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Notiziario Marketpress di Giovedì 02 Giugno 2005
 
   
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  MARCHE / PARCHI ARCHEOLOGICI: VERSO NUOVE FORME DI GESTIONE DEI SERVIZI. LA SFIDA PARTE DAL CONVEGNO DI ABBADIA DI FIASTRA  
   
  Sperimentare nuove e più efficienti forme di gestione dei servizi per migliorare i servizi e la fruizione del patrimonio archeologico regionale: questa la sfida lanciata al convegno di Abbadia di Fiastra sugli Archeosites. Una sfida che le istituzioni e le amministrazioni pubbliche – Regioni, Province, Comuni – sono chiamate a raccogliere al più presto: lo impongono la crescita della domanda di cultura, la riforma del titolo V della Costituzione e il nuovo Codice Urbani sui beni culturali che hanno aperto nuovi scenari di valorizzazione della risorsa cultura. L’affidamento della gestione dei parchi a soggetti esterni – società di capitali, aziende speciali, consorzi, cooperative, istituzioni e fondazioni - consentirà alle amministrazioni pubbliche di realizzare nuovi e più efficienti servizi, altrimenti impossibili per le difficoltà organizzative e finanziarie degli enti locali. Ma il coinvolgimento necessita di una piena condivisione degli obiettivi da perseguire e il pieno rispetto della separazione del ruolo e delle funzioni dell’ente pubblico. Nella seconda giornata del convegno si è discusso, in particolare, su come valorizzare il parco di Urbisaglia, il più importante dei sette che caratterizzano l’offerta archeologica delle Marche e scelto come campione nel progetto comunitario Archeosites. Il parco, che si estende su una superficie di quaranta ettari, vanta come attrazione il Teatro - uno dei più grandi d’Italia, l’unico con tracce di intonaco dipinto - la cui costruzione è antecedente al 23 dopo Cristo. Da segnalare anche il Tempio cripotoportico, la poderosa cinta muraria, l’Anfiteatro e la rassegna di teatro classico che richiama ogni estate migliaia di turisti. La visita al museo archeologico offre la possibilità di ammirare interessanti testimonianze sulla civilizzazione romana del territorio. Con novemila presenze l’anno è il più visitato delle Marche. La gestione è affidata alla Pro Loco di Urbisaglia e alla società “Meridiana” nella quale lavorano una quindicina di persone. Oltre ai finanziamenti pubblici, il Parco si avvale da anni anche delle risorse finanziarie messe a disposizione dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Macerata. L’apertura del laboratorio didattico e di restauro, la prosecuzione degli scavi archeologici e la realizzazione di nuovi accessi ed itinerari hanno dato un forte impulso alla valorizzazione del sito. “Il lavoro svolto ha dato i suoi frutti, ma ancora –sottolinea il sindaco di Urbisaglia, Roberto Broccolo– c’e molto da fare”. L’acquisizione dell’area di proprietà privata nei pressi del Foro è, ad esempio, un passaggio obbligato. “Superata la fase di indeterminatezza persistente dei confini e delle proprietà che ne ha frenato l’avvio operativo, il Parco –ha affermato Giuliano De Marinis, soprintendente per i beni archeologici delle Marche– può inserirsi armonicamente in un quadro più ampio di politica di tutela e valorizzazione e divenire anche un volano di indotto turistico ed economico dell’intero comprensorio”. Nel dibattito sono intervenuti, tra gli altri, Fabrizio Costa direttore del Dipartimento economico della Regione Marche, Massimo Sargolini, ricercatore dell’Università di Camerino, e Simona Teoldi, curatrice del Quaderno sui parchi archeologici delle Marche, che ha illustrato l’esperienza del progetto pilota sul sistema archeologico regionale. PATRIMONIO ARCHEOLOGICO: SOLARI, “PROMUOVERE LA COLLABORAZIONE TRA PUBBLICO E PRIVATO” - Sette parchi, 24 aree, 2 antiche vie consolari, un impianto legislativo all’avanguardia e, soprattutto, grandi investimenti finanziari che hanno prodotto, negli ultimi anni, una significativa azione di recupero dei luoghi del “museo diffuso”. Questo il biglietto da visita delle Marche archeologiche. “Un patrimonio di enorme valore che pone la regione all’avanguardia in Italia” – ha sottolineato Giampiero Solari, assessore regionale alla Cultura, intervenendo ad Abbadia di Fiastra al workshop sul progetto Archeosites, promosso dalla Regione nell’ambito del programma comunitario Interreg III B in area Cadses (Adriatico fascia danubiana, Centro e Sud Europa). Ma tutto questo non basta. “Occorre –ha precisato– migliorare e ampliare l’offerta, promuovendo nuove forme di collaborazione tra i diversi soggetti, pubblici e privati, che si occupano della gestione del patrimonio, valorizzando al meglio la risorsa cultura”. Obiettivi ambiziosi, da perseguire attraverso la diffusione della conoscenza, lo sviluppo dei servizi e l’integrazione tra attività culturali e produttive. Che le Marche siano ai primi posti nella classifica delle regioni più attente a valorizzare i beni archeologici lo confermano i dati sulle risorse finanziarie destinate al settore: 3 milioni di euro nel periodo 1998/2003, cui si aggiungono 4 milioni e trecentomila euro per iniziative comunitarie dell’Obiettivo 2 sul recupero del patrimonio storico-culturale, ha spiegato Laura Pierini, dirigente del Servizio Beni e attività culturali della Regione. Un investimento consistente che ha permesso di realizzare molti interventi strutturali di sistemazione e di miglioramento dei parchi e dei musei archeologici. A valorizzare il settore hanno contribuito soprattutto la legge regionale 16 del ’94 con la quale le Marche hanno definito il sistema archeologico regionale e il piano regionale sull’istituzione dei parchi regionali di Fossombrone, Sassoferrato, Castelleone di Suasa, San Severino Marche, Urbisaglia, Falerone e Cupra Marittima. Ma la tutela dei parchi e delle aree archeologiche deve fare in conti – è stato concordemente sottolineato – con una legislazione confusa e con una frammentazione di competenze e di ruoli. “Ad esempio - ha spiegato Giovanna Salvucci, assessore alla Cultura del Comune di Urbisaglia, alcune emergenze del parco archeologico di Urbs Salvia sono di proprietà statale e altre di proprietà comunale, e questo può creare problemi di natura gestionale”. C’è poi l’annosa questione del rispetto dei vincoli, per cui il bene archeologico è ancora visto da buona parte dell’opinione pubblica come una sorta di intralcio all’attività edilizia. Ma oggi le cose stanno cambiando: “Il bene archeologico –ha rilevato Mario Lolli Ghetti, direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici delle Marche– è visto come una risorsa da gestire in stretto raccordo con i piani urbanistici e paesaggistici”. Ma il problema di fondo resta quello della gestione. “Bisogna –ha detto Alessandro Leon, responsabile Qualità del Cles, Centro di ricerche e studi sui problemi del lavoro, dell’economia e dello sviluppo– rivedere e potenziare il sistema gestionale, ristrutturandolo in maniera unitaria, qualificando i servizi territoriali di base e quelli generali”. “L’esperienza di questi ultimi anni –ha rilevato Claudio Bocci, responsabile Federculture, dimostra la crescente attenzione dei privati nel governo del bene culturale. L’auspicio è che si creino nuove forme di cooperazione col privato, sia imprenditoriale che ‘non profit’, dando vita alla compartecipazione di imprese e istituti finanziari alla gestione di strutture e servizi culturali”. “Il caso dei Parchi della Val di Cornia costituisce –ha concluso il presidente Massimo Zucconi– un esempio di sistema integrato di valorizzazione culturale, ambientale e di fruizione turistica, con significative ricadute sul piano occupazionale”.  
     
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