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Notiziario Marketpress di
Lunedì 21 Marzo 2005
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UNA PREVISIONE SUL FUTURO DELL’ITALIA AL 2010 UNA SVOLTA POSSIBILE TRA 5 ANNI, IL NOCCIOLO DURO DELL’ITALIA DELL’INNOVAZIONE VEDE ANCORA UNA DOMINANZA NETTA DELLE REGIONI DEL NORD E DEL CENTRO DEL PAESE MA IL MEZZOGIORNO MIGLIORA IL PROPRIO POSIZIONAMENTO |
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Roma, 21 marzo 2004 - Un Paese più collegato alle grandi dinamiche culturali europee, grazie ad una più forte strutturazione delle funzioni svolte dai poli metropolitani, orientato alla gestione attiva delle filiere produttive, nel quale il Mezzogiorno può intraprendere un sentiero di sviluppo più definito. Questo in sintesi quanto emerge dal Sistema/italia 2004 - Rapporto sulle Economie e sulle Società Locali, realizzato da Unioncamere con il supporto di Pegroup, presentato questa mattina a Roma. Numerosi i temi al centro del dibattito, suggeriti dal Rapporto 2004, come, ad esempio, la gestione dei processi innovativi, il Made in Italy, l’internazionalizzazione e il peso dei sistemi culturali. “La fotografia scattata dal Rapporto è quella di una Italia che non si arrende alle logiche del declino ma che, al contrario, si sta trasformando ed evolvendo”, sostiene il presidente di Unioncamere, Carlo Sangalli. “E’ un Paese che assomiglia molto ad un grande laboratorio in cui vengono sperimentate formule nuove per ricavare modelli di crescita più competitivi, più sostenibili, più responsabili. Lo scenario delineato mostra che le piccole e medie imprese continueranno a trainare la crescita del Paese e che l’innovazione si diffonderà ulteriormente nel nostro sistema d’impresa, accrescendo il tasso di competitività dei singoli territori”. Secondo Sangalli, “perché ciò avvenga sono necessarie reti di diffusione delle conoscenze, sistemi di integrazione tra imprese, centri di ricerca, università. E occorre guardare all’estero, attraendo “cervelli” ma anche favorendo la localizzazione di imprese estere o di laboratori di imprese estere”. La proiezione dei modelli di sviluppo al 2010: crescono le metropoli, i distretti multispecializzati e le aree a vocazione terziaria Proporre un modello di interpretazione delle dinamiche di sviluppo territoriali che tenga conto di variabili non solo economiche, ma anche sociali e culturali, analizzando la dimensione territoriale dello sviluppo a partire dalla riflessione su 10 modelli di sviluppo locale, rappresenta l’obiettivo dell’edizione 2004 di Sistema Italia, che fornisce una chiave di lettura trasversale e prospettica delle diverse aree del nostro Paese. Nel 2010 la capacità competitiva del Paese si accrescerà grazie al maturare di tre processi di valore strategico: il rafforzamento della funzione metropolitana, con l’emergere di due nuove realtà (Genova e Trieste); il rafforzamento dei distretti multispecializzati (che passano dal 9% al 12% sul totale delle province), a discapito dei distretti a vocazione monoculturale (che invece si dimezzano passando dal 10% al 6% sul totale delle province); la moltiplicazione di aree territoriali a vocazione terziaria moderna (che passano dal 13% al 23% sul totale delle province), con servizi evoluti alle imprese, ricerca ed alta formazione, accoglienza di qualità alta. Nel complesso, il numero delle province che si possono considerare competitive passa dal 50% del 2004 al 63% del 2010. La propensione all’innovazione nelle regioni italiane: diminuisce il divario Nord-sud Investire nell’innovazione, elaborare e rafforzare l’identità, attrarre competenze e conoscenze, questa le priorità strategiche per l’Italia di domani. La catena del valore dell’innovazione, realizzata nel Rapporto, produce infatti un’analisi del percorso innovativo dei territori e identifica le risorse materiali ed immateriali per la creazione di valore aggiunto in quel contesto, per rilevare, regione per regione, le diverse vie all’innovazione che contraddistinguono le vocazioni specifiche e i modi in cui esse influenzano e danno forma ai processi innovativi locali. I dati confermano la concentrazione del potenziale innovativo nelle regioni del Nord e del Centro del Paese (Lombardia, Piemonte, Friuli e Veneto, Emilia Romagna e Toscana, Lazio), che costituiscono il nocciolo duro dell’Italia dell’innovazione. All’interno di questo gruppo Lombardia, Emilia Romagna e Lazio guidano la classifica (se si considera pari a 100 la media Italia, queste due regioni ottengono un punteggio pari rispettivamente a 121, 116 e 111), con Milano e Roma che si confermano città-sistema con una forte vocazione direzionale, mentre l’Emilia Romagna presenta un profilo ricco di varietà territoriale. Il secondo gruppo delle regioni più innovative ( Friuli, Veneto, Piemonte e Toscana, con un punteggio omogeneo compreso tra 108 e 111) allinea territori abbastanza diversi fra loro: si tratta di aree contraddistinte da coesione sociale ed economica, ma anche da modelli di sviluppo fra loro relativamente diversi, come emerge dalla distribuzione delle province appartenenti a queste regioni. Segue un terzo gruppo di regioni che si posiziona appena al di sotto della media nazionale; tale gruppo è a sua volta diviso in due: Trentino Alto Adige e Marche sono perfettamente in linea con la media italiana; Sardegna, Abruzzo ed Umbria seguono a qualche distanza (con un punteggio compreso tra 90 e 92). La classifica è chiusa da quattro regioni (Campania, Calabria, Sicilia e, ultima, la Puglia), caratterizzate da un potenziale innovativo ancora non adeguatamente sfruttato e da un punteggio che varia tra 70 e 80.
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