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Notiziario Marketpress di Lunedì 27 Giugno 2005
 
   
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  IL COMUNICATTIVO, GENE GNOCCHI: “CHE FATICA LAVORARE CON IRENE PIVETTI” “È LA PERSONA CON CUI MI SONO TROVATO PEGGIO PERCHÉ NON ACCETTA LO SCHERZO” “UN SMS CHE INVIEREI AL MIO PUBBLICO?: ‘NON CREDETECI’”  
   
  Roma, 27 giugno 2005 - In tv non si riesce a sperimentare. È meglio fare tante cose male invece che una bene. Il giurista si avvicina molto all’attore. Non frequento i potenti e non ho nessuna sudditanza. La televisione è frutto di mille compromessi, il teatro ti gratifica di più. A “I cervelloni” non mi sono trovato bene a lavorare con Bonolis. Professionalmente devo dire grazie a Zuzzurro e Gaspare perché sono stati loro a volermi a “Emilio”, la mia prima trasmissione. C’è molta fretta nel fare televisione: in sette-quindici giorni devi mettere su un varietà. Sto scrivendo un romanzetto che dovrebbe uscire in autunno o all’inizio del 2006, pubblicato da Einaudi. Il titolo provvisorio è “Sembra sabato ma non lo è”. A settembre riparto con “Quelli che il calcio” e in teatro riprendo la tournée dell’anno scorso con “La neve e l’arte di scioglierla senza farla bollire”. Domani (venerdì 24 giugno alle 15.35 su Radio 1 Rai) Gene Gnocchi, sarà l’ospite del “Confessionale del Comunicattivo”, laboratorio dei linguaggi della comunicazione ideato e condotto da Igor Righetti. Ecco un estratto dell’intervista realizzata da Igor Righetti. Hai cominciato la carriera di attore debuttando come comico allo Zelig di Milano nel 1989. Da allora è cambiata la tua comicità? Cambia continuamente, facendo televisione sei un po’ al servizio del programma che vai a fare. Però devo dire che, sostanzialmente, la mia comicità, quella che porto sul palcoscenico, non è cambiata. Quella televisiva sì perché tutte le volte è un po’ compromissoria nel senso che si va a tarare il proprio impatto sulla base di quelle che sono le necessità del programma. Riesci a sperimentare in televisione? No, però adesso col satellite ho fatto questo programmino su Raisat Extra “Buono a sapersi” e mi sono divertito molto. Lì non c’è nessun assillo ed è una palestra ottima anche per fare cose che poi si possono portare da un’altra parte. La tua comicità è sorniona, un po’ surreale. Ma tu come sei? Sono così. Mi ci ritrovo perché poi anche nella vita privata sono così. Mi piacciono le storie un po’ strane, un po’ sghembe. Quello che scrivo è in fondo quello che dico. Mi piace scrivere e spesso vengono fuori delle cose anche po’ strane. Hai scritto e pubblicato libri che hanno ottenuto un buon successo. Ti esprimi più facilmente con la scrittura, con la parola o con la recitazione? A me piace molto scrivere, lo faccio dai tempi del liceo, in cui mi piaceva fare i temi. Tuttora scrivo, non passa giorno in cui non butto giù qualcosa. Poi, magari, quello che scrivo è più adatto per uno sketch televisivo che per un raccontino. Però la cosa che mi piace di più è sicuramente scrivere. Che cosa provi nel momento in cui scatta l’idea? Quando scatta l’idea è strano perché devi lasciarla un po’ maturare. Io di solito quando accade lascio tutto ed esco. Vado a giocare a pallone o anche a tennis. Se rimane vuol dire che era una buona idea, se invece si perde no. Quando scatta un’idea che piace è bene farla attendere un po’. È più appagante fare molte cose in modo dignitoso o poche di alta specializzazione? No, sono assolutamente convinto che è meglio fare tante cose male invece che una bene. Io ho fatto uno spettacolo che si intitolava “Decathlon” proprio per la sublimazione di questo concetto. Il decatleta è quello che fa dieci cose medie però assapora il gusto di farle tutte e io sono assolutamente convinto di questo. I tuoi studi giuridici che parte hanno avuto nel tuo sviluppo professionale? Devo dire parecchia. Perché in effetti poi il giurista si avvicina molto all’attore. L’avvocato è spesso imparentato con l’attore. Non a caso si fanno anche corsi di dizione e retorica per avvocati, perché bisogna convincere un giudice come quando si va su un palco si tratta di convincere un platea della bontà del proprio operato. C’è molta affinità e non soltanto in quello. Io ho anche portato a teatro spettacoli con risvolti giuridici. Un lavoro di tre anni fa si intitolava “Responsabilità civile dei bidelli durante il periodo estivo” ed era tutta legata a contenziosi di carattere giuridico ovviamente in chiave comica. Però era molto legata al mio passato di studente di legge. Infatti il bravo avvocato è sempre un grande attore e l’attore ha sempre bisogno di un bravo avvocato… È vero. Soprattutto di questi tempi… Poi se l’attore irriverente riesce a fare anche l’avvocato risparmia sulla parcella. La tua satira chi colpisce in prevalenza? In realtà io ho sempre preso in giro tutti, dal tempo del “Gioco dei nove” con Gerry Scotti e Teo Teocoli, con cui dalle caselline prendevamo in giro chiunque passasse. Però devo dire che poi a “Quelli che il calcio” abbiamo scelto questo modo tagliente verso gli ospiti che venivano. A chi partecipa qualche scheletro nell’armadio si cerca di tirarlo fuori. Che cosa canticchi quando ti fai la barba? Canticchio “Going missing” dei Maximo Park. Tutte le mattine quando faccio la barba viene la band, monta l’impianto alle cinque e mezza e poi alle otto siamo pronti. Ridi alle battute dei comici? Sì, spesso sì. E alle tue? Alle mie no. Quando siamo a “Quelli che il calcio” capita spesso che una reazione dell’ospite possa essere inaspettata e questo ti fa ridere. Simona Ventura non sa mai niente di quello che accade, anche di quello che diciamo su di lei. E certe volte ha delle reazioni che a me fanno ridere, non tanto per la mia battuta quanto delle reazioni che può avere l’ospite. Con chi non vorresti più lavorare? Lavoro bene con tutti. Non mi sono trovato bene a “I cervelloni” con Paolo Bonolis. Tanto ora se ne è andato dalla Rai… Sì, ma va bene poi ci siamo comunque ritrovati. In quel periodo lì io ero in un certo momento, lui in un altro e infatti ho preferito andarmene. Che cos’è lo sport del calcio per te? Beh è la mia vita, è stata la mia vita perché ho cominciato a giocare a pallone in squadra che avevo nove anni, facevo la quarta elementare e giocavo con dei ragazzi che frequentavano la terza media, quindi di quattro anni più vecchi di me. E poi gioco tuttora quindi da otto-nove anni a cinquanta sono quarant’anni che gioco a pallone in vari campionati. Prima nei campionati giovanili, poi dilettanti, professionisti, amatoriali quindi il pallone ha attraversato tutta la mia vita. Qual è il personaggio televisivo che più apprezzi? A me piace molto Teo Teocoli perché ho lavorato molto con lui e, devo dire, che con lui mi sono divertito tantissimo anche al di fuori della scatola televisiva. Mi faceva ridere tantissimo anche nei camerini. Poi ho fatto un periodo con lui “Il gioco dei nove”, “Scherzi a parte, “Vicini di casa” e “Mai dire goal”, davvero fantastico. È la persona che ricordo con più affetto e anche con più ammirazione. E il più antipatico? La persona con cui mi sono trovato peggio è stata Irene Pivetti, devo dire la verità, perché è una che non accetta lo scherzo. Si fa proprio fatica a lavorarci. Non sembrerebbe. E’ sempre così sorridente… Non sembrerebbe è vero, hai ragione. Ma tanti come te quando glielo dico strabuzzano gli occhi e dicono “ma va?” A chi devi dire grazie? Per la professione sicuramente a Zuzzurro e Gaspare perché sono stati loro a volermi fortissimamente a “Emilio” la mia prima trasmissione importante. Soprattutto per chi comincia questo lavoro è importante azzeccare le trasmissioni giuste. Io ho avuto la fortuna che loro due credevano in me e me l’hanno sempre dimostrato. E anche a Gino e Michele che mi hanno consentito di andare allo Zelig. Però se dovessi dire un nome direi Zuzzurro e Gaspare. Un sms che vorresti inviare al tuo pubblico? Non credeteci. Il messaggio più toccante che hai ricevuto? Più che toccante fa ridere. È stato il messaggio di Del Plavignano, il produttore di Masotti di “Punto e a capo”. Siccome ho fatto un intervento nel programma mi ha lasciato un messaggio con scritto “finalmente l’ho visto ridere”. Se tu potessi portare in vita un personaggio del passato chi sarebbe e perché? Flaiano perché ha segnato la mia vita. Io sono cresciuto leggendo Flaiano dall’età di quattordici anni, ho cominciato a leggere tutto quello che scriveva poi lui è morto prestissimo nel 72. E quindi se potessi mi piacerebbe riportarlo in vita per incontrarlo. Se uno si legge “Le ombre bianche”, che sono una serie di racconti molto malinconici, trova un Flaiano che è pazzesco, con una limpidezza di scrittura incredibile. Quello del racconto è forse un po’ il Flaiano da riscoprire, è veramente un grande scrittore. Sei un malinconico così come lo sono un po’ tutti i comici? No io devo dire che mi diverto molto perché faccio una vita divertente, ho tre figli con i quali sto bene, con cui mi diverto, ho degli amici con cui mi diverto. Certo, non passo tutta la vita a ridere, però faccio una vita piena. Lavoro però trovo il tempo per giocare a pallone, per ascoltare la musica rock. Leggere mi piace molto quindi devo dire che mi diverto. Parliamo di satira politica. Chi potrebbero essere i tuoi bersagli? Ci sono dei personaggi anche minori che sono divertenti. Per esempio c’è il senatore De Benedetti dell’unione, quello con tutti i capelli bianchi, che è molto divertente. Perché pare che lui si tinga i capelli di bianco, ma che ce li abbia neri. Marco Rizzo dei comunisti italiani è divertente così come lo stesso Di Pietro. Che cosa vorresti per il tuo futuro? Star bene perché attualmente ho un ginocchio disastrato e questo mi limita un po’, visto che c’è l’estate, nei campi. E poi che stiano bene i miei figli e di poter continuare a divertirmi, perché la cosa fondamentale nella vita è divertirsi. Quindi avere la possibilità di impiantare su delle idee e avere qualcuno sempre che ti dica che queste cose si possono realizzare o, comunque, ti dia la possibilità di realizzarle. Progetti? Un libro, un romanzetto, che dovrebbe uscire all’inizio del prossimo anno. A settembre riparto con “Quelli che il calcio” e adesso faccio un po’di date col gruppo. Come si chiamerà il romanzo? Ha un titolo provvisorio che è “Sembra sabato ma non lo è” e dovrebbe uscire o in autunno o all’inizio del 2006 per Einaudi. Dovrei finirlo quest’estate e poi consegnarlo e vediamo un po’ che cosa accade. Teatro? In teatro riprendo la tournée dell’anno scorso con “La neve e l’arte di scioglierla senza farla bollire”.  
     
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