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Notiziario Marketpress di
Lunedì 10 Gennaio 2005
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KVETCH DI STEVEN BERKOFF IN SCENA AL TEATRO DELLE ERBE |
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Milano, 10 gennaio 2005 - Kvetch: è una parola ebraica e significa il piagnisteo. E' il titolo della pièce di Steven Berkoff, portato in scena da Federico Maria Zanandrea il 12,13 e 14 gennaio al Teatro delle Erbe a Milano. Il piagnisteo, dunque. E' quello che fanno un marito, una moglie, un amico, un industriale e una suocera; ognuno di loro tradisce, in improvvisi e godibili monologhi interiori, la propria faccia sociale, piagnucolando per la propria condizione. Ognuno di loro si muove lungo una doppia linea: da un lato le frasi, il "detto a tutti" e per questo dicibile, la maschera di tutti i giorni. Dall'altro i pensieri più intimi, l'indicibile, appunto: i personaggi si alienano dalla scena, non partecipano più, per dare sfogo ad una sincerità totale e muta. Questo continuo contrasto violento fra parola e pensiero garantisce un effetto di straordinaria comicità . Lo spettacolo, feroce ed ironico, con un ritmo che non lascia tregua, svela senza pudori tutti i segreti e le ipocrisie che si nascondono nelle relazioni umane. I loro desideri più veri, le loro frustrazioni si risolvono in esagitati soliloqui relegati al mondo dei pensieri che si compenetra, senza creare mutamenti, con la realtà delle parole. L'ironia è il filo rosso dello spettacolo: da feroce a grottesca, fino a diventare disperata. Marito e moglie che non si sopportano più e devono seguire solitarie fantasie per riuscire a stare ancora insieme; una suocera pesante che non è bene abbandonare in una casa di riposo, ma con cui è impossibile vivere: la soluzione è nell'averla a cena una volta alla settimana… L'amico separato che si scopre, ricambiato, attratto dal marito; alla fine decidono di convivere, ma cambia davvero qualcosa o la ricerca di un'assonanza sincera fra pensieri e parole risulta vana? Gli attori riescono indubbiamente. Bravissimi nel tratteggiare e definire i due mondi, distinti ma compenetrati, e nel rappresentare queste macchiette che fanno sorridere, ridere; e poi fanno pensare. A quali altre mogli, mariti, amici, suocere, industriali sembrano assomigliare? Il testo è un banco di prova per la giovane regista dello spettacolo, Eleonora Cremascoli, che dopo aver dato vita come drammaturga a numerosi testi teatrali contemporanei e dopo aver assistito a numerose regia di Cristina Veterano, Paola Passarello, Federico Maria Zanandrea, si cimenta nella sua prima regia.
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