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Notiziario Marketpress di
Venerdì 08 Luglio 2005
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EMILIA /TRE CASTELLI E UNA GRANDE AVVENTURA. A SPASSO TRA I GIOIELLI CASTELLARI DEL PIACENTINO A SAN PIETRO IN CERRO, PADERNA E AGAZZANO
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Unire divertimento ed emozioni, spunti culturali e sano edonismo è il sogno di ogni turista. Dove: è questo il problema. A meno che qualcuno non trasformi un suggerimento in un evento indimenticabile. Eccone uno che pone sul tavolo quattro carte vincenti: avventura, storia e arte, un pizzico di mistero ed enogastronomia d’eccellenza. Dal momento che la cinematografia cavalca il filone medioeval-fantasy, da ‘Braveheart’ a ‘King Arthur’ e dal ‘Destino di un Cavaliere’ a ‘Le Crociate’, quasi sempre rinunciando al rigore storico in favore degli effetti speciali, perché non rivolgersi ai castelli “veri” e alle incredibili storie che essi raccontano? L’Italia ne custodisce alcuni tra i più belli e meglio conservati d’Europa e l’estate è l’occasione giusta per innamorarsi di almeno tre di essi, splendidi gioielli dell’Associazione dei Castelli del Ducato di Parma e Piacenza, che vi proponiamo in un itinerario tutto emiliano: San Pietro in Cerro, Paderna e Agazzano. Prendendo la via Emilia verso Piacenza, nei pressi di Fiorenzuola d’Arda c’è Cortemaggiore, un delizioso paese rinascimentale, attraversato il quale, si incontra San Pietro in Cerro, con i suoi richiami storici (il municipio ex casino di caccia, la chiesa di San Pietro Apostolo e la villa Barattieri). Imboccate il viale di tigli, bello da lasciarci il cuore, e vi troverete a fronteggiare il mastio principale del castello. La costruzione avviene su un impianto di un più antico fortilizio e per oltre mezzo millennio è appartenuto alla famiglia Barattieri. Calatevi nell’atmosfera che riecheggia di storie straordinarie, fatevele narrare dalle 30 stanze, dai due saloni d’onore, dalla stupenda cucina, dagli snelli loggiati e dall’incantevole cortile rinascimentale. Chiedete agli affreschi e agli arazzi ed essi vi racconteranno di come i Barattieri diventarono famosi a Venezia recuperando dal mare la colonna con San Giorgio e il drago e quella con il leone di San Marco, di come giunsero a Piacenza nel ‘200 e di come le loro storie si intrecciarono con quelle dei Visconti e degli Sforza. Certo, la prigione un po’ tetra (le punizioni a quei tempi erano molto severe), i torrioni angolari a sezione circolare per sviare i colpi di bombarda (nel ‘300 erano state inventate le armi da fuoco) e la morte di Bartolomeo Barattieri, costruttore del castello, illustre giureconsulto e ambasciatore presso papa Giulio II della Rovere (il papa di Michelangelo), pugnalato nel sonno da un servo, che fu a sua volta decapitato, qualche brivido lo daranno. Ma scoprirete che la realtà è sempre più sorprendente della fiction. Tornate a pensieri più miti con il MIM, il Museum In Motion, una straordinaria raccolta permanente di opere d’arte contemporanea soprattutto piacentina, ma anche nazionale e internazionale, creato negli spazi del sottotetto dall’attuale proprietario del castello Franco Spaggiari: un impagabile regalo tra i tanti doni culturali del castello. Torniamo sulla trafficatissima via Emilia e lasciamola a Pontenure per Valconasso. Nella quiete della campagna piacentina, tra i campi coltivati, ecco apparire il castello di Paderna, struttura difensiva con spiccata vocazione rurale. Improvvisandoci antichi cavalieri, attraversiamo sul nostro immaginario destriero il ponte sul fossato pieno d’acqua, e superato il torrione con i camminamenti di ronda, entriamo nel vasto cortile interno, con le stalle e gli spazi coperti, fino alla Torre dell’Acqua e il suo orologio fine ‘700. Vi attrae il mistero? Qui ne avrete a volontà a cominciare dalle origini del castello (IX secolo), oggi di proprietà della famiglia Pettorelli che ne ha fatto una straordinaria azienda agricola biologica, sede di percorsi didattici: 37 ettari di meraviglie della natura, molte delle quali salvate dall’estinzione, 800 alberi autoctoni, 35 specie di mele antiche, vigneti con vecchie varietà d’uva. Se il libro di famiglia scritto dalla marchesa Luisa Casali fosse esaurito, fatevi raccontare le storie dei proprietari del maniero, come quella del potentissimo abate di Paderna (il feudatario in persona gli faceva da scorta e da valletto, vestendolo la mattina e mettendolo a letto la sera!) o quella della famiglia Marrazzani. Mentre visitate la suggestiva sala d’armi e le stanze più antiche con le volte a ombrello della Torre, informatevi sui prestigiosi interni andati perduti (la camera da letto in cuoio e la fastosa Sala d’Onore). Visitate la chiesa di Santa Maria (X secolo) e divertitevi al racconto dell’antipapa Giovanni XVII, vescovo di Nonantola e arcivescovo di Piacenza, costretto ad attraversare Roma seduto a rovescio sulla groppa di un asino. Ma non lasciatevi distrarre: a partire dalla sua pianta, insolita per l’epoca, per finire al campo magnetico anomalo misurato al centro della navata, le meraviglie sono altre, come l’iscrizione risalente ai tempi di Massenzio, le colonne romane, il capitello che funge da basamento ad una di esse e molto altro ancora. Per terza e ultima meta del nostro viaggio, Agazzano, raggiungeremo Piacenza e da qui la Val Trebbia, in direzione Rivalta-Gazzola. Tra i dolci rilievi e il corso del torrente Luretta ci attende una doppia sorpresa: la Rocca del ‘400 e il Castello del ‘700, onuste di storia, dalla Tavola Alimentaria del II secolo d.C. alle violenze delle truppe di Federico II, dalle origini scozzesi del primo feudatario, il condottiero guelfo Alberto Scoto, (gli attuali proprietari sono i discendenti degli Anguissola-Scotti e dei Gonzaga di Vescovato) alle efferate imprese di Pier Maria Scotti, detto “il Buso”. Perché, forse in ossequio agli antenati highlander, la Rocca ha il suo fantasma, quello, appunto, del Buso che qualcuno giura di aver visto aggirarsi lungo il fossato, mulinando la spada che lo rese tristemente celebre in vita. Storie di guerre e di assedi, di esilii e di ritorni, di supplizi (vedrete il terribile “pozzo del taglio”) e di tradimenti. Qui sono familiari nomi come Visconti, Arcelli, Anguissola, Gonzaga e si ebbe a che fare con imperatori (Sigismondo) e papi (Leone X). Ma Agazzano è anche bellezza e raffinatezza, soprattutto negli interni del Castello settecentesco, una tranquilla dimora nobiliare che non conobbe assalti alla spada, ma lavoro di architetti e di artisti di rilievo (Villoresi, Spolverini, Magnasco, Cambiaso) a proposito di Luca Cambiaso, prediletto dell’imperatrice Caterina di Russia, che ha fatto incetta dei suoi quadri in Italia, (ne abbiamo pochissimi, soprattutto di carattere mitologico o laico), questo “Apollo e Marsia”, partirà presto per un giro turistico, prima in mostra a Genova nel 2006 e poi in Texas: lasciatevi incantare dalla Sala del Piano, dalla Sala della Musica, dalla Biblioteca col salottino Carlo X, dal biliardo secentesco e dal Giardino Invernale, dalla quadreria e dalle consolle del ‘700, dalle porcellane di Capodimonte e di Sévres e da quelle giapponesi. Sono solo alcuni dei preziosi racchiusi in questo scrigno piacentino. E le promesse enogastronomiche, direte a questo punto? Niente paura. La provincia di Piacenza è una fonte inesauribile di bontà e di tipicità uniche al mondo, con denominazioni e certificazioni d’ogni tipo. Anche il nostro itinerario è punteggiato da ristoranti, trattorie e esercizi alimentari dove gustare (e acquistare) delizie come la celeberrima coppa e i salumi piacentini, i “pisarei e fasô”, i tortelli e le tagliatelle, lo stracotto di asinina, per citare i più noti, e vini come il Gutturnio, l’Ortrugo e le malvasie. www.castellidelducato.it
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