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Notiziario Marketpress di
Lunedì 23 Maggio 2005
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BANCA FIDEURAM: ECONOMIC OUTLOOK MAGGIO 2005 |
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Milano, 23 maggio 2005 - Stati Uniti - La diffusione dei dati relativi all’andamento dell’economia nel corso del mese di marzo era stata caratterizzata da una debolezza molto superiore alle attese, sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta. Queste sorprese negative, unitamente al rallentamento nella crescita del Pil registrata nel primo trimestre (al 3.1% annualizzato dal 3.8% del quarto trimestre ‘04) avevano indotto a temere che l’economia fosse entrata in una fase di rallentamento piuttosto marcato che sarebbe proseguita nel corso del secondo trimestre. La nostra posizione al riguardo era stata di notevole cautela e non avevano rivisto in modo significativo le nostre previsioni di crescita. Nel corso delle ultime settimane due sviluppi appaiono aver corroborato il nostro scenario. Da un lato, i dati di marzo sulle scorte e sull’interscambio commerciale (con la sensibile e inattesa flessione delle importazioni di beni di consumo) determineranno probabilmente una revisione al rialzo della stima di crescita del primo trimestre che dovrebbe ora attestarsi in linea con quella del trimestre precedente. I dati relativi ad aprile finora disponibili, d’altro lato, tendono ad evidenziare che probabilmente i dati relativi al mese di marzo sono stati distorti al ribasso dall’effetto congiunto della Pasqua anticipata e del clima molto rigido. Questo è il messaggio che sembra provenire, in particolare, dall’andamento delle vendite al dettaglio (incluse le auto), che hanno registrato in aprile un recupero molto più forte delle attese. Nonostante il rincaro dei prezzi petroliferi degli ultimi mesi, appare pertanto improbabile che nel corso del trimestre corrente si registri una decelerazione dei consumi rispetto al ritmo del primo trimestre (3.5%). Più in generale, la nostra previsione di crescita del Pil per il trimestre corrente indica che saranno mantenute i ritmi di crescita dei due trimestri precedenti (poco sotto il 4% annualizzat). I timori di un rallentamento sembrano essere ampiamente ridimensionati, almeno per la prima parte dell’anno. Uno degli aspetti salienti dei dati diffusi negli ultimi giorni è stato la discordanza fra i segnali di relativa forza della domanda, specie per consumi, e quelli che invece evidenziano una sensibile flessione dell’attività produttiva. A questi ultimi si è aggiunto il dato sulla produzione del mese di aprile che è risultato più deludente delle attese di consenso. La produzione totale è, infatti, diminuita del -0.2% m/m, contro una previsione di consenso di aumento dello 0.2%. Il dato di marzo è stato inoltre rivisto al ribasso. Se si considera però il solo settore manifatturiero risulta che, in realtà, l’attività produttiva ha subito una netta contrazione nel mese di marzo (-0.3% m/m), dopo due mesi di crescita sostenuta, ma è poi rimasta invariata nel mese di aprile, nonostante l’ulteriore pesante taglio della produzione nel comparto auto. E’ ragionevole ritenere che questa correzione rifletta l’impatto della fine degli incentivi fiscali all’investimento che sembrano aver determinato un notevole aumento nella domanda di motoveicoli nella parte finale del 2004. Al netto del comparto dell’auto l’andamento della produzione appare decisamente meno drammatico: l’attività produttiva ha subito una pausa nel mese di febbraio, quando si è registrata una crescita nulla, per poi riaccelerare nei mesi successivi (con un incremento m/m dello 0.1% in marzo e dello 0.4% in aprile). Larga parte di questo recupero è ascrivibile al fatto che l’attività nel settore high tech mantiene una certa vivacità dopo la decelerazione di fine 2004. Nel complesso, quindi, la recente decelerazione dell’attività produttiva tende ad essere spiegata in larga parte dalla dinamica del comparto auto. Le scarse informazioni relative al mese di maggio (al momento è disponibile solo l’indagine della Fed di New York, che ha evidenziato un inatteso e pesante calo della fiducia delle imprese manifatturiere, compatibile addirittura con una situazione di sostanziale recessione nel settore) non inducono certamente all’ottimismo, ma alla luce delle condizioni complessive della domanda e dello stato delle scorte una correzione sensibile dell’attività produttiva appare al momento improbabile. L’aumento degli occupati negli Usa nel mese di aprile (274 mila unità) è stato sensibilmente più elevato delle nostre attese e di quelle del consenso e una notevole correzione al rialzo (pari nel complesso a quasi 100 mila unità) è stata apportata anche ai dati dei mesi di febbraio e marzo. E’ comunque probabile che la crescita degli occupati registrata in aprile tenda a sovrastimare, e anche in misura notevole, il ritmo di crescita dell’economia, forse anche in ragione degli stessi problemi legati alla stagionalità o a fattori una tantum (la Pasqua anticipata e il maltempo) che sembrano aver influenzato al ribasso il flusso di dati relativi al mese di marzo. L’andamento del mercato del lavoro di aprile evidenzia però due elementi di notevole rilievo dell’attuale fase ciclica. In primo luogo, come evidenziato nel punto precedente, la debolezza dell’economia tende a concentrarsi nel settore manifatturiero, dove è proseguita e con lo stesso ritmo del mese precedente la perdita di occupati. L’andamento dell’occupazione nel resto dell’economia è stato invece alquanto vivace, con, in particolare, una notevole accelerazione dell’occupazione nei servizi privati che era stata deludente in marzo, nonché nei mesi a cavallo fra il 2004 e il 2005. In secondo luogo, è importante notare che in aprile, unitamente all’aumento molto sostenuto dell’occupazione, si è registrato, per la prima volta da quasi un anno e mezzo, anche un notevole aumento della settimana lavorativa media (0.6% m/m) che è tornata sui livelli del settembre 2002. L’incremento congiunto degli addetti e della settimana lavorativa ha determinato un aumento molto più forte delle attese delle ore lavorate totali (+0.9% m/m). Se poi si considera la crescita vivace dei salari nominali (0.3% m/m sia in marzo che in aprile) si deduce che la dinamica del reddito da lavoro rimane alquanto favorevole. Con una simile dinamica del reddito da lavoro e in assenza di rinnovati shocks sulla crescita dei prezzi (soprattutto nel comparto energetico) risulta, in particolare, problematico essere pessimisti sull’andamento dei consumi. L’aumento dei prezzi al consumo nel mese di aprile è risultato più forte delle attese per quanto concerne l’indice complessivo (0.5% m/m), decisamente sospinto al rialzo non solo dalla componente energetica ma anche dall’inatteso e sensibile aumento degli alimentari, ma la sorpresa di maggiore rilievo è venuta dall’indice core, che dopo il forte aumento di marzo (+0.4% m/m), è rimasto invariato sul livello del mese precedente (l’attesa era per un aumento dello 0.2% m/m). Nel mese di marzo l’aumento dei prezzi core, in effetti, era stato notevolmente amplificato da incrementi molto ampi in un paio di categorie, come l’abbigliamento e le camere d’albergo, per le quali appariva ragionevole attendersi una correzione già nel breve periodo. Questa previsione si è rivelata sostanzialmente corretta, ma l’inattesa moderazione dei prezzi core non può essere spiegata solo da queste dinamiche particolari: si è registrata infatti anche una sensibile decelerazione nei prezzi dei servizi e, più specificamente, negli affitti imputati e nei servizi medici. In realtà appare ragionevole ritenere che anche i dati sui prezzi al consumo non siano immuni dalle distorsioni (Pasqua anticipata, clima rigido, ecc.) chiaramente evidenti nella maggior parte degli indicatori economici relativi ai mesi di marzo e aprile. Da ciò discende che appare prudente considerare l’andamento medio dei prezzi nei mesi di marzo e aprile, piuttosto che giungere alla conclusione che si sia in presenza di una significativa decelerazione nella dinamica dei prezzi core. Area Euro - La stima preliminare di Eurostat per la crescita del Pil dell’area euro nel primo trimestre indica un’accelerazione attorno al 2.0% annualizzato, in linea con le nostre attese. La conferma è però solo apparente, poiché la dinamica del Pil nelle principali economie dell’area per le quali è ad oggi disponibile una stima preliminare è stata invece decisamente deludente. Infatti, sebbene la crescita in Germania abbia sorpreso al rialzo con un aumento fortissimo del 4.1% annualizzato, in Italia e nei Paesi Bassi si è assistito, contrariamente alle attese, addirittura ad una contrazione del Pil, rispettivamente del -1.8% e -0.6% annualizzato. Trattandosi di stime preliminari, non si dispone ancora di alcuna informazione sulla scomposizione del Pil, con l’unica eccezione dei Paesi Bassi. Sembra però possibile ritenere che l’ulteriore consolidamento della domanda interna atteso per il primo trimestre, dopo il progresso già evidenziato nel quarto trimestre ‘04, non si sia verificato. Infatti, la fortissima accelerazione della crescita che si è realizzata in Germania è attribuibile, secondo l’ufficio statistico tedesco, quasi interamente alle esportazioni nette, mentre la domanda interna risulterebbe in contrazione. Solo gli investimenti in macchinari e attrezzature sarebbero cresciuti, contraddicendo la nostra attesa di un consolidamento del trend di crescita dei consumi privati (alquanto sorprendentemente, considerata la forte accelerazione delle vendite al dettaglio in Germania nel primo trimestre, che è stata la più elevata degli ultimi quattro anni). Inoltre, i dati sulla scomposizione del Pil nei Paesi Bassi mostrano una contrazione marcata della domanda interna (per consumi ed investimenti), accompagnata da un pesante accumulo di scorte. Infine, la sorpresa negativa della crescita in Italia è di tale ampiezza da lasciare intuire un probabile, ulteriore peggioramento della domanda interna, accompagnato, in questo caso, da un decumulo di scorte (visto il forte accumulo che ha interessato gli ultimi trimestri del 2004). I dati sulla crescita del Pil in Francia ed in Spagna dovrebbero invece risultare più robusti, per effetto di un maggiore sostegno dei consumi privati (le nostre previsioni sono rispettivamente per una crescita all’1.5% e al 3.4% annualizzato). I dati sulla crescita del Pil del primo trimestre mostrano che il deterioramento che . Sta interessando l’economia italiana è superiore alle nostre pur pessimistiche attese. La flessione del Pil (-1.8% annualizzato), infatti, non solo è la più grave dal quarto trimestre del ‘98, ma essendo successiva all’altrettanto marcata discesa del -1.7% nel quarto trimestre ‘04, attesta l’entrata in recessione della terza economia dell’area euro per la seconda volta negli ultimi due anni. Bisogna risalire alla crisi del 1992 per ritrovare due trimestri consecutivi di contrazione così marcata. Allora, la svalutazione della lira e il processo di convergenza al ribasso dei tassi di interesse in vista dell’ingresso nell’area euro, avevano fornito un importante supporto alla ripresa degli anni successivi. Tali margini di manovra non sono ora più disponibili e, in considerazione dell’elevato debito pubblico del paese, anche la politica fiscale, a cui peraltro si è già fatto ampiamente ricorso senza efficacia negli anni più recenti, è ormai priva di ulteriori spazi. L’unica strada percorribile resta quella delle riforme strutturali, in primis la liberalizzazione dei mercati dei prodotti e dei servizi, per consentire il recupero di competitività persa dal settore manifatturiero (e dei servizi) dalla seconda metà degli anni Novanta, non solo al di fuori dell’area euro, ma anche nei confronti dei principali partner dell’area stessa. Il costo del lavoro per unità di prodotto è infatti cresciuto in Italia a ritmi insostenibili nell’ultimo quinquennio, a causa di una produttività dei fattori in marcato deterioramento, pur in presenza di rilevanti sforzi compiuti per contenere la crescita dei salari nel settore privato (ma non altrettanto in quello pubblico). La misura del cambiamento strutturale richiesto all’Italia è tale che, al di là del probabile protrarsi del rallentamento congiunturale anche nel breve periodo, continuerà a condizionare negativamente le prospettive di crescita economica nel medio periodo dell’intera area euro. Per quanto riguarda il trimestre corrente, l’accumulo di scorte, che dovrebbe essersi verificato nel primo trimestre ‘05 (e superiore alle nostre attese), peserà negativamente sul secondo trimestre ‘05, ma potrebbe anche verificarsi un rimbalzo della domanda interna nei paesi in cui quest’ultima ha maggiormente deluso al ribasso (in assenza di un’ulteriore accelerazione del prezzo del petrolio e del tasso di cambio). La previsione di crescita dell’area euro per il secondo trimestre è stata rivista al ribasso allo 0.6% t/t annualizzato dall’1.1% precedente e la crescita media annua per il 2005 è scesa all’1.3% dal precedente 1.4%. Si tratta comunque di una previsione preliminare, che verrà rivista in maggiore dettaglio non appena saranno disponibili i dati sulla scomposizione del Pil del primo trimestre. Per quanto riguarda invece le prospettive per la seconda metà dell’anno, queste ultime restano ancora sostenute da una ripresa della domanda interna, ma appaiono più incerte. Lo stato di deterioramento di alcune economie dell’area euro è superiore alle nostre previsioni e la maggiore debolezza di consumi ed investimenti ad inizio anno rispetto alle attese iniziali dovrebbe rendere la Bce ancora più cauta. Sebbene non si possa escludere un rimbalzo della crescita nel secondo trimestre ‘05 in quelle economie che hanno sorpreso al ribasso nel primo trimestre ‘05, la divergenza delle dinamiche sottostanti è tale da richiedere una maggiore attesa prima di poter osservare un consolidamento uniforme della domanda interna nell’area euro. L’avvio del ciclo restrittivo è pertanto destinato ad essere ulteriormente rimandato all’inizio del 2006. Un taglio dei tassi non è al momento un’opzione plausibile, e potrebbe aprirsi solo in presenza di una significativa discesa dell’inflazione core attorno all’1.0% (dall’1.5% attuale), accompagnata da una decisa decelerazione degli aggregati monetari e creditizi. Tali dinamiche al momento sono escluse dal nostro scenario centrale. Nel nuovo Inflation Report del mese di maggio la Banca Centrale Inglese (Boe) ha rivisto al ribasso il profilo atteso per l’inflazione, a cui sono attribuiti rischi bilanciati e che non presenta più un superamento dell’obiettivo del 2% sull’orizzonte di riferimento. Per quanto riguarda la crescita invece, non sono state effettuate significative revisioni, ma i rischi sono ancora considerati al ribasso. Tale prudente atteggiamento trova giustificazione nel repentino e marcato deterioramento, all’ingresso del secondo trimestre, delle indagini relative ai settori retail e manifatturiero. Inoltre, l’autentico crollo della produzione manifatturiera nel mese di marzo (-1.6% m/m, uno dei cali peggiori degli ultimi dieci anni) determinerà molto probabilmente una riduzione della crescita del primo trimestre, più vicina all’1.6% annualizzato che avevamo indicato inizialmente, rispetto al 2.2% della stima preliminare. Pertanto, in presenza di un settore manifatturiero che sta risentendo negativamente del rallentamento globale e in attesa di chiarimenti sulla tenuta dei consumi privati, non ci aspettiamo alcun rialzo dei tassi nei prossimi trimestri. Non si può escludere invece che questi ultimi vengano ridotti nel terzo trimestre ‘05, se dovesse essere necessario per sostenere la domanda interna. Nel nostro scenario centrale però, la dinamica del mercato del lavoro e l’aggiustamento graduale del mercato immobiliare dovrebbero consentire una ripresa dei consumi privati nella seconda metà dell’anno, garantendo alla crescita media annua del Regno Unito di attestarsi al 2.4% nel 2005. Giappone e Cina - Il Pil del Giappone nel primo trimestre è cresciuto del 5.3% annualizzato, molto più dell’attesa di consenso, ma solo lievemente sopra la nostra previsione. La crescita è stata sostenuto dalla domanda interna, mentre il canale estero ha drenato crescita per il terzo trimestre consecutivo a causa della forte debolezza delle esportazioni che si sono addirittura contratte dello -0.8% annualizzato. Nel primo trimestre alcuni fattori straordinari hanno sostenuto i tassi di crescita di consumi (reduci da due trimestri in cui la spesa delle famiglie si era contratta pesantemente) e investimenti non residenziali (in forte crescita anche per l’adeguamento dei sistemi informatici da parte del sistema bancario e assicurativo in vista della fine della garanzia illimitata sui depositi bancari). Parte del contributo della domanda interna alla crescita è poi attribuibile anche ad un accumulo di scorte (il cui contributo è stato dell’1.7% ann), a nostro avviso in gran parte determinato dall’inattesa (almeno per l’intensità) contrazione delle esportazioni. Inoltre nel primo trimestre la crescita reale è stata sostenuta anche da un pesante calo del deflatore del Pil, in contrazione (del -2.9% annualizzato) dopo due trimestri di crescita positiva (in entrambi i precedenti trimestri il deflatore era cresciuto dello 0.4%). Nello scenario di riferimento nei prossimi trimestri i tassi di crescita del Pil torneranno verso il potenziale (1-1.5% annualizzato): i consumi privati, in particolare torneranno a tassi di crescita ben più modesti (intorno allo 0.6%), ben al di sotto della crescita mostrata nel primo trimestre (4.7%). Resta centrale anche l’attesa di una crescita degli investimenti non residenziali nel corso del primo semestre fiscale del 2005 (secondo – terzo trimestre ‘05) in linea con quanto evidenziato nei piani di investimento del Tankan di aprile. Fondamentale, a nostro avviso, per il mantenimento di una crescita intorno al potenziale nei prossimi trimestri è però la ripresa delle esportazioni ed il decumulo delle scorte (graduale ed ordinato) che ne dovrebbe seguire. Se la debolezza dell’export giapponese nel primo trimestre fosse stata determinata solo dalle dinamiche dell’interscambio verso la Cina, sarebbe difficile giustificare previsioni di ripresa dell’export nei prossimi trimestri a causa della variazione del mix di crescita dell’economia cinese che può essere ritenuta strutturale: la riduzione della domanda di macchinari da parte della Cina, legata al ridimensionamento degli investimenti fissi, obiettivo fondamentale delle autorità di politica economica cinesi, dovrebbe determinare tendenzialmente un maggior apporto alla crescita economica della Cina di export e consumi piuttosto che degli investimenti. Se si scompone la crescita delle esportazioni giapponesi (in termini nominali) nel primo trimestre si evince una debolezza generalizzata in tutti i settori merceologici. Due però sembrano i fattori caratterizzanti questa debolezza: la contrazione delle esportazioni di macchinari legati al ciclo dell’It (verso tutte le aree) e la contrazione dei macchinari generici esportati in Cina. Alcuni dati sembrano al momento indicare una ripresa delle esportazioni nei prossimi trimestri (seppur su livelli di crescita ben più modesti rispetto al 2004). Negli Usa, infatti, sembra evidenziarsi una ripresa del segmento produttivo legato all’It. Il Cabinet Office giapponese, inoltre, prevede una crescita degli ordinativi di macchinari provenienti dall’estero del 6.3% t/t nel secondo trimestre (i macchinari rappresentano più del 40% dell’export giapponese e hanno mostrato una contrazione a/a nel primo trimestre). Nella riunione della Banca del Giappone (Boj) di fine aprile è stato deciso di mantenere invariato l’obiettivo di politica monetaria (che definisce l’intervallo entro cui devono essere mantenute le riserve detenute presso la Boj) con due voti contrari. È possibile che nella decisione del 19 maggio, nel caso in cui venisse mantenuto lo status quo, vi siano più di due voti discordanti. Il Governatore della Boj, Fukui, è notoriamente propenso a “normalizzare” la conduzione della politica monetaria. In un discorso del 13 maggio in cui Fukui ha spiegato nel dettaglio il punto di vista della Boj su economia, andamento dei prezzi e politica monetaria, e ha sottolineato ulteriormente la possibilità che l’obiettivo di riferimento sulle riserve possa essere ridimensionato a causa delle difficoltà tecniche incontrate dalla stessa Boj in occasione delle operazioni di mercato aperto. Fukui ha poi anche esplicitamente considerato la possibilità di un ritorno ad una politica monetaria in cui il target sarebbe dato dal tasso di interesse, e non dalle riserve, sull’orizzonte di previsione (anno fiscale ‘05-‘06), qualora le attese in termini di crescita ed inflazione della Boj fossero confermate. Una delle preoccupazioni della Boj resta l’accumulo di scorte, che nel primo trimestre è andato peggiorando. É a nostro avviso assai probabile che la Boj si appresti a ridurre il target di riferimento sulle riserve, considerando questa manovra un adeguamento “tecnico” del target alle condizioni di mercato (e non una manovra restrittiva), nel caso in cui i dati di inizio del secondo trimestre confermeranno che l’effetto dell’accumulo di scorte sulla produzione industriale non sarà pesante. I dati relativi al canale estero cinese di aprile mostrano una lieve accelerazione delle importazioni rispetto ai livelli del primo trimestre, ciò nonostante continua ad accrescersi il saldo positivo della bilancia commerciale e con esso le dispute con i partner commerciali oltreoceano. Contestualmente gli aggregati monitorati per le decisioni di politica monetaria restano sotto gli obiettivi prefissati dalla Banca Centrale Cinese (Pboc): M2 ad aprile è cresciuta del 14.1% a/a e la crescita dei prestiti bancari ha decelerato al 12.5% a/a (la Pboc ha sottolineato il proseguo della normalizzazione dei prestiti a lungo termine in renmimbi in linea con le sue indicazioni di politica economica) ed anche l’inflazione, grazie ad una riduzione nella crescita dei prezzi degli alimentari, ha decelera sensibilmente (all’1.8% a/a dal 2.7% di marzo). Il quadro di riferimento della politica economica continua a rendere più probabile (oltre ad una messa apunto delle misure restrittive degli interventi rivolti al settore residenziale) un apprezzamento della valuta piuttosto che non un aumento dei tassi di interesse.
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