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Notiziario Marketpress di Lunedì 13 Giugno 2005
 
   
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  I RE - SACERDOTI SABINI IN MOSTRA  
   
  Roma, 13 giugno 2005 - I re sacerdoti sabini e i loro rituali religiosi: dall’interpretazione del volo degli uccelli alla fondazione delle città, Roma in primis, per arrivare ai banchetti funebri accompagnati dalla rottura del vasellame. Sono alcuni aspetti poco conosciuti della civiltà sabina, alla base di quella romana, illustrati nella mostra: “Gli eredi di Numa: un augure della Sabina arcaica”, che sarà inaugurata il 10 giugno, nella sala del Monte Frumentario a Fara Sabina (Rieti), visitabile fino a settembre. A documentare le consuetudini politico - religiose dei primi re di Roma c’è, tra i vari reperti, anche un lituo, bastone ricurvo utilizzato per l’arte divinatoria. Si tratta di un reperto rarissimo, attestato finora in Italia da molte rappresentazioni, ma solo da due esemplari, venuto alla luce durante la campagna di scavo nella necropoli di Eretum a Colle del Forno (Montelibretti) condotta dall’Istituto di studi sulle civiltà italiche e del Mediterraneo antico (Iscima) del Cnr, promotore della mostra unitamente al Museo Civico di Fara in Sabina (Rieti). “L’esposizione” spiega l’archeologa Paola Santoro dell’Iscima - Cnr “propone al pubblico i risultati delle nuove campagne di scavo condotte in collaborazione con il Comune di Fara Sabina, il Museo civico del paese e la Soprintendenza ai Beni Archeologici del Lazio. La scoperta della necropoli avvenuta nel 1970, seguita dallo scavo di 23 tombe a camera nell’arco dei nove anni seguenti, permise di individuare, per la prima volta, gli aspetti archeologici della cultura dei Sabini della valle del Tevere. Le indagini riprese nel 2003 si sono avvalse di una serie di campagne di prospezioni geofisiche effettuate dall’Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali del Cnr, grazie alle quali è stato possibile individuare specifiche aree di scavo”. Dalla necropoli sono emerse alcune tombe monumentali databili tra la seconda metà del Vi e la prima metà del V secolo a.C., con corridoi (dromoi) di lunghezza variabile dai 6,5 a 9 metri che custodivano un cospicuo numero di frammenti di vasellame di notevole qualità, visibile in mostra. Questi manufatti ceramici erano presumibilmente utilizzati durante le libagioni che accompagnavano la deposizione e che contemplavano la rottura dei vasi prima della chiusura del dromos, “porta dell’aldilà”. Ma il dato più interessante è rappresentato dal ritrovamento di un lituo e di uno scettro conservati in una tomba pertinente ad una famiglia gentilizia. “Come ricorda lo scrittore latino Livio” continua la dr.Ssa Santoro “il lituo- baculus sine nodo aduncus- costituiva il simbolo della carica dell’augure, sacerdote che attraverso il complesso rituale dell’auspicio era in grado di comprendere il volere degli dei dal volo degli uccelli. Con il lituo l’augure tracciava il perimetro e le partizioni del templum. Il modello al vero dell’esemplare in ferro, rinvenuto nella deposizione, rappresenta per ora un unicum nell’Italia antica. Gli altri modelli realizzati in lamina di bronzo (come ad esempio quello della tomba della necropoli della Banditaccia di Cerveteri ) hanno la sommità avvolta a spirale, che trova confronti nella iconografia tardo repubblicana e non in quella arcaica. Il nostro invece è molto simile al lituo impugnato dagli auguri raffigurati in alcuni bronzetti, come quello del Lapis Niger, nel Foro Romano o quello proveniente dalla stipe di Gabii, o in altre testimonianze figurative come le lastre di Murlo (Si) e le stele fiesolane”. Il lituo poteva però rappresentare anche il simbolo del potere politico, quando potere politico e potere religioso erano ancora di competenza indistinta del capo della comunità, come sembra illustrare anche un passo dell’Eneide ( Eneide Vii,187-188), dove si descrive la statua di Pico, mitico progenitore del re Latino: “Esso, col quirinal lituo, di breve trabea mantellato e con l’ancile nella man sinistra, si sedea Pico domator di cavalli”. Per informazioni tel. 0765/277321  
     
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