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Notiziario Marketpress di Lunedì 06 Giugno 2005
 
   
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  URGE: QUALCOSA CHE PAGHI LA TV AL POSTO DEGLI SPOT LE TELEVISIONI DIGITALI E TUTTO QUELLO CHE RUOTA ATTORNO PROVOCHERANNO IL TRAMONTO DEL MODELLO TELEVISIVO FINANZIATO DALLA PUBBLICITÀ CLASSICA. ANZI, HA GIÀ INCOMINCIATO, BASTA GUARDARE I MERCATI PIÙ EVOLUTI. I MIGLIORI SI ADATTANO, GLI ALTRI ….  
   
  Milano,3 giugno 2005 – Sentite il lontano rombo della tempesta in arrivo? No? Forse perché non lavorate né in un’emittente televisiva né in un’agenzia di pubblicità e nemmeno in tutta quella serie di aziende, studi professionali eccetera che vivono sulla e degli spot. Oppure perché in questo momento la tempesta si sta addensando soprattutto in America e in Inghilterra, e l’America, come cantava quel tale, “è lontana, dall’altra parte della luna”. Epperò le tempeste viaggiano veloci e forse qualche dato “meteorologico” sarà utile a capire lo stato del clima televisivo. Negli Stati Uniti l’audience televisiva è calata del 2 per cento composito l’anno negli ultimi dieci anni, mentre la popolazione nello stesso periodo è cresciuta di 30 milioni di individui; sempre negli Usa, il costo a dollari costanti per raggiungere 1000 famiglie durante il prime time è cresciuto da 7,64 a 19, 85 dollari; il 5 per cento delle famiglie americane possiede un registratore video digitale (Dvr), come il famoso Tivo, e il 70 per cento dei possessori lo usa per eliminare sistematicamente e automaticamente gli spot dalle trasmissioni registrate; nel 2010 la percentuale delle famiglie con un Dvr salirà al 40 per cento. Sentite il brontolio? Non ancora? Allora considerate che per la più recente campagna Procter & Gamble (un “big spender” televisivo se ce ne è uno) il budget Usa è stato allocato al 75 per cento fuori dalla Tv. Prima di pensare “ma qui non può accadere” considerate questa progressione “nelle cose”. L’arrivo delle televisioni digitali avrà due effetti: aumenterà il numero di contenuti (canali è un termine che potrebbe diventare obsoleto) ma soprattutto cambierà la modalità di fruizione dei contenuti stessi. In America si parla già di “time shifting” e di “space shifting”, ossia di spostamento temporale e spaziale dell’esperienza televisiva. La chiave è sia l’utilizzo di “video” diversi dalla solita televisione, per esempio apparecchiature come gli smartphone con ricezione del digitale terrestre mobile (Dvb-h), ma soprattutto il fatto che uno stream video digitale è facilmente manipolabile, registrabile, assemblabile de disassemblabile a parte dello spettatore. E visionabile con tutta comodità quando lo spettatore lo decide. Già negli Stati Uniti le grandi audience si raccolgono ormai solo per eventi in diretta in cui il fatto di essere visti nel momento in cui avvengono fa effettivamente premio, ma sono pochissimi: il Super Bowl, la notte elettorale, forse quella degli Oscar, l’Nba, poco altro. Nemmeno i reality show reggono il confronto, tant’è che ormai sono pieni non di spot ma di promozioni di prodotto. Il Dvr è l’arma assoluta di questa corsa al palinsesto personale e visto l’uso che ne fanno gli spettatori (eliminazione degli spot), le conseguenze sul mercato pubblicitario sono facilmente prevedibili. Sempre negli Usa il numero di spot sulle Tv commerciali sta scendendo dal 2003. In termini tecnici, il concetto di “prime time” svanisce per lasciare il posto ad altre idee ancora vaghe, come il “my time” o forse il “window time”, ossia il momento in cui lo spettatore è disposto a dare ascolto a un commercial, a una promozione, a qualcosa che la Tv può vendere a un’azienda. Ammesso che sia possibile convincere lo spettatore a non cancellarla. Un’altra soluzione potrebbe essere quella di cercare di trasformare il maggior numero possibile di programmi/contenuti in eventi “live” la cui essenza non può essere goduta “in differita”. Il modo di solito scelto è quello dell’interattività, cercare di coinvolgere gli spettatori in quello che succede. Qualcuno sta facendo soldi a palate già ora. L’inglese Itv ha portato il suo fatturato da 9 a 30 milioni di sterline in un anno solo facendo pagare agli spettatori di alcuni reality il fatto di votare i concorrenti via Sms. Soldi a palate per un’azienda ma una goccia nel mare del mercato pubblicitario Tv: è chiaro che se l’interattività deve sostituire gli spot come fonte di finanziamento per le Tv, bisognerà inventare qualcosa di più sostanzioso. Business models basati sulla possibilità di comprare via Tv interattiva i prodotti visti in uno spot sono a prima vista promettenti ma poi mostrano la corda. E il Dvr incombe comunque. Forse il modello giusto è quello di lasciare declinare gli spot e puntare su cose completamente extra-Tv. Tf1, la principale Tv privata francese, già oggi genera più del 50 per cento di ricavi da fonti diverse dalla pubblicità: dal merchandising alla vendita di contenuti. Oppure, disinvestire dalle televisioni “classiche” quando il loro valore azionario è ancora ai massimi…. E magari investire da qualche altra parte con i soldi ricavati. Michel Kubler, vice-president del business development di Tf1, è uno degli artefici della diversificazione e parlerà la mattina dell’8 giugno nel corso della seconda giornata del convegno internazionale “Le Televisioni Digitali” in programma alla Casa dell’Energia in Piazza Po 3, un evento della Settimana della Banda Larga. Per visionare il programma dettagliato, registrarsi gratuitamente ed iscriversi ai seminari di interesse, è sempre possibile usufruire del sito www.Broadbandweek.it/go.php?partnerid=comspot  
     
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