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ARTERIOPATIE DEGLI
ARTI INFERIORI: NUOVA CURA, SECONDO RICERCA ITALIANA Milano, 2 marzo
1999 - È stata annunciata la pubblicazione su "Annals of Internal Medicine",
una delle più prestigiose riviste di medicina negli Stati Uniti, di uno studio italiano
relativo alla "Ischemia cronica critica degli arti inferiori", frutto di una
ricerca condotta da un gruppo di una sessantina di centri di chirurgia vascolare e
angiologia e coordinato dall'Istituto Mario Negri. Nell'annuncio, diffuso dallo stesso
Istituto Mario Negri, si rileva che i risultati dello studio "danno oggi qualche
speranza in più ai pazienti affetti da gravi arteriopatie agli arti inferiori".
Infatti, la ricerca documenta per la prima volta l'efficacia di un trattamento
farmacologico in questi malati, che hanno una qualità di vita molto povera e una prognosi
molto grave. Nei pazienti colpiti dalla malattia il processo arteriosclerotico ha finito
per ridurre lo spazio interno delle arterie degli arti inferiori: di conseguenza, il
flusso sanguigno viene notevolmente ridotto con la inevitabile diminuzione dell'apporto di
sangue e di ossigeno ai tessuti periferici. Pertanto, i pazienti soffrono per la presenza
di una dolore al polpaccio che compare anche a riposo, tipicamente di notte, e per la
comparsa di lesioni cutanee che stentano a rimarginare ed a guarire. Per loro la
prospettiva più prossima è quella della perdita dell'arto: circa un terzo dei malati ne
subisce l'amputazione entro un anno. La loro sopravvivenza, inoltre, è inferiore a quella
di molte persone colpite da tumore. Il gruppo che ha condotto lo studio, denominato I. C.
A. I. (sigla che identifica la malattia studiata), ha sperimentato su oltre 1500 pazienti
l'effetto dell'alprostadil-alfa-ciclodestrina, un farmaco appartenente alla categoria
delle prostaglandine. Tutti i malati coinvolti sono stati trattati secondo le procedure
chirurgiche di rivascolarizzazione (essenzialmente angioplastica e bypass) e le terapie
modiche oggi normalmente praticate. In aggiunta a questi trattamenti una metà di loro,
selezionata in modo casuale, è stata sottoposta a infusione endovenosa del farmaco
sperimentale. L'infusione durava un paio di ore al giorno e veniva praticata durante
l'intero periodo del ricovero in ospedale, in media circa tre settimane. La proporzione di
pazienti guariti, cioè non sottoposti ad amputazione e dimessi senza ulcere nè dolore,
è risultata superiore di un terzo nel gruppo trattato con alprostadil rispetto al gruppo
di controllo, che non riceveva il farmaco. In altri termini, senza il nuovo trattamento la
guarigione ha riguardato un paziente su quattro, mentre con l'uso dell' alprostadil si è
arrivati ad uno su tre. Il vantaggio ha interessato diverse categorie di pazienti per le
quali si riconosce una prognosi diversa: diabetici e non diabetici, chi lamentava solo
dolore e chi aveva anche ulcere, chi è stato sottoposto a un intervento di
rivascolarizzazione e chi non era idoneo ad esso, tutti hanno goduto di un sostanziale
beneficio. Come era stato previsto dai ricercatori, dopo un singolo corso di terapia il
vantaggio si è man mano ridotto nel tempo, risultando marginale all'ultima visita di
controllo programmata dopo sei mesi. Questa osservazione si dice nel comunicato lascia
aperta la porta ad una ulteriore sperimentazione: verificare se più cicli di trattamento
con alprostadil, ripetuti nel tempo, possono aumentare, e soprattutto prolungare, il
beneficio che i pazienti ne traggono. Oltre a segnalare il primo dato positivo per
pazienti gravi e fino ad oggi privi di rimedi farmacologici efficaci, questo studio coglie
un altro risultato: è la dimostrazione di come la collaborazione tra molti centri e
diverse aree di intervento possa raccogliere grandi numeri di pazienti attorno a una
ipotesi semplice, che si può facilmente proporre e verificare nella pratica clinica
quotidiana. Gli oltre 1500 malati studiati dal gruppo ICAI hanno consentito di dare una
prima risposta a un problema che molti studi precedenti condotti in campo internazionale,
basati su un numero minore di pazienti, hanno lasciato per anni irrisolto. Il rapporto
originale e completo del lavoro è disponibile sul sito Internet di Annals of Internal
Medicine a partire dalle ore 23. 01 di oggi |