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Notiziario Marketpress di Martedì 08 Giugno 2004
 
   
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  IL DOLORE : MEGLIO CURARE CHE RESISTERE  
   
  Roma, 8 giugno 2004 - "Se si accorge di avere un qualsiasi tipo di dolore, che cosa fa come prima cosa?". "Resisto" è la risposta del 61,4% degli intervistati alla domanda posta da Demoskopea. Un risultato per certi aspetti inatteso. Il popolo italianoGli italiani, contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare, dimostrarivelano una forte resistenza al dolore; un atteggiamento forse anche determinato - come dimostrano altre risposte al sondaggio - da una radicata diffidenza nei confronti dei farmaci. Solo il 20,2% va infatti dal medico e solo il 18,4% ricorre ad una medicina al momento dell'insorgere del dolore. Variano di poco queste reazioni tra uomini e donne. Resiste, come risposta immediata, il 65,4% degli uomini e il 64,3% delle donne. Maggiore Poco superiore nelle donne è, invece, il ricorso ai farmaci (il 19,7% contro il 16,6% degli uomini). Nei sei mesi precedenti al sondaggio, il 55% degli intervistati non ha mai avvertito dolore. Il 45% almeno una volta; e, tra questi, è significativa la differenza tra uomini e donne: solo il 39% degli uomini, contro il 51% delle donne, le quali tendono anche ad avere più frequentemente manifestazioni di dolore (il 14% lo subisce dalle 2 alle 5 volte in sei mesi). "Questi dati - afferma il dott. Carlo Gargiulo, medico di famiglia - sembrano dimostrare che almeno la metà degli intervistati non ha avuto dolori acuti importanti negli ultimi mesi. Se però li confronto con ciò che avviene quotidianamente nel mio studio, ho piuttosto l'impressione che le persone tendano a 'dimenticare' il dolore passato senza lasciare traccia". "Quando questo compare però - aggiunge il dott. Gargiulo - il paziente quasi sempre si rivolge al medico, magari solo per informarlo. E ciò in fondo conferma il risultato dell'inchiesta: che i cittadini sono restii ad assumere farmaci antidolorifici". L'atteggiamento generale, dunque, sembra essere quello di chiedere un parere al professionista e, dopo aver ricevuto conforto sulla benignità del dolore, si tendere a rifiutare l'intervento farmacologico. Chi per superare la crisi ricorre ad un farmaco, lo fa subito. Entro un'ora nel 48% dei casi; dopo qualche ora nel 18%, o dopo qualche giorno nell'8%. C'è, dunque, anche tra chi ricorre ai farmaci, un certo stoicismo. E un altro 7% sostiene, infatti, di resistere "fin che può". "Dobbiamo però far capire - sostiene il prof. William Raffaeli, direttore di Terapia Antalgica e Cure Palliative - che non esiste il 'dolore utile'. E la letteratura dimostra come la cura del dolore stia diventando un punto cruciale per la 'qualità' dei sistemi sanitari". "Il dramma-dolore, secondo il prof. Raffaeli, affligge milioni di persone. La prima azione è insegnare che il dolore va curato: vi sono medicine e strumenti per farlo e strutture, in Italia, a cui rivolgersi. Federdolore, che riunisce i centri di terapia del dolore, sta costruendo una rete per far conoscere ai cittadini, ma anche ai medici, le nuove capacità di cura e per spiegare quanto sia rischioso resistere al dolore. Da questo atteggiamento ritenuto 'stoico' nasce il rischio di cronicità, con complicazioni come depressione e disabilità". "Le malattie reumatiche - precisa il prof. Dario Manfellotto, Coordinatore Scientifico e Dirigente Medico dell'Ospedale Fatebenefratelli di Roma - ne sono la causa principale e l'osteoartrosi è la condizione che si manifesta più di frequente". Si stima che in Italia, come in altri Paesi industrializzati, la prevalenza di tali affezioni, associata all'età media crescente della popolazione, sia compresa tra il 10 e il 18%. "Sulla base di queste premesse la Federazione dei Dirigenti Ospedalieri Internisti Italiani (Fadoi) ha intrapreso - spiega il prof. Manfellotto - il progettoVolare, un programma formativo abbinato ad uno studio clinico osservazionale. Vi è stata stretta collaborazione fra medici di medicina generale, internisti ospedalieri e reumatologi, per garantire diagnosi più accurate, ma anche per educare i pazienti al riconoscimento e ad una consapevolezza maggiore della loro malattia". Infatti, secondo quanto emerge anche dal sondaggio di Demoskopea, il paziente spesso non è in grado di affrontare correttamente una manifestazione dolorosa anche banale, ma piuttosto resiste al dolore e quando decide di trovare sollievo nei farmaci prende quello a cui è più abituato. "Questo studio - conclude il prof. Manfellotto - è di supporto alla crescente evidenza che nel trattamento delle malattie reumatiche il profilo di efficacia/tollerabilità dei Coxib sia migliore rispetto a quello dei tradizionali antinfiammatori non steroidei". Ma anche se gli italiani danno grande fiducia (l'85%) al proprio medico, dal quale si sentono pienamente capiti e curati, c'è sempre una grande fetta di popolazione - addirittura il 25% - che, testardamente, non molla e dichiara: "Anche se soffro, io i farmaci non li prendo".  
     
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