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Notiziario Marketpress di Lunedì 25 Ottobre 2004
 
   
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  LE REGOLE DELLA FECONDITÀ: PIÙ LAVORO ALLE DONNE E MENO MATRIMONI A DIRLO UNO STUDIO, PUBBLICATO SULLA RIVISTA POPULATION STUDIES, CONDOTTO DALLA BOCCONI E DALL’UNIVERSITÀ DELLA PENNSYLVANIA  
   
  Milano, 25 ottobre 2004 - La formula per avere più figli? Più lavoro per le donne e meno matrimoni. Sembra essere questa la regola seguita nei Paesi più fecondi. Il numero medio di figli per donne sale infatti in quei Paesi dove le donne sono maggiormente inserite nel mondo del lavoro, in cui c’è una maggiore prevalenza delle convivenze e una minore centralità dell’istituzione matrimoniale. È questa la conclusione, decisamente non convenzionale, alla quale sono giunti Francesco Billari, ricercatore dell’Università Bocconi, e Hans - Peter Kohler, dell’università della Pennsylvania, al termine della loro ricerca sulla bassa fecondità in Europa i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Population studies. Si scopre così che nel Vecchio continente il Paese più fecondo è la fredda Islanda con 1,99 figli per donna (meglio solo gli Stati Uniti dove il numero medio è 2,07), seguita da Irlanda (1,98), Francia (1,89) e Norvegia (1,8). Decisamente più staccata l’Italia che con 1,29 si attesta, con la Spagna, all’undicesimo posto, nel gruppo dei Paesi considerati a bassa o bassissima fecondità. “Questo trend demografico è noto fin dagli anni 90”, spiega Billari, “quando proprio l’Italia e la Spagna, seguiti poi dai Paesi dell’Europa centrale, hanno raggiunto un tasso di fecondità pari a 1,3, che secondo la convenzione demografica è considerato indice di bassissima fecondità. La novità, però, sta nel fatto che questi livelli emergono in corrispondenza a un cambiamento delle relazioni tra la fecondità e i comportamenti a essa collegati”. Se negli anni ’70, infatti, la fecondità era più elevata dove la partecipazione al lavoro femminile era meno diffusa, oggi si hanno più figli proprio nei Paesi dove le donne lavorano di più. Allo stesso modo, se alcuni decenni or sono la fecondità era più elevata dove il matrimonio aveva un ruolo centrale, oggi si fanno più figli dove la quota di nati fuori dal matrimonio è più elevata e dove il matrimonio assume una minore importanza. L’islanda, infatti, oltre a essere al primo posto per numero medio di figli per donna, conferma la stessa posizione per quanto riguarda le percentuali dei nati fuori dal matrimonio (64 per cento contro il 9 che si registra in Italia) e di donne che lavorano (82 per cento contro il 48 delle italiane). “Anche la presenza di un’elevata divorzialità”, prosegue Francesco Billari, che alla Bocconi afferisce all’Istituto di metodi quantitativi, “non è più negativamente associata ad avere figli, presumibilmente per il ruolo di questi ultimi come cemento delle coppie formate dopo separazioni o divorzi”. Le analisi empiriche mostrano, inoltre, come la bassissima fecondità non sia dovuta alla scelta di non avere figli, quanto piuttosto alla minore propensione ad averne più di uno. Problemi economici e di compatibilità tra vita lavorativa e famiglia possono spiegare la scelta di fermarsi al primo figlio. “Questi risultati hanno implicazioni per le scelte politiche”, conclude il docente della Bocconi. “Per favorire la decisione di avere un figlio sembra al giorno d’oggi controproducente enfatizzare la centralità del matrimonio. Inoltre, gli interventi rivolti alle famiglie che hanno già un figlio rivestono sempre di più un ruolo cruciale”. Fecondità e altri indicatori in alcuni paesi europei e negli Usa
Classifica Numero medio figli per donna % nati da genitori non sposati % donne sul mercato del lavoro
Paesi a fecondità moderata
1 Usa 2,07 33 70
2 Islanda 1,99 64 82
3 Irlanda 1,98 31 58
4 Francia 1,89 44 64
5 Norvegia 1,8 50 77
6 Finlandia 1,76 40 73
Danimarca 1,76 45 76
8 Svezia 1,71 56 76
Regno Unito 1,71 43 68
Paesi a bassa o bassissima fecondità
10 Germania 1,34 26 65
11 Spagna 1,29 23 53
Italia 1,29 9 48
13 Grecia 1,27 4 50
14 Polonia 1,24 16 60
15 Repubblica Ceca 1,18 29 64
Fonti: Eurostat, Institut National d'Etudes Démographiques, Oecd. Dati: 2003 (o anno più recente per il quale i dati sono disponibili)
 
     
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