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Notiziario Marketpress di
Martedì 05 Luglio 2005
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SINTESI: “ATLANTE DELLA MOBILITA’ CRITICA” |
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Roma, 5 luglio 2005 - L’italia è afflitta da numerosi problemi di mobilità che ne condizionano lo sviluppo armonico delle attività produttive e ne pregiudicano la competitività nell’ambito dell’Unione Europea e rispetto agli altri potenziali concorrenti esterni. Negli ultimi anni si è molto insistito – e giustamente – sulla congestione crescente nelle aree metropolitane, con le conseguenti ricadute in termini di inquinamento, inefficienza e crisi del modello città che assumono particolare rilevanza in una nazione fortemente urbanizzata, specie nella pianura Padana e lungo le dorsali tirrenica e adriatica. Vi è, però, un’altra storica criticità, tutt’altro che superata, riconducibile al divario nella dotazione infrastrutturale ed al relativo isolamento di molte province o intere regioni. Il fenomeno è comune ad altri paesi europei, ma da noi è accentuato da una orografia particolarmente tormentata e dal ritardo cumulato nello sviluppo dei moderni sistemi di trasporto. E lo sarà ancor di più in prospettiva negli anni a venire, vista la prossima realizzazione della rete ferroviaria veloce da Torino e Milano a Roma e Napoli, cui si aggiungerà successivamente le tratte verso Venezia e Genova, ridurranno notevolmente le percorrenze tra le maggiori città italiane, lasciando però inalterati i tempi di viaggio tra questi nodi e le province interne. Il quadro descritto nella ricerca non è dei più confortanti. Su 108 città capoluogo di provincia, 82 (75,9%) sono raggiunte dalla rete autostradale, a fronte del 63% che può usufruire di treni veloci (Eurostar o Intercity). La situazione peggiora se si considera che soltanto il 25% delle principali città italiane dispone di un aeroporto commerciale. E in futuro, lo scenario potrebbe ancora peggiorare. Nei prossimi anni, con l’entrata in servizio delle nuove linee ad Alta Velocità delle ferrovie, saranno 19 i centri toccati dalla rete dei treni veloci: appena il 17% dei capoluoghi di provincia in Italia. Per tutti questi motivi, qui solo accennati in rapida sintesi, riteniamo quanto mai attuale l’individuazione delle aree a mobilità critica diffuse a macchia di leopardo nel nostro Paese, dei costi e delle penalizzazioni che gravano su una quota rilevante dei nostri concittadini. Si avverte sempre più l’urgenza di trovare soluzioni adottabili in tempi ragionevoli ed a costi compatibili per attenuare il divario e i disagi che finiscono col sopportare tutti, non solo i residenti, ma anche i turisti. Senza considerare i rischi di veder ulteriormente accentuato l’abbandono delle aree più interne e l’ulteriore sovraffollamento di residenze e attività produttive attorno alle principali aree metropolitane. L’atlante ha preso in esame quattro aree a mobilità critica, che costituiscono casi esemplari delle difficoltà in cui versa il sistema di trasporti italiano. La provincia di Belluno è collegata da due linee su rotaia, la Padova-feltre-calalzo e la Venezia-treviso-calalzo, che confluiscono a Ponte delle Alpi, in prossimità del capoluogo. Sono ambedue a binario unico, non elettrificate e caratterizzate da tracciati tortuosi e acclivi, mentre la cosiddetta “autostrada d’Alemagna”, che avrebbe dovuto costituire un collegamento viario internazionale diretto verso il Tirolo e la Baviera, si ferma a Pian di Vedoia, consentendo poi il proseguimento lungo la viabilità ordinaria, che entra sistematicamente in crisi in occasione delle punte di traffico turistico estivo ed invernale, dirette verso Cortina e le mete Dolomitiche, o in caso di maltempo. Le possibili soluzioni di breve periodo, in assenza di pur auspicabili interventi infrastrutturali di rilievo, consistono nella maggiore sinergia tra il sistema viario e quello su rotaia, ottenibile mediante un modello di collegamenti integrati in termini di orari e tariffe tra treni e bus, come realizzato in altre aree alpine sia in Svizzera che in Alto Adige. E’ pure interessante verificare l’individuazione di sottobacini di traffico (come quelli di Feltre, di Belluno e del Cadore) per organizzare attorno ad essi una mobilità più aderente alle esigenze delle popolazioni locali. L’area del Reatino Aquilano, a cavallo tra la regione Lazio e l’Abruzzo, è servita solo nella parte più occidentale dall’autostrada del Gran Sasso, mentre la linea ferroviaria a binario unico e non elettrificata realizza un lungo arco da Sulmona a Terni, risultando inefficace nelle relazioni verso la capitale e limitandosi ad assicurare i collegamenti di natura locale in maniera non pienamente efficiente. Pur auspicando come soluzione ottimale quella di un nuovo raccordo ferroviario tra Passo Corese e Rieti, che supererebbe definitivamente lo storico isolamento di questa provincia del Lazio, il corposo studio dell’Università degli Studi “Roma Tre” dimostra come con una serie di interventi mirati a costi decisamente contenuti sarebbe possibile migliorare in tempi brevi l’appetibilità e, dunque, l’utilità sociale del servizio assicurato da Trenitalia. Un diverso tipo di criticità è, invece, presente lungo il corridoio Napoli-salerno, una delle zone più densamente popolate d’Italia, dotata di importanti strutture stradali e ferroviarie che tuttavia faticano a rispondere alla continua crescita del traffico pendolare e della mobilità diffusa, anche di carattere turistico, lungo un’area che include tra l’altro Ercolano, Pompei e la penisola Sorrentina. Qui il treno è decisamente competitivo rispetto alla strada, ma le potenzialità di crescita sono strozzate dall’oggettiva saturazione ormai raggiunta. L’ormai prossimo arrivo dell’Alta Velocità in Campania e il potenziamento previsto della linea a monte del Vesuvio, con l’instradamento sulla stessa dei collegamenti diretti verso Sud, aprono tuttavia interessanti prospettive per il traffico metropolitano tra le due maggiori città della Regione. Mentre il successo già conseguito con l’integrazione tariffaria “Unico Campania” e con il “Metrò del Mare”, inducono ad insistere sulle nuove opportunità offerte per alleviare la congestione stradale pressoché permanente, che affligge una delle maggiori aree metropolitane del Paese. Infine, per quanto riguarda la Sicilia Occidentale, siamo in presenza di una triplice criticità originata sia dall’insularità e dalla distanza che separa questa zona dal resto della nazione, sia dalla carenza dei collegamenti ferroviari efficienti all’interno alla regione e dalla congestione che affligge l’area palermitana. Anche qui, in attesa di interventi infrastrutturali ambiziosi come il Ponte sullo Stretto, che calamitano l’attenzione dell’opinione pubblica, sarebbe consigliabile intervenire ottimizzando le risorse già disponibili, come il raccordo con l’aeroporto di Punta Raisi e i collegamenti marittimi veloci, ottimizzando le sinergie ferro-gomma, finora largamente sottostimate, e migliorando le informazioni sull’offerta integrata del trasporto pubblico, considerando che alcuni servizi, come quelli offerti dagli autobus interurbani, non sono praticamente conosciuti al di fuori della cerchia di utenti abituali. L’individuazione di queste quattro aree a mobilità problematica, pur con caratteristiche molto differenti tra loro, non pretende certo di esaurire il quadro di difficoltà nei collegamenti che affligge il nostro Paese. Può costituire, comunque, il primo tassello di un più ampio Atlante della Mobilità Critica che intendiamo progressivamente completare per favorire l’individuazione dei nodi su cui intervenire onde migliorare i collegamenti e realizzare una effettiva “pari opportunità” di spostamento per tutti i cittadini indipendentemente dalla provincia di residenza.
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