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Notiziario Marketpress di
Martedì 23 Marzo 2004
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ROBERTO LENZI ASSOCONSULENZA: SUI “PATRIMONI SEPARATI” |
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Milano, 23 marzo 2004 - Il patrimonio aziendale è sempre stato considerato sino alla nuova riforma del diritto societario come un quid unitario e aggregato in tutti i suoi elementi. Infatti, tra i vari elementi innovativi che la riforma ha introdotto, particolarmente interessante figura il concetto della c.D. Segregazione patrimoniale, la cui disciplina di riferimento trova la propria genesi in alcuni nuovi articoli del Codice Civile (dal 2447-bis al 2447 decies) introdotti per la prima volta dal D.lgs n. 6/2003. Nell’intento di dotare l’architettura aziendale delle società per azioni di un nuovo modello organizzativo finanziario capace di rispondere alle nuove e mutate esigenze del mercato, il legislatore ha di fatto consentito, pur con tutta una serie di limitazioni, di separare dall’intero patrimonio aziendale beni e rapporti giuridici con un duplice e differente obiettivo di destinazione: l’esecuzione di specifici affari, ovvero il rimborso di finanziamenti contratti per dare esecuzione ad uno o più affari. In altre parole, con due diverse forme per due differenti finalità, ha voluto di fatto creare un’alternativa ad altre fattispecie negoziali quali, ad esempio, l’associazione in partecipazione o la creazione di una nuova società. Per esattezza, invero, il fenomeno non è del tutto nuovo trovandosi precisi elementi di riferimento in materia di diritto finanziario. Più precipuamente in relazione alla legge sulla e sulle norme in tema di intermediari finanziari; in ogni caso, con totale attinenza ad operatori economici della finanza istituzionale. Con particolare riferimento ai patrimoni destinati in via esclusiva a specifici affari (uno o più), e sotto un profilo prettamente civilistico, l’impianto normativo poggia sui seguenti elementi fondamentali: l’obbligatorietà di una delibera dell’ organo amministrativo societario a maggioranza assoluta, non più opponibile dai creditori decorsi due mesi dall’iscrizione della delibera stessa nel registro delle imprese. A tal proposito preme sottolineare come solamente i creditori pertinenti lo specifico affare possano far valere i loro diritti sul patrimonio separato. Tutti gli altri, pur con l’eccezione sopra menzionata, saranno estromessi da qualsiasi potenziale aggressione sulla massa patrimoniale; un vincolo di destinazione del patrimonio (o dei patrimoni) costituito e separato per un ammontare non superiore al 10% del patrimonio netto aziendale; la precisa individuazione dello specifico affare, ancorché collegato ad una o più operazioni collegate; la puntuale identificazione dei beni e dei rapporti giuridici compresi nel patrimonio dedicato; la redazione di un piano economico- finanziario attestante il nesso di congruità tra patrimonio e affare, le modalità e le regole relative al suo impiego, l’obiettivo prefissato ed, infine, le eventuali garanzie offerte dai terzi; gli eventuali apporti dei terzi, le modalità di controllo sulla gestione e di partecipazione ai risultati dell’affare; le regole di rendicontazione dello specifico affare; la possibilità di emettere strumenti finanziari di partecipazione all’affare. La nomina di una società di revisione per il controllo contabile sull’andamento dell’affare, qualora la società non sia assoggettata alla revisione contabile ed emetta titoli sul patrimonio diffusi tra il pubblico in misura rilevante ed offerti ad investitori non professionali. E’ da sottolineare, comunque, come queste peculiarità e più precisamente quelle che consentono di operare raccolta di mezzi finanziari sul mercato, dovranno inevitabilmente integrarsi e confrontarsi con le disposizioni specifiche in materia; così come previste da Tuf in tema d’emissione di strumenti finanziari di partecipazione (rapporti con la Consob e con i sottoscrittori, vincoli di trasparenza e di natura contabile, etc..). Ora, se la natura civilistica dell’operazione non solleva particolari problematiche interpretative (fatta eccezione per alcuni dubbi applicativi in materia fallimentare in ordine alla c.D. “par condicio creditorum”), alcune incognite sorgono sul versante fiscale. Il trattamento fiscale degli utili prodotti dalla realizzazione dello specifico affare, infatti, si pone problematico essendo il patrimonio dedicato privo di soggettività tributaria, in quanto non compreso tra i soggetti passivi Irpeg (di cui all’art. 87 del Tur). La mancanza di uno specifico regime di tassazione crea, effettivamente, una sorta di contrasto con le disposizioni civilistiche che prevedono, invece, una gestione separata dei patrimoni separati. Sulla base dell’attuale quadro normativo, i patrimoni separati non potrebbero formare base imponibile separata: con consequenziale determinazione unitaria del patrimonio imponibile e con i connessi effetti nei riguardi degli eventuali utili prodotti. Non può non essere auspicabile, pertanto, un adeguamento dell’attuale sistema fiscale alla nuova riforma societaria.
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