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Notiziario Marketpress di Giovedì 01 Luglio 2004
 
   
  Web alimentazione e benessere  
  NASCONO LE "FATTORIE DEL GUSTO" TRA LE CORTI RURALI MANTOVANE IN CERCA DI SAPORI  
   
  La  tradizione gastronomica mantovana affonda le sue radici nella memoria della famiglia agricola e delle rasdore (letteralmente "reggitrici" le donne che dirigevano le attività di casa). In un momento di riscoperta delle tematiche legate al ritorno alle tradizioni agroalimentari più autentiche, le aziende agrituristiche sono le uniche in grado di tramandare questo prezioso bagaglio di conoscenze, presentando cibi e bevande come valori culturali da recuperare e conservare. L'agriturismo mantovano infatti non si limita ad offrire servizi di ristorazione e alloggio: da tempo, le aziende si prefiggono uno scopo ben più rilevante: l'educazione al gusto. Da queste premesse è nata l'idea di creare una rete di fattorie che curino l'aspetto dell'educazione al cibo in guanto patrimonio culturale. Le Fattorie del Gusto mantovane organizzano corsi di cucina, laboratori di analisi sensoriale, degustazioni guidate e comparate, serate conviviali a tema, colazioni e merende contadine. In tal modo, le aziende si propongono come luoghi di riscoperta delle tradizioni enogastronomiche, della maestria contadina e della memoria della famiglia rurale. I partecipanti alle attività avranno la possibilità di essere accolti in una atmosfera familiare ed imparare, attraverso l'esperienza diretta, a riconoscere i sapori dei prodotti tradizionali, ad apprendere le tecniche e i segreti dell'arte norcina, della conservazione della frutta, della preparazione delle confetture, della trasformazione della farina, della produzione del pane, dell'utilizzo dei prodotti stagionali in cucina; il tutto in un contesto di valorizzazione della cultura rurale nei suoi molteplici aspetti. Nella nuova guida alle Fattorie del Gusto sono raccolte le fattorie che hanno dato vita all'iniziativa, ne sono descritte le attività e i programmi per l'anno in corso. Ballarini, all'interno delle attività del Circolo della Qualità, affianca le Fattorie del Gusto per promuovere le loro attività, collaborando fattivamente con la sua esperienza e con la sua storia di produzione, prima artigianale e poi industriale, profondamente radicata nel territorio in ogni suo aspetto.
Il Salame mantovano contadino
Ovvero l'altro salame, con quella parola in più che lo rende speciale, inimitabile: "contadino". Anche se gli insaccati industriali si propongono sempre più in veste di prodotti agricoli e in un contesto rurale, pur senza averne le qualità, è necessario porre una distinzione tra i prodotti di grosse aziende alimentari che si avvalgono di una generica immagine territoriale e di un contesto agricolo per cercare una qualche legittimazione, e i prodotti agricoli tradizionali, gli unici veramente legati al territorio e alle sue tradizioni. Già gli Etruschi consumavano carne suina nel territorio mantovano, come risulta dai ritrovamenti nella zona del Forcello, a sud di Mantova. La consuetudine continua attraverso i secoli, fino ad arrivare al Rinascimento, epoca in cui Isabella d'Este Gonzaga, marchesa di Mantova, disponeva giornalmente di salami, salami di lingua, salami cotti. Il masin o masalin (norcino) era già una figura molto richiesta, itinerante, definito "perfecto maestro de tal mestero". L'arte della norcineria e il maiale sono un po' il simbolo del benessere e della ricchezza di questa terra, e il salame ne diviene il rappresentante più illustre: una tradizione di cui i mantovani vanno orgogliosi, un prodotto unico per le sue caratteristiche. Il colore è rosso fragola, la pasta compatta e morbida, punteggiata di grassoli bianchi o rosa, mentre l'aggiunta di pepe e aglio fresco conferisce un caratteristico profumo e un sapore inconfondibile. La ricetta varia da zona a zona: nell'alto Mantovano la presenza dell'aglio, che viene lasciato macerare nel vino bianco, è solo accennata. I grandi allevamenti suinicoli del mantovano forniscono ai prosciuttifici di Parma e San Daniele oltre un milione di esemplari all'anno, ma non vi è famiglia contadina che non si dedichi, in periodo invernale, a "far su il maiale", dando luogo ad una produzione eccellente, pur rimanendo limitata all'autoconsumo o poco più. E proprio grazie a queste antiche tradizioni familiari che l'arte si è tramandata fino ai giorni nostri. La preparazione prevede esclusivamente l'uso di carni suine, macinate a grana grossa e condite con sale, pepe e aglio. L'impasto viene poi insaccato in budello di maiale e legato a mano. Quindi, il fondamentale processo di stagionatura, che può protrarsi dai 3 ai 6 mesi, a seconda delle dimensioni: è proprio l'umida aria della Pianura Padana che contribuisce a formare le muffe bianche o color tortora, necessarie a garantire la qualità del risultato finale. Esistono diverse versioni di questo gustoso insaccato. In primo luogo i salami si differenziano per i tipi di budello (le varie parti che formano l'intestino crasso dql maiale) impiegati: il budello gentile (budello ottenuto dall'intestino retto del suino, molto grasso e spesso, che permette una stagionatura e una conservazione più lunga) il budello sottogentile (la parte più interna del gentile, usato per salami di pezzatura medio-piccola ad asciugatura medio-veloce) il budello crespo o crespone (ottenuto dal colon, di forma più irregolare) la mariola (intestino cieco) Oltre a questi è da annoverare, tra le preparazioni tradizionali, il salame con la lingua, nel quale, oltre all'impasto consueto, viene aggiunta la lingua tagliata a listarelle in punta di coltello, oppure intera avvolta dall'impasto. Secondo le antiche consuetudini popolari questo salame si faceva cuocere nella stufa per la festa dell'Ascensione; infine citiamo un prodotto storico purtroppo ormai scomparso, il salame di San Benedetto cotto sotto la cenere.
La mostarda
La mostarda di mele o di pere è uno dei prodotti più tipici della cucina virgiliana. Base essenziale per preparare i tortelli di zucca, bandiera della cucina mantovana, compare nell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali. Il termine "mostarda", che identifica una confettura speziata, deriva dalla voce latina mustum ardens, preparazione piccante in cui venivano utilizzati semi di senape pestati. Proprio la senape è detta moutarde in francese e mustard in inglese, entrambi termini derivati dalla medesima radice latina. La mostarda è storicamente legata alla cucina mantovana, inizialmente come prodotto di lusso: le prime notizie, infatti, ci vengono dai documenti gonzagheschi che testimoniano la presenza di questa preparazione sulla mensa dei signori di Mantova. Erano a quel tempo gli speziali (farmacisti) le figure preposte alla preparazione di questa leccornia, che assieme a marmellate e confetture veniva conservata negli "albarelli", ovvero vasi piccoli e medi di coccio, di vetro o di ceramica. Con il passare del tempo, la mostarda ha perso il suo carattere di alimento esclusivo, grazie alla accresciuta disponibilità di zucchero e senape, e divenuta alimento popolare, che viene addirittura abbinato a un prodotto povero come la zucca. Come spesso accade, la ricetta per preparare la mostarda varia da zona a zona e da famiglia a famiglia. N Gli ingredienti base sono mele o pere acerbe (pere campanine o cotogne di preferenza); zucchero e senape liquida.
 
     
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