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Notiziario Marketpress di Martedì 03 Maggio 2005
 
   
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  I GIORNALISTI POSSONO CUMULARE FINO A EURO 8.509,30 MENTRE RAGIONIERI E AVVOCATI HANNO LIBERTÀ DI CUMULO  
   
  Milano, 3 maggio 2005 - Pubblichiamo integralmente una circolare Cescutti del 28 aprile con la quale si annuncia che i giornalisti, Ministeri vigilanti consenzienti, possono cumulare fino a 8.509.30 euro nel corso del 2005. Nell’ambito delle casse ragionieri e avvocati, le realtà sono opposte. I ragionieri possono cumulare pensione di anzianità e reddito da lavoro dipendente o autonomo. Questo principio, fissato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 437 pubblicata il 7 novembre 2002, dovrebbe valere ovviamente, in virtù dell’articolo 3 (=uguaglianza) della Costituzione, per tutti i professionisti (medici, commercialisti, veterinari, chimici, etc) iscritti nelle altre Casse previdenziali trasformate dal dlgs n. 509/1994 in Fondazioni (è il caso dell’Inpgi) o in Associazioni di diritto privato. Gli avvocati avevano già spuntato un’analoga sentenza (n. 73/1992). I giornalisti, però appaiono e sono cittadini di serie B. Perché? La Corte costituzionale ha scritto a proposito dei diritti dei ragionieri: “E’, infatti, da osservare anzitutto che il perseguimento dell’obiettivo tendenziale dell’equilibrio di bilancio non può essere assicurato da parte degli enti previdenziali delle categorie professionali ….. Con il ricorso ad una normativa che, trattando in modo ingiustificatamente diverso situazioni sostanzialmente uguali, si traduce in una violazione dell’articolo 3 della Costituzione”. La questione di costituzionalità era stato sollevata con ordinanza 5 febbraio 2002 dal Tribunale di Lucca, che ha dubitato della correttezza dell’art. 3 (comma 2) della legge 30 dicembre 1991 n. 414 (Riforma della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri) una volta chiamato ad esprimersi nell’ambito dell’azione giudiziaria, promossa dal ragioniere Vito Tozzi contro l’Associazione cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri. L’ordinanza del Tribunale sulla non manifesta infondatezza è sintetica - scrive la Consulta - ma non insufficiente dal momento che indica sia i profili di irrazionalità determinanti il possibile contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, sia le ragioni della ipotizzata violazione dell’art. 4, primo comma, della Costituzione. Secondo la difesa del ragioniere Vito Tozzi, l’art. 3 (comma 2) della legge 30 dicembre 1991 n. 414 è in contrasto con gli artt. 3 (secondo comma), 4 (primo comma), 35 (primo comma) e 38 (secondo comma) della Costituzione, nella parte in cui afferma la incompatibilità della pensione di anzianità con l’iscrizione a qualsiasi albo professionale o elenco di lavoratori autonomi e con qualsiasi attività di lavoro dipendente o associato Le motivazioni della sentenza n. 437/2002 della Corte costituzionale. Questa Corte, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di una disposizione inserita nell’art. 3, secondo comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense), identica a quella censurata dal Tribunale di Lucca, ne dichiarò l’illegittimità costituzionale per contrasto con gli stessi parametri evocati nel presente giudizio, sul rilievo che, una volta ammessa la compatibilità della pensione di anzianità degli avvocati con lo svolgimento di un lavoro autonomo o subordinato, non era ragionevole stabilirne l’incompatibilità qualora per tale lavoro fosse prescritta l’iscrizione in un albo o in un elenco, costituendo inoltre tale incompatibilità violazione dell’art. 4, primo comma, della Costituzione (cfr. Sentenza n. 73 del 1992). Secondo la difesa della Cassa di previdenza dei ragionieri e periti commerciali le ragioni addotte a sostegno della suindicata pronuncia di illegittimità costituzionale sono contraddette dal mutato assetto delle casse di previdenza ed hanno perciò perduto la loro validità. Poiché gli enti previdenziali delle categorie professionali si sono trasformati in persone giuridiche private ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, le esigenze di bilancio sono particolarmente pressanti, dovendo gli enti medesimi avvalersi dell’autofinanziamento, senza poter ricorrere a sovvenzioni pubbliche. Lo sfavore con il quale il legislatore guarda allo svolgimento di attività lavorativa da parte dei titolari di pensione di anzianità, concretizzatosi nelle norme che in vario modo nel tempo hanno limitato o escluso il cumulo tra reddito da lavoro e pensione di anzianità (la difesa della Cassa invoca l’art. 10 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, come modificato dall’art. 11 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, l’art. 1, comma 189, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e l’art. 59, comma 14, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), dimostrerebbe la necessità di scoraggiare il ricorso alla pensione di anzianità da parte di persone ancora in grado di lavorare. Le tesi difensive della Cassa non inficiano la validità delle ragioni che indussero la Corte alla citata pronuncia di illegittimità costituzionale, ragioni che sussistono tuttora riguardo alla questione in esame. E’, infatti, da osservare anzitutto che il perseguimento dell’obiettivo tendenziale dell’equilibrio di bilancio non può essere assicurato da parte degli enti previdenziali delle categorie professionali – e, in particolare, da parte della Cassa di previdenza a favore dei ragionieri e periti commerciali – con il ricorso ad una normativa che, trattando in modo ingiustificatamente diverso situazioni sostanzialmente uguali, si traduce in una violazione dell’art. 3 della Costituzione. L’iscrizione ad albi o elenchi per lo svolgimento di determinate attività è, infatti, prescritta a tutela della collettività ed in particolare di coloro che dell’opera degli iscritti intendono avvalersi. In secondo luogo, si rileva che le norme concernenti il cumulo tra reddito da lavoro e prestazione previdenziale presuppongono la liceità dell’esercizio dell’attività lavorativa da parte del pensionato ed operano quindi su un piano diverso ed in un momento successivo a quelle del tipo della disposizione censurata, finalizzate ad impedirne lo svolgimento. La difesa della Cassa sostiene infine, con riguardo al caso specifico, che l’iscrizione all’albo dei revisori contabili consentirebbe un’attività in parte analoga a quella tipica dei ragionieri, il divieto della quale non è contestato (divieto, peraltro, ritenuto legittimo, per l’iscrizione all’albo degli avvocati, dalla citata sentenza n. 73 del 1992). Sul punto si osserva che ciò che rileva, ai fini del presente giudizio di costituzionalità, è esclusivamente la circostanza che lo svolgimento dell’attività dei revisori contabili è subordinato, in base ad una specifica e autonoma disciplina, all’iscrizione in un registro analogo ad un albo professionale, mentre è irrilevante considerare che nell’ambito delle relative prestazioni ve ne siano alcune che presentano elementi di analogia con le attività proprie dei ragionieri. La contestata incompatibilità si pone, altresì, in contrasto con il principio del diritto al lavoro. Al riguardo va precisato che la disciplina della pensione di anzianità dei ragionieri e periti commerciali, al pari di analoghe discipline relative ad altre categorie di professionisti (v. Sentenza n. 362 del 1997 sulla normativa applicabile in materia nella previdenza forense), non prevede alcuna equiparazione della pensione di anzianità alla pensione di vecchiaia al compimento da parte del titolare dell’età stabilita per il conseguimento di tale ultima pensione, a differenza di quanto avviene nel sistema dell’assicurazione generale obbligatoria per effetto dell’art. 22, sesto comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153, e dell’art. 10, comma 7, del d.Lgs. N. 503 del 1992, sicché la norma impugnata si traduce in una limitazione a tempo indefinito della possibilità di lavoro dei pensionati (v. Sul punto la citata sentenza n. 73 del 1992). Per Questi Motivi La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 414 (Riforma della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali), nella parte in cui prevede l’incompatibilità della corresponsione della pensione di anzianità con l’iscrizione ad albi professionali o elenchi di lavoratori autonomi diversi dall’albo dei ragionieri e periti commerciali. ***************************************
Pubblichiamo la circolare Cescutti (Prot. Presidente 238 del 28 aprile 2005)
Cari colleghi, il lungo iter riguardante il massimale del cumulo pensione-redditi da lavoro è finalmente concluso. Oggi, infatti, i Ministeri vigilanti hanno approvato definitivamente la delibera dell’Inpgi che fissa il limite annuo di cumulabilità a 7.747 euro con effetto retroattivo al gennaio 2001. Attualmente tale limite è comunque salito, per effetto della perequazione annua, a 8.509,30 euro. In breve un sunto di questa vicenda. Fino a tutto il 2000 la possibilità e i limiti di cumulo erano disciplinati all’Inpgi e all’Inps in identica maniera : cumulabilità del reddito fino al minimo Inps. L’importo di reddito che superava tale tetto comportava la decurtazione della pensione fino al limite massimo pari al 50% della pensione stessa. Il Consiglio di amministrazione ed il Consiglio generale, nel giugno 2001, approvarono una delibera che elevava il tetto cumulabile – con decorrenza 1° gennaio 2001 – a 15 milioni delle vecchie lire (7.746 euro) rivalutabili annualmente in base agli indici Istat. Questa delibera ricevette il via libera dai Ministeri vigilanti soltanto a gennaio del 2003. Tuttavia a luglio dello stesso anno, e cioè dopo solo sei mesi, gli stessi Ministeri vigilanti, a seguito di “approfondimenti giuridici” conseguenti a un ricorso presentato dalla Fieg, tornarono sul decreto interministeriale che era stato regolarmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed annullarono il provvedimento approvato a gennaio 2003. Oltre un anno più tardi, a maggio del 2004, Fnsi e Fieg siglarono un accordo che prevedeva l’innalzamento del limite di cumulabilità a 13.000 euro annui. Il Consiglio di amministrazione dell’Inpgi recepì la determinazione delle Parti Sociali e, ancora una volta, trasferì la questione ai Ministeri vigilanti, così come prevede il decreto 509/94. A quel punto il Ministero dell’Economia richiese all’Inpgi uno studio tecnico attuariale che rilevò il danno economico che dal nuovo “tetto” sarebbe potuto derivare per l’Istituto in conseguenza del nuovo massimale. Per questo motivo il Consiglio di amministrazione dell’Istituto, il 15 aprile 2005, approvò una delibera che riportò a 7.746 euro (riferiti al 2001) il massimale in parola. Oggi, come si è detto, tale atto ha ricevuto la definitiva approvazione da parte dei Ministeri vigilanti. *************
Queste le possibilità di cumulo in vigore (con effetto retroattivo) dal 1° gennaio 2001. 1) Titolari Di Pensione Di Vecchiaia (ottenibile ad almeno 65 anni di età per gli uomini e a 60 per le donne) o titolari di pensioni di anzianità con almeno 40 anni di contributi: totale cumulabilità con redditi da lavoro, autonomo o dipendente; 2) Titolari Di Pensione Di Vecchiaia Anticipata (attualmente ottenibile con almeno 63 anni di età e almeno 30 anni di contributi Inpgi) : cumulabilità, per lavoro dipendente ed autonomo, con i seguenti limiti : anno 2001, fino a 7.746 euro ; anno 2002, fino a 7.956,02 euro; anno 2003, fino a 8.146,96 euro; anno 2004, fino a euro 8.350,64; anno 2005, fino a euro 8.509,30. L’eventuale eccedenza di reddito è decurtabile fino a raggiungere il 50% della pensione; 3) Titolari Di Pensione Di Anzianita’ Con Meno Di 40 Anni Di Contributi, O Pensionati In Base Alla Legge 416/81: incumulabilità totale per i redditi da lavoro dipendente. Per i redditi da lavoro autonomo è prevista invece la possibilità di cumulare fino ai seguenti tetti: anno 2001, fino a 7.746 euro ; anno 2002, fino a 7.956,02 euro; anno 2003, fino a 8.146,96 euro; anno 2004, fino a euro 8.350,64; anno 2005, fino a euro 8.509,30. L’eventuale eccedenza di reddito è decurtabile fino a raggiungere il 50% della pensione; I pensionati di cui ai punti 2) e 3) allorché matureranno l’età prevista per la pensione di vecchiaia (65 anni per gli uomini e 60 per le donne) potranno cumulare totalmente con la pensione eventuali redditi da lavoro, autonomo o dipendente. Da sottolineare che il nuovo regime di cumulabilità è più vantaggioso del precedente. In base alla vecchia normativa, infatti, qualora il reddito annuo del giornalista pensionato avesse superato, anche di pochi centesimi, il livello della cifra cumulabile (5.460,06 euro, pari al minimo pensionistico Inps valido per il 2005) il reddito sarebbe stato completamente assorbito fino ad un massimo del 50% della pensione. La nuova normativa, invece, stabilisce che fino al massimale (che per il 2005 è pari a 8.509,30 euro) il reddito sia comunque cumulabile e che soltanto l’eventuale eccedenza sia decurtabile dalla pensione fino ad un massimo del 50% della stessa.
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Ecco due esempi di confronto tra vecchia e nuova normativa, ipotizzando per l’anno 2005 una pensione lorda annua di 60.000 euro e un reddito da lavoro autonomo di 10.000 euro. Vecchia normativa: essendo il reddito da lavoro autonomo di 10.000 euro superiore al minimo Inps (che nel 2005 è pari a 5.460,06 euro) dalla pensione avrebbe dovuto essere detratto l’importo dell’intero reddito, cioè 10.000 euro. La pensione erogabile sarebbe stata dunque pari a 50.000 euro, cioè 60.000 – 10.000 euro. Nuova normativa : essendo il limite di cumulo per il 2005 pari a 8.509,30 euro, dalla pensione sarà sottratta soltanto la parte di reddito autonomo eccedente il limite, cioè 1.490,72 euro (pari a 10.000 – 8.509,30 euro). La pensione erogabile sarà perciò pari a 58.509,30 (cioè 60.000 – 1.490,70).
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Vi prego di dare la massima divulgazione al contenuto di questa circolare e vi saluto cordialmente. Gabriele Cescutti
 
     
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