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Notiziario Marketpress di Lunedì 20 Giugno 2005
 
   
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  CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA: COOPERAZIONE DI POLIZIA E GIUDIZIARIA IN MATERIA PENALE  
   
  La Corte di giustizia europea ha pronunciata il 16 giugno 2005 la sentenza relativa alla causa C‑105/03, Maria Pupino, affermando che, nei limiti posti dal diritto nazionale, un giudice nazionale deve poter autorizzare bambini che sostengano di essere stati vittime di maltrattamenti a rendere la loro deposizione secondo modalità di tutela adeguate. In Italia, il procedimento penale comprende due fasi distinte: quella dell'indagine preliminare, che serve a ricercare e a raccogliere gli elementi di prova sulla base dei quali decidere se i procedimenti debbano essere archiviati o meno, e quella dibattimentale nel corso della quale avviene la formazione della prova. L'assunzione della prova può essere anticipata all'indagine preliminare per i reati a sfondo sessuale qualora le vittime siano di età inferiore a sedici anni. In questi casi, la deposizione resa in questa fase non richiede una reiterazione all'udienza pubblica per acquisire valore di prova a tutti gli effetti. Queste deroghe mirano a tutelare la dignità, il pudore e la personalità del teste, quando la vittima è un minore. Nell'ambito di un procedimento penale, che si trova nella fase delle indagini preliminari, un'insegnante di scuola materna è indagata per aver commesso ripetutamente il reato di abuso di mezzi di disciplina nei confronti di taluni dei suoi alunni dell'età, all'epoca dei fatti, di meno di cinque anni. Ella li avrebbe picchiati regolarmente, li avrebbe minacciati di somministrare loro tranquillanti, di mettere loro cerotti sulla bocca e avrebbe loro impedito di recarsi in bagno. Il pubblico ministero ha chiesto al giudice per le indagini preliminari di raccogliere la deposizione di otto bambini testimoni e vittime prima dell'udienza e in una struttura specializzata, secondo modalità che ne tutelino la dignità, la vita privata e la serenità. La prova non potrebbe essere differita sino all'udienza a causa della minore età dei testimoni e dell'inevitabile modificazione dello stato psicologico di questi ultimi nonché di un eventuale processo di rimozione psicologica. Secondo l'indagata, questa richiesta non rientra in alcuno dei casi previsti dal codice di procedura penale. Il giudice italiano investito della lite ha chiesto alla Corte di giustizia delle Comunità europee se, alla luce della decisione quadro 15 marzo 2001, 2001/220/Gai del Consiglio relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, un giudice nazionale debba avere la possibilità di autorizzare bambini in età infantile, che asseriscano di essere stati vittime di maltrattamenti, a rendere la loro deposizione secondo modalità di tutela adeguate, al di fuori dell'udienza pubblica e prima della tenuta di quest'ultima. La Corte ricorda, innanzi tutto, che la decisione quadro è stata adottata sul fondamento delle disposizioni del Trattato Ue relative alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. La competenza della Corte a statuire in via pregiudiziale su tali disposizioni è subordinata ad una dichiarazione di accettazione di tale competenza da parte di ciascuno Stato membro. L'italia ha fatto tale dichiarazione. La Corte sottolinea che applicando il diritto nazionale, il giudice italiano è tenuto ad interpretarlo, per quanto possibile, in maniera conforme alla lettera e allo scopo della decisione quadro al fine di conseguire il risultato perseguito da quest'ultima. La Corte rileva che, conformemente alla decisione quadro, gli Stati membri garantiscono alle vittime la possibilità di essere sentite nel corso del procedimento penale e prendono i provvedimenti appropriati perché le loro autorità interroghino le vittime solo per quanto è necessario al procedimento stesso. Si tratta di garantire alle vittime un trattamento rispettoso della loro dignità personale nel corso del procedimento e di assicurare che le vittime particolarmente vulnerabili beneficino di un trattamento specifico che risponda in modo ottimale alla loro situazione. Gli Stati membri debbono altresì assicurare, ove sia necessario proteggere le vittime dalle conseguenze della loro deposizione in udienza pubblica, che esse abbiano la facoltà di rendere testimonianza in condizioni che consentano di conseguire tale obiettivo. La decisione quadro non definisce la nozione di vulnerabilità ma ove si tratti di bambini in età infantile che asseriscano di aver subito maltrattamenti, essi possono essere considerati vulnerabili, al fine di farli beneficiare di una tutela specifica. La Corte precisa che le condizioni in cui viene resa la testimonianza devono essere compatibili con i principi fondamentali del diritto dello Stato membro interessato. D'altro canto, l'Unione europea rispetta i diritti fondamentali quali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, in quanto principi generali del diritto. La decisione quadro deve pertanto essere interpretata in maniera tale che siano rispettati questi diritti fondamentali e tra essi il diritto ad un processo equo. La Corte dichiara che il giudice nazionale deve poter autorizzare bambini in età infantile, che sostengano di essere stati vittime di maltrattamenti, a rendere la loro deposizione secondo modalità che consentano di garantire loro un livello di tutela adeguato, ad esempio al di fuori dell'udienza pubblica e prima della tenuta di quest'ultima.  
     
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