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Notiziario Marketpress di Martedì 02 Marzo 2004
 
   
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  ASSOCONSULENZA: PROSPETTIVE ED OPPORTUNITA’ FORNITE DAL MERCATO AZIONARIO ITALIANO  
   
   Milano, 2 marzo 2004 - Come già detto in altra occasione, i mercati azionari, in questo momento, mostrano flussi d’entrata superiori a quelli d’uscita, ma all’inizio del 2004 questa situazione di squilibrio parrebbe cresciuta ulteriormente, al punto che i cosiddetti flussi d’uscita, tra breve, potrebbero anche risultar quasi nulli. Questo ci rimanda, almeno in parte, alla Teoria di Dow per la quale i mercati azionari sviluppano le proprie fasi rialziste, sostanzialmente, sempre lungo tre fasi: una prima fase d’accumulazione in cui son solo i più esperti e capaci ad acquistare, una seconda fase in cui la partecipazione al mercato assume proporzioni più ampie ed un’ultima fase in cui è la speculazione a diventare padrona assoluta della scena. Oggi il mercato azionario italiano si trova a cavallo tra la prima e la seconda di queste fasi, grazie ad un maggior flusso di liquidità in entrata e flussi d’uscita sempre più assenti. Sotto certi aspetti tecnico-grafici, infatti, il mercato azionario italiano (come anche altri tra quelli cosiddetti evoluti) parrebbe ormai pronto a ripetere la violenta impennata rialzista che caratterizzò i primi mesi del 2000 (o, detto altrimenti, la ripetizione inversa del crollo del 2001). Questa fase, come detto, dovrebbe caratterizzare il primo semestre del 2004 e potrebbe condurre molti investitori a temere di rimaner sotto pesati nei propri investimenti azionari, costringendoli, in seguito, ad allineare celermente le proprie posizioni al dovuto (con acquisti ben più ingenti ed urgenti del consueto). Di norma, questa seconda fase dovrebbe aprirsi con un primo momento correttivo (di consolidamento) che consentirebbe, da un lato, ad alcuni d’entrare, finalmente, sul mercato senza pagare eccessivo dazio e, dall’altro, a quest’ultimo di non cedere del tutto sotto il peso delle vendite da eccessivo rialzo. La conseguente maggiore partecipazione al mercato dovrebbe consentire ai corsi di riportarsi sui massimi precedenti e successivamente, di qui, accelerare al superamento degli stessi. Subito dopo entrerebbe in scena la speculazione, con un conseguente ed inevitabile aumento della volatilità. Quest’ultimo aspetto sarà bene sottolinearlo perché d’assoluta importanza. In questo momento i mercati azionari mostrano una totale assenza di volatilità, ed in particolare quello italiano, mentre è noto come tutti i mercati finanziari, per raggiungere i propri massimi, debbano subire una violenta impennata nella stessa: fin quando, perciò, non vedremo aumentare la volatilità sui mercati, è molto probabile che i nostri investimenti azionari non abbiano alcunché da temere. D’altra parte, pur essendo statisticamente normale perdere sui mercati azionari (nessuno, infatti, è in grado di fare solo operazioni vincenti!), non ci par proprio opportuno mordere il freno proprio quando si debba dare un seguito operativo alle scelte assunte. E a proposito di scelte: tra i diversi settori, oggi, sono i titoli ciclici e quelli delle materie prime a mostrare i maggiori margini di crescita. In Italia, un ruolo leader dovrebbero averlo, ancora, i bancari. Anche perché proprio tra questi ultimi (nel risparmio gestito, N.d.r.) s’annoverano i titoli a maggior beta del nostro listino. Non si deve avere alcuna paura nell’acquistare titoli dal “beta elevato” (un fattore che n’esprime la volatilità, N.d.r.), in particolare quando la volatilità si rivela tanto bassa quanto appare, oggi, sul mercato azionario italiano. Quanto sta accadendo oggi, in termini di volatilità, ci rimanda, in parte, a quel che è accaduto sul mercato azionario italiano alla fine degli anni ’80: una volatilità che scivola verso il basso da valori particolarmente elevati (Average True Range superiore ai 50p) ed un mercato che sale verso l’alto in maniera lineare senza accelerazioni particolari, almeno fin quando la volatilità non torna ad inerpicarsi repentinamente offrendo un primo segnale di possibile inversione al ribasso del mercato. E se avviciniamo lo sguardo a quegli anni ci accorgiamo come la volatilità abbia continuato a calare nonostante il mercato continuasse a salire, tanto che la prima finiva per segnare il proprio minimo di periodo oltre un anno dopo che il mercato aveva battuto il proprio. Non solo: mentre la volatilità continuava a scendere, il mercato azionario italiano otteneva un guadagno del 50% circa. Lungi da noi l’idea che la storia possa ripetersi: la storia non si ripete mai, in particolare sui mercati finanziari. Tuttavia è indubbio che l’analisi tecnica, inducendoci a cercare analogie con quanto avvenuto in passato, possa fornirci strumenti utili a decifrare non solo il presente, ma anche il possibile futuro. O, meglio ancora, tutti i “possibili futuri”. Questi ultimi sono detti anche “storie alternative”. In nessun campo (politico, militare, medico e finanziario) è possibile giudicare pienamente la bontà delle prestazioni fornite sulla base dei semplici risultati ottenuti (questi ultimi, infatti, potrebbero anche rivelarsi fuorvianti): molto meglio, piuttosto, giudicarla sulla base dell’insieme dei risultati che si sarebbero potuti ottenere. Questi risultati rappresentano le cosiddette “storie alternative”. A queste ultime, solitamente, s’aggrappano i cosiddetti “falliti” (che non sono altro che coloro che “fallano” o “falliscono”), mentre chi è baciato dal successo tende a negarne l’esistenza, ascrivendo ai soli propri meriti i risultati positivi ottenuti (agli inizi del 2000 l’Italia non era più soltanto un popolo di santi e navigatori, ma anche di traders di successo, dei quali, tuttavia, si perse ogni traccia già solo un anno dopo…). La nozione di “storie alternative” ci permette, a propria volta, di costruire gli strumenti tecnici necessari a creare quella che, anche se un po’ ingenuamente, potremmo chiamare “storia artificiale o virtuale”. _ Per prima cosa abbiamo il “percorso campione”. Le storie invisibili hanno un nome scientifico “percorsi campione alternativi”, un nome preso in prestito da quel campo della matematica della probabilità chiamato “processi stocastici”. La nozione di “percorso”, al contrario di quella di “risultato”, indica che non si tratta di una semplice analisi di scenari, ma dell’esame di una sequenza di scenari nel corso del tempo. Non siamo solo interessati a dove una rondine potrà essere domani notte, ma anche a tutti i diversi luoghi in cui può trovarsi tra ora e domani notte. Non siamo interessati a quale sarà il capitale dell’investitore tra, diciamo, un anno, ma piuttosto agli alti e bassi da infarto che possono aver luogo di qui ad allora. La parola “campione” pone in evidenza il fatto che noi osserviamo solo una singola realizzazione all’interno di una collezione di realizzazioni possibili. Un percorso campione può essere deterministico o aleatorio, il che ci porta alla prossima definizione. “Percorso campione aleatorio” è il nome matematico di una di queste successioni di eventi storici casuali, che inizia a una certa data e finisce a una certa altra data, ed è soggetta ad un livello variabile di incertezza. Tuttavia la parola “aleatorio” non va confusa con “equiprobabile” (che ha cioè la stessa probabilità). Alcuni risultati avranno maggiori probabilità di altri. Un esempio di percorso campione aleatorio potrebbe (…) essere una simulazione del prezzo della vostra azione tecnologica preferita, registrato ogni giorno alla chiusura del mercato per, diciamo, un anno. A partire da un prezzo iniziale di 100$, in uno scenario può finire a 20 dopo un massimo di 220, in un altro può finire a 145 dopo un minimo di 10. Un altro esempio potrebbe essere l’evoluzione della vostra ricchezza durante una serata al casinò. Iniziate con 1000$ in tasca e contate i vostri soldi ogni quindici minuti. In un percorso campione a mezzanotte avete 2200$, in un altro vi sono rimasti appena 20$ per pagare il taxi. I processi stocastici si riferiscono alla dinamica di eventi che si sviluppano nel corso del tempo. “Stocastico” è un termine di origine greca che significa “casuale”. Questo campo della probabilità si interessa allo studio di eventi casuali successivi; lo si potrebbe chiamare “matematica della storia”. L’elemento chiave di un processo (stocastico) consiste (infatti) nel fatto che si svolge nel tempo.” Nassim Nicholas Taleb. Anche se sarebbe particolarmente complicato spiegare, soprattutto in poche parole, come sia stato possibile, noi abbiamo costruito un nostro percorso campione aleatorio del mercato azionario italiano, partendo dai minimi del marzo 2003 fino a giungere alla primavera del 2020: Non si tratta di una profezia, quanto di un percorso campione aleatorio e proprio in quanto tale mostra ampi margini di incertezza. Tuttavia, all’interno della collezione di percorsi campione aleatori possibili, questo è proprio quello che a nostro parere presenta, allo stato, le maggiori probabilità di successo. Non è certo il caso che noi se ne spieghi in dettaglio i motivi (il percorso sarebbe lungo e tortuoso…), ma nulla c’impedisce d’avvalorare quanto qui sopra appena mostrato attraverso le parole di altri studiosi, ben più famosi di noi, che abbiano in un qualche modo affrontato analogo argomento. “Si è definitivamente usciti da una fase lineare dei mercati azionari, in cui la prassi del “Buy&hold” (“Compra e Mantieni”, N.d.r.) è stata senz’altro la via del successo, e si è entrati in una fase del tutto nuova, dominata da una ciclicità di lunghissimo periodo, e di cui la sola cosa che possa dirsi, senza tema di smentite, è che sarà… semplicemente una fase diversa da quella precedente.” (autunno 2003) Francesco Caruso (uno dei massimi esponenti dell’Analisi Tecnica italiana). “Ecco il mio incubo: la ripresa dell’America, quando avverrà, sarà incerta e di breve durata, poiché gli investimenti delle imprese che hanno prodotto il boom degli anni ’90 resteranno stagnanti. Poi scoppierà la bolla del settore immobiliare e avremo un’altra crisi, quindi ci sarà un’altra debole ripresa, questa volta indotta dalla spesa in disavanzo, ma anche in questo caso destinata a svanire. Poi un bel giorno, ci guarderemo intorno e ci accorgeremo che siamo nel 2009 e che l’economia non si è ancora ripresa dalla crisi iniziata alla fine del decennio precedente… Il disavanzo americano per l’anno fiscale 2010 dovrebbe ammontare a 800 miliardi di dollari e nessuno saprà come affrontare la situazione nel giro di un paio d’anni quando, milioni di baby boomer (i figli del boom economico, N.d.r.) cominceranno a riscuotere gli assegni della previdenza sociale. Lo scenario appena delineato equivale ad una previsione reale? No, è solo una possibilità ed anche se questo possibile esito comincia a sembrare più probabile non dobbiamo abbandonare la speranza… Io credo, o almeno spero, che i nostri leader economici sapranno essere audaci e fantasiosi… Perché le cose cambino realmente occorre una leadership efficace, … una leadership che sia preparata ad esplorare rimedi non ortodossi… Abbiamo una leadership di questo tipo?” (autunno 2001) Paul Krugman (il più prestigioso tra gli economisti di nuova generazione). Certo, le tesi di Krugman si riferiscono a ben altro oggetto (l’economia Usa) rispetto a quanto dai noi descritto (il mercato azionario italiano), ma ci piaceva mostrarvi proprio come, anche in un settore sostanzialmente diverso da quello di nostra competenza, s’avvertisse l’alta probabilità di uno scenario futuro caratterizzato da un andamento laterale e forti elementi di ciclicità. Anche quello di Krugman, come quello di Caruso, non è altro che un “percorso campione aleatorio”, ma tanto l’uno che l’altro, quanto il nostro muovono tutti verso una sola direzione: nei prossimi anni non potremo attenderci nulla di simile a quanto accaduto nell’ultima parte del secolo scorso. Abbiamo già visto, in un nostro precedente studio (Prospettive sui mercati finanziari all’inizio del nuovo millennio), come fosse possibile, attraverso un uso appropriato della cosiddetta “Campana di Notley”, giungere alla seguente conclusione: il mercato azionario italiano (come quello americano, del resto) è ormai entrato, con il 2000, in un bear-market generazionale, destinato, pertanto, ad accompagnarci per un paio di decenni almeno (una generazione, infatti, copre circa vent’anni). Purtroppo Ian Notley non ha mai reso pubblico l’algoritmo attraverso il quale ricostruire il suo particolare indicatore, per cui si è dovuto, da parte di tutti coloro che, come noi, volessero giovarsene in corso d’analisi, procedere a crearne uno simile sulla semplice imitazione di quello usato dal maestro. V’assicuriamo, comunque che, almeno visivamente, quello da noi costruito è efficace quanto quello elaborato da Ian Notley. * Quella che avete appena visto è la classica “Campana di Notley” (evidenziate le sue quattro fasi: Up, Advancing, Down e Terminating). Quella, che invece, vedete qui sotto è la campana dedicata ai market generazionali: Beh, non proprio tutti i mercati azionari del mondo si trovano nella posizione indicata (Down). Di certo vi si trova Milano, ma ben diversa parrebbe la situazione per Tokyo. Era perciò scontato, da parte nostra, che si andasse a guardare quanto accaduto sul mercato giapponese dai primi anni ’90 ad oggi per verificare se vi si potesse trovare qualche elemento utile ai nostri scopi. E si può ben dire che n’abbiamo trovato più d’uno. V’assicuriamo che tra i due grafici non c’è stata alcuna interpolazione. Insomma, attendersi un mercato azionario italiano caratterizzato da una forte ciclicità appare ancora una volta quale ipotesi tutt’altro che fuorviante. Tuttavia sappiamo come il percorso campione aleatorio, appena descritto, rappresenti solo uno (anche se il più probabile) tra i percorsi possibili e sappiamo anche come non sia corretto assumerlo quale assoluto. Ecco perché è sempre necessario seguire il percorso indicato: non solo nel suo evolversi (per verificare la qualità delle ipotesi avanzate), ma anche nella sua capacità di dar luogo a scenari diversi da quelli fin lì ipotizzati. E’ necessario, insomma, uno strumento che si mostri in grado di controllare quanto accade sotto i nostri occhi senza per questo fermarsi a quel che semplicemente si vede, ma che sappia indicarci anche quel che non si vede affatto o che si vede solo in parte. La difficoltà nel costruirlo è tutta nel suo dover misurare quel che di fatto non solo non c’è, ma che potrebbe già esserci domani o che sarebbe potuto esserci già ora. Del resto proprio nelle pagine precedenti s’era giustamente scritto: La nozione di “storie alternative” ci permette, a propria volta, di costruire gli strumenti tecnici necessari a creare quella che, anche se un po’ ingenuamente, potremmo chiamare “storia artificiale o virtuale”. Le storie invisibili hanno un nome scientifico “percorsi campione alternativi”, un nome preso in prestito da quel campo della matematica della probabilità chiamato “processi stocastici”. La nozione di “percorso”, al contrario di quella di “risultato”, indica che non si tratta di una semplice analisi di scenari, ma dell’esame di una sequenza di scenari nel corso del tempo. Non siamo solo interessati a dove una rondine potrà essere domani notte, ma anche a tutti i diversi luoghi in cui può trovarsi tra ora e domani notte. Non siamo interessati a quale sarà il capitale dell’investitore tra, diciamo, un anno, ma piuttosto agli alti e bassi da infarto che possono aver luogo di qui ad allora. La parola “campione” pone in evidenza il fatto che noi osserviamo solo una singola realizzazione all’interno di una collezione di realizzazioni possibili . Un simile strumento non può misurare altro che quello cui si applica: non è adattabile, perciò, a tutto, ma specificamente destinato alla realtà per cui è stato costruito. Non può, insomma, essere usato indifferentemente sul mercato azionario italiano piuttosto che su quello giapponese o americano. Quel che tra breve vi mostreremo, ad esempio, sono i risultati che si sarebbe potuti ottenere investendo, con uno strumento simile, sul mercato azionario italiano. Di quest’ultimo, infatti, viene misurato, nel caso, quel particolare rapporto tra rendimento atteso e rischio potenziale che si stabilisce durante il percorso (aleatorio) assunto da quello. Si tratta pertanto, e non potrebbe essere altrimenti visto lo scopo per cui è stato creato, di misurare qualcosa di assolutamente virtuale (quali sono, da un lato, le “attese di rendimento” e, dall’altro, le “potenzialità di rischio”), qualcosa che, tuttavia, riesce a trovare concretezza proprio nel suo perenne esprimersi attraverso il confronto tra domanda ed offerta, tipico di ogni mercato. E’ importante, ad ogni modo, aver ben presente come lo scopo finale di un tale strumento tecnico sia proprio quello, particolarmente concreto (e tutt’altro che virtuale!) di produrre rendimento, anche se in maniera esclusiva, nel caso, sul mercato azionario italiano. Nel suggestivo rapporto che si crea tra le attese di rendimento dell’intero complesso degli investitori ed il rischio che questi ultimi potenzialmente corrono, mantenendosi investiti sul mercato, l’obiettivo è quello di riuscire a cogliere le opportunità di successo che la borsa italiana potrebbe offrire. Nei fatti è come se il sistema costruito attorno a tale strumento tecnico (che ad ogni modo non vi mostreremo mai perché d’esclusiva proprietà della ns. Società e pertanto protetto da ogni possibile tipo d’imitazione) finisse per segnalare le fasi più profittevoli del mercato azionario italiano, modificando la propria visione al mutare del rapporto che su quello si crea tra le diverse attese e le diverse paure. I risultati, come vedrete, sono particolarmente interessanti. Un rendimento del 340% in poco più di undici anni è certamente un rendimento interessante, in particolare perché ottenuto con sole cinque operazioni d’acquisto e quattro di vendita (l’ultima posizione è stata aperta lo scorso 11 luglio e non è stata ancora chiusa). Si potrebbe, però, pensare che, in fondo, s’è scelto il periodo migliore della borsa italiana e che non sarebbe stato poi così difficile, anche con altri sistemi, ottenere risultati simili. Lo stesso acquistare e mai vendere, ad esempio, avrebbe permesso a tutti di ottenere ugualmente ottimi risultati (+200%). In realtà noi s’è scelto proprio il periodo che più avrebbe potuto penalizzare l’impressione offerta dai nostri risultati: il periodo in cui chiunque avrebbe potuto arricchirsi. Già, ma il sistema mira a risultati assoluti e continui, per cui se solo gli fosse concessa la possibilità di lavorare anche al ribasso ecco che i risultati potrebbero apparire ben diversi da quelli che sarebbe stato possibile ottenere con una politica da semplice cassettista. Ma è soprattutto la loro linearità che vogliam sottolineare ed il fatto, d’assoluto rilievo, che proprio negli ultimi anni gli stessi si sian dimostrati del tutto stabili. Ed è proprio quest’ultimo aspetto che, a nostro parere, rappresenta il vero valore aggiunto di tale sistema, perché se è vero quel che noi s’è in precedenza sostenuto, nei prossimi anni non potremo attenderci nulla di simile a quanto accaduto nell’ultima parte del secolo scorso, o quel che è stato sostenuto da Francesco Caruso si è definitivamente usciti da una fase lineare dei mercati azionari, in cui la prassi del “Buy&hold” (“Compra e Mantieni”, N.d.r) è stata senz’altro la via del successo, e si è entrati in una fase del tutto nuova, dominata da una ciclicità di lunghissimo periodo, e di cui la sola cosa che possa dirsi, senza tema di smentite, è che sarà… semplicemente una fase diversa da quella precedente, allora non c’è dubbio che tale sistema abbia dimostrato di sapersi perfettamente adattare, e da subito, alle nuove condizioni createsi e di cui ancora si sa ben poco. Se proprio si deve, invece, volger qualche critica plausibile al suo operare, questa non può che esser legata alla difficoltà, mostrata, di recepire per tempo i repentini passaggi dalle fasi di euforia a quelle di panico e viceversa. Non potrebbe essere altrimenti, visto il modo in cui è stato costruito e gli obiettivi di stabilità che il sistema si è dato. D’altra parte appare del tutto ovvio come a tale sistema sia possibile affiancare un altro strumento che miri proprio a misurare le fasi di panico e di euforia che si sviluppano sul mercato, consentendo di “staccare la spina” principale giusto quando tali fasi raggiungono eccessi superiori alla norma. Non è insomma, questo, un problema di difficile soluzione. Edoardo E. Macallè (Nikkaia Strategie – nikkaiastrategie@virgilio.It).  
     
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