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Notiziario Marketpress di
Giovedì 29 Aprile 2004
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IMPRESE ITALIANE: CALANO LE NASCITE E CRESCE IL RISCHIO DI CHIUSURA NEI PRIMI ANNI DI VITA UNA MINORE FIDUCIA DEGLI IMPRENDITORI |
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Milano, 29 aprile 2004 - Da un'indagine sul dinamismo imprenditoriale svolta su 10 paesi dell’Unione Europea è emerso che negli ultimi cinque anni la dinamica imprenditoriale italiana ha fatto registrare un tasso di natalità più basso rispetto alla media europea (7,8% in Italia contro l'8,5% dell'Europa) e inferiore a quelli di Regno Unito, Spagna, Olanda e Danimarca. Contestualmente il tasso di mortalità (al 7,8% in Italia) è risultato più elevato rispetto a quello registrato in Spagna e Portogallo anche se inferiore a quello di Regno Unito, Olanda, Danimarca e Finlandia. Inoltre, solo il 71,31% delle imprese italiane risulta ancora attivo un anno dopo la nascita. Queste sono due delle principali salienze tratte dall'Osservatorio sulla Finanza per i Piccoli Operatori Economici, il rapporto realizzato da Crif Decision Solutions e Nomisma che evidenzia anche come la vivacità imprenditoriale degli italiani abbia subito un freno nell’ultimo periodo. In particolare, il 2003 ha registrato un tasso di dinamica inferiore alla media degli anni precedenti (11,97% contro 13%), probabilmente a causa della stagnazione economica ma anche per la forte incertezza dei mercati. Dalle informazioni disponibili sulle dinamiche imprenditoriali registrate nel 2003 risulta anche cresciuto il rischio di chiusura dell’attività di impresa nel corso dei primi anni di vita: mentre negli anni scorsi circa un quarto delle aziende cessava entro i primi tre anni di attività, nel 2003 il 30% delle cessazioni ha coinvolto aziende giovani, percentuale che sale al 34% se si considerano le sole ditte individuali (con un incremento del 13% rispetto all’anno precedente). Per meglio comprendere questa situazione, l’Osservatorio sulla Finanza per i Piccoli Operatori Economici analizza in profondità anche il fenomeno dello start-up delle piccolissime imprese e la rischiosità specifica del segmento dei Poe rispetto a quelli delle piccole e delle medio-grandi imprese. Il dato di sintesi che emerge è che le imprese italiane nascono piccole perché il sistema di promozione dell’avvio e del finanziamento delle imprese è orientato a finanziare gli imprenditori, piuttosto che i progetti di impresa. A supporto di questa tesi, il dato osservato su un campione di aziende start-up presenti in Eurisc - il servizio di referenza creditizia di Crif, indica che nel 60% dei casi circa le imprese vengono finanziate attraverso prodotto tipici del credito alle famiglie. Di queste, il 9% risulta aver attivato finanziamenti prima ancora di avere uno status di azienda. Del resto le leggi di incentivazione per la nuova imprenditoria fanno sì che in Italia solo il 30% circa delle domande ottenga il riconoscimento del finanziamento. Anche in questo caso i finanziamenti non sono attribuiti alla nuova impresa ma finanziano, di fatto, l’imprenditorialità oppure l’autoimpiego. Sulla base di questi presupposti è evidente la difficoltà di individuare, se non in modo casuale, le iniziative che hanno maggiori potenzialità di crescita e di forte sviluppo, e l’assistenza fornita all’imprenditore e all’impresa nella formulazione dei progetti aziendali non è strutturata, quando addirittura inesistente. La valutazione della documentazione richiesta spesso non va oltre il livello amministrativo e lo stesso uso del business plan, ad esempio, il più delle volte non viene fatto ai fini del monitoraggio del percorso di sviluppo dell’impresa quanto, piuttosto, come elemento per l'accettabilità della domanda di finanziamento. La casualità della selezione trova ulteriore conferma anche nel fatto che nel 2003 le imprese assistite in piani di avvio strutturato e di espansione pianificata, attraverso gli strumenti del private equity e del venture capital, sono state solo 65 rispetto alle 400.000 complessivamente nate. D’altronde nel confronto europeo è evidente lo stato di relativa e profonda debolezza del fenomeno italiano: gli avvii di impresa finanziati con strumenti dedicati allo start-up rappresentano una quota molto bassa rispetto ai principali paesi europei (19% contro una media continentale del 28,5%). La realtà è che il sistema creditizio italiano è per natura portato a sostenere l’imprenditorialità, anche nuova, piuttosto che finanziare l’organizzazione: l’impresa, a maggior ragione quando di piccole dimensioni, coincide con l’imprenditore e non viene percepita come un’organizzazione che può crescere al di là delle vicende personali o familiari di un singolo soggetto. Il risultato è l'esistenza di tante imprese, che però stentano a crescere e a svilupparsi con evidenti riflessi sull’innovazione e sulla competitività. Con una potenziale fragilità e difficoltà competitiva dell'intero sistema.
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