea’ (idiopatica) di Parkinson si basa comunemente giusto sull’osservazione della presenza e progressione di specifici segni clinici: generalmente ritenuta ‘semplice’, la diagnosi di ‘parkinson’ spontaneo si presta in realtà a frequenti errori diagnostici, anche tra specialisti dei disordini del movimento, in particolare nelle fasi iniziali di malattia. Solo l’esame neuropatologico, in grado di evidenziare specifiche alterazioni - ‘impoverimento’ neuronale e altri segni degenerativi nella sostanza nera e nel locus ceruleus, ma non in altre strutture cerebrali - consente una diagnosi di certezza: studi clinico-patologici, basati sull’analisi retrospettiva di casistiche cliniche di cui si era resa disponibile la verifica autoptica, hanno evidenziato un tasso elevato (circa il 25 per cento: 1 su 4) d’errori diagnostici. Ciò è dovuto al fatto che segni caratteristici della malattia di Parkinson idiopatica/’spontanea’ possono frequentemente riscontrarsi anche in altre condizioni cliniche, infatti inquadrate come sindromi parkinsoniane o “parkinsonismi”: poi a loro volta distinti in “atipici” (di natura degenerativa) e “sintomatici” (comprendenti forme conseguenti a idrocefalo, lesioni vascolari, encefalite, uso di farmaci neurolettici). Criteri diagnostici. I criteri più comunemente utilizzati per la diagnosi clinica di malattia di Parkinson sono quelli formulati dalla ‘United Kingdom Parkinson’s Disease Society Brain Bank’, basati su tre livelli successivi: 1. Diagnosi di sindrome parkinsoniana (riscontro di movimenti rallentati/bradicinesia) più almeno un altro sintomo tra: a) rigidità muscolare, b) tremore di riposo, c) instabilità posturale), 2. Criteri d’esclusione invece del ‘Parkinson’ quali: riscontro di eventi cerebrovascolari ripetuti, traumi cranici, encefalite, crisi oculogire, uso di neurolettici, paralisi (sopranucleare) dello sguardo, precoce compromissione dell’autonomia, demenza precoce, evidenza Tac di tumorecerebrale. 3. Criteri prospettici di supporto alla diagnosi di ‘Parkinson’ quali: esordio unilaterale e anche persistente asimmetria dei sintomi, presenza di tremore di riposo, conservata risposta alla levodopa per 5 anni, discinesie coreiche da levodopa, decorso progressivo di almeno 10 anni. In sintesi, sulla base della più recente revisione critica dei dati, la diagnosi di Malattia di ‘Parkinson’ poggia sulla combinazione d’alcuni segni motorii “cardinali” (tremore di riposo, bradicinesia, rigidità, esordio asimmetrico dei sintomi), e sull’esclusione di sintomi ritenuti “atipici” (instabilità posturale precoce, allucinazioni, demenza antecedente i sintomi motorii, grave disautonomia, cause sintomatiche documentate) e sulla valutazione della risposta terapeutica alla levodopa. Se si utilizzano rigorosamente tali aggiornati criteri, le possibilità d’errore nella diagnosi di ‘Parkinson’ scendono sotto il 10 per vento: con un valore predittivo corretto pari al 98.6 per cento. Tuttavia, la certezza assoluta della diagnosi non è garantita: è comunque importante sottolineare che la responsività al trattamento sostitutivo dopaminergico ne costituisce un aspetto fondamentale. Sempre tenendo conto che però nelle fasi iniziali una discreta risposta farmacologica si può riscontrare anche in forme “atipiche” o “secondarie”: a questo riguardo, il valore dei test farmacologici acuti (levodopa, apomorfina) appare maggiore nei pazienti con malattia in fase più avanzata. Infine, la recente identificazione di numerose forme ereditarie di parkinsonismo levodopa-responsivo (parkinsonismi monogenici da mutazioni dei geni α-sinucleina, parkina, Uch-l1, Dj-1, Pink1) ha messo ora in dubbio non solo i criteri neuropatologici comunemente utilizzati, ma addirittura l’identificazione stessa della “Malattia di Parkinson idiopatica/spontanea” presunta come condizione unica. La diagnosi differenziale Tra le condizioni cliniche che più di frequente sono erroneamente diagnosticate come ‘parkinson idiopatico’ (in particolare nelle fasce d’età più avanzate) vanno annoverate: il “tremore essenziale”, la malattia di Alzheimer ed il ‘parkinsonismo vascolare’. Il “tremore essenziale” rappresenta uno dei più frequenti disordini del movimento, ma può essere solitamente distinto in relazione ad alcuni elementi clinici, fra cui la frequente familiarità, la scarsa progressività, l’assenza di risposta terapeutica alla levodopa. Tuttavia, la precocità e la predominanza dei disturbi cognitivi (unitamente all’evoluzione clinica) consentono generalmente una facile differenziazione. Il ‘parkinsonismo vascolare’ rappresenta un’entità clinica discussa: infatti isolati segni parkinsoniani possono essere frequentemente riscontrati in pazienti con lesioni cerebrovascolari,con un quadro clinico dominato dai disturbi della deambulazione e scarsa risposta alla terapia con levodopa.( Tuttavia, il problema diagnostico differenziale più complesso si pone nei confronti dei cosiddetti “parkinsonismi atipici”. Nonostante lo scopo prettamente divulgativo di questo contributo, proprio per maggiore chiarezza fra la gente può essere utile sottolineare alcuni aspetti più caratteristici. - La “paralisi sopranucleare progressiva” si presenta con un esordio dopo i 40 anni, caratterizzato da un parkinsonismo associato a difficoltà di muovere gli occhi in senso verticale e marcata instabilità posturale: cadute già nel primo anno di malattia. - L’”atrofia multisistemica” comporta perdite d’autonomia e urinarie e parkinsonismo scarsamente responsivo alla levodopa. - Infine, la “malattia da corpi di Lewy diffusi” è inquadrabile in base al decadimento cognitivo: l’attenzione e le funzioni visuo-spaziali mostrano tipiche fluttuazioni diurne e frequenti manifestazioni allucinatorio-deliranti, associate ad una sindrome parkinsoniana di modesta entità; la diagnosi è corroborata dalla presenza di cadute, episodi sincopali, spiccata intolleranza ai neurolettici. Conclusioni La diagnosi clinica di Malattia di Parkinson idiomatica/spontanea è basata sull’identificazione di determinate combinazioni di sintomi/segni motori “cardinali”: può non essere semplice e comporta l’esclusione di forme di parkinsonismo “atipico” o “secondario”. Risulta sempre fondamentale la verifica nel tempo della rispondenza sia a rigorosi criteri clinici sia al trattamento farmacologico sostitutivo con levodopa o dopamino-agonisti diretti. (da appunti del prof. Giovanni Abbruzzese, Straordinario di Neurologia, Università di Genova)
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