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Notiziario Marketpress di Venerdì 02 Aprile 2004
 
   
  Web moda & tendenze  
  PASHMINA: TERMINE AMBIGUO, TALVOLTA SINONIMO DI IMBROGLIO. LA DOGANA DI FIRENZE SEQUESTRA SCIARPE CON ETICHETTA TRUFFALDINA  
   
  Il termine 'pashmina' è da qualche tempo di moda, ma cos’è veramente? Cashmere indiano o nepalese? Un misto di cashmere e seta? Una vaga definizione di un particolare tipo di sciarpa? Il decreto legislativo n° 194 del 22 maggio 1999, che recepisce una direttiva comunitaria e che disciplina l’etichettatura tessile per orientare e tutelare il consumatore, non permette di usare questa definizione per l’obbligatoria identificazione della fibra della quale è costituito l’articolo tessile. Il consumatore farà quindi bene a diffidare di un’etichetta che riporti il termine illegale di 'pashmina'. Se si tratta di cashmere, l’etichetta dovrà indicare 'kashmir' (e la traduzione di questo termine nelle altre lingue: cashmere, cachemire, Kaschmir, ecc..).E’ di questi giorni il sequestro di una partita di sciarpe cinesi, operato dalle autorità doganali dell’aeroporto di Firenze che hanno contestato la violazione dell’articolo 517 del codice penale ('vendita di prodotti industriali con segni mendaci') e del decreto legislativo sull’etichettatura tessile, già nominato sopra. La dogana, con la collaborazione del Ccmi (Cashmere & Camel Hair Institute), associazione che raccoglie i più bei nomi italiani e stranieri dell’industria del cashmere, ha proceduto a far analizzare le sciarpe in questione. I Magazzini Generali di Prato, uno dei laboratori specializzati e raccomandati dal Ccmi per questo tipo di analisi, hanno trovato che la fibra usata per le cosiddette 'pashmine' non era che lana, anche abbastanza ordinaria, trattata con particolari resine per avere una mano più morbida e scivolosa. L’agenzia delle Dogane e il Ccmi hanno dato prova di una collaborazione che si traduce in una tutela sia del consumatore di un prodotto di così elevato pregio, sia delle imprese produttrici serie e corrette.Il Ccmi opera da molti anni in Italia e all’estero per monitorare e ‘moralizzare’ la produzione e il commercio di articoli in cashmere e in pelo di cammello, nella consapevolezza che articoli di tale valore necessitino di una continua e severa azione di controllo.  
     
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