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Notiziario Marketpress di
Lunedì 27 Giugno 2005
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FIDEURAM INVESTIMENTI: ECONOMIC OUTLOOK GIUGNO 2005 |
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Milano, 27 giugno 2005 - Stati Uniti - L’andamento delle vendite al dettaglio nel mese di maggio è stato decisamente più debole delle attese. E’ importante sottolineare che la flessione delle vendite totali (-0.5% m/m, il peggior risultato dall’aprile 2004) è solo lievemente superiore alle attese: un calo era infatti atteso sia per le vendite di auto sia per i consumi di benzina in termini nominali (vista la notevole riduzione del prezzo nel periodo di riferimento. L’aspetto più deludente del dato di maggio è invece quello relativo alle vendite core (che escludono, oltre a auto e benzina, anche i materiali per costruzione), l’aggregato rilevante per i consumi di beni (durevoli e non) nel Pil. Le vendite core hanno subito in maggio una contrazione m/m del -0.1%, mentre la nostra previsione era per un incremento del +0.4%. La debolezza del dato relativo a maggio è però compensata dalla significativa revisione al rialzo apportata al dato del mese precedente: la crescita delle vendite core in aprile è stata rivista all’1.3% m/m (la crescita più elevata dal gennaio 2004) dal +0.9%. La revisione al rialzo del dato di aprile riduce in parte l’impatto del dato deludente di maggio sulle nostre previsioni di crescita dei consumi del secondo trimestre, ora al 2.7% annualizzato (dal precedente 3.1%). L’andamento delle vendite al dettaglio conferma inoltre lo scenario di breve periodo, secondo cui la notevole vivacità dei dati relativi al mese di aprile (non tutti, beninteso) derivava in parte proprio dall’estrema debolezza dei dati del mese precedente (probabilmente a causa di distorsioni legate alla Pasqua, caduta in anticipo quest’anno rispetto alla media storica, e alle condizioni climatiche sfavorevoli) e sarebbe probabilmente stata seguita da un flusso di informazioni relative al mese di maggio certamente non esaltante. I dati sull’occupazione e quelli sulle vendite al dettaglio si sono mossi esattamente in questa direzione (ma con una debolezza più pronunciata rispetto alle nostre attese). L’andamento dell’attività produttiva nel mese di maggio è risultato decisamente più vivace rispetto alle attese e a quanto si poteva desumere dalle indagini sulla fiducia delle imprese. La produzione nel settore manifatturiero, in particolare, ha registrato un aumento m/m dello 0.6% (contro la nostra stima del +0.1%), che rappresenta la crescita m/m più sostenuta dallo scorso ottobre, anche se il dato relativo al mese di aprile è stato lievemente rivisto al ribasso. In marzo e aprile l’attività nel settore manifatturiero aveva risentito in modo molto marcato del taglio della produzione nel comparto dell’auto e l’esaurimento di questo effetto negativo in maggio, con l’output nel settore che è rimasto invariato, ha dato un impulso addizionale alla produzione, che continua ad essere sostenuta, in particolare, dalla dinamica molto robusta del comparto dell’high tech. Se il rimbalzo della produzione in maggio è stato molto più forte delle attese, le indicazioni che provengono dalle indagini finora pubblicate sulla fiducia delle imprese per il mese di giugno sono al momento decisamente divergenti. L’ indagine della Fed di New York ha infatti guadagnato oltre 20 punti rispetto al mese precedente (da -11.1 a +11.7, il consenso vedeva un recupero molto più modesto) e si attesta ora ai massimi degli ultimi tre mesi. Risulta particolarmente incoraggiante, a tale riguardo, il recupero dell’indice relativo agli ordini (da -8.2 a +8.2). Altrettanto inusitatamente l’indagine della Fed di Philadelphia ha mostrato un netta contrazione (da +7.3 a -2.2, il minimo dall’aprile del 2003), con un calo alquanto marcato per gli indicatori relativi ai nuovi ordini e al fatturato. Un recupero dell’indice Ism già nel breve periodo, dopo la costante flessione degli ultimi mesi, non è contemplato nel nostro scenario. Le pressioni al rialzo sui prezzi al consumo core, che erano state evidenziate dai dati relativi ai mesi di febbraio e marzo (con incrementi m/m dello 0.3% e 0.4%, rispettivamente) sono state ampiamente ridimensionate dai dati di aprile e maggio Dopo che l’indice dei prezzi core era rimasto sorprendentemente invariato in aprile, la nostra aspettativa era per una significativa correzione nel mese di maggio. L’aumento dei prezzi core è stato invece molto contenuto (0.1%, anche grazie all’effetto dell’arrotondamento) e questo andamento evidenzia un’inattesa decelerazione nella dinamica dell’inflazione core: al momento il nostro scenario indica che questo rallentamento degli aumenti dei prezzi core è temporaneo e prospettiamo un ritorno alla crescita di trend (intorno allo 0.2% m/m in termini destagionalizzati) nel corso dell’estate. La notevole sorpresa rappresentata dal dato di aprile ci aveva fatto ritenere probabile un significativo aumento in maggio in alcune delle voci che erano state principalmente responsabili dell’andamento molto favorevole dei prezzi in aprile. Questa previsione si è rivelata solo parzialmente corretta: alcune voci, come l’abbigliamento e le camere d’albergo, hanno invece confermato in maggio la correzione dei prezzi registrata nel mese precedente. Il modesto aumento dei prezzi core in maggio, più in generale, è stato determinato da un andamento alquanto sorprendente delle componenti relative ai beni manufatti e ai servizi. Sulla base dell’evidenza disponibile (incluso il dato sui prezzi alla produzione di maggio) era ragionevole attendersi una riduzione per i prezzi dei beni e un’accelerazione per i servizi, mentre si è registrato esattamente l’andamento opposto. Una moderata accelerazione dei prezzi dei servizi, in particolare, appare compatibile con la crescita molto sostenuta del costo del lavoro per unità di prodotto registrata negli ultimi mesi. Appare poco plausibile che la crescita dei prezzi nei servizi core si confermi così contenuta nel corso dei prossimi mesi. Le significative sorprese sull’inflazione core nei mesi di aprile e maggio hanno ovviamente modificato il nostro scenario previsivo per la seconda metà dell’anno: l’inflazione core, ferma al 2.2% in maggio, è ora prevista attestarsi intorno al 2.4% medio nel secondo semestre del 2005 (rispetto alla nostra precedente stima del 2.7%). Il nostro scenario continua a prevedere che la Fed proseguirà nel ciclo di rialzo “graduale” dei tassi nel corso dei prossimi mesi e aumenti di 25 punti base sono da noi previsti al momento per le prossime tre riunioni del Fomc (fine giugno, agosto e settembre), posto che non vi sia evidenza di rallentamento nella domanda interna (la cui crescita procede finora, come notato in precedenza, su ritmi abbastanza robusti). Nelle ultime settimane la Fed (e Greenspan, in particolare, nella recente audizione al Congresso) ha, d’altro lato, decisamente espresso le proprie preoccupazioni per l’andamento dei prezzi delle case e per l’aumento del ricorso a forme di indebitamento per l’acquisto della casa “relativamente esotiche” e piuttosto rischiose. La crescita dei prezzi delle case a livello nazionale non mostra segni di moderazione (la variazione a/a del primo trimestre, al 12.5%, rimane prossima ai massimi ciclici) e valutazioni eccessive sembrano prevalere in alcune aree. La dinamica dei prezzi delle case, difficilmente sostenibile, e l’accesso a forme più rischiose di indebitamento non sono un elemento tale da modificare lo scenario di breve periodo (e convalidano semmai un atteggiamento relativamente aggressivo da parte della Fed), ma contribuiscono, come gli altri squilibri che caratterizzano l’economia Usa, ad una notevole cautela sulle prospettive di medio e lungo termine. Area Euro- Eurostat ha confermato che la crescita dell’area euro nel primo trimestre si è attestata al 2.0% annualizzato. La composizione della stessa è però alquanto deludente, poiché mostra un rallentamento dei consumi privati (1.1% dopo il 2.5% del quarto trimestre 2004), accanto ad una contrazione dei consumi pubblici (-0.7% dopo 1.0% del quarto trimestre 2004) e degli investimenti (-2.8% dopo 3.1% del quarto trimestre 2004). La domanda finale interna (al netto delle scorte) è pertanto tornata in stagnazione, dopo essere cresciuta del 2.3% annualizzato nel trimestre precedente, e tale dinamica altalenante continua a confermare la fragilità della ripresa nell’area euro. La crescita nel primo trimestre è stata ,infatti, sostenuta interamente dalle esportazioni nette (che hanno contribuito per il 2.2% alla crescita annualizzata). L’unico aspetto positivo è rappresentato dal fatto che a livello aggregato non si è osservato alcun accumulo di scorte. Queste ultime sono infatti rimaste invariate nel primo trimestre e pertanto non dovrebbero penalizzare eccessivamente la crescita nel secondo, per il quale continuiamo a mantenere la nostra previsione di una debole dinamica positiva (+0.5% annualizzato), ma non di una contrazione. Peraltro, l’ingresso nel secondo trimestre della produzione industriale e, soprattutto, della produzione manifatturiera, è stato uniformemente più forte delle attese nelle tre principali economie dell’area euro e anche se probabilmente nei mesi successivi si assisterà ad una correzione al ribasso (secondo quanto indicato dal Pmi manifatturiero), l’indebolimento della congiuntura non pare al momento attuale essere così marcato da comportare una contrazione del Pil, anche in considerazione del fatto che sia il settore dei servizi che quello delle costruzioni stanno mostrando segnali di recupero. I dati sulla scomposizione del Pil del primo trimestre in Italia non aiutano ad essere ottimisti per il breve periodo, ma piuttosto sostengono la nostra previsione di un’ulteriore contrazione del Pil anche nel secondo. Infatti, accanto ad un ulteriore, drammatico deterioramento delle esportazioni (-15.3% annualizzato dopo il -16.7% nel quarto trimestre 2004), si è assistito ad un marcato calo degli investimenti (anche nel settore delle costruzioni, che fino ad ora aveva fornito un importante contributo alla crescita) e ad un preoccupante rallentamento dei consumi (in particolare nei beni durevoli). Tale rallentamento pare destinato, a dispetto della riduzione delle imposte, a proseguire nel corso del 2005, dal momento che lo stato complessivo dell’economia (ampio deficit di finanza pubblica, recessione del settore manifatturiero, aumento dei prezzi energetici) non offre elementi di supporto ad un’inversione di tale tendenza. Il rischio maggiore è però rappresentato dalle scorte: infatti, il decumulo di queste ultime che si attendeva nel primo trimestre, a correzione dell’aumento fortissimo che si era osservato nel trimestre precedente, non si è verificato e vi è pertanto l’elevato rischio che si materializzi nel trimestre corrente, considerata la debolezza della domanda interna. La nostra previsione di crescita del Pil in Italia per il secondo trimestre 2005 è del -0.9% t/t annualizzato, con una crescita media annua per l’intero 2005 al -0.5%, in linea con la previsione fornita dall’Ocse alcune settimane fa (-0.6%) e che rappresenterebbe la peggiore recessione dal 1993 (allora la contrazione era stata del -0.9%). Tale pesante deterioramento solleva inquietanti interrogativi sul possibile andamento dei conti pubblici e dovrebbe continuare a sostenere la tendenza all’allargamento degli spread sui titoli di debito pubblico italiani osservata nelle ultime settimane. Dopo la conferenza stampa di inizio mese, in cui la Bce è parsa volere ammorbidire i toni ed eliminare l’orientamento restrittivo della politica monetaria, si sono succedute numerose dichiarazioni in tal senso di importanti esponenti del consiglio direttivo che, come accaduto anche in passato nei momenti di variazione della situazione causata da una maggiore incertezza sulla congiuntura, non sono state però uniformi, né nei toni né nei contenuti. Nel complesso però tali dichiarazioni ci sembrano voler soprattutto ribadire che la Bce ha abbandonato l’intenzione di procedere all’avvio del ciclo restrittivo, più che indicare la volontà de Consiglio di discutere l’opportunità di un ribasso dei tassi. Le prospettive per l’inflazione core sono favorevoli, ma la disponibilità di liquidità nell’area euro, testimoniata dagli aggregati monetari, è ampia e nell’ipotesi di una ripresa della crescita nella seconda metà dell’anno, anche su ritmi modesti, non sembrano esserci condizioni sufficienti per una riduzione dei tassi. Inoltre, il significativo indebolimento dell’euro negli ultimi due mesi (il cambio si è di recente portato ai minimi dal settembre 2004 e ha completamente riassorbito l’ultima fase di apprezzamento che ha interessato la fine del 2004) dovrebbe esercitare un importante e non trascurabile effetto espansivo, aiutando in primo luogo la ripresa del settore manifatturiero nella seconda metà dell’anno. Il nostro scenario centrale continua a contemplare tassi invariati fino alla fine del 2005, e un graduale avvio del ciclo restrittivo a partire dall’inizio del 2006. L’opposizione alla Costituzione europea da parte di due dei paesi fondatori del progetto comunitario apre la strada ad un difficile e contrastato periodo di crisi delle istituzioni europee, chiamate ad una riflessione sulla propria identità e ad uno sforzo per recuperare il dialogo con i cittadini. Uno degli aspetti più critici è rappresentato dal fatto che l’opposizione alla Costituzione Europea è venuta a coincidere con l’avvio delle trattative per il rinnovo del bilancio comunitario per il periodo 2007-2013, il cui contenzioso, per quanto riguarda l’allocazione delle risorse tra i diversi paesi, non sta certo dando prova di capacità di coesione e di visione comune dell’Unione. Questa delicata fase a livello istituzionale europeo è aggravata anche dall’avvio dei cicli elettorali nelle principali economie dell’area euro (Germania, Francia e Italia affronteranno le elezioni politiche nei prossimi due anni), i cui capi di stato e di governo si trovano in una posizione di particolare debolezza e probabilmente sceglieranno di ripiegare su ragioni interne piuttosto che impegnarsi attivamente a livello europeo. Non si può pertanto escludere che almeno parte del recente indebolimento dell’euro testimoni l’intenzione da parte dei mercati di prezzare in modo più sensibile il rischio di una maggiore difficoltà di funzionamento istituzionale dell'Europa e di uno stallo delle riforme strutturali, almeno fino al 2007. Giappone e Cina - Con la revisione della stima del Pil del primo trimestre (dal 5.3%ann. Al 4.9% ann) l’accumulo di scorte è stato ridimensionato all’1.1% annualizzato dal precedente 1.7%. Sebbene l’accumulo di scorte sia ancora presente nel sistema, la produzione industriale di aprile mostra che, grazie ad una ripresa sensibile del fatturato (2.7% m/m), le imprese giapponesi possono mantenere un ritmo produttivo brillante (2.2% m/m). I dati relativi agli ordinativi di macchinari di aprile hanno evidenziato una forte crescita proprio degli ordini provenienti dal settore manifatturiero (14.4% m/m) ad indicare che l’attività manifatturiera dovrebbe rafforzarsi nei prossimi mesi. Il settore It, in cui l’accumulo di scorte in passato è stato il più sensibile, ha mostrato qualche segno positivo, più per quanto concerne i beni It destinati agli investimenti (il cui fatturato è cresciuto del 6.1% t/t e la produzione è cresciuta del 5% t/t) che non per quelli diretti ai consumatori. Anche il fatturato dei beni legati alle esportazioni (macchinari elettrici e non e mezzi di trasporto), dopo tre trimestri di crescita molto debole, ha registrato un incremento molto elevato in aprile (5.4% rispetto al primo trimestre). Il fatturato dei beni d’investimento ha mostrato una crescita molto solida ad aprile (13.6% m/m) che ci ha portato a rivedere al rialzo la stima degli investimenti non residenziali (conservativamente al 7% ann.) nel Pil relativo al secondo trimestre, dopo che la stima finale del Pil ha rivisto questa componente al 9.9% ann. Dal precedente 8.2% alla luce dei dati del Ministro delle Finanze relativi agli investimenti del primo trimestre (in crescita del 5.4% t/t). La modesta contrazione degli ordinativi core nel mese di aprile (-1% m/m), mostra una tenuta ben superiore alle attese del Governo. L’andamento degli ordini di macchinari conferma al momento le ipotesi incorporate nel nostro scenario di una tenuta degli investimenti nel primo semestre fiscale. Sarà importante il Tankan (l’indicatorie di fiducia proveniente dal mondo della imprese) di luglio per determinare il percorso di crescita degli investimenti nella seconda metà dell’anno fiscale in corso. I dati relativi agli ordinativi di macchinari di aprile mostrano una significativa ripresa degli ordini provenienti dall’estero (31.3% m/m), ad indicare che il canale estero potrebbe mostrare una lieve ripresa nei prossimi mesi. Va evidenziandosi però una domanda di prodotti differente dal passato: gli ordini di macchinari generici (-14.1% m/m) ed elettrici (-7.1% m/m) non si sono ripresi ad aprile, anche se il trend dei secondi è più incoraggiante (risultano in crescita dell’8.8% t/t rispetto alla media registrata nel primo trimestre). Questi due segmenti di beni hanno ad oggi rappresentato circa il 42% delle esportazioni e sono stati i più deboli per quanto concerne le esportazioni nel primo trimestre. Gli ordini di macchinari utilizzati nei settori del trasporto, che pesano per il 24% delle esportazioni, sono invece cresciuti a ritmi molto elevati. Dall’analisi degli ordini di macchinari si evince che altri comparti avrebbero registrato un incremento della domanda nel mese di aprile (prodotti chimici, ferro acciaio e strumenti di precisione). Alla luce delle minute della riunione della Boj (Banca Centrale del Giappone) del 5-6 aprile e della modifica apportata alla clausola relativa alla liquidità in occasione della riunione del 19-20 maggio, la Boj avrebbe potuto ridurre l’obiettivo di politica monetaria già nella riunione di metà giugno. La modifica alla clausola relativa alla gestione della liquidità consente alla Boj, nel caso in cui la domanda di liquidità del sistema bancario sia eccezionalmente debole, di immettere liquidità in misura inferiore all’obiettivo sulle riserve. La Boj ha più volte fatto ricorso a questa clausola nel periodo successivo al Mpm (Riunioni della Banca Centrale) di metà maggio. A nostro avviso rimane altamente probabile che la Boj inizi la “normalizzazione” della politica monetaria a metà luglio, se i dati che saranno pubblicati prima della prossima riunione della Boj, tra cui il Tankan, confermeranno la tenuta della domanda interna giapponese. Dalle minute relative alla riunione del 5-6 aprile risulta che uno dei membri del Consiglio Direttivo della Boj aveva già proposto una riduzione dell’obiettivo (relativo alle riserve bancarie presso la Boj) da 30-35 a 27-32 trilioni di yen. Dalla discussione che è seguita è risultato evidente che altri tre esponenti della Boj fossero inclini ad accettare la proposta in un prossimo futuro qualora alcune condizioni sullo scenario macroeconomico venissero soddisfatte. La crescita economica in Cina sembra aver riaccelerato nel secondo trimestre. La produzione industriale è cresciuta del 16.6% a/a a maggio e gli investimenti urbani sono cresciuti del 26.4% cumulato nei primi cinque mesi del 2005. Risulta inoltre evidente che l’attività e gli investimenti sono stati concentrati nei settori che per le autorità necessitano di un’espansione della capacità produttiva (carbone, ferrovie, elettricità, gas naturale, acqua), mentre gli investimenti nel settore residenziale stanno gradualmente rallentando (24% a/a cumulato). Gran parte della produzione di maggio è legata all’export, che è cresciuto nello stesso periodo del 30.3% a/a. Anche le vendite al dettaglio (12.8% a/a), in lieve decelerazione rispetto al primo trimestre (13.7% a/a), sono state comunque vivaci. La crescita cinese nel secondo trimestre è stata anche sostenuta da un attivo della bilancia commerciale in forte crescita anche a causa della debolezza delle importazioni (13.7% a/a cumulato a maggio). Questa debolezza, a nostro avviso, è determinata da una molteplicità di fattori tra cui i più evidenti sembrano essere la rilocalizzazione della produzione in Cina anche della componentistica (prima prodotta in loco negli altri paesi asiatici che poi assemblavano i prodotti finali in Cina) ed il differente mix di crescita perseguito dalle autorità cinesi che tende a deprimere le importazioni di macchinari generici volti agli investimenti nei settori in cui negli anni precedenti si era investito in modo eccessivo. Un altro fattore che potrebbe essere responsabile della debolezza delle importazioni è rappresentato dall’accumulo di scorte, anche volontario, data la vivacità di esportazioni e consumi. Se così fosse, un’eventuale (da noi non scontata) decelerazione della domanda mondiale nella seconda metà dell’anno, potrebbe determinare un brusco rallentamento dell’attività produttiva sul finire del 2005. Il Governatore della banca centrale cinese (Pboc) ha affermato che non intende modificare i tassi di interesse nel breve termine ed ha anche ridimensionato le previsioni di crescita dell’inflazione nel 2005 al 3-3.5% a/a.
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