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Notiziario Marketpress di
Lunedì 03 Maggio 2004
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SHAKESPEARE E L’OPERA POETICAA CURA DI RICCARDO MAGHERINIMUSICHE DAL VIVO DI NICOLA LANNI E SAMUEL CEREGHINI |
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Milano, 3 maggio 2004 - Tra l’agosto del 1592 e il marzo del 1594 a Londra impera la peste. Si decide di tenere chiusi i teatri. Non c’è scampo, Shakespeare è destinato a rimanere disoccupato e con lui la maggior parte degli attori,drammaturghi ed impresari. Poco male. Potrebbe sopravvivere, senza troppi crucci, all’avversa fortuna…Ma qualcosa di più sottile ed impalpabile lo tormenta.. Non rimarrà inattivo. In questo concentrato e relativamente breve lasso di tempo produrrà la gran parte di quella che noi conosciamo come la sua opera poetica: due poemetti (“Venus and Adonis” e “The rape of Lucrece”), una buona parte dei sonetti ( prevalentemente quelli così detti “matrimoniali”) ed il breve poemetto sentimentale “The lover’s complaint”. Improvviso furore poetico?un forte bisogno di esprimere un Io nascosto? Si è innamorato? No, niente di tutto ciò. Affari.a Shakespeare occorre, necessariamente, una patente di Poeta,occorre dar mostra di talento, rispondere ai vari Ben Jonson…non basta essere ricchi, scrivere drammi di successo, per sentirsi al sicuro in una società dagli umori così mutevoli. E dunque? Ecco nascere “Venus and Adonis” e “Lucrece”: due poemetti di stile “alto”, scritti “alla moda dei tempi” , il cui soggetto è la natura del desiderio sessuale, raccolti in un bel “vestito” per arrivare negli ambienti giusti e dare soddisfazione a quelle angosciose aspirazioni “colte”. Tutto questo è sufficiente a rendere i sopraccitati poemetti così avvincenti da volerli, forzatamente, portare là dove il Bardo non intendeva proprio che finissero, sul palcoscenico? Si, se teniamo conto che una tale mostra di virtuosismo porta con sé tutta la potenza evocativa, la maturità, la capacità dialettica e ( William non me ne voglia) tutta la teatralità del grande drammaturgo. Perciò, in seno alla più nobile tradizione dei cantastorie di questa nostra terra, usando solo noi stessi, la nostra voce, la nostra musica, ci accingiamo a ricalcare un sentiero da Shakespeare precedentemente tracciato, come , del resto, egli già fece a sua volta, appropriandosi di ciò che Publio Ovidio Nasone ebbe, illo tempore, a narrare. Mercoledì 5 maggio 2004 - ore 14,00 “Teatro di Giorno” - Arsenale ore 14Replica 12 maggio 2004 ore 14:00 - Infolink: www.Teatroarsenale.org
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