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Notiziario Marketpress di Lunedì 24 Gennaio 2005
 
   
  Pagina3  
  DIFFAMAZIONE, LA FRETTA NON GIUSTIFICA LA PUBBLICAZIONE DI UNA NOTIZIA NON VERA  
   
  Milano, 24 gennaio 2005 - "l diritto di cronaca tutelato dal vigente ordinamento esige la rigorosa osservanza di precisi limiti che hanno fondamento nell'ordinamento stesso e nell'etica deontologica professionale. Il giornalista non può disinvoltamente e indiscriminatamente trasmettere la notizia a lui pervenuta senza verificare - attraverso l'esame e il controllo delle fonti di informazione - la loro rispondenza al vero; né ripararsi dietro l'esigenza di una rapida divulgazione della notizia, perché se non è in grado - a ragione della ristrettezza dei tempi - di compiere ogni accertamento atto a fugare ogni dubbio o incertezza in ordine alla verità sostanziale del fatto deve semplicemente astenersi dal divulgare la notizia, e non può trasmetterla al pubblico con il rischio di una sua eventuale non rispondenza al vero". 
La fretta non giustifica la pubblicazione di una notizia non vera e, quindi, diffamatoria. Questo principio è stato fissato dalla V sezione penale della Cassazione. Nella sentenza si legge: "Con l'impugnata sentenza è stata confermata la dichiarazione di colpevolezza di (omissis) in ordine al reato di cui agli artt. 57-595 Cp, contestatogli "per non aver impedito, nella qualità di direttore responsabile del quotidiano (omissis), che con la pubblicazione, in data (omissis) di un articolo dal titolo (omissis), venisse offesa la reputazione di (omissis) indicato, contrariamente al vero, come persona denunciata in passato per ricettazione". Ricorre per Cassazione il difensore dell'imputato proponendo un unico mezzo di annullamento col quale denuncia violazione di legge in relazione all'art. 51 Cp. Dalla sua illustrazione si evince che, col mezzo, si addebita alla Corte di merito di non avere considerato che non può configurarsi un omesso controllo su fatti e circostanze (nella specie, il riferimento alla denuncia di ricettazione) assolutamente secondari alla notizia principale (quella, vera, dell'incendio doloso). E si aggiunge che il concetto di verità oggettiva deve tener conto della peculiare natura dell'attività giornalistica ed in particolare della necessaria rapidità nell'acquisizione, verifica e divulgazione della notizia. I riassunti profili di censura devono essere respinti. Il primo è inammissibile. Propone infatti una questione non prospettata nelle fasi di merito. Che è peraltro manifestamente infondata. La giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di affermare che i dati superflui, in si unificanti, ovvero secondari, cioè incapaci da soli di immutare, alterare, modificare la verità oggettiva della notizia, non possono essere presi in considerazione, per ritenere valicati i limiti dell'esercizio del diritto di informazione ed escludere l'operatività della causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.P., anche in termini di putatività ex art. 59, u.C., c.P. Ma il richiamo a siffatto principio si palesa del tutto incongruo e non pertinente con riferimento al caso di specie, in ordine al quale l'elemento asseritamente secondario non riguarda l'essenza e la sostanza della notizia ritenuta principale, ma se ne distacca completamente risolvendosi nell'aggiunta di un distinto dato del tutto autonomo ed anzi eccentrico, ed inoltre dotato (come non contestato) di sicura valenza offensiva, ove si tenga conto che la tutela della reputazione non può venir meno neppure nei confronti di coloro che abbiano eventualmente già subito un certo discredito. Quanto all'altro aspetto, occorre ricordare che il diritto di cronaca tutelato dal vigente ordinamento esige la rigorosa osservanza di precisi limiti che hanno fondamento nell'ordinamento stesso e nell'etica deontologica professionale. Il giornalista non può disinvoltamente e indiscriminatamente trasmettere la notizia a lui pervenuta senza verificare - attraverso l'esame e il controllo delle fonti di informazione - la loro rispondenza al vero; né ripararsi dietro l'esigenza di una rapida divulgazione della notizia, perché se non è in grado - a ragione della ristrettezza dei tempi - di compiere ogni accertamento atto a fugare ogni dubbio o incertezza in ordine alla verità sostanziale del fatto deve semplicemente astenersi dal divulgare la notizia, e non può trasmetterla al pubblico con il rischio di una sua eventuale non rispondenza al vero. Di cui la infondatezza della centra in esame. P.q.m. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Così deciso in Roma, il 9 novembre 2004. Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2004".
 
     
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