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Notiziario Marketpress di Martedì 15 Giugno 2004
 
   
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  I DISTRETTI NOCCIOLO DURO DELL’OCCUPAZIONE INDUSTRIALE IN ITALIA LA FONDAZIONE EDISON PRESENTA UN’ELABORAZIONE BASATA SU DATI ISTAT CHE EVIDENZIA IL CONTRIBUTO POSITIVO DEL MODELLO DISTRETTUALE ITALIANO L’ANALISI RELATIVA A 223 DISTRETTI INDUSTRIALI, EFFETTUATA SUL DECENNIO 1991-2001  
   
  Milano, 15 giugno 2004 - In base ad uno studio elaborato dalla fondazione Edison sulla base di dati Istat, nei dieci anni dal 1991 al 2001, l’occupazione manifatturiera nei distretti industriali italiani risulterebbe aumentata del 1,3% in controtendenza rispetto a quella registrata nel resto del Paese che, nello stesso periodo, ha invece registrato una flessione del 14,5%. Dall’analisi emerge inoltre che, nel 2001, il più importante Distretto italiano rimane quello di Prato-firenze-pistoia nel tessile-abbigliamento, seguito dal tessile-abbigliamento dell’Area Pedemontana Veneta, dalla Brianza nel legno-mobilio con 36.333 addetti, da Varese-milano negli articoli in gomma e materie plastiche (esclusi i pneumatici), dal distretto calzaturiero del Fermano-maceratese, dal’Asse del Sempione nel tessile-abbigliamento, da Lecco nei prodotti in metallo, dal distretto del legno-mobilio del Livenza, da Sassuolo nelle piastrelle ceramica e da Biella nel tessile-abbigliamento. Prato, Carpi e Montemurlo (tessile-abbigliamento), Fiorano Modenese (ceramiche) e Fabriano (elettrodomestici) i comuni distrettuali più grandi. Le tendenze generali In base ai dati dell’ultimo Censimento rielaborati dalla Fondazione Edison, tra il 1991 e il 2001, considerando i 199 Distretti Industriali ufficiali Istat di piccole e medie imprese più altri 24 Distretti caratterizzati da una maggiore presenza di grandi imprese, l’occupazione manifatturiera nelle aree distrettuali italiane risulta aumentata dell’1,3% ed ha superato i 2,5 milioni di addetti. Per contro, gli addetti manifatturieri nel resto del Paese sono diminuiti del 14,5%, scendendo dai 2,8 milioni di unità del 1991 a circa 2,4 milioni di unità del 2001. E, conseguentemente, il peso globale dei Distretti nell’occupazione manifatturiera italiana è salito nel periodo esaminato dal 47,6% al 51,8%. In definitiva, i Distretti hanno rappresentato anche tra il 1991 e il 2001 un importante fattore di sviluppo e stabilità occupazionale e sociale, mentre nelle aree non distrettuali si è registrato un forte calo dei posti di lavoro nell’industria manifatturiera di circa 400.000 unità (si veda la tabella 1). I Distretti hanno presentato una lieve flessione occupazionale tra il 1991 e il 1996 (-1,2%), con un recupero nel periodo 1996-2001 (+2,5%). Il resto dell’industria italiana ha invece accusato un calo più forte nel 1991-96 (-12,5%) seguito da un’ulteriore diminuzione nel 1996-2001 (-2,3%). “Queste cifre – ha affermato Marco Fortis, Vice Presidente della Fondazione Edison e curatore dell’analisi – dimostrano quanto siano superficiali certi luoghi comuni che parlano di declino del modello distrettuale italiano. Che dovremmo dire allora del resto dell’industria nazionale, dove l’occupazione è letteralmente franata?” “I Distretti – precisa Fortis - hanno dovuto affrontare certamente grossi problemi dopo il 2001, a causa principalmente del supereuro e della concorrenza asimmetrica e sleale della Cina che ha interessato pressoché tutti i settori tipici del “made in Italy”. Alcuni sistemi produttivi locali, specie nei settori del tessile-abbigliamento e delle calzature, stanno attraversando una difficile crisi. Sotto questo profilo i dati del Censimento 2001 da poco tempo divulgati dall’Istat, che va encomiato per l’enorme lavoro svolto, appaiono già un po’ vecchi perché non fotografano il peggioramento attualmente in corso. Ma vi sono certamente anche decine di Distretti ancora in buona salute, specie nei comparti dell’arredo-casa e della meccanica leggera, che compensano le debolezze di altri. E ciò nonostante il cambio sfavorevole dell’euro e la sempre più diffusa piaga della contraffazione asiatica, che colpisce tutti i nostri settori di punta nel commercio con l’estero, ma che molti osservatori anche in Italia continuano colpevolmente a sottovalutare. Forse perché molti confondono la contraffazione con la mera imitazione dei prodotti, mentre qui stiamo parlando di un vero e proprio utilizzo illegale e sistematico dei marchi delle aziende italiane e dell’etichetta made in Italy”. La dinamica dell’occupazione dei settori di specializzazione dei Distretti Per meglio capire le diverse dinamiche che stanno interessando i Distretti industriali italiani la Fondazione Edison ha analizzato un campione di 96 tra i maggiori Distretti (costituiti da uno o più Sistemi Locali del Lavoro Istat) attivi nei settori tipici del “made in Italy” (moda, arredo-casa, meccanica leggera, articoli in gomma e materie plastiche). E’ stato escluso il comparto agro-alimentare che avrebbe richiesto una più complessa valutazione dell’intera filiera partendo dal settore agricolo. In questa seconda parte dell’analisi è stata considerata soltanto l’occupazione dei settori di specializzazione dei Distretti e non quella manifatturiera complessiva in essi impiegata. E’ stata privilegiata l’analisi dell’occupazione delle imprese e non quella delle unità locali così da poter cogliere i fenomeni di crescita delle dimensioni delle imprese anche al di fuori dei confini dei Distretti stessi (sia pure limitatamente al solo territorio nazionale). L’universo preso in esame riguarda 32 Distretti del Nord Ovest, 32 del Nord Est, 21 del Centro e 11 del Sud Italia attivi nei settori tipici del “made in Italy”. La ripartizione settoriale dei 96 Distretti considerati risulta invece la seguente: 45 Distretti del “sistema moda” (tessile-abbigliamento, pelli-calzature, bottoni, oreficeria-gioielleria, occhialeria); 23 Distretti del “sistema arredo-casa” (legno-mobilio, piastrelle ceramiche e ceramiche ornamentali, vetro, pietre ornamentali); 28 Distretti della “meccanica, articoli in gomma e materie plastiche e altri settori”. A soli tre mesi dalla diffusione dei dati del Censimento 2001 la Fondazione Edison è già in grado di anticipare oggi i primi risultati dello studio, che sarà pubblicato in autunno. Innanzitutto si rileva che nel 2001 nel campione dei 96 principali Distretti esaminati dalla Fondazione Edison erano attive complessivamente 85.454 imprese nei settori di specializzazione dei distretti stessi (tabella 2), di cui 83.030 erano piccole imprese (1-49 addetti), 2.349 medie imprese (50-499 addetti) e 75 grandi imprese (oltre 500 addetti). Nei 96 Distretti erano occupati nei settori di specializzazione 867.101 addetti (tabella 3), di cui 521.843 in piccole imprese, 259.725 in medie imprese e 85.533 in grandi imprese. Nel 2001 la media del numero di addetti per impresa è stata nel campione dei 96 Distretti analizzati di 10,1 addetti, in leggero aumento rispetto ai 9,9 addetti medi del 1996. Tra il 1996 e il 2001 è cresciuto il peso delle imprese medie e grandi sull’occupazione distrettuale complessiva (dal 37% al 39,8%) come conseguenza di una migliore capacità di crescita o di tenuta di tali imprese rispetto alle più piccole nel nuovo e più difficile scenario competitivo globale. Nel 2001 il più importante Distretto italiano rimane quello di Prato-firenze-pistoia nel tessile-abbigliamento, con 58.221 addetti in tale settore. Prato-firenze-pistoia è seguito dal tessile-abbigliamento dell’Area Pedemontana Veneta con 52.147 addetti, dalla Brianza nel legno-mobilio con 36.333 addetti, da Varese-milano negli articoli in gomma e materie plastiche (esclusi i pneumatici) con 35.759 addetti, dal distretto calzaturiero del Fermano-maceratese con 34.322 addetti, dal’Asse del Sempione nel tessile-abbigliamento con 33.033 addetti, da Lecco nei prodotti in metallo con 28.195 addetti, dal distretto del legno-mobilio del Livenza con 27.731 addetti, da Sassuolo nelle piastrelle ceramiche con 24.847 addetti e da Biella nel tessile-abbigliamento con 24.455 addetti (tabella 4). Di notevole interesse è l’analisi della variazione dell’occupazione dei principali 96 Distretti tra il 1996 (anno del Censimento intermedio dell’industria e dei servizi) e il 2001 (anno dell’ultimo Censimento). Nei 96 principali Distretti italiani si è registrato in tale periodo un contenuto calo globale degli addetti (–4%) nonostante la negativa performance di molti Distretti del tessile-abbigliamento e delle calzature. Nel corso del periodo esaminato, infatti, i 45 Distretti del “sistema moda” hanno fatto registrare un calo occupazionale complessivo dell’8,6%, che è stato tuttavia parzialmente controbilanciato da un incremento del 2,7% degli addetti dei 23 Distretti del “sistema arredo-casa” e da un aumento del 3,6% degli addetti dei 28 Distretti della “meccanica, articoli in gomma e plastica e altri settori”. Tra i 20 migliori Distretti per dinamica dell’occupazione tra il 1996 e il 2001 spiccano i casi di Rimini e Pesaro-urbino nelle macchine utensili e per il legno (+62,1% e +43,1%, rispettivamente), dell’area Murgiana nei divani e legno (+59,7%), di Treviso-pordenone e Alessandria negli articoli in materie plastiche (+28,2% e +22,1%), di Valenza nell’oreficeria-gioielleria (+27,3%), di Fabriano nelle cappe aspiranti per cucine e negli elettrodomestici (+16,4%) e di Pesaro-urbino nel legno-mobilio (+14,4%). Tra i primi 20 migliori Distretti solo 5 appartengono al “sistema moda” (tabella 5). Tra i peggiori 20 Distretti per dinamica degli addetti nei settori di specializzazione tra il 1996 e il 2001 troviamo invece ben 17 Distretti del “sistema moda” e solo 3 (Modena-reggio Emilia nelle macchine agricole, Padova-treviso-vicenza nelle biciclette e Nove-marostica nelle ceramiche) appartenenti agli altri settori (tabella 6). Spiccano, in particolare, le negative dinamiche occupazionali di Bussolengo-s. Giovanni Ilarione, Montebelluna, Barletta e Vigevano nelle calzature (-34%, -23,6, –23,1% e –22,1% rispettivamente) e di Brescia, del Veneto Meridionale, di Como e dell’Area Pedemontana Veneta nel tessile-abbigliamento (-22,7%, -19,3%, -17% e –14,9% rispettivamente). In definitiva, molti Distretti del tessile-abbigliamento e delle calzature hanno presentato dinamiche fortemente negative dell’occupazione, anche se il “sistema moda” nel suo complesso continua a rimanere un pilastro dell’industria italiana con oltre 860.000 addetti occupati in totale nel 2001 sia nei Distretti sia in aree non distrettuali. I principali comuni distrettuali d’Italia L’analisi della Fondazione Edison si conclude con una classifica relativa al 2001 dei primi 100 Comuni distrettuali nei settori del “made in Italy” in termini di addetti (tabella 7). Si rileva innanzitutto che questi 100 Comuni da soli hanno rappresentato nell’anno dell’ultimo Censimento una occupazione complessiva nei soli settori di specializzazione dei vari distretti di circa 325.000 addetti e che ben 99 di tali Comuni presentano un settore di specializzazione con oltre 1.500 addetti. L’italia dunque ha poche grandi imprese, ma possiede molti comuni distrettuali che operano come grandi imprese territoriali di grandi dimensioni. Il più grande comune distrettuale è Prato (con 23.351 addetti nel tessile-abbigliamento), seguito da Fabriano negli elettrodomestici e cappe aspiranti (11.587 addetti), Carpi nel tessile-abbigliamento (8.559 addetti), Montemurlo nel tessile-abbigliamento (8.422 addetti) e Fiorano Modenese nelle piastrelle ceramiche (8.070 addetti). E’ da rilevare che tra i venti più grandi comuni distrettuali, ben quattro (Porto Sant’elpidio, Civitanova Marche, Sant’elpidio a Mare e Montegranaro) appartengono al grande distretto calzaturiero del Fermano-maceratese, che risente attualmente in modo severo della competizione asiatica. Tra le dinamiche di crescita occupazionale più significative nel periodo 1996-2001 spiccano invece i casi di vari comuni dei distretti del legno-mobilio del Livenza (Prata di Pordenone e Gaiarine), del distretto conciario di Arzignano (Arzignano, Montebello Vicentino, Trissino) e del distretto dei divani della Murgia (Altamura, Santeramo in Colle, Modugno, Gravina in Puglia e Matera), benché vada rilevato che anche in quest’ultima area si avverta oggi in misura crescente l’impatto della concorrenza cinese e la necessità di realizzare, almeno in parte, forme di delocalizzazione. La presenza di alcuni grandi gruppi industriali di successo del “made in Italy” ha letteralmente trainato l’occupazione in alcuni Comuni distrettuali tra il 1996 e il 2001, come è avvenuto, oltre che nei Comuni del già citato distretto murgiano dei salotti, ad esempio anche a Terranuova Bracciolini (pelletteria), Agordo e Padova (occhialeria), San Mauro Pascoli e Sant’elpidio a Mare (calzature), Fabriano (cappe aspiranti) e San Maurizio d’Opaglio (valvolame e rubinetteria). “Con questa ricerca – ha affermato Umberto Quadrino, Presidente di Edison e della Fondazione Edison – abbiamo inteso dare un contributo serio e rigoroso allo studio dei Distretti industriali italiani, che restano un fattore fondamentale per lo sviluppo e il rinnovamento del nostro sistema produttivo, come ha più volte sottolineato negli ultimi mesi anche il Presidente Ciampi. Il modello di sviluppo italiano non è superato, ma va ammodernato e supportato adeguatamente in questo delicato processo di transizione. Occorrono innanzitutto azioni decise a livello europeo per tutelare il “made in Italy”, che è una risorsa fondamentale dell’Europa stessa, e misure di politica industriale per accrescere la capacità di innovazione e di internazionalizzazione dei nostri Distretti”.  
     
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