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Notiziario Marketpress di Lunedì 04 Ottobre 2004
 
   
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  UNO STUDIO DELL’ISTITUTO SCIENTIFICO UNIVERSITARIO SAN RAFFAELE IN COLLABORAZIONE CON L’ISTITUTO NAZIONALE BESTA DI MILANO HA IDENTIFICATO CELLULE STAMINALI ‘IMPAZZITE’ CHE DANNO ORIGINE AL GLIOBLASTOMA MULTIFORME, IL PIÙ AGGRESSIVO TUMORE CEREBRALE  
   
  Milano, 4 ottobre 2004 – Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Ricerca delle Cellule Staminali (Scri) dell’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele, in collaborazione con il Dipartimento di Neurochirurgia dell’Istituto Nazionale Neurologico C. Besta di Milano, ha estratto e coltivato un tipo di cellule staminali del cervello legate alla formazione e alla crescita di un particolare tumore cerebrale, il Glioblastoma Multiforme. Lo studio è pubblicato sul numero di ottobre della prestigiosa rivista ‘Cancer Research’, organo ufficiale dell’Associazione Americana per la Ricerca sul Cancro. Uno dei problemi principali che fino ad oggi ha impedito di identificare le cause e le possibili terapie per una cura del Glioblastoma Multiforme (Gbm), è dovuto al fatto che non è mai stato possibile conoscere l’identità delle cellule responsabili della sua insorgenza, crescita e infiltrazione nel tessuto cerebrale. Di conseguenza è stato impossibile creare modelli sperimentali su cui valutare l’efficacia delle diverse cure e sviluppare nuovi farmaci da testare in modo appropriato. Questo studio individua in pazienti adulti proprio le cellule che generano, fanno crescere ed espandere il Gbm. Un secondo aspetto importante è che queste cellule sono cellule staminali cerebrali ‘impazzite’. «Le cellule che generano la formazione del Gbm» spiega Angelo Vescovi, condirettore dell’Istituto di Ricerca Cellule Staminali dell’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele, «possiedono proprietà in tutto e per tutto analoghe a quelle delle cellule staminali cerebrali umane, compresa l’abilità di produrre tutti i tipi di cellule nervose, ma non sono in grado di regolare la propria proliferazione e moltiplicazione e, di conseguenza, causano questi tumori mortali». Purtroppo per i pazienti, le cellule staminali all’interno di un tessuto o di un tumore non proliferano molto e tendono ad essere quiescenti, lasciando alle loro cellule figlie il compito di accrescere la massa tumorale. Una cellula inattiva, quiescente, è purtroppo molto resistente ai farmaci e alle radiazioni e quindi, quando un tumore di questo genere viene curato con metodi ‘tradizionali’, si ottiene la distruzione della grande massa tumorale ma, molto probabilmente, non delle cellule che lo possono ricreare quando la terapia viene interrotta. Se questa ipotesi, già verificata in altri tumori, si rivelasse corretta anche nel caso del Gbm, si potranno sviluppare nuove terapie con lo scopo preciso di distruggere le cellule staminali trasformate ed estinguere efficientemente il tumore. Il fatto che la presenza di staminali cerebrali mutate sia stata trovata solo nei Gbm ma non negli altri tumori cerebrali, spiegherebbe inoltre, almeno in parte, il perché le terapie sviluppate in generale per i tumori del sistema nervoso molto spesso non sono efficaci nel caso del Gbm. I tumori cerebrali causano ancora oggi danni devastanti e irreversibili con esito gravemente invalidante ed inevitabilmente mortale. Il Glioblastoma Multiforme (Gbm), nome più comune del Glioma di grado Iv, è una forma di tumore al cervello altamente aggressiva e maligna, in grado di crescere rapidamente e di infiltrare vaste aree di tessuto cerebrale, sviluppandosi quasi sempre in forma letale. L’efficacia dei trattamenti chirurgici, chemioterapici e radioterapici è piuttosto scarsa e, dopo la rimozione della massa tumorale primaria, la recidiva è spesso precoce. La frequenza di insorgenza del Gbm é massima nei bambini e negli adulti di età compresa tra i cinquanta ed i sessant’anni. Negli adulti colpisce prevalentemente i maschi rispetto alle femmine, con un rapporto di 3 a 2, e con un’aggressività maggiore. Si tratta quindi di un tumore a rapida evoluzione, incurabile e letale. «Ci vorranno ancora almeno 5 anni di ricerca» sottolinea Angelo Vescovi, «per identificare la strada per una cura del Gbm, ma di certo ora, per la prima volta, abbiamo la possibilità di studiare le cellule coinvolte nella formazione di quello che è il più aggressivo e letale tumore cerebrale nell’uomo, aprendo così finalmente la via allo sviluppo di nuove terapie per sconfiggerlo».  
     
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