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Notiziario Marketpress di Mercoledì 05 Maggio 2004
 
   
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  ANTONELLA CINELLI "GHIACCIO BOLLENTE" DAL 14 MAGGIO AL 15 GIUGNO 2004  
   
   Milano, 5 maggio 2004 - Nel testo critico in catalogo Maurizio Sciaccaluga scrive: Se la personale di Antonella Cinelli negli spazi espositivi dei Frigoriferi Milanesi potesse valersi di un accompagnamento musicale, questo sarebbe senza dubbio il mitico brano di Joe Cocker You Can Leave Your Hat On. Tra gambe nude e sottovesti di seta, spalline cadenti e spogliarelli su tela, le note che hanno ritmato lo strip-tease di Kim Basinger nel film 9 settimane e 1/2 sembrano infatti perfette anche per i lavori della giovane pittrice. In una sequenza di mani che sollevano leggere vestaglie, di movimenti morbidi e sensuali, di rasi grigi che scivolano a terra scoprendo una pelle giovane e rosa, tutta la figurazione dell’artista si basa su un sottile gioco di seduzione stile vedo-non-vedo, su un’alternanza di ombre e di luci che nasconde o svela le tonde forme delle occasionali modelle. La Cinelli fotografa soprattutto, se non esclusivamente, parenti e amiche. Le veste come si trovassero in un momento di calda intimità, in una casa conosciuta e accogliente, poi le ritrae in una serie di scatti. Dalle inquadrature ravvicinate rimangono quasi sempre esclusi i volti, al massimo s’intravvedono nuche e acconciature, mentre l’attenzione dell’obbiettivo si concentra su quei gesti maliziosi che, con finta innocenza, scoprono le carni e mettono in vista il seno. Quando ridipinge le immagini su tela, con pennellate liquide e fluide, in composizioni giocate al massimo su tre colori e su una serie infinita di sfumature, l’artista usa il fondo scurissimo dei quadri come fosse un diario personalissimo, un foglio destinato a conservare confessioni tra le più torbide e segrete. Quella calligrafia così criptica, quei caratteri bianchi come gesso e scritti con veloce noncuranza a fatica diventano frasi dal senso compiuto, solo di rado si spiegano agli osservatori più curiosi, eppure l’idea che possa trattarsi della descrizione d’incontri proibiti, di vicende simili a quelle narrate da scrittrici hard contemporanee tipo Almudena Grandes o Catherine Millet, difficilmente abbandona lo spettatore. Non che si possa pensare a descrizioni durissime, a proposizioni licenziose e sfrontate, però quei caratteri scritti dietro i corpi nudi, quegli appunti veloci in parte celati dalla carne morbida dei seni, delle gambe e dei fianchi, nel mentre stimolano la curiosità non possono che indurre a pensar male, non possono che far supporre storie d’attrazione fatale, di desiderio malcelato, di passioni bollenti. Tra le frasi (e dunque la letteratura) da una parte e le figure nude dall’altra, i riferimenti immediati e spontanei che vengono in mente sono quelli degli amori carnali e intellettuali insieme, giocoforza tormentati, urlati, graffianti. Una specie di Ultimo tango a Parigi su tela, insomma, o di una qualunque tra le pellicole dedicate al sesso difficile, a corpi che si attraggono e si respingono, a storie di unione totale e di solitudine. Storie colpevoli, in cui spesso il corpo del reato, prova tangibile che il peccato sia stato davvero consumato e non solo immaginato, si trova sotto gli occhi di tutti, nel quadro centrale dei tanti trittici realizzati dall’artista. Accanto alle immagini che raffigurano giovani donne in déshabillé e riproducono capi di biancheria ridottissima e sexy, la Cinelli espone canottiere, reggiseni e vestaglie trasformate in sculture da un bagno di gesso. Sono lì a rendere tangibili i sogni erotici raccontati dalle tele, a dare un tocco di verità a quelle immagini tanto morbide da sembrare sogni. Tra tutte queste parole spinte e rischiose, tra le tante immagini di donne che paiono aspettare due braccia che le stringano (o forse da queste sono appena fuggite), l’artista però insinua anche qualche insicurezza, qualche dubbio. C’è la prova del reato, certo, ma qualcosa suggerisce che tutta la vicenda possa essere stata anche soltanto immaginata, creata letterariamente, inventata dalla fantasia di una donna sola. Che le tele descrivano un lento spogliarello messo in scena per un amante non è infatti sicuro, potrebbe anche trattarsi facilmente della tenera intimità di una ragazza allo specchio, di qualcuno che si piace e si ama, che si osserva immaginandosi in amore. Qualcuno che ama giocare con l’immaginazione, e nel mondo della fantasia vivere passioni travolgenti, che segnino la pelle, che facciano venire brividi e lividi. Un sogno violento ma caldo e piacevole, buono per tenere lontana ogni malinconia. Queste passioni, queste solitudini, questi desideri raccontati per immagini dalla Cinelli sono trattati attraverso una pittura morbidissima, liquefatta, che si adagia dolcemente e mollemente sulla tela. Una pittura tirata al massimo, vellutata, tanto lavorata da riuscire a ricreare gli effetti cangianti dei tessuti di raso e di seta. È vero che le figure si ergono spesso su un fondo graffiato dalla scrittura, su una paesaggio di parole dure, ma il nero che domina i fondi e che in parte avvolge le forme femminili dà alle composizioni un senso di ombrosa malinconia che intenerisce la costruzione, rende meno monumentali e imponenti questi corpi svestiti e perfetti. La tecnica della giovane artista si concentra poi soprattutto sulla realizzazione delle mani, sulla perfezione delle dita, sui movimenti degli arti, la cui definizione attentissima fa in modo che queste parti emergano sul resto del quadro e proiettino verso il fondo le figure. Non c’è ambiente di contorno nei pezzi, non ci sono linee prospettiche, ma il gioco delle definizioni più acute in alcune parti e meno in altre e dei colori più scanditi in alcuni punti e più velati in altri riesce a avvicinare o allontanare i soggetti dei dipinti, e a regalare loro un’ipotetica terza dimensione. La Cinelli, pur inserendosi alla perfezione in quel movimento spontaneo più volte definito quale Nuova Figurazione Italiana, porta avanti una ricerca assolutamente originale, slegata dai giochi glamour della pubblicità e delle riviste e piuttosto sposata alla fotografia vintage del recente passato, alla capacità dell’occhio fotografico di immortalare in uno scatto un movimento, ma senza interromperlo, senza bloccarlo per sempre. Lasciandolo anzi libero di raccontare una passione, una voglia, un desiderio. Mostra visibile presso: Open Care Frigoriferi Milanesi Via Piranesi 10 Milano Tel. 02/73981  
     
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