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Notiziario Marketpress di
Giovedì 23 Giugno 2005
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Web alimentazione e benessere |
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PERDE COLPI LA DIETA MEDITERRANEA, SOPRATTUTTO AL SUD. SOPRAPPESO UN ITALIANO SU TRE - LA PRIMA RICERCA SCIENTIFICA CONTINUATIVA SUGLI ERRORI DEGLI ITALIANI A TAVOLA: CONDOTTA IN COLLABORAZIONE CON PEDIATRI DI FAMIGLIA E MEDICI DI MEDICINA GENERALE, REALIZZATA GRAZIE AL SOSTEGNO DEL CONSORZIO TUTELA GRANA PADANO |
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Arriva a tavola la ‘rivoluzione atomica’ nella nutrizione con il primo studio scientifico italiano ad ampio raggio che analizza la biofarmacologia dei cibi, non tanto l’abuso quantitativo, ma soprattutto un corretto uso qualitativo dei contenuti perfino a livello molecolare. Oltre i 60 anni solo 37 donne su cento sono in linea. Si mangia meno pasta e si beve poco latte, ma al Nord piace sempre più l’olio d’oliva. L’assunzione di frutta, verdura, legumi e cereali è mediamente insufficiente. Così come quella di calcio, vitamina D e omega 3. E con l’obesità sale il rischio di diabete, patologie cardiovascolari e gastrointestinali. Questi alcuni dei dati emersi dall’analisi di un vasto campione di 8000 italiani (uomini, donne e bambini) coinvolti nel primo screening nazionale sulla nutrizione, condotto dall’ ‘Osservatorio Grana Padano’, sviluppato in collaborazione con i Medici di Medicina Generale e con i Pediatri di Famiglia. La dieta mediterranea comincia a ‘scricchiolare’: considerata una delle più salutari al mondo, in Italia ormai gli alimenti che la costituiscono non sono più utilizzati al meglio. Gli italiani mangiano solamente una porzione e mezza di pasta o pane al giorno, consumano poco latte e fanno, invece, un discreto uso di frutta e ortaggi. Alcuni componenti fondamentali della dieta mediterranea, poi, quali olio di oliva, frutta e cereali sono adesso consumati maggiormente nelle Regioni del Nord Italia rispetto a quelle del Sud. Il pesce è presente sulle tavole degli italiani delle regioni meridionali più che settentrionali (mediamente due porzioni e mezzo la settimana contro due nel Nord). Più ‘carnivori’, invece, al Nord ma soprattutto al Centro. Le regioni del Centro risultano, infatti, in testa per il consumo di carni rosse (quasi 5 porzioni settimanali) di carni bianche (poco meno di tre porzioni alla settimana, dato di poco superiore a quello registrato al Nord) e anche di legumi (quasi tre porzioni alla settimana). Un Italiano su tre è sovrappeso, uno su sette obeso; la prevalenza dell’obesità è maggiore nelle donne soprattutto nel Sud Italia. Ma ovunque, nel sesso femminile, con l’aumentare dell’età aumenta la percentuale di soggetti sovrappeso, e oltre i 60 anni le donne ‘normopeso’ sono solo il 37%. Tra le cause riconosciute, una dieta troppo povera di fibra, frutta, verdura, legumi, e sbilanciata verso cibi grassi fin dai primi anni di vita. Le abitudini a tavola degli italiani di tutte le Regioni da Nord a Sud e di tutte le classi di età, sono sotto osservazione da sei mesi grazie ad una rete di Medici di Medicina Generale e Pediatri di Famiglia che costituiscono il fulcro dell’Osservatorio Nutrizionale ‘Grana Padano’, nato nel 2004 grazie all’impegno del Consorzio tutela Grana Padano in collaborazione con la Federazione Italiana Medici Pediatri (Fimp) e la Società Italiana di Medicina Generale (Simg). Obiettivo principale dell’Osservatorio è ottenere una stima periodica (a cadenza semestrale) delle effettive abitudini nutrizionali degli italiani, evidenziare ove possibile le carenze di nutrienti strategici e mettere nelle mani dei Medici uno strumento aggiuntivo per una migliore anamnesi nutrizionale del paziente e un miglior percorso terapeutico, che passa anche dagli alimenti. Sono sinora stati ‘arruolati’, come volontari dell’analisi nutrizionale, 8mila italiani appartenenti a 6 fasce di età: tre di competenza del Medico di Medicina Generale e tre di competenza del Pediatra di Famiglia. Grazie all’appoggio di un apposito software, Medici di Medicina Generale e Pediatri di Famiglia hanno prima inserito i dati anagrafici, con particolare riferimento al peso e alla statura, dei partecipanti e poi registrato le loro risposte ad una serie di quesiti sulle abitudini alimentari nel corso già di sei mesi di indagine. Tutti i dati sono stati raccolti e analizzati all’interno del Database dell’Osservatorio Nutrizionale ‘Grana Padano’. “E’ la prima volta – afferma Domenico Tiso, Coordinatore Scientifico dell’Osservatorio – che si compie un’indagine qualitativa sulla nostra alimentazione, analizzando, non solo quali cibi ci sono sulle tavole degli italiani, ma soprattutto la loro composizione in macro e micronutrienti. I dati raccolti hanno permesso di evidenziare che anche quando ci si alimenta con la giusta dose giornaliera di calorie in rapporto all’attività fisica, non sempre si arricchisce comunque l’organismo di quei nutrienti essenziali che sono necessari al corretto accrescimento in età pediatrica e alla prevenzione di molte patologie dell’anzianità, come le cardiovascolari e le gastrointestinali, solo per citare quelle che danno la maggiore incidenza di mortalità anche nel nostro paese”. Tra gli errori nutrizionali riscontrati più frequentemente dall’Osservatorio, emerge innanzitutto un deficit nell’assunzione di calcio, vitamina D e omega 3 [vedi schede allegate] rispetto ai valori raccomandati in tutte le fasce d’età, ed una insufficiente quantità di fibra, la cui corretta assunzione può mettere al riparo da alcune serie patologie. “La fibra alimentare - afferma Davide Festi, Ordinario di Gastroenterologia presso l’Università degli Studi di Bologna e membro del board etico-scientifico che supervisiona attività e dati dell’Osservatorio Nutrizionale ‘Grana Padano’ - ha un ruolo fondamentale nella dieta perché aumenta il senso di sazietà, migliora la funzionalità intestinale, previene stipsi e diverticolosi e riduce il rischio di tumori al colon-retto, di diabete e di malattie cardiovascolari. Per raggiungere il valore raccomandato, di 30 grammi/giorno nell’adulto, è auspicabile che venga ottimizzata l’assunzione di cereali, legumi, verdure e frutta piuttosto che dare preferenza ai ‘concentrati’ di fibra. Un ulteriore apporto può essere assicurato dai cibi integrali”. I bambini e ragazzi (dai 3 ai 14 anni) confermano di gradire meno gli ortaggi e la frutta rispetto agli adulti. Alle quasi 2,5 porzioni di ortaggi e 1,7 di frutta per gli adulti corrispondono per i giovanissimi, rispettivamente 1,5 e 1,4 porzioni al giorno. Queste più giovani classi di età consumano più pasta, pane, olio d’oliva e latte rispetto agli adulti. Settimanalmente si riscontra inoltre per loro un maggior numero di porzioni di patate (2,6 contro le 2,3 degli adulti) e carni (4,6 porzioni contro 4,3 per quelle rosse e 2,7 contro 2,5 per quelle bianche). In materia di condimenti, netta la preferenza dei bambini per l’olio d’oliva e il pomodoro cotto (ricco di licopene, potente antiossidante) che rappresentano nel loro insieme l’85% delle scelte in età pediatrica, mentre burro e margarina arrivano solo al 9% del totale. Dall’analisi della frequenza di assunzione dei micronutrienti emerge, inoltre, che in media nei bambini vi è una carenza nella quantità di calcio, vitamina D, antiossidanti e omega 3. Il modesto consumo di latte, intero o parzialmente scremato, limitato a circa una porzione al giorno, contribuisce a spiegare la carenza di calcio. “Poiché la mineralizzazione ossea si realizza prevalentemente durante l’età evolutiva (tra i 10 e 14 anni nelle femmine e tra i 12 e i 16 nei maschi), per mantenere la salute delle ossa e ridurre poi i rischi di osteoporosi, è importante che i bambini vengano educati a mangiare alimenti ricchi di calcio” avverte Claudio Maffeis, Docente di Pediatria presso l’Università degli Studi di Verona e lui pure membro del Board etico-scientifico dell’Osservatorio . Per il consumo di formaggio, le differenze rispecchiano le previsioni. “E’ stato evidenziato un maggiore utilizzo di formaggio grana, sia grattugiato che intero, per i bambini – asserisce ancora Maffeis – e una maggior predilezione per i formaggi freschi e stagionati per gli adulti. L’utilizzo di grana per insaporire i cibi espone a un minor rischio di ipertensione e assicura un apporto ottimale di nutrienti come calcio e proteine ad alto valore biologico e quindi più facilmente assimilabili dall’organismo nell’età della crescita dove sono necessarie per un ottimale sviluppo degli organi e dei muscoli”. Peso in Italia: età e sesso. Viene dall’Osservatorio autorevolmente confermato l’eccesso ponderale nel nostro Paese, molto frequente ad ogni età, in particolare per le donne. Dai 40 ai 60 anni una donna su due è in sovrappeso o obesa e oltre i 60 anni il problema riguarda due donne su tre. Rispetto agli uomini, le donne obese sono sempre in numero maggiore in tutte le classi di età e in tutte le Regioni. Più si scende lungo lo Stivale più appare aumentare il peso generale della popolazione: i ‘normopeso’ scendono dal 59% del Nord Italia al 53% del Sud e i bambini obesi passano dall’8 al 13%. “La distribuzione di peso in funzione dell’età conferma come il problema dell’eccesso ponderale stia coinvolgendo progressivamente anche le classi più giovani, un dato in linea con i risultati di diversi altri studi epidemiologici” commenta Maffeis. “Il numero dei bambini in sovrappeso e obesi mostra un andamento progressivamente crescente dal Nord al Centro e al Sud del Paese, sia nei maschi sia nelle femmine; fattori che variano tra sociali, culturali, climatici e di stile di vita, oltre alla alimentazione, sono quindi coinvolti nello sviluppo di un indice di massa corporea al di sopra dei valori di riferimento”. “Questi dati epidemiologici sono preoccupanti perché l’obesità è un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari e metaboliche e per le patologie neoplastiche” commenta Festi. “Anche se non sono state identificate con certezza le cause, esiste, infatti, una correlazione tra l’obesità e numerosi tumori tra cui quelli che colpiscono l’esofago, il colon, il seno e il rene. Si ritiene che un calo ponderale del 5-10% riduca i rischi di patologie correlate all’obesità del 20%”. Nelle Regioni meridionali si riscontra una maggiore quota di individui obesi e una conseguente minore diffusione di individui ‘normopeso’ che sono negli ultrassessantenni solo il 29%. “Questo potrebbe in parte spiegare anche il maggior quoziente dei ricoveri ospedalieri per mille abitanti nel Sud” spiega Stefano Stanzani, Docente di statistica applicata presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Bologna. “Dal 34,3% del Nord-ovest e 34,9% del Nord-est si passa al 36,6% del Centro al 37,1% dell’Italia Meridionale fino al 38,9% dell’Italia Insulare”. L’osservazione degli italiani a tavola non si esaurisce qui. “Anzi siamo solo all’inizio - assicura Domenico Tiso - nel corso dei prossimi tre anni l’‘Osservatorio Grana Padano’, grazie alla sua rete di Pediatri di Famiglia e Medici di Medicina Generale proseguirà il monitoraggio delle nostre abitudini alimentari, e segnalerà con ravvicinate cadenze semestrali i trend nutrizionali degli italiani, continuando ad associare i nutrienti assunti in difetto o in eccesso alle più diffuse patologie riguardanti ogni classe di età e sesso. Oltre a essere un vero e proprio strumento di lavoro per la Medicina di Famiglia, nell’ambito dall’attività ambulatoriale quotidiana, l’Osservatorio costituisce quindi il termometro degli stili alimentari e della nutrizione in Italia”.
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