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Notiziario Marketpress di Martedì 05 Ottobre 2004
 
   
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  LA TERAPIA DELLA LEUCEMIA PROMIELOCITICA ACUTA IN PRIMA LINEA CON ARSENICO TRIOSSIDO EVITA L’USO DELLA CHEMIOTERAPIA A BASE DI ANTRACICLINE OTTENUTE REMISSIONI COMPLETE DI LUNGA DURATA NELL’88% DEI PAZIENTI  
   
  Seattle e Bresso 5 ottobre 2004,—Uno studio clinico esplorativo condotto da ricercatori iraniani sull’uso dell’arsenico triossido come agente singolo nel trattamento della leucemia promielocitica acuta (Apl) è stato presentato il 29 settembre al 16th Annual meeting of the European Organization for Research and Treatment of Cancers, National Cancer Institute and American Association for Cancer Research (Eortc-nci-aacr). Nello studio, 63 pazienti con Apl appena diagnosticata sono stati trattati con arsenico triossido per un ciclo di due trattamenti; il 90% dei pazienti hanno ottenuto remissioni complete. 11 pazienti sono ricaduti e otto di questi hanno avuto nuovamente una remissione completa dopo un terzo ciclo di trattamento. Al momento ben l’88,5% dei pazienti sono ancora seguiti nell’ambito dello studio con una sopravvivenza media di circa 34 mesi dall’inizio del trattamento. Cell Therapeutics, Inc. (Cti) (Nasdaq e Nuovo Mercato: Ctic) commercializza l’arsenico triossido (Trisenox) negli Stati Uniti e in Europa per il trattamento della leucemia promielocitica acuta in ricaduta o resistente. Inoltre, al convegno Eortc-nci-aacr sono stati presentati anche dati di fase I relativi al prodotto camptotecina poliglutammato (Ct-2106). I dati mostrano come il Ct-2106 sia stato ben tollerato con effetti tossici indesiderati molto ben controllabili e con chiari segni di efficacia antitumorale in tre differenti tipologie di tumori. Un paziente affetto da tumore del pancreas con metastasi polmonari ha avuto una remissione parziale, due pazienti con tumore del colon hanno avuto stabilizzazione della malattia per oltre 12 settimane e due pazienti con tumore polmonare non microcitoma hanno avuto una stabilizzazione per 35 settimane. Il tasso preliminare di controllo della malattia è stato del 33% nello studio (8 pazienti su 24).  
     
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