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Notiziario Marketpress di Venerdì 12 Marzo 2004
 
   
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  DIMISSIONI IN MASSA PER GLI SCIENZIATI FRANCESI  
   
  Bruxelles, 12 marzo 204 - Circa 2000 ricercatori francesi hanno rassegnato le dimissioni per protestare contro la mancata risposta del governo al loro appello contro i tagli al bilancio, il congelamento dei fondi e la riduzione dei posti. La protesta aveva avuto inizio a gennaio, quando una petizione fatta circolare su Internet e intitolata 'Salviamo la ricerca' era stata firmata da circa 70.000 ricercatori. Ignorata dal governo, secondo i firmatari, la protesta si era rafforzata con le ondate di dimostrazioni in tutta la Francia, per culminare quindi il 9 marzo con un vertice presso il municipio di Parigi, in cui 976 direttori di laboratorio e 1100 direttori di gruppo specializzati si sono dimessi dalle loro funzioni dirigenziali. Tra l'altro, le proteste vertono sull'esiguità dei salari, le condizioni di lavoro poco attraenti, la mancanza di fondi per l'acquisto di nuove attrezzature, l'assenza di coordinamento tra i differenti organismi di ricerca, la scarsità dei collegamenti con l'industria e l'impressione che il governo abbia messo le attività di ricerca e innovazione in fondo alla lista delle priorità, in un clima generale di compressione di bilancio. I ricercatori criticano soprattutto la decisione di trasformare 550 posti di lavoro permanenti per giovani ricercatori in posti di lavoro part-time. L'ultima offerta di incremento dei fondi (294 milioni di euro) e di altri 300 posti di lavoro per ricercatori di Claudie Haigneré, ministro per la Ricerca e le Nuove tecnologie, non ha placato il movimento di protesta, né lo hanno fatto gli appelli dell'ultima ora del Primo ministro Jean-pierre Raffarin. 'Non abbiamo ricevuto risposte soddisfacenti alle nostre richieste. Continueremo a porre le nostre domande e ad aumentare la nostra pressione', ha dichiarato Alain Trautmann, l'organizzatore della campagna 'Salviamo la ricerca'. Oltre a questo, vi è la sensazione che la Francia, per molto tempo in testa ai paesi europei in possesso di una forte comunità scientifica, stia perdendo terreno. In una recente lettera aperta inviata al Presidente Jacques Chirac, un gruppo di ricercatori emigrati all'estero avvertiva che altri paesi stavano approfittando, senza che ve ne fosse la necessità, dell'istruzione scientifica da loro conseguita in Francia, e concludeva: 'A meno che l'attuale crisi non si trasformi in un trampolino per ridare slancio alla ricerca nel nostro paese, le future conquiste tecnologiche ci metteranno dal lato sbagliato della demarcazione rispetto all'Asia e agli Stati Uniti'. Il Dr Alex Kahn, direttore dell'Istituto Cochin di Parigi, una delle principali strutture di ricerca medica del paese, si è detto d'accordo ed ha dichiarato che 'la Francia sembra essere l'ultimo paese francofono in cui le persone desiderano lavorare, la loro prima scelta sono la Svizzera o il Canada. Alcuni sono addirittura disposti a trasferirsi in Giappone, ma la maggior parte optano per gli Stati Uniti, dove le condizioni sono di gran lunga più attraenti, con migliori stipendi ed un nucleo stabile di direttori della ricerca e tecnici'. Nel 2000, circa 3.000 tra laureati in discipline scientifiche e titolari di dottorato francesi si sono recati nei soli Stati Uniti. Attualmente lo stipendio medio di un giovane ricercatore assunto dopo un dottorato in Francia è inferiore ai 2.000 euro al mese. La modestia delle retribuzioni è aggravata dal sistema universitario, che ogni anno sforna quasi 11.000 potenziali ricercatori con prospettive di lavoro limitate. Il loro lavoro accademico ha poco a che vedere con le possibilità d'occupazione al di fuori dalle istituzioni statali, e queste ultime stanno riducendo le assunzioni. E tutto ciò malgrado la Francia spenda ogni anno il 2,2% del suo Pil nella ricerca e sviluppo (R&s), e malgrado la promessa solenne del Presidente Jacques Chirac di portare questa percentuale al 3% entro il 2010. I contestatori dicono che le somme stanziate per la ricerca negli ultimi anni, circa 9 miliardi di euro nel 2004, sono state appena sufficienti a tenere il passo con l'inflazione, e che molti dei problemi del paese nascono da un'organizzazione scientifica arcaica, dalla scarsità di relazioni con il settore privato, dalla rigidezza burocratica e dalla condizione di funzionario statale del personale, che in questo modo ha il lavoro garantito a vita. L'urgenza di una riforma era stata sottolineata in un rapporto ufficiale sulla gestione del Cnrs, il centro nazionale per la ricerca scientifica, che con 11.400 ricercatori e un personale complessivo di 26.000 addetti è la più vasta struttura scientifica del paese. 'L'inerzia del Cnrs si erge in rigido contrasto con il mondo in rapido movimento della ricerca', concludeva il rapporto, descrivendo il Cnrs come una 'organizzazione in possesso di considerevoli mezzi, ma priva della benché minima capacità di controllare il modo in cui sono spesi'. Il rapporto notava che due terzi del bilancio di 2,5 miliardi di euro del Cnrs finiscono in stipendi, e criticava il sistema di cogestione con i sindacati, che significa l'assenza di un appropriato metodo di auto-valutazione. Ne consegue che i progetti di ricerca mediocri o superati vengono portati avanti indefinitamente. Il rapporto evidenziava anche il problema dell'invecchiamento del personale. L'età media è 47 anni. Dal momento che tutti i ricercatori delle istituzioni statali hanno acquisito lo stato di funzionario nel 1983, il loro stipendio aumenta progressivamente con il passare degli anni. Di conseguenza le spese salariali hanno subito un aumento esponenziale, a detrimento delle assunzioni e della spesa per le attrezzature. Il governo, cosciente della fossilizzazione del sistema, ha cercato di proporre ai giovani ricercatori lavori legati a progetti, che sarebbero pagati meglio ma non darebbero diritto alla qualifica di funzionario. Inoltre Raffarin preferirebbe prevedere incentivi fiscali per le imprese che investono nella ricerca privata piuttosto che stanziare ancora denaro per la ricerca finanziata dallo stato. Questa soluzione si allineerebbe con i sistemi inglese e statunitense, in cui le somme investite nella ricerca privata sono di gran lunga più importanti. Patrick Devedjian, ministro degli Affari locali, ha dichiarato che gli scienziati francesi dovrebbero cercare di imitare i loro colleghi americani, che hanno vinto 101 premi Nobel negli ultimi vent'anni, invece dei 6 vinti dalla Francia, o degli 11 degli inglesi. Allo stesso modo, il numero di brevetti registrati dagli scienziati francesi è in precipitoso declino. Il 19 marzo verrà organizzata una seconda giornata di protesta se entro quella data non sarà stato raggiunto alcun compromesso. Infolin: http://recherche-en-danger.Apinc.org  
     
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