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Notiziario Marketpress di Giovedì 20 Gennaio 2005
 
   
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  SCAMBIO DELLE QUOTE DI EMISSIONE: LA COMMISSIONE CONTINUA IL PROCEDIMENTO NEI CONFRONTI DI QUATTRO STATI MEMBRI  
   
   Bruxelles, 20 gennaio 2005 - La Commissione europea continua l’azione legale nei confronti di quattro Stati membri che non hanno recepito interamente nell’ordinamento nazionale la direttiva sullo scambio delle quote di emissione entro la data prevista (31 dicembre 2003). La Grecia, l’Italia, il Belgio e la Francia sono deferiti alla Corte di giustizia delle Comunità europee. Il sistema comunitario di scambio delle quote di emissione, il più vasto del genere mai messo in pratica, è un’iniziativa importante che dovrebbe consentire all’Ue e ai suoi Stati membri di conseguire i rispettivi obiettivi di emissione previsti dal protocollo di Kyoto del 1997, garantendo l’abbattimento delle emissioni di gas serra nei settori dell’energia e dell’industria al minor costo economico possibile. Il recepimento incompleto della direttiva da parte dei quattro Stati membri non ha impedito il varo del sistema, che è stato attivato il 1º gennaio, come previsto. In un’altra causa la Commissione si appresta a inviare all’Italia un parere motivato per aver presentato un piano nazionale di assegnazione delle quote incompleto. Il piano nazionale di assegnazione deve indicare il numero di quote di emissione di Co2 che uno Stato membro intende attribuire alle rispettive industrie. Procedimento per il mancato recepimento della direttiva sullo scambio delle quote di emissione. La Commissione ha deciso di adire la Corte di giustizia nei confronti di Belgio, Finlandia, Grecia e Italia per non aver recepito completamente nell’ordinamento interno la direttiva entro la data prevista (31 dicembre 2003). La Commissione ha avviato il procedimento per i seguenti motivi: in Belgio la direttiva è stata recepita solo nella regione di Bruxelles e nella regione vallona; la Grecia non ha risposto al parere motivato inviato all’inizio dell’anno; la Finlandia non ha applicato la direttiva nella provincia di Aland; l’Italia ha iniziato recentemente a muoversi nella direzione giusta ma c’è ancora molto da fare. Nell’ambito della direttiva sullo scambio delle quote di emissione1, gli Stati membri devono fissare dei limiti alle emissioni prodotte da impianti ad alta intensità energetica assegnando loro quote di emissione di Co2 nei piani nazionali di assegnazione. Si prevede che siano più di 12 000 gli impianti che rientrano nel campo di applicazione della direttiva. 1 Direttiva 2003/87/Ce. Le imprese che non utilizzano tutte le quote loro assegnate potranno vendere quelle eccedenti alle imprese che invece hanno difficoltà a mantenere le proprie emissioni entro i limiti rappresentati dalle quote loro assegnate. In tal modo si riuscirà ad abbattere le emissioni dove l’operazione risulta più economica. I governi degli Stati membri dell’Ue a 15 dovevano presentare i piani nazionali di assegnazione entro il 31 marzo 2004. La Commissione è in procinto di inviare un parere motivato all’Italia perché il piano trasmesso è incompleto. Finché l’Italia non avrà presentato un piano completo che la Commissione dovrà approvare, alle industrie italiane non verranno rilasciate quote nell’ambito del sistema di scambio delle emissioni. Cfr. Anche il sito http://europa.Eu.int/comm/environment/climat/emission.htm  
Iter procedurale. L’articolo 226 del trattato conferisce alla Commissione la facoltà di procedere nei confronti di uno Stato membro che non adempie ai propri obblighi. Se constata che la disciplina comunitaria è stata violata e che sussistono i presupposti per iniziare un procedimento di infrazione, la Commissione trasmette allo Stato membro interessato una lettera di “costituzione in mora” (o lettera di diffida), in cui intima alle autorità del paese di presentare le proprie osservazioni entro un termine stabilito, solitamente fissato a due mesi. Sulla scorta della risposta o in assenza di una risposta dallo Stato membro in questione, la Commissione può decidere di trasmettere allo Stato un “parere motivato” in cui illustra in modo chiaro e univoco i motivi per cui ritiene che sussista una violazione del diritto comunitario e lo sollecita a conformarsi entro un determinato termine (di solito due mesi). Se lo Stato membro non si conforma al parere motivato, la Commissione può decidere di adire la Corte di giustizia delle Comunità europee. Se nella sua sentenza la Corte di giustizia conferma che lo Stato membro ha violato i propri obblighi, quest’ultimo è tenuto a prendere le misure necessarie per conformarsi quanto prima alla sentenza. L’articolo 228 del trattato conferisce alla Commissione il potere di agire nei confronti di uno Stato membro che non si sia conformato ad una precedente sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee. Anche tale procedimento comporta le due fasi dell’invio di una “lettera di costituzione in mora” e di un “parere motivato”. Sempre a norma dell’articolo 228, la Commissione può chiedere alla Corte di infliggere sanzioni pecuniarie allo Stato membro interessato.
 
     
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