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Notiziario Marketpress di
Lunedì 20 Giugno 2005
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Web e diritto per le nuove tecnologie |
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GIUSTIZIA EUROPEA: SENTENZA SULLA RACCOLTA DEI RIFIUTI |
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Giovedì 9 giugno 2005 la Corte di giustizia delle Comunità europee alla causa C‑270/03, Commissione /Italia ha sentenziato l’obbligo di fare in modo che gli stabilimenti o le imprese responsabili della raccolta o del trasporto dei rifiuti vengano registrati presso le autorità competenti. Con il suo ricorso per inadempimento, la Commissione aveva chiesto alla Corte di dichiarare che l'Italia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 12 della Direttiva del Consiglio 75/442/Cee, relativa ai rifiuti, come modificata dalla Direttiva 91/156/Cee, permettendo alle imprese, in forza dell’art. 30, comma 4, del Decreto legislativo n. 22/97 (che ha trasposto le Direttive 91/156/Cee, relativa ai rifiuti, 91/689/Cee, relativa ai rifiuti pericolosi, e 94/62/Ce, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio), come modificato dall’art. 1, comma 19, della Legge 9 dicembre 1998, n. 426, di esercitare la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi, come attività ordinaria e regolare, senza obbligo di essere iscritte all’Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento rifiuti, e di trasportare i propri rifiuti pericolosi in quantità che non eccedano i 30 chilogrammi e i 30 litri al giorno, senza obbligo di essere iscritte al medesimo Albo. L’art. 12 della direttiva stabilisce che gli stabilimenti o le imprese che provvedono alla raccolta o al trasporto di rifiuti a titolo professionale, o che provvedono allo smaltimento o al ricupero di rifiuti per conto di terzi (commercianti o intermediari), devono essere iscritti presso le competenti autorità qualora non siano soggetti ad autorizzazione. La Corte ha osservato, innanzi tutto, che la direttiva deve essere interpretata alla luce della sua finalità che è la tutela della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell’ammasso e del deposito dei rifiuti nonché alla luce del trattato Ce, secondo il quale la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata, in particolare, sui principi della precauzione e dell’azione preventiva. La Direttiva n. 91/156 ha avuto lo scopo di rafforzare il controllo da parte delle autorità sul ciclo dei rifiuti. A tal fine, sono state introdotte nuove disposizioni (all'art. 12 della direttiva) che stabiliscono, da un lato, che le imprese che provvedono al trasporto di rifiuti, qualora non siano soggette ad autorizzazione, devono essere iscritte e, d’altro lato, che le imprese destinatarie di tale obbligo sono quelle che provvedono al trasporto a titolo professionale. La Corte ha quindi ricordato che la nozione di trasporto di rifiuti a titolo professionale contenuta nella direttiva (art. 12) si riferisce a coloro che trasportano, nell’esercizio della loro attività professionale di trasportatori, rifiuti prodotti da terzi, ma anche a coloro che, pur non esercitando la professione di trasportatori, nondimeno trasportino nell’ambito della loro attività professionale rifiuti da essi stessi prodotti. La direttiva (art. 12) non ricomprende, tuttavia, tutte le imprese che, nell’ambito della loro attività professionale, trasportino i rifiuti da esse prodotti. Essa si applica alle imprese che svolgono a titolo abituale la raccolta o il trasporto di rifiuti. La Corte ha anche rilevato che la direttiva assoggetta a un obbligo d’iscrizione gli stabilimenti o le imprese che, nell’ambito delle loro attività, provvedono in via ordinaria e regolare al trasporto di rifiuti, a prescindere dal fatto che tali rifiuti siano prodotti da terzi o da esse stesse. La direttiva non prevede deroghe a tale obbligo, fondate sulla natura o sulla quantità dei rifiuti. La normativa italiana fissa invece obblighi d’iscrizione che variano a seconda della pericolosità o meno dei rifiuti raccolti o trasportati. Per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi, essa impone un obbligo d’iscrizione all’Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento rifiuti soltanto alle imprese dedite ad attività di raccolta e trasporto di rifiuti prodotti da terzi, con ciò escludendo le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti propri. Inoltre, essa dispensa dall’obbligo d’iscrizione i trasporti di rifiuti pericolosi che non eccedano la quantità di 30 chilogrammi al giorno o di 30 litri al giorno effettuati dal produttore degli stessi rifiuti, configurando così deroghe non previste dalla direttiva. Il governo italiano non ha spiegato quali siano le considerazioni sottese alla fissazione di tale quantità minima. Per questi motivi, la Terza Sezione della Corte ha dichiarato e statuito che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 12 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/Cee, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/Cee.
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