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Notiziario Marketpress di Lunedì 28 Febbraio 2005
 
   
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  BACCO, TABACCO & CAFFE’: IL ‘PARKINSON’ NON C’E’  
   
  Reggello (Firenze), 28 febbraio 2005 - La notizia dei ‘tossici’ alcool/caffè/fumo protettivi (Neuroprotettivi) per il ‘Parkinson’ deriva da robuste evidenze epidemiologiche. (da appunti del prof. Ubaldo Bonuccelli, Dipartimento Neuroscienze Univ. Pisa - Presidente Associazione Italiana Malattia Parkinson e Disturbi Movimento) Per il fumo di sigaretta sono circa 50 gli studi pubblicati da 40 anni in qua - il primo nel 1966 sui ‘soliti’ veterani americani – che mostrano un'incidenza di ‘Parkinson’ più bassa del 30-40 per cento nei fumatori rispetto ai fumatori. Il rischio di sviluppare ‘Parkinson’ nei fumatori è inversamente proporzionale al numero di sigarette fumate: poche sigarette proteggono poco! Caroline Tanner nel 2002 ha studiato il problema nei gemelli, confermando che in tali soggetti con lo stesso patrimonio genetico questa relazione inversa fumo/Parkinson è addirittura rafforzata. Le basi biologiche di questa protezione sono state correlate ad effetti della nicotina, che stimola un sottotipo di recettori cerebrali colinergici, dai quali viene regolato il rilascio di diversi neurotrasmettitori: compresa la dopamina. Per giustificare il comunque dato di fatto, si è può anche pensare che qualcuna delle centinaia di sostanze contenute nel tabacco possa avere effetti di stimolazione su enzimi detossificanti o di stimolazione di fattori trofici cellulari. Di recente, studi Pet e neurochimici hanno evidenziato che nel cervello dei fumatori c'è un blocco degli enzimi Mao (monoammino-ossidasi) implicati nell'ossidazione della dopamina e di altri neurotrasmettitori: questo effetto del fumo (non della nicotina ma di uno o più degli altri principi attivi contenuti nella foglia del tabacco),potrebbe essere la spiegazione dell'effetto di neuroprotezione,perchè l'ossidazione della dopamina produce radicali liberi che danneggiano i neuroni contenenti dopamina: proprio quelli che si ammalano e muoiono nel Parkinson. A complicare la questione, alcuni studi dell'ultimo decennio hanno dimostrato che la stessa relazione inversa che esiste fra fumo e Parkinson è valida anche per caffè e Parkinson ed alcool e Parkinson: secondo alcuni ricercatori,considerata la frequente associazione fra caffè e fumo, il vero neuroprotettore sarebbe contenuto nel caffè, identificandolo nel gruppo delle antiossidanti catechine. Lo stesso consumo di tè appare associato con un rischio ridotto di Parkinson, ed anche nel tè sono presenti polifenoli dotati di notevole effetto antiossidante. Insomma la questione è aperta ed interessante: tutti i vegetali per proteggersi dagli effetti devastanti degli Uva che ossidano in modo eccezionale, sono dei naturali produttori/depositi di antiossidanti. Chissà che da quest'area di ricerca (fitofarmacologia) non esca l'elisir antiparkinson? Una nuova ricerca, resa pubblica dal American Journal of Epidemiology, fornisce ulteriori prove sul collegamento fra il fumo e il presunto minor rischio di contrarre il morbo di Parkinson. Ben lungi dal suggerire il fumo come la strada per ridurre il rischio di contrarre il morbo, i ricercatori precisano però che capire il rapporto tra fumo e ‘Parkinson’ potrebbe contribuire ad identificare la causa della malattia e il modo migliore per trattarla o prevenirla. Nel morbo di Parkinson le cellule del cervello che producono la dopamina non riescono ad assolvere più al loro compito, portando a sintomi quali il tremore, la rigidità e il ritardo nei movimenti, oltre che problemi di equilibrio e coordinazione.Dei movimenti La causa esatta è sconosciuta, ma molti ricercatori ritengono determinante un cocktail di fattori, genetico, l'invecchiamento, ambientali. Concordando con gli autori del nuovo studio, negli ultimi trent'anni varie ricerche hanno mostrato il collegamento tra il fumo e la riduzione del rischio di contrarre il ‘Parkinson’: ma una spiegazione biologica del - comunque ampiamente costatato - collegamento è sempre rimasta senza risposte precise,ed alcuni ricercatori hanno suggerito la tesi che fumare non è di per sé un fattore protettivo nei confronti del ‘Parkinson’, ma. Piuttosto sono alcune caratteristiche genetiche che potrebbero essere alla base sia della tendenza a fumare sia della non tendenza Parkinson. Nella loro nuova ricerca, il Dott. Harvey Checkoway ed i suoi colleghi della Washington University hanno studiato a Seattle il rapporto fra Parkinson ed il tabagismo, ma anche tra Parkinson ed il consumo di caffeina e di alcool, in 210 uomini e donne nei quali era stata diagnosticata la malattia di Parkinson e in 310 uomini e donne di paragonabile riferimento che invece non ne erano colpiti. Dopo avere analizzato i questionari completati dai partecipanti, i ricercatori hanno notato che i fumatori, ‘attuali’ ma anche ex’, avevano avuto un rischio più basso del 50 per cento di ammalarsi di Parkinson mentre i fumatori proprio ancora attivi, avevano un rischio minore addirittura del 70 per cento rispetto agli ex-fumatori. Al contrario"nessun legame è stata rilevato per il consumo di caffè o per il consumo totale di caffeina o di alcool" precisano Checkoway e i suoi colleghi sul numero di aprile dell'American Journal of Epidemiology "mentre, si è notata una riduzione del rischi per chi avesse consumato due o più tazze di tè o di drinks alla cola al giorno". Quali siano i meccanismi possibili alla base di queste interazioni, oppure se realmente o meno si tratti di un rapporto di causa-effetto, rimane tuttora da acquisire Riguardo al fumo, un'ipotesi, notano i ricercatori della Washington University, è che il fumo di sigaretta protegga da Parkinson inibendo determinati enzimi che possono avere effetti tossici sulle cellule del cervello, basando questa tesi su ricerche effettuate sugli animali.  
     
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