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Notiziario Marketpress di Venerdì 30 Aprile 2004
 
   
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  LOMBARDIA / LOMELLINA (3): GUSTI E SAPORI D’ALTRI TEMPI  
   
  Memorie di Lomellina si occupa della valorizzazione dei prodotti agro-alimentari e ha appena ultimato un progetto storico-scientifico, iniziato oltre tre anni fa con l'apporto di esperti di livello universitario, grazie al quale ha riportato in vita una serie di prodotti della storia e della tradizione gastronomica della Lomellina a partire dal XVII secolo. Nell'Antico Podere di Cascina Isola, a Langosco (PV), il paesaggio della fine del 1600 è stato sapientemente ricostruito con campi di piccole dimensioni delimitati da filari di viti e di gelsi. Le sementi e le piante impiegate appartengono alle varietà più antiche, appositamente riprodotte. Le tecniche agricole utilizzano gli strumenti disponibili nel Seicento e i prodotti dei campi vengono poi lavorati seguendo ricette originali dell’epoca.I PRODOTTI STORICI E TRADIZIONALI: antiche varietà di riso (Lencino, America 1600, Gigante di Vercelli); i biscotti Melghini, con farina di mais antico, preparati secondo una ricetta del 1700; i biscotti con farina di riso; la torta "Dolceriso", preparata secondo una ricetta del 1491; la torta "La Dolcissima", dolce tradizionale lomellino con Cipolla Rossa di Breme (prodotto tradizionale riconosciuto dalla Regione Lombardia), varietà rarissima coltivata secondo una tradizione che dura dall'XI secolo; il miele di acacia, di erba medica, di melata e millefiori, prodotto con tecniche tradizionali per semplice centrifugazione; una produzione classica di Riso Carnaroli (conservato come risone e lavorato solo al momento in cui si riceve l'ordine, il riso mantiene intatta tutta la sua naturale fragranza). Attesa per il 2005 la prima produzione del vino del '600, dai filari di vite maritata, e di epoca pre-romana, coltivata col metodo dell'Arbustum Gallicum in un altro antico podere a Robbio (PV).RISO LENCINO - La letteratura specializzata lo descrive come un riso a grana lunga, grossa e spiccatamente madreperlacea. In realtà abbiamo a che fare con un genoma di enormi potenzialità (che saranno poi sfruttate per generare il Carnaroli), che va tuttavia collocato a monte del lavoro di selezione e miglioramento genetico della prima metà del Novecento. Ciò comporta una grande variabilità interna e un’altrettanto grande sensibilità alle condizioni colturali. Le informazioni su questo antichissimo riso, già citato in coltivazione nel 1875, erano destinate all'oblio, fino a quando il progetto storico scientifico "Memorie di Lomellina", condotto da Overland di Vigevano, non lo ha riportato a coltura su pieno campo. A Langosco, nel cuore della Lomellina, il paesaggio agrario della fine del 1600 è stato interamente ricostruito, riportando sul bordo dei campi i gelsi voluti da Ludovico il Moro, maritando loro le viti, e coltivando le più antiche varietà ancora germinabili di riso e di mais. Il riso Lencino, raccolto per la prima volta dopo molti decenni nel 2002, ha mostrato un risveglio sorprendente, esprimendo appieno la sua ricchezza genetica intrinseca. La caratteristica più singolare è probabilmente quella di avere grani di dimensione molto diversa tra loro, allontanandosi così anni luce dal concetto moderno di varietà standardizzate. Anche la lucidità e la madreperla, sebbene in proporzioni minori, presentano importanti differenze tra un chicco e l'altro. Queste caratteristiche, oltre a rappresentare per se stesse un unicum, da un lato rendono particolarmente impegnativa la coltura, ma dall'altro consentono sensazioni assolutamente uniche al palato, nel quale si susseguono come in un florilegio la percezione più netta del sapore proprio del riso, quella degli aromi o dei condimenti impiegati e quella della loro associazione al riso. Proprio la sua "povertà" merceologica è motivo, nel Lencino, della massima ricchezza di emozioni. Esprimendo la sua natura selvaggia, questo riso ci ricorda che in tempi di grandi e costanti mutamenti, anche i prodotti che ora ci sembrano perfetti potrebbero presto non soddisfarci più. Niente, allora, sarebbe più moderno di una tradizione mantenuta viva, con tutte le sue ricchezze ancora intatte e pronte a consentire nuovi progressi...CIPOLLA ROSSA DI BREME - La Dolcissima Storia. La storia della Cipolla Rossa di Breme dura da oltre dieci secoli: da quando nel 906 d.C. i monaci della Novalesa giunsero a Breme e, come riportato da un'antica Cronaca, `'videro che quel luogo era ubertoso, ameno e fruttifero" e lo elessero a sede della Congregazione, ritenendolo "la migliore di tutte le città costruite nel Contado di Lomellina". Da allora ben poco è cambiato nelle tecniche di coltivazione e le sementi sono ancora preparate scegliendo una per una le cipolle migliori da mandare in fioritura. Il lavoro richiesto dalla coltivazione è enorme: i semi vengono posti a bagno, con luna calante, in sacchi di iuta; appena germinati, vengono recuperati e seminati in vivaio. Dopo un breve periodo le piantine sono finalmente trapiantate in campo, nei pochi terreni verso la golena che da secoli accolgono questa coltura. La raccolta comincia a giugno e si protrae per circa due mesi. II sapore della Cipolla di Breme, persistente, ma pacato, assolutamente unico e irriproducibile altrove, è ben definito dall'affettuoso soprannome (La Dolcissima) che i suoi concittadini le hanno dato. Per questa sua caratteristica, da sempre si è prestata a interessanti sperimentazioni culinarie e accostamenti solo in apparenza arditi. Così è accaduto per questa torta, nata dal genio di un pasticcere e dal suo legame profondo con le tradizioni della propria terra.TRE MAGIE DALLA STORIA E DAL GENIO: Dolci storici recuperati da Dante Rizzi della Pasticceria Dante di Vigevano (tel. 0381.73800). Si dice che il Dolceriso del Moro sia stato sfornato per la prima volta nelle cucine del Castello Sforzesco di Vigevano. Era la primavera del 1491. Beatrice d'Este, la raffinata, giovane moglie di Ludovico Maria Sforza, detto il Moro, voleva un dolce speciale da offrire al "signor suo consorte" e agli ospiti che qui trascorrevano "tutto il die et persino a meza nocte passata in zoghi e feste". E il dolce, oggi come allora, è vera espressione rinascimentale. Legato al territorio, perché ripieno di quel riso la cui coltivazione si andava affermando nelle terre del vigevanasco, e ricercato, perché profumato dall'acqua di rose e ricco di cedri canditi dei confettieri genovesi. Lo stampo inciso con l'impresa araldica dello “scovino”, caro al Moro, ne impreziosisce la forma. I biscotti risini, un tempo rara prelibatezza riservata alle grandi occasioni, vengono preparati con farina ottenuta con riso dell’azienda agricola Marchetti, seguendo una ricetta del XVIII secolo. I biscotti Melghini, tipico dolce povero, sono preparati con farina di mais "Nostrano dell'Isola", ecotipo recuperato col progetto "Memorie di Lomellina", ricavato con un processo di molitura grezza, simile a quello ottenibile con la tecnologia disponibile nel XVII secolo. Considerando l'utilizzo di materie prime vicinissime a quelle originali, questi biscotti rappresentano uno dei più fedeli lavori di ricostruzione di un sapore altrimenti perduto.Infolink: www.memoriedilomellina.it  
     
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