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Notiziario Marketpress di
Lunedì 10 Gennaio 2005
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10.000 ANNI DI POLVERE COSMICA UNA RICERCA RIVELA TUTTI I MISTERI DELLE PARTICELLE EXTRATERRESTRI CHE SI DEPOSITANO NELLE REGIONI POLARI |
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Roma, 10 gennaio 2005 - Ha dimensioni piccolissime, molto più piccole di un granello di sabbia. Ma le informazioni che fornisce sono di importanza enorme. E’ la polvere cosmica, un insieme di minuscole particelle che si formano nell’ alta atmosfera, a circa 90 km di altezza, a seguito della completa disintegrazione delle meteoriti al momento dell’ ingresso nell’ atmosfera terrestre. Finora era un mistero il luogo in cui la polvere interplanetaria si andava a depositare spiega Carlo Barbante dell’ Istituto per la dinamica dei processi ambientali (Idpa) del Cnr di Venezia, che ha condotto un importante studio su queste particelle con i colleghi del Dipartimento di scienze ambientali dell’Ateneo del capoluogo veneto. La nostra ricerca, prosegue Barbante, ha rivelato che la maggior parte di questo materiale si accumula nelle regioni polari, dove arriva trasportato dai venti prevalenti della media atmosfera, prima di essere depositato sulla superficie. Per ottenere i dati sul prezioso pulviscolo è stata analizzata una carota di ghiaccio prelevata in Groenlandia e, misurando la presenza di iridio e di platino, sostanze di cui le meteoriti sono molto ricche, si è potuto ricostruire, per la prima volta, il flusso di polvere cosmica degli ultimi 10.000 anni. L’individuazione di questo processo, commenta Barbante, non è stata semplice, poichè durante l’ultima era glaciale le frequenti tempeste di polvere hanno mascherato in parte questo segnale extraterrestre. Grazie a studi di modellistica, conclude, è stato però possibile stabilire sia che durante l’Olocene c’è stata una ricaduta media globale di circa 14.000 tonnellate di materiale meteorico all’anno, sia che questo flusso è stato negli ultimi 10.000 anni costante.Accrescere le conoscenze sulla polvere cosmica è di fondamentale rilievo poichè queste particelle hanno legami con il clima e possono interferire nelle variazioni di temperatura del nostro pianeta. Conoscerne a fondo i flussi e i processi aiuta inoltre a comprendere meglio lo sviluppo del sistema solare.La ricerca condotta dal Cnr e dall’Universitã di Venezia è pubblicata sulla rivista Nature di questa settimana. Per informazioni: Carlo Barbante, tel. 041/2348942, e-mail: barbante@unive.It
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