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Notiziario Marketpress di
Giovedì 10 Giugno 2004
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SECONDO UN PROGETTO DEL 5PQ, IDENTITÀ NAZIONALE ED EUROPEA SONO COMPATIBILI |
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Bruxelles, 10 giugno 2004 - Analizzare il concetto di identità delle persone può costituire una sfida formidabile, nel migliore dei casi. Tanto per fare un esempio, non esiste un modello standard d'identità nazionale, perché la nostra specifica formazione culturale ed esperienza svolgono un ruolo fondamentale nell'orientare la maniera di percepirla. Ciò premesso, indagare il modo in cui i cittadini di nove differenti paesi percepiscono la loro posizione non solo nei confronti del proprio paese ma anche dell'Europa e dell'Ue potrebbe sembrare un compito non certo allettante. Ma è proprio quello che un progetto finanziato dalla Commissione si è proposto di fare. Il progetto Euronat - percezione dell'Europa e del proprio paese negli Stati membri vecchi e nuovi - ha preso il via nel settembre 2001, con un finanziamento di quasi un milione di euro nell'ambito della sezione 'Accrescere il potenziale umano di ricerca e le conoscenze di base socioeconomiche' del Quinto programma quadro (5Pq). Il 7 giugno il consorzio del progetto ha tenuto a Bruxelles un workshop pubblico per presentare i suoi primi risultati . Il consorzio comprende università di otto paesi (Spagna, Grecia, Regno Unito, Polonia, Germania, Ungheria e Repubblica Ceca), coordinate dall'Istituto universitario europeo di Firenze. I partner avevano il compito di analizzare la percezione dell'Europa e della propria nazione nei media, nella classe dirigente e nella società civile di nove paesi europei, inclusi tre nuovi Stati membri, con un occhio particolare al processo di allargamento dell'Ue. Per arrivare a questo risultato in ogni paese sono state condotte analisi quantitative e qualitative, completate con questionari e approfondite interviste. Gli obiettivi della ricerca erano modificare e migliorare la percezione dell'Europa e del proprio paese; analizzare in che misura lealtà nazionale e identificazione con l'Europa e l'Ue si escludono reciprocamente; mettere in luce somiglianze e differenze nella percezione nazionale ed europea di media, classe dirigente e società civile. Il dottor Atsuko Ichijo, della London School of Economics, voleva scoprire se percezione di lealtà nazionale e d'identità europea si escludano in maniera così radicale come il Daily Mail e l'Uk Independence Party vorrebbero talvolta far credere alla gente. 'Le identità nazionale ed europea sono compatibili - come hanno confermato le nostre indagini e interviste. Anche nel Regno Unito c'è gente che ha detto di sentirsi europea, e, cosa interessante, il 92% di costoro ha detto di sentirsi anche inglese. Inoltre, il 50% di coloro (di gran lunga la maggioranza) che in Gran Bretagna hanno detto di non sentirsi europei ha detto di non sentirsi nemmeno inglese', ha aggiunto Ichijo. Ichijo ha anche constatato che la gente è capace di percepire separatamente le differenti identità (europea, nazionale e comunitaria). Ad esempio, molti intervistati hanno fatto una distinzione tra la loro percezione dell'Europa, in termini di passato culturale e storico, e dell'Ue, rappresentata da figure politiche e istituzionali più moderne. 'La nostra ricerca ha mostrato non solo che il richiamo all'incompatibilità è ridondante, ma anche che le differenti identità - europea, comunitaria e nazionale - si possono perfettamente combinare per creare un tutto significativo', ha aggiunto. Durante il lavoro del gruppo, il professor Nikos Kokosalakis, della Panteion University di Atene, ha detto che sono venute alla luce tre categorie fondamentali di cittadini. Il tipo più comune è quello da lui definito il cittadino 'etno-centrico aperto', che mette l'idea di Stato prima di tutto ma che può anche sostenere l'idea dell'integrazione europea senza considerare le due visioni incompatibili. Le altre due categorie, molto più piccole, includono il tipo 'etno-centrico chiuso', che s'identifica fortemente con il proprio paese e si oppone all'integrazione europea per timore di perdere la propria identità nazionale, e il tipo 'pluralista cosmopolita', che s'identifica prima con l'Europa e poi con il proprio paese. 'In ogni nazione esistono minoranze totalmente opposte all'Europa, fino al punto da poter essere considerate razziste', ha detto Kokosalakis al Notiziario Cordis. 'La maggioranza ingloba però la propria identità in quella europea'. Rispondendo alla richiesta di descrivere la percezione dell'Europa del tipo 'pluralista cosmopolita', Kokosalakis ha citato la risposta di uno di loro. 'È attraverso gli stranieri che si può meglio capire se stessi', e ha aggiunto che molti provano un sentimento di 'angoscia sul futuro dell'Europa' che viene alla luce nei momenti in cui non si è moralmente in sintonia, come ad esempio durante la recente guerra in Iraq. 'Secondo l'opinione corrente, l'Europa è ancora in formazione e un conflitto può rimetterla in discussione; è questo che causa l'angoscia dei cittadini più lungimiranti. Gl'intensi negoziati sul Trattato di Nizza, ad esempio, erano stati considerati naturali e positivi perché non minavano il sogno europeo, mentre conflitti morali come quello Iraq minacciano le basi dell'ideale europeo', ha spiegato Kokosalakis. Per analizzare le percezioni dell'Europa e dell'Ue nei media, il team aveva deciso di concentrarsi su due avvenimenti importanti della recente storia dell'Ue: il Consiglio europeo di Nizza nel 2000, dove i disaccordi sul peso che ciascuno Stato membro avrebbe avuto in una Unione allargata furono infine superati dopo il più lungo vertice europeo della storia, e l'introduzione dell'euro. Secondo il professor Bo Stråth, dell'Istituto universitario europeo di Firenze: 'I due avvenimenti mostrano quanto può diventare melodrammatico il resoconto dei media'. L'introduzione dell'euro, ha detto Stråth, è stata descritta dai media come il simbolo della nuova Europa unificata. 'L'euforia ha aperto la porta all'Euforia, e i media hanno fatto ricorso a immagini estremamente simboliche'. Quando i leader riuniti per il vertice di Nizza hanno finalmente deciso di approvare il più grande allargamento della storia dell'Ue, marcando la conclusione finale della Guerra fredda, i media hanno invece preferito concentrarsi sul voto e su altri argomenti politici a corto termine. 'La nostra analisi suggerisce che i media si erano sintonizzati sull'agenda politica interna, ma non ha potuto trovare una mancanza d'identità comunitaria'. Stråth ha messo l'accento sulla forte differenza tra i giornali europei che si rivolgono ai 'lettori colti' e che hanno analizzato i dettagli dei vari temi, e la 'stampa di strada', che ha fatto appello a politiche populiste e ha cercato di descrivere questioni complesse in termini estremamente semplificati. 'La stampa inglese, in particolare, si differenzia da quella degli altri paesi - si ha la sensazione che il Regno Unito non sia in Europa ma nemmeno fuori, che si trovi da qualche parte tra i due estremi'. Ha detto. Nel misurare l'atteggiamento verso l'allargamento dell'Ue, il team ha notato che quanto meno un cittadino è istruito e mobile tanto meno è propenso a esprimere un punto di vista positivo sul processo, indipendentemente dal fatto che viva in uno dei vecchi o dei nuovi Stati membri. Si è anche avuto la sensazione che dopo l'allargamento i confini dell'Ue vengano percepiti come più stabili, e che i paesi vicini, ad esempio Russia e Turchia, siano visti come 'outsider'. Tra i nuovi Stati membri prevale in particolare l'atteggiamento secondo cui 'l'integrazione è una necessità', anche se tale atteggiamento può nascondere timori (di assimilazione economica o sfruttamento) o speranze (di nuove opportunità o di miglioramenti per le future generazioni). In conclusione, Kokosalakis ha detto che: 'Quello dell'Europa è un concetto estremamente ambiguo, ma è proprio questa ambiguità che permette a tanta gente di sentirsi europea'. Ha aggiunto che l'immagine dell'Europa è sfocata, ma che molti condividono la visione di un'Europa in evoluzione. 'Il processo [di evoluzione europea] appare alla maggioranza come irreversibile: non possono immaginare la fine dell'Europa e vogliono sapere cosa accadrà e che tipo di Europa stanno costruendo per i loro figli', ha concluso.
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