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VENERDI
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Notiziario Marketpress di
Venerdì 15 Giugno 2012 |
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MILANO (GALLERIA Y&R): DI CHE PASTA SEI FATTO? UN PROGETTO BARILLA E ISTITUTO ITALIANO DI FOTOGRAFIA PREMIA GIOVANI TALENTI CHE INTERPRETANO LA PASTA E IL SUO PATRIMONIO DI CULTURA, IDENTITÀ, CREATIVITÀ E QUOTIDIANITÀ CONTEMPORANEA - FINO AL 28 GIUGNO |
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Barilla conferma il suo impegno per la promozione della cultura e dell’arte. Quest’anno, insieme a Y&R, agenzia che segue l’azienda da molti anni, ha sostenuto un progetto in collaborazione con l’Istituto Italiano di Fotografia proponendo a studenti ed ex studenti della Scuola di rispondere con uno scatto alla domanda “Di che pasta sei fatto?”. Le opere dei circa settanta giovani fotografi che hanno partecipato al progetto interpretando il tema proposto, sono state raccolte in un libro dal formato evocativo e saranno in mostra fino al 28 giugno presso gli spazi di Y&R Group, in via Tortona, 37, aperti gratuitamente al pubblico dal Lunedì al Venerdì, dalle 9.00 alle 18.00. Barilla crede che il cibo rappresenti molto di più che nutrimento ed energia. Il cibo è parte di uno stile di vita, è strettamente connesso con la dimensione del piacere, dell’estetica e della qualità della vita. Da questa convinzione, nasce spontaneamente lo stretto collegamento tra la passione per la cucina e la passione per la cultura e per l’arte, che ha condotto a questa collaborazione. Il progetto ha voluto stimolare nuove, giovani creatività per interpretare la pasta, un alimento altamente simbolico per la cultura italiana, come espressione della tradizione, ma anche come segno di identità, emozione e quotidianità dei nostri giorni. Come scrivono Guido, Luca e Paolo Barilla nella prefazione al libro: “Un buon piatto di pasta per noi italiani è cultura, creatività, gusto, gioia di stare insieme, ma anche tutto quello che questi scatti sapranno comunicare. […] Sono piccole storie senza parole, ma ognuna con qualcosa da dire. Tutte confermano come le foto più interessanti non si facciano con la macchina ma con gli occhi, il cuore e, questa volta, anche con le percezioni che si hanno di un prodotto straordinario.” L’Istituto Italiano di Fotografia ha accolto la proposta di Barilla con entusiasmo. Forte dell’esperienza nella formazione di giovani talenti, la scuola, unica nel suo genere, ha trovato un comune denominatore con la grande azienda: l’attenzione al quotidiano e ai gesti che lo compongono, l’attualità che tiene conto della tradizione e del “fatto su misura” come modus operandi. Vicky Gitto, EVP – Group Executive Creative Director Young & Rubicam Group - insieme a Wanda Perrone Capano - fotografa e coordinatrice dei fotografi di IIF – ha seguito personalmente questo progetto in tutte le sue fasi, dal concept iniziale alla valutazione delle opere e alla scelta delle quattro opere vincitrici. In palio al 1° classificato un workshop fotografico a New York, mentre per gli altri vincitori verrà consegnato da Barilla un buono per l’acquisto di attrezzatura fotografica. Dopo il 28 giugno, la mostra seguirà un tour nazionale, le cui tappe si potranno seguire su www.barilla.it |
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MILANO (TRIENNALE): DUE MOSTRE DEDICATE ALLA CINA
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Bridge. New Chinese Design and Innovation - Da sabato 16 giugno a domenica 29 luglio 2012. Organizzato dal Centro Sino-italiano del Design e dell’Innovazione (Cidic) sotto il patrocinio del Ministero della Scienza e della Tecnologia della Repubblica Popolare Cinese e del Ministero italiano dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, la Mostra New Chinese Design and Innovation – Triennale di Milano 2012 presenterà al pubblico italiano l’impegno del Cidic nella diffusione di tecnologie e design innovativi cinesi, nella promozione dell’immagine della Cina e della competitività internazionale dei brand cinesi. La Cina e l’Italia sono due Paesi dalla lunga storia e ricchi di creatività e gli scambi culturali sino-italiani risalgono all’antichità. Oggi i cambiamenti della struttura economica, politica e sociale del mondo e il degrado dell’ambiente pongono numerose domande: sulla forma della vita urbana dove le nuove tecnologie possono agevolare l’applicazione del design e dell’innovazione oppure sull’ identità culturale nel contesto virtuale. Cidic crea un ponte tra i due Paesi per stimolare il dialogo tra i protagonisti del design e dell’innovazione. --- Luci Cinesi 1981-2011. Reportage di Enrico Rondoni - Da sabato 16 giugno a domenica 1° luglio 2012. Il grande balzo in avanti compiuto dalla Repubblica Popolare Cinese in trent’anni attraverso oltre 100 fotografie. In “Luci Cinesi 1981-2011” Enrico Rondoni mette a confronto la Cina dei primi anni ’80 con quella odierna. Gli scatti del 1981 (cinque anni dopo la morte di Mao), e del 1983, raccontano di un mondo ancora contadino nonostante le modernizzazioni volute da Deng Xiaoping, di una popolazione vestita tutta uguale, di città senza auto private e di un sistema industriale indietro di mezzo secolo rispetto a quello occidentale. Un lungo reportage nel “paese delle biciclette” da Pechino a Shanghai, da Xi’an a Chengdu, da Nanchino ad Hangzhou. Un paese pieno di fascino e tradizioni, ma ancora molto lontano dalla moderna Cina che ora conosciamo. Una realtà completamente diversa da quella che l’autore trova tornando in Cina nel 2010 per l’Expò di Shanghai, qui anche lo skyline è completamente cambiato: grattacieli dove prima navigavano le giunche a vela. E se a Pechino negli anni ’80 la colonna sonora era lo scampanellio delle biciclette ora il traffico e lo smog sono uno dei tanti problemi da risolvere. Sono passati solo trent’anni dai primi reportage, ma sembra trascorso un secolo. Nasce così l’idea di questa mostra. Con la stessa macchina fotografica di allora (in pellicola) l’autore registra e riflette su questa eccezionale trasformazione non solo nelle grandi città, ma anche nei luoghi come Yiwu dove si producono e si vendono all’ingrosso –in una fiera permanente con 55.000 stand - tutti gli oggetti “made in China” che hanno invaso il mondo. Un lungo viaggio fotografico nel tempo e nello spazio (accompagnato da pannelli che illustrano i dati di questa trasformazione ) che si conclude nel 2011 in Tibet |
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TORRE DI MOSTO (MUSEO DEL PAESAGGIO): I CRISTALLI DI STEFANO CURTO NELLA MOSTRA UTOPIA DEL SEMBIANTE - 23 GIUGNO/16 SETTEMBRE |
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Inuovo appuntamento espositivo per l’artista della luce, Stefano Curto che, dopo un anno davvero intenso - Padiglione veneto della 54ma Biennale, Boswall House e Saatchi Gallery di Londra, per citare alcune delle mostre a cui ha partecipato - fa ritorno sulla scena italiana con una mostra dedicata al tema del paesaggio e a ciò che vediamo - o meglio su ciò che crediamo di vedere - quando osserviamo l’iconografia dell’arte. Stefano Curto "dipinge" utilizzando migliaia e migliaia di cristalli, declinati in una vastissima varietà di forme, dove ogni singola gemma viene scelta come fosse una pennellata sulla tela e disposta nella cornice da lui designata per raccontare paesaggi lontani |
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VIVI L’ARTE A NOVARA, SABATO 16 GIUGNO CON IL GRAN TOUR |
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La Provincia di Novara promuove per sabato 16 giugno la giornata “Vivi l’arte a Novara”, organizzata all’interno del “Gran Tour”, coordinato da Regione Piemonte e dedicata alla scoperta del patrimonio storico-artistico della città. L’itinerario consentirà di apprezzare la città di Novara, alternando il Romanico del Battistero alle forme neoclassiche del Duomo e la preziosa produzione artistica Novarese, dai primi anni del Xiii secolo fino al Novecento, conservata presso la Galleria Giannoni. Saranno visitati il complesso monumentale del Broletto, il battistero, il duomo e la basilica di San Gaudenzio. La partecipazione sarà gratuita, previa prenotazione presso l’ufficio cultura della Provincia di Novara: tel. 0321-378456/472 , dal lunedì al venerdì, dalle ore 9 alle 13 (lunedì e giovedì anche dalle 15 alle 16:30) o via mail, scrivendo a turismo@provincia.Novara.it www.Provincia.novara.it/primopiano/index.php?id=1243 |
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TRENTO (TORRE VANGA): BENVENUTO DISERTORI - DAL 16 GIUGNO AL 2 SETTEMBRE 2012
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Benvenuto Disertori (1886-1969), grande maestro dell’incisione, è conosciuto soprattutto per le sue “acquaforti civiche”, vedute di città dell’Italia, ampiamente apprezzate e studiate dalla critica d’arte. Esiste però un aspetto centrale della vicenda artistica di Disertori che non è altrettanto noto: ritratti, nudi e raffigurazioni allegoriche che rivelano come l’incisore trentino sia stato un interprete attento e raffinato della cultura Liberty e simbolista. Cinquanta di queste opere sono ora al centro della mostra “Benvenuto Disertori. Un segno Liberty”, a cura di Alessandra Tiddia, in programma dal 16 giugno – 2 settembre 2012 nella sede di Torre Vanga a Trento. Affiancata da un catalogo con testi di Andrea Disertori, figlio dell’artista, di Duccio Dogheria e di Alessandra Tiddia, la mostra si concentra in particolare sull’attività di ritrattista di Disertori; accanto alle incisioni saranno esposte per la prima volta una selezione di matrici xilografiche, e in rame e zinco, relative alle opere presentate e un nucleo di disegni inediti provenienti dalla collezione di famiglia. Inoltre, nel catalogo della mostra il Mart pubblica la lista completa delle opere di Disertori presenti nelle proprie collezioni, per offrire un essenziale strumento di approfondimento agli studiosi. La Mostra Accanto a incisioni ben note di Disertori, la mostra propone una selezione di disegni e grafiche inedite, che suscitano alcune considerazioni riguardo ai pRimi anni di attività dell’artista, ancora poco conosciuti, e ipotesi in relazione alla sua produzione xilografica e calcografica. Come ad esempio in un inedito ritratto di Gabriele D’annunzio, oggi di ubicazione ignota, pubblicato nel 1905 sulle pagine della “Domenica del Trentino”, ma sottaciuto da quasi tutta la letteratura critica e primo da tutti dallo stesso Disertori, che non ne fa mai menzione nei suoi scritti. Un’omissione che assume un certo interesse, anche in seguito al ritrovamento nella Biblioteca del Vittoriale di due suoi testi, L’incisione italiana e L’elogio dell’astrologia, pubblicati da Disertori nel 1931 e inviati come omaggi al Vate con dedica personale. Negli anni immediatamente successivi al 1905, Disertori assimilò a fondo la cultura Liberty del proprio tempo, frequentando ambienti dannunziani nella Venezia di Ca’ Pesaro tra il 1907 e il 1908, e in seguito il Kunstverein di Monaco di Baviera. La mostra, attraverso un lavoro di ricerca reso complesso da una certa difficoltà di reperimento delle fonti, rintraccia proprio negli anni Dieci l’origine di una netta predilezione per la raffigurazione allegorica, che poi si ritroverà in tutta la produzione successiva di Benvenuto Disertori, inclusi lavori tardi che declinano il nudo classicistico attraverso la profonda conoscenza delle fonti antiche. Un Disertori perennemente in viaggio, quello degli anni Dieci, che si presentava come “Peregrinus de Tridento”. Muovendosi verso nord l’artista si stava appropriando di un tratto caratteristico dell’Europa Liberty, che evidentemente trovava congeniale: l’ironia, un certo compiacimento nell’osservazione delle forme eleganti ed estenuate del decadentismo. Lo si può apprezzare ad esempio nelle chine “Uomo con sigaretta” (1908), “Il Pensatore” (1909-10) o ne “L’edera” (1911-13), che accosta il nudo femminile all’elemento vegetale dell’ albero. E anche nell’olio del 1912 dipinto dall’amico Antonio Rizzi, in cui Disertori si faceva ritrarre vestito come Oscar Wilde, contro una tappezzeria damascata e con un’acconciatura che lo fa molto somigliante ad Audrey Beardsley. L’osservazione acuta, il tratto nordico, la resa per accumulazione di elementi naturali come le foglie, la fascinazione per il tipo sociale del dandy: sono elementi tutt’altro che effimeri per la vicenda artistica di Disertori, che resteranno vitali anche quando la sua produzione artistica si orienterà verso soggetti decisamente diversi. Va notato del resto che benché Disertori abbia scritto di “essere diventato incisore” con le acqueforti, la sua produzione precedente di xilografie si iscrive comunque a pieno titolo nella generale rinascita italiana ed europea dell’incisione degli anni Dieci. L’ampia panoramica offerta da questa mostra permette di ricostruire questi aspetti, e in alcuni casi di suggerire chiavi di interpretazione del tutto inedite. Benvenuto Disertori. Un segno Liberty Torre Vanga, Trento 16 giugno – 2 settembre 2012 Mostra a cura di: Alessandra Tiddia Mostra realizzata in collaborazione con: Soprintendenza Beni Storico-artistici della Provincia Autonoma di Trento. Catalogo Temi Editrice Mart - Torre Vanga Piazza della Portela, 1 38122 Trento (Tn) Informazioni numero verde 800 397 760 tel. +39 0461 493 623 info@mart.Trento.it www.Mart.trento.it |
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MILANO (VILLA CLERICI): RASSEGNA ESTIVA 2012 |
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Villa Clerici è una splendida realtà architettonica della prima metà del 700 voluta da Giorgio Clerici, ricco commerciante di seta, ideata dall´architetto Francesco Croce, artefice anche della principale guglia del Duomo di Milano. Una delle caratteristiche della Villa è la presenza, al proprio interno, di due grandi teatri all´aperto, quello a pianta romana e quello a pianta greca. Questa peculiarità rende Villa Clerici un Unicum, dove un genius loci aleggia e pretende una programmazione artistico-culturale simile alla solennità che vi si respira, Con la Direzione Artistica di Aldo Colonnello e l´organizzazione degli spettacoli a cura di Roberto Brivio, abbiamo realizzato nel 2011 il primo "Settembre a Villa Clerici"; un concerto di Franco Battiato (Teatro Greco), una serata dedicata all´operetta (teatro Romano), un evento dedicato alla grande poetessa Alda Merini con la presenza di Alessio Boni e, infine, la giornata della Poesia con Massimiliano Finazzer Flory e Giancarlo Maiorino. Obiettivo di questa seconda stagione è confermare quanto di buono è stato fatto nel 2011. Garanzia di ciò la presenza di nomi del teatro, della musica e della cultura che denotano le nostre proposte di Giugno, Luglio e Settembre. Con la preziosa collaborazione del Teatro Smeraldo di Milano, con la direzione del quale abbiamo ratificato un accordo foriero di successi, presenteremo un cartellone composito il cui filo rosso è la qualità. I Teatri di Villa Clerici sono una realtà milanese poco conosciuta anche dalle autorità. Nel parco di questa villa settecentesca un architetto, nei primi anni del 900, ha costruito due spazi teatrali dando una caratteristica architettonica alla platea e al palcoscenico di ognuno: il Teatro Romano di 990 posti e il Teatro Greco di 3.030 posti. Quest’anno c’è la possibilità di effettuare più di 40 spettacoli dando così ampio respiro alla varietà artistica: cantanti, prosa, opera, varietà, personaggi illustri, danza classica, tango e flamenco. Senza dimenticare, poi, il repechage di Milanin Milanon, testo che tanto scalpore fece al suo debutto nei lontani anni Sessanta con la regia di Filippo Crivelli. Ancora qualche protagonista di allora come Valentina Cortese, Rosalina Neri, Anna Priori e nuovi acquisti di grande impatto meneghino come Liliana Feldman e Roberto Marelli. Quaranta e più spettacoli, quindi, a partire dal 20 giugno con proseguimento intenso a luglio e conclusione il 2 agosto con un grande Galà di danza classica. Si riprende poi a settembre con il Festival di Villa Clerici alla sua terza edizione, ancora una volta dedicato all’immortale Alda Merini. Dare vita ad un progetto culturale in una location di simile prestigio significa dare a Milano un’opportunità: un nuovo luogo adibito all’intrattenimento estivo situato in una cornice unica, facente parte dell’immaginifico nascosto di ognuno. Il complesso architettonico di Villa Clerici, unitamente al suo Museo di Arte Sacra, si trasforma quindi in un nuovo polo di attrazione d’arte e di eventi. Non esageriamo nel dire che Villa Clerici e i suoi Teatri potrebbero diventare per Milano quello che il Vittoriale è per Gardone, il Teatro Romano per Verona e…Ostia Antica per Roma. Il folto gruppo di collaboratori che compare nel locandone particolareggiato assicura la riuscita dell’organizzazione generale e la sicurezza che il pubblico troverà una regia accurata in grado di far vivere le serate prescelte nella giusta atmosfera e grandiosità. Roberto Brivio |
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VALDOBBIADENE (VILLA DEI CEDRI): PERSONALE DI BRUNO DONADEL - DAL 16 GIUGNO AL 1 LUGLIO 2012 |
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A Valdobbiadene in Villa dei Cedri, la mostra Opere grandi-Grandi opere, organizzata da New Ashtart e G.ri.o.b.s., propone opere di grande formato, di pregnante valore estetico ed è documentata da un ricco catalogo curato da Enrica Angella e Piero Bongi, i dipinti sono legati ad un territorio, l’Altamarca Trevigiana che Bruno Donadel non ha mai lasciato, nonostante pressanti inviti, per inseguire le sirene che lo avrebbero portato certamente ad una maggiore notorietà. Già nel 1957 vince tre premi, su tre opere presentate, al Vi Premio Diomira di Milano. Da quel momento i grandi galleristi di Milano, Roma, Venezia, propongono personali che ha sempre rifiutato, perché si giudicava (come risulta dalle lettere) non pronto, forse una scusa per non lasciare le sue amate e immortalate colline e genti trevigiane. Diverse le mostre lontano da casa, senza la sua presenza. Seguono gli anni delle diverse esposizioni di sue opere in mostre insieme a grandi artisti come Picasso, Matisse, Rouault, Carrà, Sironi, Severini, Campigli, Cantatore, De Chirico, Guttuso, Migneco, Music, Morandi, Utrillo, Fiume, i due Bueno ecc. Insomma Donadel è un pittore al di fuori degli schemi: non si è affidato ad alcun mercante d’arte perché si è sempre voluto sentire libero di affidare i suoi quadri a chi riteneva e ritiene in grado di comprenderli e soprattutto per non essere vincolato dalle mode dei vari “ismi” che hanno caratterizzato l’arte del secolo scorso. Villa dei Cedri – Comune di Valdobbiadene Sede Associazione Altamarca Turismo, Cultura, Vini, Gastronomia delle Colline Trevigiane |
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VERONA (PALAZZO DELLA GRAN GUARDIA): MIRÓ! POESIA E LUCE - DAL 22 GIUGNO AL 9 SETTEMBRE 2012 |
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Accolta dal pubblico con grande successo nella sede del Chiostro del Bramante a Roma, la mostra Miró! Poesia e luce è attesa a Verona, dove sarà aperta al pubblico dal 22 giugno al 9 settembre 2012 nelle sale del Palazzo della Gran Guardia. La mostra, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Verona - Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, è prodotta e organizzata da Arthemisia Group e 24 Ore Cultura - Gruppo 24 Ore, in collaborazione con Fundació Pilar i Joan Miró. Si tratta di una rassegna esaustiva dedicata all’ultima produzione di Joan Miró (Barcellona 1893 - Maiorca 1983), l´artista catalano che lasciò un segno inconfondibile nell’ambito delle avanguardie europee. In esposizione oltre 80 lavori, tra cui 50 olii di sorprendente bellezza e di grande formato, ma anche terrecotte, bronzi e acquerelli. Si potranno ammirare, tra i capolavori, dipinti a olio come Donna nella via (1973) e Senza titolo (1978); sculture in bronzo come Donna (1967); schizzi tra cui quello per la decorazione murale per la Harkness Commons-harvard University, tutti provenienti da Palma di Maiorca, dove la Fundació Pilar i Joan Miró detiene molte opere dell’artista, concesse in via del tutto straordinaria per l’anteprima italiana. La curatrice della rassegna María Luisa Lax, tra i maggiori esperti dell’opera di Miró a livello internazionale, ha voluto illustrare l’ultima fase della produzione della lunga vita dell’artista, quando egli finalmente concretizzò a Maiorca nel 1956 un suo grande sogno: un ampio spazio dove lavorare protetto dal silenzio e dalla pace che solo la natura poteva offrirgli. In occasione della mostra lo studio tanto desiderato da Miró sarà scenograficamente ricostruito all’interno degli spazi espositivi. L’esposizione è suddivisa cronologicamente e tematicamente e si potrà ammirare la produzione di Joan Miró degli ultimi trent’anni della sua vita a Maiorca. La storia del maestro è indissolubilmente legata a questo luogo che, come si esplica dalle sue stesse parole, rappresentava per lui poesia e luce. Sin dal principio della sua attività Miró riteneva che l’obiettivo dell’artista dovesse concernere progetti di grande portata, come i murali e altri lavori d’arte pubblica che offrono anche l’opportunità di collaborare con architetti e artigiani, lasciando alla pittura da cavalletto una posizione secondaria. I progetti d’arte pubblica di Miró, caratterizzati da una sintesi tra architettura e arti plastiche, derivata anche dalla sua profonda ammirazione per Antoni Gaudí, sono esemplificati in mostra da opere come Schizzo per la pittura murale del Terrace Plaza Hotel de Cincinnati (1947) e Schizzo per la pittura murale di Harkness Commons, Graduate Center, Università di Harvard (1949-1951), e dai disegni del Progetto per un murale per la sede delle Nazioni Unite a New York (1952-1953). Dal 1956 Miró vive a Palma e comincia un intenso periodo di lavoro caratterizzato da una profonda riflessione e da una sincera autocritica rispetto alla precedente produzione, che lo portano a rinnovare la propria pittura: in mostra il primo dipinto di Miró, un olio del 1908 che, sviluppando il nuovo processo di “purificazione”, diviene il recto dell’opera Senza titolo del 1960. Sempre appartenente a questo periodo è l’opera Senza titolo, un prezioso olio e acrilico su tela con un personaggio, una specie di pupazzo, in cui si inizia a percepire l´allontanamento dell´artista dallo stile figurativo. Negli anni Sessanta e Settanta, immagini e titoli dei lavori rimandano ai suoi temi prediletti come donne, paesaggi e uccelli. Ma l’iconografia si fa astratta e le forme si amplificano. La convivenza di stili e modi di esecuzione diversi da vita a opere statiche come Mosaico (1966) e a opere come Poesia (1966). È questo anche il momento in cui, messo da parte il cavalletto, Miró dipinge a terra, cammina sulle proprie tele, vi si stende sopra producendo spruzzi e gocciolamenti come in Senza titolo, pure del 1966, dove si combinano olio, acrilico e carboncino nero con segni di colore rosso e blu. Degli anni ’70 sono i paesaggi monocromi, come Senza titolo del 1973, e altri dipinti sostanzialmente monocromatici come le tele di grande formato e un’altra serie di cinque olii più tardi, del 1978, sfumati, visionari, minimalisti, evanescenti e movimentati, raccolti in un’unica sala, che evocano la predilezione di Miró per il nero degli espressionisti astratti americani e la calligrafia orientale. Gli ultimi anni dell’artista - quando dipingeva con le dita stendendo il colore con i pugni e si cimentava nella pittura materica, spalmando gli impasti su compensato, cartone e materiali di riciclo - sono illustrati da opere quali Personaggio, uccello del 1976, un olio su carta vetrata, legno e chiodi. In questa fase ricorrono nella sua produzione i fondi blu, eterei e modulati, di cui sono presenti in mostra alcuni esempi, come l’intenso Senza titolo del 1978. Infine sono esposte alcune sculture, frutto delle sperimentazioni che Miró fece nell’arco della sua vita con diversi materiali e tecniche, come collage, “dipinti-oggetto” e altre opere ispirate da ciò che l’artista collezionava e che altrimenti - come egli stesso scrisse - “sarebbero cose morte, da museo”. In mostra si espongono bronzi quali Donna (1966) e L’equilibrista (1969), assemblaggi quale Personaggi (post 1973) che riunisce pittura e scultura e discende direttamente dai “dipinti-oggetto” degli anni Trenta, e terrecotte come la maschera (Senza titolo, 1981) e la testa di ceramica (Senza titolo, 1981) che fanno parte di un insieme di pezzi che Miró realizzò in collaborazione con Hans Spinner, a Saint-paul-de-vence. Si è già detto dell’importanza del luogo di lavoro per Miró; per questo motivo sono stati ricostruiti nella mostra gli interni dello Studio Sert nel quale l’artista catalano creò i suoi capolavori. Vengono presentati anche tutti gli oggetti, i pennelli e gli strumenti che Miró usava nella sua attività artistica e che si sono conservati grazie all’attività della Fundació Pilar i Joan Miró. “L’incontro di fantasia e di controllo, di oculatezza e di generosità, che forse si può considerare una caratteristica della mentalità catalana, può spiegare, in parte almeno, la base fondamentale dell’arte e della personalità di Joan Miró”. Così ha scritto Gillo Dorfles in un suo saggio sull’artista catalano. È per questo che pare oltremodo opportuna la cornice del Palazzo della Gran Guardia quale contrappunto allo spirito multiforme di Miró e al suo linguaggio fatto di macchie, grafismi, schizzi, impronte, abrasioni, suture e chiodi |
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MILANO (TRIENNALE): GILLO DORFLES KITSCH, A CURA DI GILLO DORFLES CON ALDO COLONETTI, FRANCO ORIGONI, LUIGI SANSONE E ANNA STEINER
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La Triennale di Milano presenta la mostra Gillo Dorfles. Kitsch - oggi il kitsch curata da Gillo Dorfles, insieme con Aldo Colonetti, Franco Origoni, Luigi Sansone e Anna Steiner. Nel 1968 esce “Il Kitsch. Antologia del cattivo gusto” edito da Mazzotta, una serie di approfondimenti teorici che hanno aiutato a descrivere il concetto di kitsch in tutte le sue articolazioni; concetto che Dorfles per primo ha contribuito in modo decisivo a definire, a livello internazionale. Il testo di Dorfles è una vera pietra miliare per la comprensione e l’evoluzione del “cattivo gusto” dell’arte moderna; afferma che alcuni capolavori della storia dell’arte come il Mosé di Michelangelo, la Gioconda di Leonardo sono “divenuti emblemi kitsch perché ormai riprodotti trivialmente e conosciuti, non per i loro autentici valori ma per il surrogato sentimentale o tecnico dei loro valori”. “L’industrializzazione culturale, afferma Dorfles, estesa al mondo delle immagini artistiche ha condotto con sé un’esasperazione delle tradizionali distinzioni tra i diversi strati socio-culturali. La cultura di massa è venuta ad acquistare dei caratteri assai diversi (almeno apparentemente) dalla cultura d’élite, e ha reso assai più ubiquitario e trionfante il kitsch dell’arte stessa.” Nel citato libro di Dorfles vengono esaminati da alcuni studiosi vari aspetti del kitsch, dalle riproduzioni dozzinali di opere d’arte alla “musica di consumo”, dal cinema alla pubblicità, dal design all’architettura. Alcuni artisti, soprattutto delle avanguardie, hanno riproposto immagini di capolavori della storia dell’arte, universalmente riconosciuti, per creare consapevolmente “ricercate opere” kitsch, ironiche, provocatorie o scandalose: è il caso dell’opera L.h.o.o.q., 1919, un ready made ritoccato da Marcel Duchamp, versione con aggiunta di barba e baffi della Gioconda di Leonardo, dal titolo dissacrante (pronunciando il nome delle lettere in francese si ottiene la frase “elle a chaud au cul”). La prima parte della mostra presenta… “ autori, i quali volutamente usano citazioni kitsch” (Gillo Dorfles). Tra gli artisti Adriana Bisi Fabbri con Salomè di fronte (passo di danza), 1911, e Salomè a tergo (Mossa di danza), 1911, che rappresenta il personaggio biblico con rotondità paradossalmente eccessive; Alberto Savinio che con Penelope, 1933, rivive con ironia il mito classico; Gianfilippo Usellini che con Donna con la coda, 1970, riporta con ironico paradosso a una primitiva condizione animale; e ancora Enrico Baj che con Madame Garonne, 2003, assembla materiali diversi per denunciare la corruzione del gusto causata dalla cultura del prodotto industriale. Infine tre opere di Salvador Dalì fanno parte di questo gruppo di artisti che sono in mostra in qualità di ironici ispiratori del fenomeno. Il percorso dell’esposizione continua con una serie di autori deliberatamente kitsch. Afferma Gillo Dorfles: “qui vediamo alcuni artisti contemporanei che, intenzionalmente, creano opere con elementi che fanno riferimento alla cultura del kitsch” Tra questi artisti Luigi Ontani, che con l’opera Er ciclopercurione, 1990, si avvicina a una figurazione fantastica che attinge e manipola con ironia suggestioni da differenti culture, linguaggi e tecniche espressive; Antonio Fomez con Michelino, 1966, ispirato alla Pop Art; Felipe Cardeña che con i suoi collage policromi presenta composizioni kitsch che sovrappongono fiori e frutti ritagliati da riviste; Leonard Streckfus crea collage in cui personaggi storici sono ritratti con ironia nella vita quotidiana; Corrado Bonomi realizza composizioni con vari oggetti che ironicamente trattano dei problemi dell’uomo; Limbania Fieschi con il suo gusto kitsch americaneggiante; Carla Tolomeo con le sue sedie sculture; Mario Molinari che nelle sue sculture accentua e deforma grottescamente parti anatomiche di esseri umani e animali e le teatrali composizioni di legno, stucco, resina e oggetti vari di Vannetta Cavallotti. Infine l’omaggio ironico a Salvador Dalì del Cracking Art Group attraverso la fusione di materie plastiche e foto e The Bounty Killart che crea sculture di gesso fortemente satiriche. Tutte queste opere d’arte presenti in mostra forniscono una vasta rappresentazione delle personali interpretazioni di ciascun artista. Una sala è dedicata all’artista olandese, naturalizzato italiano Rutger (Rudy) Van der Velde, giornalista, grafico pubblicitario, illustratore e artista che ha creato assemblaggi sorprendenti, ironici e ludici con materiali eterogenei, oggetti superflui provenienti dalla nostra società consumistica. Un’opera in particolare I am free – I feel free, che presenta una gabbia contenente un uomo-automa e una libellula, mentre un’altra libellula all’esterno posata su un ramo gode la libertà, esprime chiaramente la sperimentazione nelle sue opere di una continua ricerca di sensazioni nuove e liberatorie da ogni vincolo di asservimento alla comune realtà. Nel corridoio che introduce alla mostra un tappeto interattivo composto da 5000 immagini kitsch che si animano al passaggio del pubblico porta il kitsch nel quotidiano, nella nostra vita di tutti i giorni. La mostra si chiude con l’ultima grande sala nella quale si trova una vera e propria giostra di oggetti kitsch di artisti anonimi, che sono citazioni e riproduzioni del kitsch oggi. Afferma Gillo Dorfles: “Come sempre, sono l’intenzione e la consapevolezza, sia rispetto all’utilizzo delle tecniche sia nei riguardi dei contenuti, che trasformano un oggetto, una forma, ma anche un comportamento, in un’opera, in un linguaggio che sentiamo veri e autentici. Se non esiste la dimensione culturale, ogni forma d’arte è destinata a cadere nella trappola di un kitsch più o meno consapevole. La vera arte non è mai “maliziosa”; il kitsch lo è, e questa è la sua essenza. È necessario conoscerlo, anche frequentarlo e, perché no, qualche volta utilizzarlo, senza farsi mai prendere la mano. Perché il cattivo gusto è sempre in agguato”. Accompagna la mostra il libro-catalogo “Gillo Dorfles. Kitsch: oggi il kitsch”, per i tipi di Editrice Compositori, a cura di Aldo Colonetti, Franco Origoni, Luigi Sansone, Anna Steiner, che ospita una conversazione tra Aldo Colonetti e Gillo Dorfles, riflessioni di Vittorio Gregotti, Ugo Volli, Fulvio Carmagnola, Denis Curti, Francesco Leprino, Bruno Pedretti; una particolare documentazione a cura di Luigi Sansone su opere di artisti “ispiratori” e che interpretano oggi questo stile. In chiusura una rassegna fotografica sul kitsch quotidiano, interpretato da oggetti, prodotti, immagini |
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MILANO (VILLA CLERICI): UNA SERATA AL QUARTIERE NIGUARDA - GIOVEDÌ 21 GIUGNO 2012 - VISITE GUIDATE GRATUITE DALLE ORE 18 ALLE 22 A VILLA CLERICI
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Nel corso della mostra ‘Immagine della luce’ allestita fino al 4 luglio 2012, sono previsti a Villa Clerici una serie di appuntamenti di approfondimento ed eventi collaterali, sempre a ingresso gratuito, ideati in relazione ai contenuti dell’esposizione e all’identità del museo. In occasione del primo giorno d’estate il 21 giugno Villa Clerici invita la città e propone un’apertura speciale, dedicata agli abitanti del quartiere Niguarda e a tutti i cittadini interessati: a partire dalle ore 18, sono previste visite guidate gratuite, con partenza ogni ora fino alle 22, con cui i visitatori saranno condotti alla scoperta di Villa Clerici e della mostra "Immagine della Luce". E’ necessaria la prenotazione per permetttere l´organizzazione dei gruppi e delle guide: 339 4085755 Eventi collaterali ancora in programma Martedì 26 giugno, ore 18.30 Attraversando Villa Clerici Incontro con l’artista Mauro Staccioli sulla "scultura intervento" realizzata per Villa Clerici Mauro Staccioli descriverà la genesi dell’opera realizzata per la mostra Immagine della luce: la scultura "Omaggio a Leon Battista Alberti. Milano 2012. Villa Clerici a Milano Niguarda". Staccioli è stato dagli anni Settanta uno dei primi e più significativi interpreti, in tutto il mondo, di una modalità creativa che ricerca una relazione con gli spazi condivisi, anticipando soluzioni di scultura “site specific” e “public”, nella sua straordinaria intuizione di quella che ha precocemente definito “scultura intervento”: una presenza plastica concepita a partire dal luogo di destinazione, e in funzione di esso, il cui significato è formalmente e poeticamente da esso inscindibile, e si pone come modificazione della sua identità stessa. Informazioni: Ingresso Gratuito - Tel 02 6470066 | 339 4085755 - www.Villaclerici.it - Via Terruggia 14 (secondo ingresso al civico n. 8), Milano - Orari mostra: martedì e giovedì 10-22 - mercoledì, venerdì, sabato e domenica 10-18 Ingresso libero |
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MILANO (TRIENNALE): LUCI CINESI 1981/2011 - REPORTAGE DI ENRICO RONDONI - INGRESSO LIBERO - FINO A DOMENICA 1° LUGLIO 2012 |
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Il grande balzo in avanti compiuto dalla Repubblica Popolare Cinese in trent’anni attraverso oltre 100 fotografie. In “Luci Cinesi 1981-2011” Enrico Rondoni mette a confronto la Cina dei primi anni ’80 con quella odierna. Gli scatti del 1981 (cinque anni dopo la morte di Mao), e del 1983, raccontano di un mondo ancora contadino nonostante le modernizzazioni volute da Deng Xiaoping, di una popolazione vestita tutta uguale, di città senza auto private e di un sistema industriale indietro di mezzo secolo rispetto a quello occidentale. Un lungo reportage nel “paese delle biciclette” da Pechino a Shanghai, da Xi’an a Chengdu, da Nanchino ad Hangzhou. Un paese pieno di fascino e tradizioni, ma ancora molto lontano dalla moderna Cina che ora conosciamo. Una realtà completamente diversa da quella che l’autore trova tornando in Cina nel 2010 per l’Expò di Shanghai, qui anche lo skyline è completamente cambiato: grattacieli dove prima navigavano le giunche a vela. E se a Pechino negli anni ’80 la colonna sonora era lo scampanellio delle biciclette ora il traffico e lo smog sono uno dei tanti problemi da risolvere. Sono passati solo trent’anni dai primi reportage, ma sembra trascorso un secolo. Nasce così l’idea di questa mostra. Con la stessa macchina fotografica di allora (in pellicola) l’autore registra e riflette su questa eccezionale trasformazione non solo nelle grandi città, ma anche nei luoghi come Yiwu dove si producono e si vendono all’ingrosso –in una fiera permanente con 55.000 stand - tutti gli oggetti “made in China” che hanno invaso il mondo. Un lungo viaggio fotografico nel tempo e nello spazio (accompagnato da pannelli che illustrano i dati di questa trasformazione ) che si conclude nel 2011 in Tibet |
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ROMA (PALAZZO TAVERNA): CIELO - SIGNS OF PROTEST - FROM PAGE TO STREET DI ADELITA HUSNI-BEY – FINO AL 30 SETTEMBRE 2012
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Gli Incontri Internazionali d´Arte presentano Signs of Protest - From Page to Street di Adelita Husni-Bey, a cura di Marcello Smarrelli e realizzato in collaborazione con la Fondazione Pastificio Cerere e Civita nell’ambito del programma di residenze 6ARTISTA.
Il progetto dell’artista Italo-Libica fa parte de Il Cielo, ciclo di interventi site specific - avviato nel 2001 - che si succedono sul soffitto della Biblioteca degli Incontri Internazionali d’Arte, nella sede storica dell’Associazione a Palazzo Taverna. L’iniziativa vuole essere un omaggio a Graziella Lonardi Buontempo, fondatrice degli Incontri Internazionali d’Arte e ideatrice del ciclo Il Cielo.
Nel suo progetto per Il Cielo, dal titolo Signs of Protest - from Page to Street, Adelita Husni-Bey prende una chiara posizione nei confronti dei recenti tagli alla cultura e all’educazione che hanno caratterizzato i governi di tutta Europa, provocando un’onda di protesta e il risveglio dei movimenti studenteschi. Per testimoniare l’importanza della cultura e della diffusione del sapere molti sono scesi per le strade reggendo cartelli (la parola ´sign´ in inglese è sinonimo sia di segno, di marchio che di cartellone), che riportavano citazioni di testi sull’educazione, l’abuso di potere, l’ineguaglianza. Tra questi anche il movimento dei ‘Book Block’, ragazzi che reggono gigantografie di copertine di libri che sono stati influenti per delineare i contorni della contestazione, disegnate su scudi fai-da te che solitamente aprono i cortei. La cultura diventa, così, un mezzo fisico e non solo metaforico con il quale esercitare un’azione di lotta.
Dal 1968 ad oggi la commistione tra pensiero filosofico e protesta di strada non si è mai persa, ed è in questo contesto che nasce il progetto di Adelita Husni-Bey per Il Cielo. Concentrandosi su alcuni testi filosofici e teorici che figurano nella collezione l’artista inserisce nelle pagine di alcuni volumi, conservati nell’archivio degli Incontri Internazionali, dieci disegni che rappresentano azioni di protesta svoltesi recentemente, realizzati ad inchiostro su carta trasparente. I disegni si integreranno all’interno del libro senza impedirne la fruizione, interrompendo solo temporaneamente il flusso della lettura e riportando il lettore all’utilizzo di quello stesso pensiero in un altro contesto, spostando la lettura da un piano privato e personale ad uno pubblico e di “azione”. L’invisibilità è una parte centrale del lavoro, gli studiosi che normalmente frequentano l’archivio degli Incontri Internazionali potrebbero trovarsi improvvisamente davanti a questi strani reperti incongrui.
I testi scelti sono dei richiami agli ideali generalizzati del movimento, i titoli in se richiamano la logica di lotta al capitalismo che sottintende l´atto fisico della protesta:
1. Keniston Giovani all´opposizione, mutamento, benessere, violenza Einaudi Pepaerbacks 1972
2. Johan Huizinga La crisi della civiltà Einaudi Editore 1970
3. Hans Magnus Enzensberger Contro l´industria culturale, materiali per una strategia socialista Guaraldi editore 1971
4. Georges Bataille L´azzurro del cielo Einaudi Letteratura 1969
5. Frantz Fanon I dannati della terra Einaudi Editore 1970
6. David Cooper La morte della famiglia, il nucleo familiare nella società capitalistica Nuovo Politecnico Einaudi 1972
7. Foucault Nascita della clinica, il ruolo della medicina nella costituzione delle scienze umane Einaudi Paperbacks 5_1969
8. Dario Fo Tutti uniti! Tutti Insieme ma scusa quello non è il padrone? (lotte operaie 1911-1922) Bertani editore 1972
9. AA.VV. Chi insegna a chi? Cronache della repressione nella scuola Serie politica 30 Einaudi 1972
10. AA.VV Dialettica della liberazione, integrazione e rifiuto nella società opulenta Nuovo Politecnico Einaudi 1972
Adelita Husni-Bey è un’artista Italo-Libica nata nel 1985. Ha studiato presso il Chelsea College of Art & Design, BA Fine Arts Hons (2003-2007) e la Goldsmiths University, Masters in Sociology and Urban Cultures (2009-2010). La sua ricerca si basa principalmente sulla riscoperta di frammenti di utopie praticabili e del loro contesto storico. Una pratica che richiede lunghi periodi di ricerca teorica e archivistica, ma soprattutto implica partecipazione attiva, sia di coloro che detengono tale memoria sia dei documenti che ne custodiscono la narrazione. Gli studi di sociologia, oltre a quelli dell’Accademia di Belle Arti, hanno permesso all’artista di sviluppare un forte senso d’impegno e coerenza, portandola a sviluppare progetti che si pongono in maniera critica rispetto ai prevalenti sistemi organizzativi delle società capitaliste in ambiti specifici quali il lavoro, l’educazione e l’edilizia abitativa. Attraverso questi progetti Adelita Husni-Bey cerca di ridefinire il ruolo dell’artista come figura ‘attiva’, non mero produttore di oggetti formali, ma generatore di dispositivi, favorendo, sia nel processo che nel display, l’effettiva costruzione di immaginari sociali alternativi. È attualmente impegnata nella creazione dell’archivio di una co-operativa sociale rasa al suolo nei lavori per le Olimpiadi di Londra.
Principali esposizioni: TRACK- A Contemporary City Conversation, presented by S.M.A.K museum, a cura di Mirjam Varadinis e Philippe Van Cauteren, Ghent; Right to Refusal a cura di Eva Kraus e Doreen Mende, Magazin4/ Kunstverein Bregenz, Bregenz; A Holiday from Rules a cura di Vincenzo De Bellis, 6ARTISTA, MACRO Roma; 100 di 50 a cura di Marco Scotini e Giacinto Di Pietrantonio, Milano; American Mountains a cura di Jamie George e Richard Whitby, alla Nunnery di Londra La Montagna Verde: dove? nel deserto, per dove? verso il nulla, a cura di Gabi Scardi presso Viafarini/ DOCVA, Milano
Premi e borse di studio: Adelita ha partecipato al XVI corso di Arti Visive presso la Fondazione Antonio Ratti, ha ricevuto la sponsorship del British Council, vinto la II edizione del progetto 6ARTISTA e l´ultima edizione del Premio Giovani Collezionisti a Roma Contemporary, con un’acquisizione da parte del MAXXI, e ottenuto finanziamenti tramite il fondo Movin up, per la mobilità dei giovani artisti. L’artista è recentemente stata invitata a frequentare l’Independent Study Program del Whitney a New York.
Gli Incontri Internazionali d´Arte
Gli Incontri Internazionali d´Arte sono un’associazione culturale senza scopo di lucro, fondata a Roma nel 1970 da Graziella Lonardi Buontempo con l’intento di promuovere e incrementare l’arte contemporanea in tutte le sue forme. Nel 2011 Gabriella Buontempo è subentrata nel ruolo di segretario generale dell’Associazione. Presidente dell´Associazione è stato Alberto Moravia e figura critica di riferimento Achille Bonito Oliva. Nel corso degli anni hanno collaborato con gli Incontri Internazionali d´Arte, critici e storici dell´arte di alto profilo intellettuale cui si deve un serrato programma di interventi e di mostre in Italia e all´estero. Gli Incontri Internazionali mettono a disposizione per il progetto 6ARTISTA una residenza presso la Cité Internationale des Arts di Parigi; ed hanno dato la possibilità di realizzare un intervento site - specific, all’interno della biblioteca di Palazzo Taverna, sede storica degli Incontri Internazionali. Il catalogo della biblioteca è consultabile sul sito dell’associazione: http://www.incontriinternazionalidarte.it/
Info: Adelita Husni-Bey - Signs of Protest- from Page to Street - Palazzo Taverna, via di Monte Giordano, 36 - Tel. 06 68804009 - incarte@tin.it - dal lunedi al venerdì h. 10,00/14,00
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REGGIA DI CASERTA (APPARTAMENTI STORICI): ANTONIO JOLI TRA NAPOLI, ROMA E MADRID.LE VEDUTE, LE ROVINE, I CAPRICCI, LE SCENOGRAFIE TEATRALI - FINO AL 14 OTTOBRE 2012
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Giovedì 14 giugno alle ore 12, negli Appartamenti Storici della Reggia di Caserta è stata inaugurata la mostra dedicata ad Antonio Joli (Modena 1700 ca. - Napoli 1777), organizzata dalla Soprintendenza in collaborazione con Civita.
Il progetto espositivo ricostruisce attraverso trentanove opere il periodo della maturità del pittore modenese, quello della sua attività madrilena (1749-1754) ed in seguito, più approfonditamente, quello dal 1759 fino al 1777 presso la corte borbonica napoletana.
Il percorso allestito nella Sala delle Guardie del Corpo e retrostanze, si articola in 4 sezioni: le vedute spagnole, le vedute di Napoli e dintorni, le scenografie e le vedute di Roma.
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Le vedute spagnole.
Costituita da tre vedute madrilene e da una veduta di Aranjuez con la flotta del Tajo, illustrata minuziosamente nel manoscritto autografo del Farinelli conservato presso la Biblioteca Nazionale di Madrid (un’altra copia del manoscritto, di minor pregio è conservata presso il Collegio di Spagna di Bologna). La flotta fu probabilmente ideata dallo Joli ed una conferma a questa ipotesi è il fatto che nel 1740, durante il suo periodo veneziano (1732-1746), disegnò quattro imbarcazioni per la regata sul Canal Grande in onore del principe Federico Cristiano di Sassonia.
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Le vedute di Napoli e dintorni.
Costituita da opere conservate sia presso la Reggia vanvitelliana sia presso il Museo di San Martino. Tra queste spiccano: il dipinto raffigurante L’inaugurazione della cascata del Parco, evento organizzato in occasione delle nozze di Ferdinando IV con la regina Maria Carolina nel maggio del 1768 e la tela con l’ Interno del Tempio di Poseidone a Paestum, realizzata nel 1759, dopo che il pittore si era recato personalmente nell’antica città per ammirarne le vestigia.
Esposto in mostra anche un dipinto raffigurante l’ Arco di Traiano a Benevento, risultato pendant di una tela, di identico soggetto, recentemente acquisita dal museo del Prado di Madrid.
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Le scenografie.
E’ la sezione più innovativa, costituita da dipinti conservati a Caserta, uno dei quali può sicuramente riconnettersi alla scenografia dell’Alessandro nelle Indie opera già messa in scena al teatro San Giovanni Crisostomo di Venezia durante il Carnevale del 1738 e riproposta nello spettacolo del 29 maggio 1768 presso il San Carlo di Napoli.
Di questa sezione è parte integrante, anche se a distanza, la visita del Teatro di Corte nel quale è documentato che lo Joli realizzò alcune scenografie di opere liriche.
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Le vedute di Roma.
In questa sezione saranno esposti i dipinti conservati presso la Reggia, messi a confronto con opere di Michele Marieschi (1710- 1743) provenienti dal Museo Filangieri di Napoli e di Bernardo Bellotto (1722-1780) dal Museo Civico di Asolo, opere che si riconnettono sia alla formazione dell’artista sia ai soggetti romani esposti.
Tra i dipinti casertani spicca una splendida Veduta del Tevere con Castel Sant’Angelo e San Pietro e una Veduta di Piazza del Popolo di cui lo Joli realizza diverse versioni, trattandosi di un soggetto particolarmente gradito ai viaggiatori del Grand Tour.
Ma il pittore guardò all’urbs Romana anche come città antica, simbolo del mondo classico. Questa fu l’idea che sottese alla realizzazione delle diverse versioni del Campo vaccino e dei Paesaggio con ruderi dipinti, nei quali il pittore opera a metà tra capriccio e veduta.
Nell’esecuzione di questo tema lo Joli non poté trascurare l’illustre opera del veneziano Giovan Battista Piranesi, le cui incisioni rappresentano, per la maggior parte, proprio monumenti dell’antica Roma.
Un sostanzioso incipit della mostra è nella sala delle Guardie del corpo dove sarà collocata una Veduta di Gaspar Van Wittel (Luigi Vanvitelli in una lettera al fratello Urbano rileva una notevole affinità tra le vedute dello Joli e quelle del padre) affiancata dalle due grandi tele dello Joli che documentano, da mare e da terra, la partenza di re Carlo per la Spagna.
Nella stessa sala delle Guardie del corpo il grande dipinto di Giovanni Paolo Pannini (1691-1795), maestro dello Joli durante il periodo romano, raffigurante Carlo di Borbone visita la basilica di San Pietro, oggi al Museo di Capodimonte, sarà messo a confronto con quello realizzato da Joli - Arrivo al Palazzo del Quirinale di Alvise Mocenigo - proveniente da Venezia.
Infine in mostra anche due Vedute di Napoli da Portici, di grandi dimensioni una delle quali di proprietà di Banca Intesa Sanpaolo.
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Antonio Joli (Modena 1700 ca. - Napoli 1777), dopo un inizio a Modena presso il bibienesco Raffaello Menia Rinaldi, si trasferì a Roma nel 1720 prendendo contatti col Pannini, dal quale rilevò il gusto per la veduta con inserti archeologici. Nel 1725 è di nuovo a Modena, poi a Venezia nel 1740, dove sarebbe stato influenzato dai modi del Canaletto e dal Bellotto. Nel 1746 dipinse varie vedute di città e di monumenti tedeschi. Già nel 1744 aveva avviato comunque anche una fortunata attività di scenografo, prima in Inghilterra dove restò fino al 1749, e subito dopo in Spagna(dal 1749 al 1754) dove fu chiamato a servizio della corte di Fernando VI e Barbara di Braganza su segnalazione del famose cantante d’opera Farinelli, organizzatore a Madrid di feste di corte e spettacoli teatrali. Nel ruolo di scenografo collaborò con Farinelli alla messa in scena nel teatro del Coliseo del Buen Retiro: Armida Placata (1750), Demofonte (1750), Demetrio (1750), Asilo d’Amore (1750), Festa cinese (1751), Didone abbandonata (1752), Siroe (1752), La nascita di Giove (1752),L’isola deserta (1753), Le mode (1753), L’eroe cinese (1753). Quanto fossero fastose le sue scenografie lo documenta Leandro Fernandez de Moratin descrivendo quella dell’Armida Placata rappresentata nell’ambito dei festeggiamenti per le nozze di Maria Luisa Fernanda figlia di Elisabetta Farnese e di Filippo V, con il principe di Piemonte il futuro Amedeo III di Savoia. Racconta il Moratin: “si vide un delizioso sito tutto di cristallo con 8 fonti d’acqua naturale e una tra quelle aveva uno zampillo che arrivava a 60 piedi d’altezza.
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Negli alberi cantavano una moltitudine di uccelli”. L’azione teatrale si svolgeva appunto in un tempio classico tutto di cristallo il tempio del Sole, con 8 fontane, 120 colonne, 200 lampadari e sfere trasparenti che giravano continuamente. Le migliaia di pezzi di cristalli di vari colori Farinelli li aveva commissionati due anni prima alla Real Fabbrica della Granja di San Ildefonso, forse pensando alle indicazioni di Metastasio che voleva la reggia “magnifica, luminosa quanto mai si voglia”. Anche per il deciso apporto delle fastosissime scenografie di Joli, l’opera ebbe un successo strepitoso.
Inoltre con ogni probabilità Joli contribuì alla progettazione delle navi della Flotta del Tajo(la prima uscita della flotta è registrata al 1752), ampiamente descritte nella seconda parte del manoscritto autografo del Farinelli.
Tornato in Italia nel 1754, si trasferì nuovamente a Venezia, dove nel 1755 fu tra i fondatori dell’Accademia di pittura e scultura. Nel 1759 è documentato per la prima volta a Napoli, dove riprese varie fasi della partenza di Carlo di Borbone per la Spagna in una serie di tele più volte da lui stesso replicate e poi spedite presso le maggiori corti europee. A Napoli è registrato poi in pianta stabile (vi rimane fino al 1777, anno della sua morte) dal 1762 quando subentrò a Vincenzo Re nell’incarico di scenografo del teatro San Carlo e organizzatore di feste di corte. Per il San Carlo, e talvolta anche per il teatrino del Palazzo Reale di Napoli, mise in scena le seguenti opere: Antigone (1762), Armida (1763), Didone abbandonata (1764), Il re pastore (1765), Lucio Vero (1766), Semiramide (1767), Alessandro nelle indie (1768), Merope (1769), Demofonte (1770), Ezio (1771), La Clemenza di Tito (1772), Il Trionfo di Clelia (1773), Artaferse (1774), Il natale di Apollo (1775), Creso (1776), Arianna e Teseo (1777).
Dal 1759 in avanti comunque dipinse molte vedute di Napoli e dintorni. Sue opere, con le vedute di varie città dove ebbe modo di soggiornare, ma sopratutto con l’indicazione quasi topografica e comunque analiticamente descrittiva di vari aspetti del paesaggio urbano napoletano, spesso popolato con la presenza dei sovrani e della corte, si conservano presso numerose raccolte pubbliche e private italiane e straniere (Vienna, Londra, Madrid).
Orario visite: 8.30 - 19.00. Chiuso il martedì
Info: tel. 0823 448084 - www.reggiadicaserta.beniculturali.it - www.civita.it - caserta@civitamusea.it |
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BERNINI - ZOPPOLATO, DUE LINGUAGGI, UNO STILE: I DUE ARTISTI A CONFRONTO ALLA GALLERIA RETTORI TRIBBIO DI TRIESTE |
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Sabato 16 giugno 2012 alle ore 18.00 a Trieste alla Galleria Rettori Tribbio (Piazza Vecchia 6) avrà luogo l’inaugurazione della mostra “Ferruccio Bernini - Livio Zoppolato: due linguaggi, uno stile”, che vedrà protagonisti i due artisti triestini con una decina di dipinti ciascuno e sarà presentata dall’architetto Marianna Accerboni. La rassegna, che propone l’incontro tra il linguaggio magico e surreale di Bernini e la nuova maniera materico-informale di Zoppolato, rimarrà visitabile fino al 29 giugno. Due pittori dal linguaggio diverso - scrive Marianna Accerboni - ma complementare e sintonico per capacità fantastica e inclinazione alla sperimentazione, testimoniano alla Galleria Rettori, da sempre attenta all’evoluzione delle espressioni artistiche non solo locali e regionali, la maturità del loro percorso. Zoppolato, autodidatta (salvo che per gli studi con Vittorio Cossutta e alla Scuola dell’Acquaforte Carlo Sbisà) e fortemente fantasioso, sceglie di esporre l’ultima fase del proprio itinerario linguistico: dopo aver dimostrato una forte duttilità nell’espressione artistica figurativa, in cui con seducente narrazione o centrato simbolismo, ha saputo interpretare morbidamente e con colori caldi il paesaggio, soprattutto quello istriano delle sue origini, ora sgretola e sintetizza il dato naturale. E ne conserva la luce, accentrando la propria attenzione sui vecchi e sofferti muri - una parte per il tutto - delle antiche case, che prima era solito effigiare con inclinazione figurativa, riuscendo ora a esprimerne il fascino e la trasognata realtà attraverso un linguaggio informale di forte valenza materica, in cui il colore fa da contrappunto alla vetustà dei brandelli di muro e - simbolicamente - al grigiore della vita. Il gioco rappresenta per molti artisti anche famosi, quali per esempio Marcel Duchamp e Marc Chagall, uno dei motivi principi del dipingere. Così è anche per Ferruccio Bernini, il quale, forte della sua esperienza nell’ambiente scenografico del Teatro “G. Verdi” di Trieste, dopo la formazione artistica con i pittori Gianni Roma e Michele Loberto, il gioco ha saputo, con la sua arte, inseguire e raccontare. In mostra il quadro principale è dedicato al duello che condusse alla morte il poeta, scrittore e drammaturgo russo Aleksandr Sergevic Puskin, da lui stesso preannunciata nel romanzo in versi Eugene Oneghin, poi musicato da Tchaicovsky: nel sintetizzare il senso dell’azione, Bernini vi fa prevalere un simbolismo coraggioso e d’avanguardia, il quale sviluppa quasi nella terza dimensione l’amata tecnica del collage, che l’artista sa eseguire con molta raffinatezza, liberando la propria fantasia in modo irrefrenabile, ma nel contempo armonioso e cromaticamente suadente. Ancora il teatro è spunto - conclude Accerboni - ed ecco, fra gli altri, l’”L’olandese volante” e “Una notte al Teatro San Carlo”, con uno splendido Pulcinella materico, che siede imperturbabile, abbigliato con due scarpe di colore diverso ma assonante. |
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RIMINI: VIE DI DIALOGO - GRAZIANO SPINOSI E KETTY TAGLIATTI A CURA DFARI CLAUDIA COLLINA E MASSIMO PULINI - 23 GIUGNO /2 SETTEMBRE |
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Dal 23 giugno al 2 settembre 2012 il Comune di Rimini - Far | galleria comunale d’arte moderna e contemporanea in collaborazione con l’Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-romagna, dà seguito al progetto Vie di dialogo nato per la conoscenza, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio artistico della contemporaneità presente sul territorio regionale, e con l’obiettivo di valorizzare le espressioni artistiche di maggiore qualità presenti in! Emilia- Romagna. Il progetto Vie di dialogo prevede il confronto espositivo, ma non solo, di due artisti che sappiano dialogare insieme attraverso il loro lavoro, parallelo e tangente, durante il processo di creazione della mostra e del catalogo, liberando nuove energie scaturite dalla reciproca collaborazione artistica. Inaugurato nel 2006 con Pinuccia Bernardoni e Antonio Violetta il progetto Vie di Dialogo era inizialmente nato da una collaborazione tra istituzioni pubbliche e private, Ibc, Mim Museum in Motion del Castello di San Pietro in Cerro (Pc) e la Fondazione D´ars – Oscar Signorini onlus di Milano per ottemperare l’art. 111 del Decreto Legge 22 gennaio 2004 n.42, il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, ove è prevista la partecipazione dei privati nella valorizzazione dei beni culturali. Vie di dialogo è poi proseguito con la mostra dedicata a Debora Romei e Erich Turroni, per poi approdare a Rimini con l’edizione dedicata a Graziano Spinosi e Ketty Tagliatti, scelti dal Comitato Scientifico composto da Davide Benati, Laura Carlini, Claudia Collina, Marco Pierini, Massimo Pulini e Claudio Spadoni. Claudia Collina evidenzia come Ketty Tagliatti e Graziano Spinosi facciano entrambi parte di quella corrente poetica trasversale, non solo emiliana, definibile “naturalismo-concettuale’. “Si tratta di artisti che partendo da un dato di natura lo astraggono e lo rielaborano teoreticamente a nuove forme e significati, mantenendo il dato di natura quale codice simbolico e pattern sintattico all’interno di lavori che aprono a rinnovata semantica. E, sia chiaro ribadirlo sin da subito, non si sta parlando di artisti ispirati, in chiave postmoderna, dall’ultimo naturalismo arcangeliano, ma di artisti la cui fantasia è eccitata dal dato di natura, dalle singole forme organiche che si trasform! ano attr averso processi diversi, mentali, gestuali, materiali, formali e simbolici, in una metanatura che li accomuna, nella ricerca declinata in seno alla maturazione e all’evoluzione dell’esperienza concettuale, enunciata o narrata nel gesto, dal segno, coi simboli, dalla materia e con la luce, sino all’approdo dell’opera, energia materiata dello spazio dei processi mentali […] e per quanto riguarda Tagliatti, la base per uno degli aspetti fondanti la sua ricerca: il reiterato rigoroso lavorio su un unico soggetto – poltrona, o rosa - che diventa il logos del suo spazio esistenziale: spirituale, mentale, emozionale e fisico.” Massimo Pulini rileva nel suo testo per Spinosi “Così come la storia delle parole, anche quella delle immagini, delle arti visive, continua a generarsi e a proliferare per via di analogie e metafore. Le forme primarie della natura sono un alfabeto inesauribile di significati e allusioni, di sintesi e ramificazioni artistiche. Da molti anni, con una insistenza variopinta, con un´ossessione innamorata, Graziano Spinosi lavora e ricerca, progetta e costruisce intorno alla forma archetipica del nido. Ma si potrebbe dire intorno al grembo materno, alla crisalide, al guscio, alla barca, alla gemma, alle mani giunte, al vaso, al carapace, al gomitolo, al sacco, al seme, al cranio, al nodo, al pianeta. Sono tutte forme che, prima di giungere all´arte, contengono cose tra loro diverse: un nascituro, un navigante, un cervello, una preghiera o un fuoco, ma ognuna svolge un ruolo di protezione, di conservazione e riparo.” Info: "Vie Di Dialogo” Graziano Spinosi – Ketty Tagliatti a cura di Claudia Collina e Massimo Pulini - Far/galleria d´arte moderna e contemporanea/Palazzo dell’Arengo - Piazza Cavour Rimini Inaugurazione: sabato 23 giugno alle ore 18 - Dal 23 giugno al 2 settembre 2012 - Da martedì a domenica, 16.00/23.00 - ingresso libero - http://www.riminifar.it/ - tel 0541.704416/704421; Graziano Spinosi - http://www.grazianospinosi.com/ ; Ketty Tagliatti - http://kettytagliatti.blogspot.it/ |
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FOTOGRAFARE LE ALPI TORINESI |
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Turismo Torino e Provincia promuove l’iniziativa Alpi Photo Experience, rivolta agli appassionati di fotografia che desiderano ampliare le proprie conoscenze teoriche e pratiche e che vogliono scoprire le alpi torinesi attraverso due o tre giorni di attività, che si alterneranno tra esercitazioni pratiche sul campo e lezioni in albergo o in rifugio. Non semplici workshop, ma vere e proprie esperienze dove fotografia, montagna, attività outdoor, eventi e accoglienza si fonderanno in un unico contenitore, pensate sia per gli adulti che per i bambini. Le date e gli itinerari sono pubblicati sul sito di Turismo Torino. Www.turismotorino.org |
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GAETA (PINACOTECA COMUNALE): ALBERTO MAGNELLI. OPERE 1910-1970 - FINO AL 16 SETTEMBRE 2012
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Una mostra-evento per ripercorrere la carriera di uno dei protagonisti dell’astrattismo europeo, Alberto Magnelli, sarà inaugurata il 9 giugno 2012 a Gaeta (Lt), nella Pinacoteca Comunale d’Arte Contemporanea “Giovanni da Gaeta”. Si tratta di un grande e articolato progetto, curato da Giorgio Agnisola e promosso dal Comune di Gaeta e dall’Associazione Culturale Novecento, finalizzato a mettere in luce il valore dell’opera artistica di Alberto Magnelli (Firenze 1988, Meudon 1971), artista popolare in Francia e da noi ancora non adeguatamente conosciuto, e a offrire un itinerario completo della sua attività - dalle opere giovanili innestate nella temperie matissiana e cubo-futurista, fino al grande capitolo dell’astrazione - grazie al numero e alla varietà dei lavori in mostra. Sono infatti ben centosessantadue le opere esposte, provenienti da collezioni private, tra oli, disegni, gouaches su carta, litografie, collages, linoleumgrafie, “che ripercorrono le diverse fasi della produzione di Magnelli, apparentemente distanti tra loro perché caratterizzate da un dissimile registro stilistico, in realtà contraddistinte da un’estrema coerenza interna, segnata da un vigilato rigore formale e da un lirico equilibrio visivo, aperti ad un clima di metafisico e armonico silenzio”, spiega Agnisola. L’artista riversò in effetti nella sperimentazione, peraltro coltivata con grande autonomia, nonostante la frequentazione dei principali movimenti artistici dell’avanguardia europea, la memoria della sua meditata lettura giovanile della maggiore pittura toscana del Trecento e Quattrocento, da Paolo Uccello a Masaccio a Piero della Francesca. In mostra - strutturata in sei sezioni - sono presenti opere degli esordi e del primo compiuto periodo di attività, “Gli esordi e i primi anni Dieci (1910-1917)”; quello delle “Esplosioni liriche” (1918-1919); quindi del successivo “Realismo Immaginario” (1920-1930); fino a toccare quel fondamentale momento di svolta dell’arte magnelliana (che coincise con il definitivo trasferimento del maestro a Parigi), quello delle “Pietre esplose” dei primi anni Trenta, “Les Pierres éclatées (1931-1935)”, che costituirono l’anticamera della ricca e vasta produzione astratta (1935-1971). D’altra parte già nel 1915 Alberto Magnelli aveva realizzato alcune opere totalmente astratte che testimoniavano la precocità del suo grande talento innovativo. Una sezione è dedicata poi ai “Collages”, di cui Magnelli fu finissimo esecutore. Una sezione a latere riguarda infine una serie di dieci litografie realizzate insieme da Jean Arp, Sonia Delaunay, Alberto Magnelli, Sophie Tauber-arp (Aux Nourritures terrestres, 1950). Info: Pinacoteca Comunale d’Arte Contemporanea “Giovanni da Gaeta” - Palazzo San Giacomo, via De Lieto n. 2/4, cap 04024 Gaeta (Lt) - tel. 0771.466346 - info@pinacotecagiovannidagaeta.It - info@pinacotecagiovannidagaeta.It - m.Atten@tin.it - sandra.Cervone@alice.it - lisa_alena@yahoo.It |
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C´È FERMENTO/BLUE FEST A SALUZZO |
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Festival della birre artigianali C’è Fermento a Saluzzo, in piazza Montebello, presso la Fondazione Bertoni. Venti birrifici provenienti da Piemonte, Valle d´Aosta, Liguria, Lombardia, Emilia, Toscana. Birroteca interna, piatti d´autore con tipicità locali, degustazioni guidate. In contemporanea torna il festival blues Blue Fest: sul palco tra gli artisti, Paolo Ganz e Francesco Più. Orari: venerdi 15, dalle 18,30 alle 24, sabato 16, dalle 12 all’1, domenica 17, dalle 12 alle 24. Ingresso libero. Primo ticket: 5 euro con bicchiere in vetro e una degustazione, degustazioni successive: 1,50 euro. Www.cefermento.it |
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ARTIGIANATO, VIAGGIO NELL’ARTIGIANATO LIGURE DI CLASSE SUPERIORE
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Genova - Fino a sabato 16 giugno 60 artigiani di eccellenza, aderenti al marchio regionale “Artigiani in Liguria” espongono oltre 200 pezzi delle loro creazioni al Palazzo della Borsa di Genova. Ardesia della Val Fontanabuona, ceramica, cioccolato, composizione floreale, damaschi e tessuti di Lorsica, filigrana di campo Ligure, ferro battuto e altri metalli ornamentali, sedie di Chiavari, velluto di Zoagli, vetro sono le dieci lavorazioni tradizionali del territorio ligure che hanno ricevuto il marchio di artigianato di qualità, grazie anche ad una legge regionale del 2003 e alla commissione per l’artigianato della Regione Liguria che, insieme con il sistema camerale ligure e le associazioni di categoria, hanno svolto un’azione di salvaguardia degli antichi mestieri regionali e di valorizzazione delle prime 150 imprese artigiane che hanno ottenuto il marchio di qualità. L’esposizione, presentata questa mattina, tra gli altri, dall’assessore regionale allo sviluppo economico Renzo Guccinelli, dal presidente della Camera di Commercio di Genova, Paolo Odone, da Aldo Tedesco, presidente della commissione regionale dell’artigianato, Luca Costi, segretario regionale di Confartigianato Liguria e Nicola Caprioni , segretario regionale di Cna Liguria, è articolata come un vero e proprio percorso sensoriale all’interno dell’artigianato ligure, con aree espositive a tema e uno spazio dedicato all’arte sacra. In quest’area campeggiano calici in filigrana di Campo Ligure, campane di Trebino, cinture per vescovi e copricalici in damasco di Lorsica, crocifissi in ferro battuto, vetrate a tema religioso e una fonte battesimale in rame. Parallelamente alla mostra, la Regione Liguria, insieme al sistema camerale e alle associazioni di categoria, avvierà una campagna pubblicitaria per la promozione del marchio e delle aziende “Artigiani di Liguria”. Un’azione promozionale che si svilupperà anche sul web, attraverso il sito internet www.Artigianiliguria.it, anche in inglese, che condurrà il visitatore alla scoperta delle 150 imprese liguri di cui 68 nella provincia di Genova, che hanno ottenuto il marchio di qualità. Hanno aderito all’esposizione 60 imprese rappresentative di tutti i settori. Alla mostra è possibile accedere liberamente con i seguenti orari: oggi dalle 11 alle 19, domani dalle 10 alle 19 e sabato dalle 10 alle 14. “Il marchio artigiani di Liguria – ha spiegato l’assessore Guccinelli – vuole essere il riconoscimento alla qualità produttiva delle aziende liguri e alle micro imprese di altissima qualità, aiutando la loro crescita anche attraverso il finanziamento ad Artigiancassa per tutto il 2012 e poi risorse per l’internazionalizzazione e per l’innovazione tecnologica”. Su un totale di 47 mila imprese artigiane attive in Liguria, 1.297 hanno intrapreso l’attività nei primi tre mesi dell’anno, 1579 hanno invece chiuso i battenti tra gennaio e marzo 2012, facendo registrare, nel primo trimestre di quest’anno, un saldo negativo dello 0,6%, rispetto al 2011 che si era chiuso con una crescita positiva di quasi un punto percentuale. Nonostante la crisi emerge una certa dinamicità dell’artigianato ligure, testimoniata dalle circa 1.300 nuove aperture. Tra le province liguri, Genova è quella che registra il saldo meno negativo con -0,26% contro il +1,62% del 2011, 779 imprese chiuse e 717 nuove attività nel primo trimestre 2012. Si mantiene sotto la media nazionale anche La Spezia, con un andamento del -0,56%, mentre sono quasi in linea con il resto d’Italia Imperia con -1,03% e Savona con -1,05%, ma tutte e tre avevano registrato una leggere crescita nel corso del 2011. |
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CASALE, CONCERTO PER “ARTE ORGANISTICA NEL MONFERRATO” |
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Sabato 16 giugno, alle 21, nella chiesa del Convento di Sant’antonio di Casale Monferrato, si terrà il quinto concerto di “Arte Organistica nel Monferrato”. La direzione artistica è di Massimo Gabba e Roberto Stirane. Protagonista del concerto è il maestro Gianfranco Nicoletti, attualmente direttore del conservatorio Corelli di Messina e organista nel Santuario di San Filippo Apostolo in Aidone (Enna). In programma musiche di Bossi, Mendelssonh, Lizst, Saint Saens. La Chiesa del Convento di S. Antonio, è dotata un organo costruito dalla ditta Tamburini di Crema nel 1966. Lo strumento è stato oggetto di un restauro e ampliamento terminato nel 2011 che consente ora di poter affrontare agevolmente anche il grande repertorio del Romanticismo europeo. Www.arteorganisticanelmonferrato.it |
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