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LUNEDI
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Notiziario Marketpress di
Lunedì 26 Novembre 2012 |
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UN COCKTAIL DI BATTERI CHE UCCIDE LE INFEZIONI |
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Bruxelles, 26 novembre 2012 - In uno studio pubblicato di recente, alcuni ricercatori hanno sviluppato un cocktail di batteri che combatte l´infezione da Clostridium difficile. Nello studio della ricerca, gli scienziati hanno usato topi per identificare una combinazione di sei batteri presenti in natura che eliminano una forma molto contagiosa di C. Difficile, un batterio infettivo legato a molte morti in ospedale. Tre dei sei batteri non sono mai stati descritti prima. Questa scoperta rivoluzionaria potrebbe avere implicazioni significative per futuri controlli e metodi di cura. Il C. Difficile è una specie di batteri Gram-positivi che possono causare gonfiore, diarrea e dolori addominali. È stato uno dei fattori che hanno contribuito a oltre 2.000 morti nel Regno Unito nel 2011. Il C. Difficile è presente in forma innocua nel corpo di alcune persone, dove può vivere naturalmente e non causare problemi, finché sono presenti nell´intestino altri batteri che ne sopprimono il numero e gli impediscono di diffondersi. Se la persona ha assunto un antibiotico ad ampio spettro come la clindamicina, i batteri naturali del corpo possono essere distrutti e l´intestino viene invaso dal C. Difficile. Il ceppo aggressivo di C. Difficile analizzato in questo studio è stato responsabile di epidemie in Europa, Nord America e Australia. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Plos Pathogens. I ricercatori hanno scoperto che questo ceppo di C. Difficile, tipo 027, stabilisce un persistente e prolungato periodo contagioso conosciuto come superspargimento, che è molto difficile da curare con antibiotici. Questi "superdiffusori" contagiosi rilasciano spore molto resistenti per un periodo prolungato che sono molto difficili da sradicare dall´ambiente. Situazioni del genere sono frequenti negli ospedali. "Abbiamo curato i topi infetti con questa forma persistente di C. Difficile con una serie di antibiotici, ma continuavano ad avere ricadute di diffusione o contagiosità," dice il dott. Trevor Lawley, primo autore dello studio, dell´Istituto Wellcome Trust Sanger nel Regno Unito. "Quindi abbiamo cercato di curare i topi usando un trapianto di feci, feci omogeneizzate di un topo sano. Questo ha soppresso in modo veloce ed efficiente la malattia e lo stato di superdiffusione senza ricadute nella grande maggioranza dei casi. L´epidemia causata da C. Difficile è refrattaria agli antibiotici ma può essere soppressa con un trapianto di feci, risolvendo i sintomi della malattia e la contagiosità." Il team voleva portare questa ricerca un passo più avanti e isolare i batteri precisi che sopprimono il C. Difficile e ripristinano l´equilibrio microbico dell´intestino. Hanno coltivato un gran numero di batteri che si trovano naturalmente nell´intestino del topo, tutti da uno dei quattro gruppi principali dei batteri che si trovano nei mammiferi. Hanno testato molte combinazioni di questi batteri, finché non hanno isolato un cocktail di sei batteri che funzionavano meglio per sopprimere l´infezione. "Il misto di sei specie di batteri ha soppresso in modo efficace e riproducibile lo stato di supersdiffusore del C. Difficile nei topi, ripristinando la sana diversità batterica dell´intestino," dice il professor Harry Flint, autore anziano dell´Università di Aberdeen in Scozia, Regno Unito. Il team ha poi sequenziato i genomi dei sei batteri e ha confrontato il loro albero genealogico genetico per definirli in modo più preciso. Sulla base di questa analisi, il team ha scoperto che il misto di sei batteri ne conteneva tre che erano stati descritti in precedenza e tre specie nuove. Questo mix è geneticamente vario e viene dai quattro gruppi principali di batteri che si trovano nei mammiferi. Questi risultati illustrano l´efficacia di soppiantare il C. Difficile e il microbiota del superdiffusore con un mix definito di batteri, che si trovano naturalmente nell´intestino. "I nostri risultati preparano il terreno per ridurre l´uso eccessivo di antibiotici e sfruttare il potenziale delle comunità microbiche naturalmente presenti per curare l´infezione da C. Difficile e la sua trasmissione e potenzialmente altre malattie legate agli squilibri microbici," spiega il professor Gordon Dougan, autore anziano dell´Istituto Wellcome Trust Sanger. "Il trapianto di feci è visto come una cura alternativa ma non è molto usato a causa del rischio di introdurre patogeni nocivi e della generale avversione dei pazienti. Questo modello incapsula alcune delle caratteristiche della terapia fecale e funge da base per sviluppare una miscela standard di cura." Per maggiori informazioni, visitare: Wellcome Trust Sanger Institute http://www.Sanger.ac.uk Plos Pathogens http://www.Plospathogens.org/home.action |
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"CONFERENZA E SIMPOSIO SATELLITE INTERNAZIONALE COURAGE IN EUROPE" |
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Milano, 26 novembre 2012 - La "Conferenza e simposio satellite internazionale Courage in Europe" (International Courage in Europe Conference and Satellite Symposium) avrà luogo dal 27 al 29 novembre 2012 a Milano, in Italia. Con l´allungarsi della vita degli europei aumentano le disabilità e occorrono validi e comparabili informazioni sanitarie longitudinali per una legislazione basata su dati empirici. Dati validi richiedono strumenti di misura migliori e metodologie per compiere analisi comparative longitudinali e trasversali della popolazione. Dopo un´approfondita analisi degli studi sull´invecchiamento esistenti, il progetto Courage ("Collaborative Research on Ageing in Europe") svilupperà e convaliderà, in tre paesi, strumenti per la misurazione degli esiti sanitari e parasanitari per una popolazione che invecchia. Il progetto intende sviluppare uno strumento per misurare gli esiti sanitari e parasanitari per una popolazione che invecchia. Lo strumento rivela le prevalenti tendenze obiettive ed empiriche, collegandole alla qualità della vita e al benessere, nonché al ruolo dei determinanti sanitari come l´ambiente reale e le reti sociali. Comprendere l´invecchiamento e i suoi determinanti avrà un impatto notevole sulle politiche di sanità pubblica. Il progetto ha riunito 12 partner provenienti da Italia, Spagna, Finlandia e Polonia, nonché l´Organizzazione mondiale della sanità. L´evento esaminerà i risultati del progetto finanziato dall´Ue, confronterà tali risultati con quelli di altri progetti europei e internazionali sull´invecchiamento e sulla disabilità e consentirà la discussione generale e la condivisione di prospettive tra i principali soggetti interessati. Per ulteriori informazioni, visitare: http://www.Courageproject.eu/ |
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LA TELEPRESENZA AL SERVIZIO DELLA SANITÀ
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Verona, 26 novembre 2012 - L´uso delle tecnologie di telepresenza nel mondo della sanità è una realtà ormai consolidata negli Stati Uniti e in Canada, dove esistono - addirittura - aziende che offrono soluzioni di telemedicina agli utenti che risiedono lontano da un medico o da un ospedale, ma è ancora allo stadio sperimentale in Italia, dove sono poche le strutture che hanno investito su soluzioni di videoconferenza. In genere, infatti, si tratta di investimenti che presuppongono una visione strategica dell´infrastruttura, in quanto hanno un impatto non solo sui costi - che contribuiscono ad abbattere - ma anche sull´organizzazione del lavoro. In questo quadro, la U.l.s.s. 21 del Basso Veronese rappresenta un´eccezione, in quanto ha investito in una soluzione di telepresenza Vidyo che in pochissimi mesi è entrata a far parte della macchina organizzativa con un impatto positivo sui costi - visto che l´investimento iniziale di 50.000 euro è già stato ripagato - e sui servizi erogati a oltre 150.000 abitanti che risiedono nel territorio di circa 800 chilometri quadrati a sud di Verona, suddiviso in 25 comuni, di competenza della struttura. La sede centrale di Legnago, presso l´Ospedale Generale "Mater Salutis", con 435 posti letto, coordina altri tre ospedali - "San Biagio" di Bovolone, "Chiarenzi" di Zevio e Centro Sanitario Polifunzionale di Nogara - e diverse strutture sanitarie e assistenziali: 21 guardie mediche, 107 medici di base e 19 pediatri, 16 centri servizi per anziani con 900 posti letto, e 44 farmacie. Nel 2010 l´azienda ha gestito un bilancio di oltre 280 milioni di euro, ed eroga prestazioni di assistenza sanitaria di base, di prevenzione, di medicina pubblica e di assistenza specialistica. Il management della U.l.s.s. 21 ha investito su un´infrastruttura di rete a banda larga ridondata - due connessioni da 100Mb - che collega i quattro ospedali, e fa da dorsale per una serie di servizi che sfruttano la videoconferenza per migliorare la comunicazione tra le sedi e all´interno delle sedi stesse. Oggi, alcune attività che richiedevano lo spostamento di medici, infermieri o pazienti - come le riunioni tra i medici per il coordinamento, i corsi di formazione, soprattutto per gli infermieri, e i consulti tra gli specialisti per i casi clinici più difficili e complessi, anche con la condivisione di radiografie ad alta risoluzione, referti e dati d´archivio - vengono eseguite in videoconferenza. La soluzione Vidyo della U.l.s.s. 21 è basata su un Vidyorouter installato in uno dei due data center della struttura, a cui sono collegate quattro sale attrezzate con i sistemi di telepresenza: a Legnago c´è un Vidyo Hd-200 - il più potente - mentre a Bovolone, Nogara e Zevio ci sono i sistemi Vidyo Hd-100. In ogni sala ci sono uno schermo di grandi dimensioni ad alta risoluzione, una telecamera sempre ad alta risoluzione e un microfono. Quando tutte le sale sono collegate e trasmettono e ricevono immagini ad alta risoluzione, il sistema Vidyo utilizza solo 2/3 Mb di ampiezza di banda, a dimostrazione della superiorità della soluzione nei confronti di quelle legacy basate su Mcu (Multipoint Central Unit), che hanno bisogno di una connessione in rete dedicata con ampiezza di banda garantita. La differenza è significativa, perché la differenza di costo tra una normale connessione Adsl e una connessione dedicata con ampiezza di banda garantita è notevole, e può avere un impatto significativo sul costo complessivo della soluzione. La soluzione di telepresenza Vidyo è nata - su iniziativa del Direttore Generale avvocato Daniela Carraro - dalla collaborazione operativa tra l´ingegner Giancarlo Rizzotto della Direzione It della U.l.s.s. 21 e l´ingegner Francesco Zenti di Infogest, e ha avuto un impatto positivo in tempi estremamente rapidi, tanto che ha permesso di ridurre del 50% i costi di trasferta tra le strutture - dei pazienti per i consulti, o del personale per le riunioni e i corsi di formazione - senza incidere sulla qualità del risultato, con una serie di effetti collaterali positivi come la riduzione dei disagi per i malati che venivano trasferiti da un ospedale all´altro, la semplificazione di alcuni aspetti burocratici legati alle trasferte e alla formazione, e l´eliminazione dei tempi morti associati agli spostamenti sul territorio. A questo punto, visto il successo, il management della U.l.s.s. 21 sta valutando l´opportunità di estendere la soluzione di videoconferenza agli uffici dei primari - con collegamento dei Pc e adeguamento delle webcam - e al pronto soccorso, per ridurre o addirittura eliminare la pletora di spostamenti interni a ogni struttura che si rendono necessari per la gestione delle urgenze dov´è richiesta l´opinione di uno specialista, e che rappresentano un costo per l´azienda e una fonte di disagio per i pazienti. Il passo successivo sarà il collegamento al sistema delle case di riposo, per la gestione dei consulti o delle visite di controllo sui pazienti più anziani, che rappresentano un´altra voce importante di costo. L´obiettivo è quello di ridurre le interazioni tra il pronto soccorso e gli altri reparti, e il ricovero in pronto soccorso degli anziani. Inoltre, la facilità di gestione delle videoconferenze tipica della Vidyotechnology ha eliminato la necessità di avere dei tecnici dedicati alla gestione delle sessioni, al punto che - per esempio - i corsi di formazione per gli infermieri sono effettuati in piena autonomia sotto la supervizione di uno di loro, che in breve tempo ha acquisito tutte le conoscenze necessarie. Questa facilità d´uso consentirà, in un futuro non troppo lontano, di estendere l´accesso a tutti i medici che dispongono di un Pc e di una connessione Adsl, per seguire corsi di formazione su specifiche patologie o terapie. Corsi che verranno anche registrati, e potranno essere seguiti in qualsiasi momento. Concludendo, a un anno dalla videoconferenza inaugurale, durante la quale è stato discusso il caso di un paziente di 82 anni con un trauma al bacino, coinvolgendo un radiologo, un fisiatra e una fisioterapista che si trovavano in tre sedi diverse e hanno condiviso alcune radiografie ad alta risoluzione per discutere in tempo reale il quadro clinico-diagnostico-terapeutico, si può affermare che il sistema Vidyo ha risposto alle aspettative del management della U.l.s.s. 21, e permette di sfruttare la tecnologia per migliorare la qualità del lavoro e del servizio, e di ridurre i costi. |
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SANITA’: ZAIA, “RIMESSA STRAORDINARIA DI 187 MILIONI PER ABBASSARE I TEMPI DI PAGAMENTO DEI FORNITORI DELLE ULLSS. ALTRO FRUTTO DELLA BUONA GESTIONE DEI CONTI” |
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Venezia, 26 novembre 2012 “Oggi ho dato disposizioni perché venga attivata una rimessa straordinaria di quasi 187 milioni di euro da utilizzare da parte delle aziende sanitarie venete per il pagamento dei crediti vantati dai fornitori”. Ne dà notizia il 13 nvoembre il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia. “La criticità era evidente – dice Zaia – ed in questo senso avevamo dato garanzia che saremmo intervenuti. Promessa mantenuta – aggiunge il presidente – e resa possibile dal grande lavoro fatto, rivolto alla buona gestione della spesa sanitaria, che ha prodotto le economie necessarie per dare una risposta alle sacrosante esigenze dei fornitori. Il sistema sanitario veneto – prosegue Zaia – non è solo un fornitore di assistenza di qualità ai cittadini, ma anche un volano di sviluppo economico e in quanto tale non può permettersi di far attendere mesi e mesi le imprese del settore, tanto più in un momento di crisi come quello che stiamo attraversando”. “La rimessa straordinaria di oggi – precisa Zaia – non è un fatto isolato, ma parte di una strategia, della quale fa parte anche il protocollo d’intesa siglato pochi giorni fa tra le banche tesoriere delle Ullss, le categorie dei privati convenzionati e dei fornitori per lo smobilizzo dei crediti utilizzando lo strumento dello smobilizzo pro solvendo”. I quasi 187 milioni saranno utilizzabili da tutte le Ulss per i pagamenti scivolati oltre i 180 giorni, contribuendo così a riportare la questione in termini accettabili. Tra le Aziende più esposte in questo senso, che quindi più potranno beneficiare di questi fondi, ci sono l’Ulss 12 di Venezia, la 20 di Verona, la 16 e l’Azienda Ospedaliera di Padova. |
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USTEKINUMAB: NUOVI RISULTATI DI FASE III DIMOSTRANO UNA SIGNIFICATIVA RIDUZIONE DEI SEGNI E SINTOMI DELL’ARTRITE PSORIASICA ATTIVA |
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Washington Dc (Usa), 26 novembre, 2012 – Janssen ha annunciato il 12 novembre nuovi risultati dello studio di Fase Iii Psummit Ii, dai quali emerge che i pazienti con artrite psoriasica attiva, compresi quelli pre-trattati con da uno a cinque inibitori del fattore di necrosi tumorale (Tnf), che hanno ricevuto l’inibitore delle interleuchine (Il)-12 e Il-23 ustekinumab, hanno dimostrato miglioramenti significativi dei segni e sintomi della malattia. Alla settimana 24 dello studio, la percentuale dei pazienti che hanno ottenuto un miglioramento di almeno il 20% dei segni e sintomi - endpoint primario secondo i criteri dell’American College of Rheumatology (Acr 20) - è stata significativamente superiore nei pazienti che hanno ricevuto ustekinumab 45 mg o 90 mg, rispetto a quelli che hanno ricevuto placebo, indipendentemente dall’uso di metotrexate come terapia di background. In una sessione late-breaker relativa a Psummit 1, lo studio iniziale di Fase Iii, gli sperimentatori presenteranno i risultati a 52 settimane, che indicano un miglioramento nel tempo dell’efficacia di ustekinumab nel trattare i segni e i sintomi della malattia. Questi risultati verranno presentati in occasione del Congresso 2012 dell’American College of Rheumatology. Nello studio di Fase Iii multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, con gruppo di controllo trattato con placebo, su ustekinumab, anticorpo monoclonale anti-Il-12/23p40 completamente umano, somministrato per via sottocutanea, a soggetti con artrite psoriasica attiva compresi quelli pre-trattati con terapie biologiche Anti-tnf-alfa (Psummit Ii), pazienti con artrite psoriasica attiva nonostante la terapia con farmaci antireumatici modificatori della malattia (Dmard), farmaci antiinfiammatori non steroidei (Fans) e/o terapia anti-Tnf-alfa (non intesa come confronto né per valutarne la superiorità rispetto agli inibitori Tnf), sono stati randomizzati per ricevere per via sottocutanea ustekinumab 45 mg o 90 mg o placebo alle settimane 0, 4 e successivamente ogni 12 settimane. Alla settimana 24 l’endpoint primario è stato raggiunto con una risposta di almeno Acr 20 (misura standard di miglioramento della patologia) con percentuali statisticamente significative superiori nei pazienti che hanno ricevuto ustekinumab 45 mg (43,7% dei pazienti) o ustekinumab 90 mg (43,8% dei pazienti) rispetto al 20,2% di coloro che hanno ricevuto placebo (P < 0,001 per entrambi i confronti). Fra i pazienti pre-trattati con inibitori di Tnf, l’endpoint primario di almeno Acr 20 alla settimana 24 dello studio è stato raggiunto dal 36,7% dei pazienti che hanno ricevuto ustekinumab 45 mg e dal 34,5% di coloro che hanno ricevuto ustekinumab 90 mg, rispetto al 14,5% dei pazienti che hanno ricevuto placebo (P = 0,006 per ustekinumab 45 mg, P = 0,011 ustekinumab 90 mg). “Gli inibitori di Tnf sono l’unica opzione terapeutica biologica approvata per l’artrite psoriasica, ma non tutti i pazienti traggono beneficio da queste terapie attualmente disponibili” ha dichiarato Christopher Ritchlin, M.d., M.p.h., Professore di Medicina e Direttore del Programma di Fellowship in Reumatologia e del Centro di Ricerca Immunologica Clinica del Medical Center dell’Università di Rochester, e principale sperimentatore dello studio. “Una terapia biologica con un diverso meccanismo d’azione, come ustekinumab, che ha dimostrato di portare benefici nel trattamento dell’artrite psoriasica in due studi di Fase Iii, rappresenta una prospettiva straordinaria in reumatologia”. Nello studio Psummit Ii, la percentuale di pazienti che ha ottenuto risposta Acr 50 alla settimana 24 è stata significativamente superiore nei gruppi in trattamento con ustekinumab 45 mg e 90 mg rispetto a placebo (rispettivamente 17,5 e 22,9 % contro 6,7 %, P = 0,018 per ustekinumab 45 mg, P = 0,001 per ustekinumab 90 mg). La risposta Acr 70 alla settimana 24 è stata anch’essa superiore, anche se non in maniera significativa, in entrambi i gruppi in terapia con ustekinumab rispetto a placebo. Dei pazienti che, all’inizio dello studio Psummit Ii presentavano almeno il 3% di superficie corporea interessata da psoriasi, il 51,3% dei pazienti che ha ricevuto ustekinumab 45 mg e il 55,6 % di coloro che ha ricevuto ustekinumab 90 mg ha ottenuto un miglioramento di almeno il 75 % della psoriasi, misurato con punteggio Psoriasis Area Severity Index (Pasi 75) rispetto al 5% dei pazienti che hanno ricevuto placebo (P < 0,001 per ambo i confronti). Nei soggetti trattati con ustekinumab 45 mg e 90 mg sono stati, altresì, osservati miglioramenti significativi di funzionalità fisica misurata con indice Health Assessment Questionnaire Disability Index (Haq-di) alla settimana 24 rispetto al basale superiori a placebo (P = 0,001 per ustekinumab 45 mg, P < 0,001 per ustekinumab 90 mg). Le percentuali di pazienti che hanno avuto almeno un effetto avverso (Ea) sino alla settimana 16, il periodo con controllo verso placebo, sono state simili nei gruppi ustekinumab 45 mg (63,1%), ustekinumab 90 mg (60,6%) e placebo (54,8%). Le infezioni sono state l’evento avverso più comune. Le percentuali di eventi avversi seri, riferiti nei vari gruppi, sono state le seguenti: ustekinumab 45 mg: 0%, ustekinumab 90 mg: 1% e placebo 4,8 %. Non si è verificato alcun caso di tubercolosi, infezioni opportunistiche, eventi avversi cardiovascolari maggiori, né mortalità. Sino alla settimana 24 dello studio sono stati riferiti: un caso di infezione seria dovuta a complicanze di pneumopatia interstiziale pre-esistente nel gruppo placebo e un caso di tumore della pelle (carcinoma a cellule squamose in situ) nel gruppo che ha ricevuto ustekinumab 90 mg. Miglioramento di segni e sintomi con Ustekinumab in pazienti con artrite psoriasiaca attiva: risultati alla settimana 52 dello studio di Fase Iii, multicentrico, in doppio cieco, con gruppo di controllo trattato con placebo Psummit I I risultati dello studio di Fase Iii multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, con gruppo di controllo trattato con placebo, su ustekinumab, anticorpo monoclonale anti-Il-12/23p40 completamente umano, somministrato per via sottocutanea, a soggetti con artrite psoriasica attiva (Psummit I) saranno presentati in una sessione orale late breaker. Lo studio Psummit I valuta l’efficacia e la sicurezza di ustekinumab in pazienti con artrite psoriasica attiva nonostante la terapia tradizionale (naïve per terapia anti-Tnf-alfa) su 108 settimane. I pazienti sono stati randomizzati per ricevere per via sottocutanea ustekinumab 45 mg o 90 mg o placebo alle settimane 0, 4 e successivamente ogni 12 settimane. Alla settimana 24 dello studio, rispettivamente il 42,4 % e il 49,5 % dei pazienti che hanno ricevuto ustekinumab 45 mg e 90 mg, hanno raggiunto Acr 20, l’endpoint primario, rispetto al 22,8 % dei pazienti che hanno ricevuto placebo (P < 0,001 per ambo i confronti). I pazienti che alla settimana 16 sono stati passati a terapia più potente (early escape) sono stati considerati “non-responder” (non rispondenti alla terapia) per le analisi primarie e secondarie principali alla settimana 24. A seguito della valutazione alla settimana 24, i pazienti in terapia con ustekinumab 45 mg e 90 mg hanno continuato a ricevere la terapia di mantenimento ogni 12 settimane, e i pazienti nel gruppo placebo sono passati a ustekinumab 45 mg come terapia iniziale (somministrazione alle settimane 24 e 28) e successivamente alla terapia di mantenimento con somministrazione ogni 12 settimane. I dati osservati mostrano che segni e sintomi della malattia sono migliorati nel periodo compreso fra la settimana 24 e la 52, con una risposta Acr 20 ottenuta rispettivamente nel 55,7 %, nel 60,3 % e nel 65,2 % dei pazienti nei gruppi ustekinumab 45 mg, ustekinumab 90 mg e nei gruppi che da placebo sono passati a ustekinumab. “La gestione di lungo termine dei segni e dei sintomi della malattia è fondamentale nel trattamento dell’artrite psoriasica, che è una patologia infiammatoria sistemica che può essere marcata da dolore cronico e disfunzionalità” ha dichiarato Arthur Kavanaugh, Professore di Medicina, e Direttore del Centro Terapie Innovative dell’University of California di San Diego (Usa), e principale co-sperimentatore. “Questi risultati si sommano a quelli relativi alla settimana 24 riferiti in precedenza per lo studio Psummit I su ustekinumab e dimostrano l’efficacia del trattamento e i miglioramenti della malattia, a un anno, per i pazienti affetti da artrite psoriasica”. Dalla settimana 24 alla settimana 52 sono aumentate le percentuali di risposta Acr 50 e Acr 70 nei pazienti che hanno ricevuto ustekinumab come terapia di mantenimento. Alla settimana 24, dei pazienti che hanno ricevuto ustekinumab 45 mg, il 24,9 % ha raggiunto Acr 50 rispetto all’8,7 % del gruppo placebo (P < 0,001), percentuale che è salita al 31,4 % alla settimana 52, mentre il 12,2 % ha ottenuto Acr 70 rispetto al 2,3 % del gruppo placebo (P < 0,001) alla settimana 24. La percentuale è, poi, aumentata al 18 % alla settimana 52. Le variazioni osservate nel gruppo in terapia con ustekinumab 90 mg sono state simili e precisamente, alla settimana 24 il 27,9 % ha raggiunto Acr 50 rispetto all’8,7% nel gruppo placebo (P < 0,001), percentuale che è salita al 37 % alla settimana 52, e il 14,2 % ha raggiunto Acr 70 rispetto al 2,3 % del gruppo placebo (P < 0,001) alla settimana 24, percentuale che è salita al 21,2 % alla settimana 52. Gli sperimentatori hanno anche riferito costanti miglioramenti della funzionalità fisica e dei sintomi cutanei sino al termine dello studio, con quasi la metà dei pazienti che hanno dimostrato variazioni clinicamente significative rispetto al basale dei punteggi Haq-di, e più di due terzi dei pazienti cha hanno raggiunto Pasi 75 alla settimana 52. Fra i partecipanti allo studio con entesite (flogosi delle entesi, i siti di inserzione dei tendini e dei legamenti sull’osso, n=425) o dattilite (flogosi delle dita delle mani o dei piedi, n=286) al basale, i pazienti che hanno ricevuto ustekinumab hanno ottenuto miglioramenti clinicamente rilevanti per entrambe le affezioni alle settimane 24 e 52. Alla settimana 24, le variazioni percentuali mediane dei punteggi di valutazione dell’entesite (-42,9 per ustekinumab 45 mg e -50,0 per ustekinumab 90 mg) e della dattilite (-75,0 per ustekinumab 45 mg e -70,8 per ustekinumab 90 mg) sono state significativamente superiori rispetto a quelle riscontrate nei pazienti trattati con placebo (P < 0,001 per tutti i confronti). I miglioramenti dei punteggi di entesite (-83,3, -74,2 e -87,5) e di dattilite (-100 in tutti i pazienti) nei gruppi ustekinumab 45 mg, 90 mg e passati a ustekinumab da placebo sono continuate sino alla settimana 52. Le percentuali di pazienti che hanno avuto almeno un effetto avverso o un evento avverso serio sino alla settimana 16, il periodo con controllo verso placebo di Psummit I, sono state simili. I dati di sicurezza sino alla settimana 52 sono rimasti in linea con quelli osservati nel periodo con controllo verso placebo nei gruppi in trattamento con ustekinumab 45 mg e 90 mg in termini di incidenza di eventi avversi (rispettivamente 66,8 % e 64,7 %) e di eventi avversi seri (rispettivamente 5,9 % e 3,4 %). Non si è verificato alcun caso di tumori maligni, tubercolosi, infezioni opportunistiche, né mortalità sino alla settimana 52. Gli sperimentatori hanno riferito tre casi di eventi avversi cardiovascolari maggiori in pazienti con fattori di rischio cardiovascolare pre-esistenti tra i pazienti trattati con ustekinumab. Lo studio Psummit Ii Psummit Ii è uno studio di Fase Iii, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, con gruppo di controllo trattato con placebo che ha compreso 312 pazienti adulti con artrite psoriasica, strutturato per valutare efficacia e sicurezza di ustekinumab in adulti con artrite psoriasica. Lo studio ha compreso pazienti con diagnosi di artrite psoriasica attiva che avevano almeno cinque articolazioni doloranti, cinque articolazioni tumefatte e livelli di Crp (proteina C-reattiva) di almeno 0,3 mg/dL nonostante la terapia con Dmard e/o Fans e/o precedente trattamento con terapie anti fattore di necrosi tumorale (anti-Tnf), fra cui 8-14 settimane di trattamento con i farmaci anti-Tnf-alfa attualmente disponibili e/o prove documentate di intolleranza a /tossicità della terapia anti-Tnf-alfa con 8-14 settimane di questa terapia. La somministrazione concomitante di methotrexate è stata permessa, ma non era obbligatoria. Nell’ambito di questo studio, 180 pazienti erano pre-trattati con anti-Tnf-alfa e 132 pazienti erano naïve a questo trattamento. I pazienti sono stati assegnati in randomizzazione a tre gruppi per ricevere ustekinumab 45 mg o ustekinumab 90 mg alle settimane 0, 4, e successivamente ogni 12 settimane, o placebo. Alla settimana 16, i pazienti con meno del cinque % di miglioramento in termini di numero di articolazioni dolenti e tumefatte sono stati passati, in cieco, a ustekinumab 45 mg (pazienti che sino a quel momento avevano assunto placebo) o ustekinumab 90 mg (pazienti che sino a quel momento erano stati in trattamento con ustekinumab 45 mg). L’endpoint primario è stato la risposta Acr 20 alla settimana 24. Gli endpoint secondari alla settimana 24 hanno compreso risposta Acr 50 e Acr 70, Das28-crp, Pasi 75 in pazienti con almeno il 3% della superficie corporea coinvolta al basale, miglioramenti dei punteggi di entesite e dattilite e miglioramenti dei punteggi Haq-di. Lo studio Psummit I Psummit I è uno studio di Fase Iii, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, con gruppo di controllo trattato con placebo che ha compreso 615 pazienti adulti con artrite psoriasica, strutturato per valutare efficacia e sicurezza di ustekinumab in adulti con artrite psoriasica. Lo studio ha compreso pazienti con diagnosi di artrite psoriasica attiva che avevano almeno cinque articolazioni doloranti, cinque articolazioni tumefatte e livelli di Crp di almeno 0,3 mg/dL nonostante la terapia con Dmard e/o Fans. I pazienti erano naïve al trattamento con terapie anti fattore di necrosi tumorale (Tnf) alfa e/o inibitori di Il-12/23. I pazienti sono stati assegnati in randomizzazione a tre gruppi per ricevere ustekinumab 45 mg o ustekinumab 90 mg alle settimane 0, 4, e successivamente ogni 12 settimane, o placebo. Alla settimana 16, i pazienti con meno del 5% di miglioramento in termini di numero di articolazioni dolenti e tumefatte sono stati passati, in cieco, a ustekinumab 45 mg (pazienti che sino a quel momento avevano assunto placebo) o ustekinumab 90 mg (pazienti che sino a quel momento erano stati in trattamento con ustekinumab 45 mg). L’endpoint primario è stato la risposta Acr 20 alla settimana 24. Gli endpoint secondari alla settimana 24 hanno compreso: risposta Acr 50 e Acr 70, Das28-crp, Pasi 75 in pazienti con almeno il 3% della superficie corporea coinvolta al basale, miglioramenti dei punteggi di entesite e dattilite e miglioramenti dei punteggi Haq-di. I risultati di sicurezza ed efficacia sono stati riferiti sino alla settimana 52 dello studio. I risultati iniziali alla settimana 24 sono stati presentati nei mesi scorsi in occasione del Congresso 2012 Eular. L’artrite psoriasica è una malattia infiammatoria immuno-mediata cronica caratterizzata sia da flogosi delle articolazioni che da lesioni cutanee associate a psoriasi che colpisce sino a 37 milioni di persone nel mondo. Ancorché i dati di prevalenza dell’artrite psorisiaca fra coloro che sono affetti da psoriasi varino, le stime indicano che sino al 30 percento di questi soggetti possono sviluppare artrite infiammatoria.L’eziologia esatta dell’artrite psoriasica è sconosciuta, ma si ritiene che allo sviluppo di questa malattia concorrano fattori genetici, immunitari e ambientali. |
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SANITÀ IN MOLISE, IORIO: «BASTA CON I TECNOCRATI»
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Campobasso, 26 novembre 2012 - «I tagli che si stanno sommando di manovra in manovra riducono in maniera sensibile e non più tollerabile le garanzie per i cittadini e la qualità dei servizi pubblici essenziali che hanno il diritto di ricevere dalle istituzioni e, in particolar modo, dal sistema delle regioni. Penso ai servizi sociali e alla sanità in generale, ma anche ai trasporti e alla scuola». Lo ha detto il Presidente della Regione Michele Iorio a margine della Conferenza dei Presidenti, tenutasi il 22 novembre a Roma. «La nostra regione - ha continuato- soffre più di altre della contrazione dei trasferimenti statali per via della ridotta capacità finanziaria autonoma; a ciò si aggiunge il nostro essere parte del Sud Italia e il risentire, quindi, anche delle ataviche problematicità di questa parte del Paese. Tutte criticità e negatività che ci rendono particolarmente difficile il percorso che abbiamo davanti. Ad esempio, nel settore della sanità, da anni ci troviamo ad affrontare il complesso cammino del Piano di Rientro. Questo ha comportato l´aver dovuto sopportare, con le tante difficoltà presenti, l´azione continua, marcata e ripetuta di tecnici, consulenti e advisor voluti ed indicati dai diversi Ministeri. Un´azione che, di fatto, ha ridotto fortemente la nostra autonomia, contraendo il campo d´azione della politica e gli spazi di manovra del Governo regionale nell´amministrazione e nell´organizzazione di un sistema sanitario che deve tener conto di un territorio e di una popolazione che sconta diverse specificità». «In questi anni - ha detto ancora Iorio - gli advisor del Ministero e il famoso "Tavolo tecnico interministeriale" non hanno oggettivamente raggiunto gli obiettivi che si erano prefissati. Come se non bastasse, alla compressione del ruolo di governo e di programmazione degli organi democraticamente eletti dai cittadini, si è aggiunto il blocco di risorse, cui abbiamo diritto, per circa 210 milioni di euro, tra Fondi statali (150) e Fas (60). Con quelle risorse avremmo potuto non solo azzerare il disavanzo, ma sostenere una riorganizzazione di alta qualità e ridurre il peso fiscale che grava sui cittadini. Tutto ciò accadeva mentre un folto gruppo di fornitori, composto da tante piccole e medie imprese, aspettava con impazienza, e il più delle volte vanamente, di veder onorati i crediti vantanti nei confronti dell´Asrem e del resto del sistema sanitario. Cosa dire, poi, della situazione in cui versano alcuni Reparti di diverse strutture sul territorio che denunciano criticità di funzionamento per carenza di personale. Condizione a cui questa sorta di "tecnocrazia" della sanità ha risposto con il blocco "senza se e senza ma" del turn over che ha causato, tra le altre cose, un enorme precariato. Questo pseudo "sistema tecnocratico" ha voluto dar vita anche, in parallelo, ad un clima di litigiosità e di contrapposizione assolutamente inusuale che ha vanificato l´atteggiamento di leale collaborazione che, come Regione, avevamo assunto e che aveva visto parte attiva anche l´Asrem e il suo Direttore. Quest´ultimo ha sempre operato in stretto collegamento con le varie Strutture tecniche manifestando disponibilità e volontà ad adeguarsi a Piani programmatici e di indirizzo di volta in volta messi a punto dai Subcommissari. Piani che non hanno mai avuto l´approvazione del famoso Tavolo tecnico. Conflitto tra organi dello Stato?». «In questi anni, dunque - ha concluso il Presidente - abbiamo visto all´azione una tecnocrazia a più teste che non ha deciso e, dove ha deciso, ha creato danni direttamente ai cittadini. Ho cercato in tutti i modi di fornire la massima disponibilità a collaborare pagando anche politicamente nei confronti dell´elettorato che mi ha indicato responsabilità oggettivamente non mie. Ma, purtroppo, ciò non è bastato per giungere a risultati. Mi chiedo a chi giovi tutto questo. Una domanda che mi pongo io e che si deve porre tutto il Molise. Invierò nei prossimi giorni una relazione dettagliata ai vari Ministeri e, in carenza di risposte concrete, chiederò alla Presidenza della Repubblica un "giurì d´onore" che possa finalmente chiarire quali sono gli obiettivi da raggiungere, tutelando, in ogni caso, l´interesse assolutamente prevalente dei cittadini molisani». |
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ASSEGNI DI STUDIO PER IL PERSONALE SANITARIO |
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Bolzano, 26 novembre 2012 - La Provincia concede assegni di studio per la formazione di base delle professioni sanitarie, degli operatori tecnici e del personale ausiliario in ambito sanitario per l´anno scolastico 2012/2013. Possono beneficiare dell´assegno di studio gli studenti il cui reddito familiare dell´anno 2011 non abbia superato Euro 30.000,00 (dedotte le quote esenti). L´assegno di studio è scaglionato in base al reddito. Le domande dovranno essere presentate presso l´Assessorato provinciale alla sanità, Ufficio formazione del personale sanitario, via Canonico Gamper 1, 3° piano, stanza 380, Bolzano, dove sono disponibili anche i relativi moduli, entro i seguenti termini: 14 dicembre 2012: per i corsi che hanno inizio tra il 01.08 e il 31.12.2012; 31 maggio 2013: per i corsi che avranno inizio tra il 01.01.2013 e il 31.07.2013. Moduli e criteri possono essere anche scaricati dalla seguente pagina Internet: http://www.Provincia.bz.it/sanita/personale-sanitario/assegni-studio.asp Per ulteriori informazioni è a disposizione l´Ufficio formazione personale sanitario ( tel. 0471/418152 - 0471/418140, e-mail claudia.Paulato@provinz.bz.it ). |
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DOLORE CRONICO: SIGLATA UNA NUOVA PARTNERSHIP CONTINENTALE PER LO SVILUPPO DI RACCOMANDAZIONI EUROPEE SUI PERCORSI DI CURA |
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Roma, 26 Novembre 2012 – Pain Alliance Europe (Pae), associazione europea dei pazienti con dolore cronico, Active Citizenship Network (Acn), rete europea di Cittadinanzattiva, e Grünenthal hanno stipulato un accordo ufficiale di partnership per lo sviluppo delle Raccomandazioni Europee per i Percorsi di Cura dei Pazienti con Dolore. Il progetto, che sarà sviluppato fino al dicembre 2014, mira a creare maggiore consapevolezza sul dolore cronico e a promuovere il rilancio di politiche europee per una migliore gestione di questa patologia. Gli aspetti politici dell’iniziativa sono stati messi a punto da Pain Alliance Europe, che rappresenta la voce dei pazienti in Europa; Active Citizenship Network sarà responsabile della progettazione scientifica, delle metodologie e dei contenuti. L’azienda farmaceutica Grünenthal garantirà ogni tipo di supporto, finanziario e non finanziario. “Il dolore cronico rappresenta una significativa emergenza sociale ed economica in Europa: per le persone che ne soffrono, per i caregiver, ma in generale per tutti i nostri Sistemi Sanitari”, spiega Joop van Griensven, Presidente della Pain Alliance Europe. “L’alleanza ha una mission: migliorare la qualità della vita delle persone costrette a convivere giorno dopo giorno con il dolore cronico. Attraverso questa nuova partnership, i pazienti di tutta Europa possono collaborare per individuare, assieme a tutte le parti interessate a livello continentale, best practice, accessibilità e possibilità di un trattamento efficace contro il dolore. In questo modo abbiamo l’occasione di sviluppare, attraverso uno sforzo congiunto e coordinato, una proposta unitaria per la gestione del dolore in tutti gli Stati membri dell’Unione”. “La partecipazione civica, dal basso, è essenziale nel processo decisionale pubblico – aggiunge Teresa Petrangolini, Presidente dell’interfaccia continentale di Cittadinazattiva (Acn) e supervisore del nuovo progetto di partnership – solo un approccio unitario, che rispetti tutte le parti coinvolte, può produrre modelli realistici e concretamente applicabili per l’integrazione dei nostri sistemi politico-sanitari. L’active Citizenship Network lavora proprio in questa direzione da oltre 30 anni, perciò siamo fieri di poterci unire a questa nuova partnership, per supportare e sostenere in Europa la voce dei pazienti con dolore cronico”. “Concentrandosi esclusivamente sull’area terapeutica del dolore, Grünenthal mira a divenire leader nell’innovazione terapeutica, nonché l’azienda che più di ogni altra pone il paziente al centro della sua attività”, afferma Alberto Grua, Executive Vice President di Grünenthal Europa & Australia. “Ci sentiamo privilegiati nel prender parte a un progetto di partnership tanto promettente, che darà vita a un approccio dal basso per la gestione globale ed efficace del dolore, che tenga il paziente al centro dell’intero processo. Pae e Acn sono un’associazione di pazienti e un gruppo di cittadini forti e attivi a livello internazionale, noi supporteremo le loro idee e attività per assicurare il massimo rispetto dei bisogni dei pazienti”. Per ulteriori informazioni sul Progetto: http://www.Activecitizenship.net/patients-rights/projects/87-pain-patient-pathway-recommendations.html |
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I MEDICI DI FAMIGLIA: “I FARMACI PER I TOSSICODIPENDENTI SIANO PRESCRITTI SOLO DAI CENTRI SPECIALISTICI” |
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Firenze, 26 novembre 2012 – “Le scelte dei farmaci per la cura degli eroinomani spettano esclusivamente ai centri specialistici e non si possono aprioristicamente suddividere pazienti da affidare alle cure dei centri specialistici o della medicina generale”. La Società Italiana di Medicina Generale (Simg) concorda con quanto affermato da Federserd (Federazione Italiana degli operatori dei dipartimenti e dei servizi delle dipendenze) per cui l’utilizzo dei farmaci per la cura degli eroinomani produce risultati migliori quando si articola con una complessa serie di interventi offerti dai gruppi di lavoro all’interno dei Sert. “Questi percorsi di cura – spiega il dott. Claudio Cricelli, presidente Simg - non possono che essere condivisi e concertati in accordi che individuino gruppi di medici che aderiscano a tali sperimentazioni su base volontaria. È cambiato profondamente lo scenario delle dipendenze, non più solo legato all’assunzione di oppiacei, ma a diversi altri tipi di addiction, anche senza sostanze, come nel caso delle ludopatie. È necessaria una riflessione a 360 gradi sugli attori in grado di individuare e valutare precocemente le persone colpite da queste nuove patologie che hanno un devastante impatto sanitario e sociale. La medicina generale non può chiamarsi fuori da questi percorsi di cura”. La Società Italiana di Medicina Generale (Simg) condivide quanto sostenuto il 20 novembre in Senato dal dott. Alessandro Rossi, responsabile nazionale area dipendenze della società scientifica, in un convegno promosso dalla Commissione Sanità. La Simg sin dagli anni 90 si è occupata dei problemi legati alle tossicodipendenze con documenti, pubblicazioni e linee guida promosse dalle più importanti Istituzioni sanitarie nazionali come Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità. |
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IL PRIMO TRATTAMENTO LASER INTRAVAGINALE CONTRO I DISTURBI DELLA MENOPAUSA LA NUOVA FRONTIERA DELLA TECNOLOGIA A SERVIZIO DELLE DONNE PER UN TRATTAMENTO NATURALE CHE COMBATTE L’INVECCHIAMENTO DELLA MUCOSA VAGINALE. |
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Milano, 26 novembre 2012 - Monnalisa Touch è una procedura laser mini-invasiva e permanente che si pone come una terapia rivoluzionaria per trattare gli effetti del trascorrere del tempo dei tessuti interni dell’apparato genitale femminile. Attraverso una delle tecniche più avanzate di fotoringiovanimento vaginale, la nuova tecnologia costituisce un metodo sicuro ed efficace basato su un innovativo sistema, lo Smartxide2, che garantisce affidabilità e un altissimo livello di performance grazie a una sorgente laser a Co2 che emette un impulso, appositamente sviluppato per questo tipo di trattamento. L’innovativo utilizzo del laser frazionato può aiutare a ripristinare le condizioni trofiche del distretto vulvo-vaginale e inoltre, non presentando gli effetti collaterali delle terapie farmacologiche ormonali, risulta essere una cura adeguata anche per il trattamento dei tessuti vaginali dopo interventi di cura per tumori ginecologici (mammella, ovaio, utero, vulva e vagina). Durante il complesso periodo della menopausa, la vagina va incontro a una perdita di turgore e idratazione dei tessuti con conseguenti sensazioni di disagio. Prurito vulvare, secchezza, bruciore e dolore durante il rapporto sessuale sono alcuni dei sintomi che provocano fastidio fisico e che spesso finiscono per compromettere la qualità della vita quotidiana. Monnalisa Touch contrasta in modo naturale e indolore l’atrofia vaginale e i sintomi a essa associati, innescando processi e meccanismi fisiologici simili a quelli utilizzati per rallentare l’invecchiamento della delicata pelle del viso e per attenuare i segni del tempo. L’azione di laser di ultima generazione, controllati da opportuni sistemi computerizzati (tecnologia esclusiva Deka), determina un’azione rigenerante delle fibre invecchiate e induce la produzione di nuovo collagene. In questo modo si riesce a correggere il volume della mucosa, rimodellandola e ripristinando l’idratazione e l’elasticità in modo efficace e indolore. Tutto ciò avviene grazie all’impulso creato da Deka, il D-pulse, che attraverso uno speciale sistema di scansione rende possibile la creazione di alcune isole di denaturazione del tessuto vaginale, circondate da tessuto lasciato inalterato, secondo quello che viene definito il trattamento frazionato o frazionale. D-pulse, come tecnologia specifica, appositamente studiata, rappresenta il metodo migliore per il trattamento delle pareti vaginali che sono costituite da mucosa, un tessuto delicato e ad alta capacità rigenerativa per cui è assolutamente necessario usare un impulso che non sia né ultra pulsato (troppo “freddo” e profondo) né un super pulsato (troppo “caldo” e superficiale). La sua azione permette di vaporizzare una piccola parte della mucosa, quella maggiormente cheratinizzata, per poi diffondere il giusto calore che produce una sufficiente denaturazione controllata. La rigenerazione del tessuto è così stimolata senza traumi e con la giusta quantità di energia laser. Il trattamento, che si può definire la nuova frontiera delle cure vulvo-vaginali, determina un miglioramento delle condizioni fisiche e permette di riappropriarsi di una femminilità sicura e tranquilla con un miglioramento generale della qualità della vita anche in relazione al rapporto con il proprio partner. Cosa Pensano Gli Uomini In 9 Paesi Europei Delle Loro Compagne In Menopausa Una Ricerca Su 4.000 Coppie - L’84% degli uomini è interessato a condividere le problematiche della propria partner, ma il 50% delle donne preferisce tacere. Questi i risultati della ricerca presentata nel corso del seminario “Uomini a lezione di menopausa”sponsorizzato da Deka. La sessualità dopo gli anta è un problema per più di 4 donne su 10. Il risultato si evince dalla ricerca europea, in fase di pubblicazione, su 4000 coppie che evidenzia come il 50% delle donne non riesce a parlarne o ne parla con molte difficoltà e imbarazzo, mentre l’84% degli uomini voglia essere informato dei disagi della donna durante la menopausa. Una delle maggiori problematiche femminili durante la menopausa è l’atrofia vaginale. Questa condizione comporta una riduzione della lubrificazione della mucosa vaginale, una progressiva perdita di fibre elastiche e collagene ed una minor difesa dalle infezioni, sintomi che risultano che fortemente correlati alla qualità della vita intima della donna. L’atrofia vaginale potrebbe infatti tramutarsi in dolore durante il rapporto sessuale o nell’insorgenza di disfunzioni sessuali vere e proprie (calo del desiderio sessuale, mancanza di orgasmo, eccitazione e soddisfazione) con importanti ripercussioni sulla sessualità di coppia. Il partner può risentire a sua volta del quadro di atrofia vaginale della donna, con disturbi dell’erezione, dell’eiaculazione e anche del desiderio stesso, ma soprattutto può sentirsi rifiutato nell’intimità, talvolta senza capirne il perché. Risulta dunque importante condividere con il partner le tematiche legate alla salute e alla prevenzione della donna in menopausa perché Lui vuole essere coinvolto nella comprensione degli eventuali problemi della sua Lei. E’ quello che emerge da un indagine internazionale (in corso di pubblicazione) condotta su circa 4000 donne in post menopausa di età compresa tra i 55 e i 65 anni che presentavano sintomi riferibili all’atrofia vaginale (secchezza, irritazione, bruciore, prurito, infiammazione, ecc.) e sui loro partner in 9 Paesi del mondo tra cui l’Italia. I principali risultati di questa ricerca sul versante italiano possono essere così riassunti: L’84% dei partner vuole essere informato dei sintomi dell’atrofia vaginale (molto più degli uomini inglesi, 67%, ma un po’ meno dei Francesi 89%). Il 27% degli uomini non si sente a proprio agio a parlarne anche se il 39% si sente contrariato se la donna non affronta il discorso (una percentuale quasi doppia rispetto agli uomini di tutti gli altri Paesi). Il 15% confessa che si sentirebbe meno attratto dalla partner (più di tutti gli uomini degli altri Paesi) se si parlasse di atrofia vaginale. Circa il 20% delle donne non parla dei sintomi vaginali con il partner perché ritiene che facciano parte dei normali fenomeni dell’invecchiamento, si sente imbarazzata, pensa che siano cose da donne e che il partner non capirebbe. Quasi il 30% delle donne, anche se ne discute, ritiene di sentirsi imbarazzata e nel 15% dei casi pensa che potrebbe perdere attrattiva e, dunque, nel 40% dei casi prova trattamenti “fai da te” (per esempio lubrificanti) prima di affrontare l’argomento. Il 5% delle donne ha paura che il partner possa tradirla, una percentuale piccola, ma la più alta di tutti i Paesi. Il 52% delle donne con sintomi vaginali in post menopausa riferisce di aver ridotto l’attività sessuale, nel 42% dei casi si sente insoddisfatta, nel 23% prova una distanza emotiva e nel 21% ha smesso di avere del tutto i rapporti sessuali. Mentre il 16% delle donne ritiene che il partner non sia più attratto, gli uomini lo pensano soltanto nel 9%, e si sentono emotivamente distanti dalle loro partner in misura minore (11%). Soltanto il 13% degli uomini ritiene che i suoi problemi sessuali si siano aggravati per colpa della partner, la percentuale più bassa rispetto a tutti i Paesi (gli uomini americani attribuiscono la colpa alla partner nel 31% dei casi!) Circa 3 coppie su 4 riconoscono di aver evitato momenti di intimità per colpa dei sintomi che derivano dall’atrofia vaginale e ritiene che la vita sessuale abbia beneficiato di terapie specifiche, come quelle ormonali. La donna, in particolare, sente di aver perso la propria giovinezza per colpa dell’atrofia vaginale nel 48% dei casi e in quasi il 70% dei casi si sente ringiovanita quando trova una soluzione al problema. Il ginecologo è certamente il medico dell’intimità al quale la donna in età menopausa può rivolgere, senza imbarazzo, una richiesta di aiuto sul versante della sessualità. Poche domande, relative al benessere generale, alla funzione sessuale e alla relazione di coppia, possono aiutare a chiarire dubbi e incertezze e ad educare la donna in menopausa sul differente cambiamento della risposta sessuale legato all’età tra donna e uomo, oltre che a trovare insieme al ginecologo la soluzione più adeguata. A volte bastano la rassicurazione e semplici consigli, altre volte è necessario un percorso diagnostico e terapeutico più lungo per comprendere le cause ed identificare la cura dei sintomi sessuali. Tenere in equilibrio lo stato ormonale e proteggere la salute genitale dagli effetti negativi dell’età, migliorando nello stesso tempo la comprensione da parte della donna in menopausa di come può modificarsi la funzione sessuale in relazione allo stato di salute generale nella dinamica affettiva della coppia, costituiscono la strategia migliore che il ginecologo può mettere in atto per prevenire l’insorgenza di sintomi sessuali che, se non adeguatamente risolti nell’età menopausa, possono interferire con il senso della relazione con il partner durante gli anni della senescenza. Sintesi dell’intervento del dottor Willy Pasini “Menopausa e sessualità: La percezione sociale più negativa della realtà biologica ” Capire cosa significa menopausa per ogni donna. Capire quale cambiamento, quale perdita la disturba di più. Se quella della funzione materna, quella estetica o quella relativa alla funzione sessuale, percepita a livello sociale in modo più negativo di quanto sia in realtà a livello biologico. E’ quanto spiega in sintesi Willy Pasini nella sua presentazione al seminario “Uomini a lezione di menopausa”, un incontro organizzato da Deka per aiutare la coppia a superare le difficoltà che si possono presentare di fronte a questo cambiamento. La menopausa è un periodo della vita della donna relativamente lungo che, partendo da cambiamenti a partenza ovarica, ha correlazioni psicosomatiche, psichiche e comportamentali. Come la gravidanza, la menopausa non deve essere considerata come una malattia, ma come una tappa evolutiva della vita della donna sul piano sia biologico sia psicologico. Un secolo fa le donne europee andavano in menopausa a 40 anni circa e avevano una speranza di vita di 6 anni. Oggi invece la menopausa arriva intorno ai 50 anni mentre la speranza di vita supera gli 80 anni ! E’ quindi importante prevedere tutte le soluzioni mediche e psicologiche che possano aiutare le donne in modo che la menopausa non rappresenti solo la perdita di alcune funzioni fisiologiche, ma anche un momento di prevenzione dei 30 anni che seguiranno. In questa visione le donne saranno corresponsabili del loro futuro, evitando la posizione rassegnata delle loro nonne. Per prima cosa bisogna identificare per ogni donna quale è il cambiamento, quale perdita la disturba maggiormente come ad esempio la funzione corporea (per alcune donne la perdita della funzione estetica e la presenza di rughe è vissuta dolorosamente), la perdita della funzione mestruale, la perdita della funzione materna oppure la perdita della funzione sessuale. Di quest’ultima la realtà biologica non è cosi negativa come l’immagine sociale la presenta. La libido femminile è in buona parte legata alla frazione androgenica (testosterone) che continua ad essere prodotta dalle ghiandole surrenali e che proporzionalmente aumenta con la diminuzione degli ormoni estrogeni e progestativi di origine ovarica. Dal punto di vista biologico non c’è nessuna ragione perché la donna abbia un abbassamento della libido. Bisogna semplicemente prendere alcune precauzioni per evitare l’atrofia vaginale. Alcune donne sono disturbate maggiormente dalla perdita dell’intimità coniugale (molte donne a 50 anni subiscono le conseguenze negative delle difficoltà psico-sessuali del marito) oppure dalle perdite familiari (i figli lascia la casa, il marito sempre impegnato a lavoro, la scomparsa dei genitori) anche se in questi anni non si assiste più alla sindrome della tana vuota che un tempo coincideva con la menopausa. Attualmente la tana è “sovrapiena” e le donne di 50 anni sono meno depresse, ma più ansiose con delle crisi di panico, perché devono muoversi tra tante attività come acrobate. Alcune donne infine sono hanno il problema dell’aumento di peso. Come si può quindi affrontare la menopausa ? Bisogna conoscere la natura e patteggiare con lei, senza insorgere contro l’invecchiamento e se necessario farsi aiutare da alcune terapie come: ormonoterapia su misura ; psicofarmacologia dei sintomi secondari, evitando gli abusi dei sonniferi e dei tranquillanti, dato che questa micropolitoxicomania è molto piu’ frequente nella donna. Differenti forme di psicoterapia, l’approccio corporeo. |
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SANITA’, FEDERLAZIO-SALUTE: INACCETTABILE DECRETO BONDI, CHIUDEREMO NOSTRE STRUTTURE |
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Roma, 26 novembre 2012 “Inaccettabile, irricevibile, pericoloso per l’assistenza sanitaria ai cittadini, non più rischio ma certezza della chiusura di decine di strutture della sanità privata in convenzione con inevitabile perdita di migliaia di posti di lavoro”. E’ quanto dichiara il 23 novembre in una nota Enzo Colaicomo, presidente di Federlazio Salute, a seguito dell’emanazione dei decreti commissariali nn. 348 e 349 in materia di tagli alla sanità privata. “A parte l’illegittima consuetudine di decretare tagli ai budget delle strutture a fine anno – continua Colaiacomo – se applicassimo i contenuti dei decreti oggi emanati dovremmo chiudere immediatamente tutte le nostre strutture che già hanno ampiamente sforato la dotazione di spesa per il 2012. I pazienti, da domani, che fine faranno? Ci si rende conto – prosegue Colaiacomo – a quali rischi sociali si sta andando incontro? Perché la manovra riguarda prevalentemente i privati e non altre voci di spesa completamente fuori misura e che potremmo illustrare in ogni sede? Perché non c’è stato un incontro con le Associazioni?” “Federlazio Salute – conclude Colaiacomo – convocherà con urgenza la propria Assemblea non escludendo fin da oggi misure clamorose di contrasto ai decreti di cui sopra ritenuti in violazione alla dignità degli operatori della sanità privata e di dubbia legittimità costituzionale”. |
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“FORMAZIONE BADANTI”, PRESENTATI I RISULTATI DEL PROGETTO |
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Trento, 26 novembre 2012 - Un percorso formativo per le assistenti familiari che ha coinvolto le “nuove trentine” a vantaggio della professionalità e del benessere delle stesse “badanti” e delle famiglie presso le quali lavoreranno, attraverso servizi di cura di particolare qualità. Il progetto, intitolato "Donne straniere con sé e con gli altri: convivenza e pari opportunità nei percorsi lavorativi", è stato promosso dall´assessorato provinciale alla Solidarietà internazionale e alla Convivenza, dal Cinformi, dalla Consigliera di Parità e dalla Comunità dell´Alta Valsugana e Bersntol, con la collaborazione dell´Associazione Auser, del Comune di Pergine Valsugana e dell´Azienda Pubblica di servizi alla persona S. Spirito - Fondazione Montel. I risultati sono stati presentati oggi proprio presso l´Azienda Pubblica di Servizi alla Persona a Pergine Valsugana. Hanno preso parte alla conferenza stampa l´assessore provinciale Lia Giovanazzi Beltrami, la Consigliera di Parità Eleonora Stenico, i rappresentanti dei soggetti partner dell´iniziativa e le donne che hanno partecipato al progetto. "Se abbiamo a cuore il benessere della società - ha detto l´assessore Giovanazzi Beltrami - dobbiamo pensare anche al benessere delle singole persone che la compongono, tra le quali, naturalmente, anche le nuove trentine. Questo progetto ha puntato molto sulla formazione ma anche sull´autostima delle donne immigrate che vi hanno preso parte. C´è stata una precisa scelta di campo in questa direzione, nella consapevolezza che per i nuovi cittadini è difficile vedere riconosciute la propria formazione e le proprie capacità. Abbiamo quindi voluto fornire gli strumenti formativi necessari perché queste donne possano dare il meglio di sé contribuendo anche in questo modo a migliorare le relazioni fra cittadini in un cammino di convivenza." Il percorso formativo si è sviluppato tra maggio e novembre di quest´anno a Pergine Valsugana puntando in particolar modo sull´apprendimento e ha coinvolto 16 donne immigrate, impegnate contemporaneamente in diverse attività culturali e formative: un corso di educazione al gusto, svoltosi nel mese di giugno presso la Casa di Riposo S. Spirito di Pergine, per conoscere le preferenze alimentari degli anziani e le pietanze più adatte al loro stato di salute; un corso di cucina trentina per imparare le principali ricette locali; un corso per la differenziazione dei rifiuti domestici per migliorare la sensibilità ecologica dei cittadini immigrati, anche nel rispetto delle normative in vigore; un corso di conoscenza e approfondimento continuo della lingua italiana quale fondamentale elemento di relazione e socializzazione; un corso di lettura dei giornali locali, con particolare attenzione agli interessi specifici degli anziani; un corso di cura della propria immagine nel quale le donne di origine immigrata hanno conosciuto anche il gusto locale; un corso di sartoria dove le nuove trentine hanno imparato piccole pratiche di cucito che possono servire nell´attività di cura degli anziani; un corso di gestione della spesa nel quale le donne di origine immigrata hanno visitato molti supermercati e confrontato i prezzi, hanno conosciuto i prodotti locali e compreso meglio cosa acquistare per le famiglie autoctone. I promotori del progetto sono rimasti entusiasti dei progressi fatti dalle nuove trentine anche in termini di autostima e di nuova capacità di tessere relazioni sociali, a vantaggio, più in generale, della costruzione di un clima di positiva convivenza fra cittadini autoctoni e immigrati. Per questo è stato deciso di redarre un libretto informativo che sarà utilizzato anche dal Servizio socio-assistenziale della Comunità di Valle per rispondere alle richieste delle famiglie. L´intera iniziativa, coordinata operativamente da Claudia Mammani, sta già portando a risultati concreti: una donna fra le nuove trentine che hanno preso parte al progetto di formazione ha infatti intrapreso il lavoro di cura presso una famiglia. La conferenza stampa ha riservato anche alcune sorprese, come una vera e propria "sfilata" delle nuove trentine che hanno preso parte al progetto acquisendo appunto anche competenze di base nel campo della sartoria. Una piccola grande dimostrazione dell´entusiasmo che ha caratterizzato la loro esperienza formativa e della loro voglia di dimostrare impegno e competenza nella comunità di cui oggi fanno pienamente parte. |
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DOLORE CRONICO, PER 4 PAZIENTI SU 10 LA CURA NON È ADEGUATA “NASCE IL PROGETTO TESEO PER FORMARE IL MEDICO DI FAMIGLIA” |
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Firenze, 26 novembre 2012 – In Italia 13 milioni di persone soffrono di dolore cronico (il 21,7% della popolazione), ma l’impatto della malattia è sottovalutato. Il 41% infatti dichiara di non essere trattato in maniera adeguata. Nonostante l’approvazione nel 2010 della Legge 38 che ci pone all’avanguardia in Europa, la risposta assistenziale in questo ambito è ancora incompleta. Per dare concreta attuazione alle Aggregazioni Funzionali Territoriali, i grandi ambulatori di famiglia aperti 7 giorni su 7 (previsti dalla normativa ma non ancora realizzati) nasce il progetto Teseo, con il grant educazionale di Angelini, presentato al 29° Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina Generale (Simg) svoltosi a Firenze. “Questa iniziativa – spiega il dott. Claudio Cricelli, presidente Simg -, centrata sulla figura del medico di famiglia, ha l’obiettivo di sperimentare un modello organizzativo di erogazione delle cure palliative e terapia del dolore e migliorare la qualità di vita dei pazienti. La Legge 38/2010 ha rappresentato un passo in avanti decisivo perché ha segnato il passaggio della concezione del dolore non più solo come sintomo ma come malattia. Il percorso era già iniziato qualche anno fa con la depenalizzazione della prescrizione degli oppioidi e con la modifica delle tabelle dei farmaci. La Legge ha indicato la chiave di volta per far chiarezza e mettere a disposizione dei medici nuovi strumenti. Restano però ancora alcune criticità. La gestione del dolore è uno degli aspetti più importanti nella medicina generale. Dobbiamo avere le giuste conoscenze delle terapie per attenuare quanto più possibile le sofferenze del paziente, migliorandone la qualità di vita”. Le cure palliative rappresentano da tempo una priorità per i medici di medicina generale che già nel 2008 avevano condotto al proprio interno un’indagine per verificare il livello di sensibilità e competenze. “Il progetto Teseo,– continua il dott. Pierangelo Lora Aprile, Responsabile dell’Area Cure Palliative della Simg -, prevede un iniziale intervento formativo su un gruppo nazionale di 22 medici di famiglia ‘con speciale interesse in cure palliative e terapia del dolore’, che a loro volta hanno il ruolo di formare oltre 400 colleghi sul territorio. Segue una fase attuativa a livello locale, in cui viene valutato l’impatto dell’attività del medico di famiglia sui percorsi assistenziali e in particolare il miglior riconoscimento dei pazienti da inserire nelle reti di cure palliative e terapia del dolore, previste dalla Legge 38”. |
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SALUTE: PRESENTATO PROGETTO NUOVO CENTRO PER LA CURA DEI DISORDINI ALIMENTARI |
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Perugia, 26 novembre 2012 – Sarà realizzato a Perugia nel quartiere di Madonna Alta, su progetto dell’architetto Alessandro Bassetti di Fabriano, il nuovo centro per la cura dei disordini alimentari “Il Pellicano”, nel quale troveranno spazio una cucina, una palestra, laboratori didattici ed altri ambienti polifunzionali, in grado di sviluppare percorsi terapeutici, educativi e funzionali. Finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e nato dalla collaborazione fra il Comune di Perugia, l’Asl n. 2 e l’Associazione “Il Pellicano onlus”, con il contributo finanziario di Coop Centro Italia, Banca di Mantignana di Perugia e Procacci Edilizia di Gubbio, il progetto è stato ufficialmente presentato stamani, presso il Salone d’Onore di Palazzo Donini, dal presidente e dal direttore dell’Associazione Marta Picchio e Maria Assunta Pierotti, nel corso di una iniziativa alla quale hanno partecipato il sindaco di Perugia Wladimiro Boccali, il vicepresidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia Giuseppe Depretis, il commissario dell´Azienda Ospedaliera di Perugia Walter Orlandi, rappresentanti dell’assessorato alla sanità della Regione Umbria e delle Suore Francescane del Bambino Gesù, il progettista della nuova struttura Alessandro Bassetti e un folto numero di operatori sanitari. “Oggi per noi è un giorno importante – ha detto Assunta Pierotti -, e ringrazio tutti coloro che hanno dato un contributo alla nostra iniziativa. ‘Il Pellicano’ – ha ricordato – è stata la prima e ancora unica associazione in Italia fondata da ex-pazienti, per capire e sconfiggere una patologia, quella dei disordini alimentari, difficile da curare soprattutto per il rifiuto da parte dei pazienti di riconoscerla come tale. Oggi – ha proseguito Maria Assunta Pierotti, indicando nell’esperienza psichiatrica che vide l’Umbria negli Anni Settanta all’avanguardia nella chiusura dei manicomi e nel rinnovamento della teoria e della prassi di cura – abbiamo fatto un grande passo avanti per una strada lunga e faticosa, percorsa per continuare a garantire alla nostra città un servizio essenziale, in una sede che ci consentirà di dispiegare al meglio tutte le nostre potenzialità”. “Il Pellicano” si avvale, per le sue attività, di un qualificato gruppo di psicologi, psichiatri, nutrizionisti e dietisti, coordinato da un comitato scientifico del quale fanno parte autorevoli docenti universitari. |
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LIBRO BIANCO 2012 E DECALOGO HEALTHY AGEING: “INVECCHIARE IN BUONA SALUTE... LA SFIDA DI UNA VITA” |
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Roma, 26 Novembre 2012 - Analizzare le principali tematiche che ruotano intorno alla salute ed all’assistenza della popolazione anziana e molto anziana del nostro Paese, in modo da delineare i reali bisogni assistenziali, sottolineare le eventuali differenze territoriali e identificare i possibili gaps tra l’attuale offerta di assistenza ed i traguardi ottimali cui mirare. Questo l’obiettivo del Libro Bianco 2012 “La salute dell’anziano e l’invecchiamento in buona salute: Stato di salute, opportunità e qualità dell’assistenza nelle regioni italiane”, redatto dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, con il contributo incondizionato di Abbott, presentato oggi in Senato. È stata anche l’occasione per presentare il Decalogo “Healthy Ageing”: regole basate sulle prove di efficacia per invecchiare in salute. Queste raccomandazioni si rivolgono alla popolazione adulta e anziana per rendere la vecchiaia sinonimo di salute, secondo lo spirito dell’anno 2012 dedicato “all’invecchiamento attivo e alla solidarietà intergenerazionale” dall’Unione Europea. “La situazione italiana, relativa alla popolazione anziana e molto anziana, evidenzia sia i progressi conseguiti nell’ambito dello stato di salute e della qualità dell’assistenza nel nostro Paese, sia le aree di intervento dove è necessario implementare e concentrare maggiormente l’attenzione per raggiungere livelli più soddisfacenti. Infatti, i dati analizzati mostrano un quadro complessivamente buono dello stato di salute degli anziani, ma sottolineano importanti differenze, oltre che a livello regionale, anche tra generi e classi di età, soprattutto per quanto riguarda gli stili di vita ed i comportamenti, così come l’accesso e l’utilizzo dei servizi.” Ha detto Walter Ricciardi, Direttore Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane. “Bisogna incentivare le attività di prevenzione ed educazione alla salute e adeguare l’offerta dei servizi alla domanda di assistenza, attraverso un maggiore coinvolgimento degli stessi cittadini per giungere ad una più corretta pianificazione ed allocazione delle risorse, in un’epoca di crisi finanziaria e di ridimensionamento della spesa pubblica.” Ha tenuto a precisare il Senatore Antonio Tomassini, Presidente Xii Commissione Igiene e Sanità del Senato e Presidente dell’Associazione Parlamentare per la Tutela e la Promozione del Diritto alla Prevenzione. "Per Abbott, la prevenzione delle malattie croniche lungo tutto il corso della vita e in tutte le sue forme (primaria, secondaria e terziaria), nonché un approccio integrato alla cura, rappresentano un elemento essenziale della strategia volta ad estendere gli anni di vita in buona salute dei cittadini europei ed italiani. Nuove soluzioni sono sempre più necessarie per migliorare gli esiti per i pazienti e la società e assicurare, al contempo, la sostenibilità dei sistemi sanitari. Tale risultato può essere raggiunto solo mediante un impegno congiunto di industria, governo e pazienti." Ha aggiunto Fabrizio Greco, General Manager Abbott. Dal Libro Bianco si evince una forte tendenza all’invecchiamento della popolazione con uno sbilanciamento, nelle età più avanzate, a favore delle donne: anche l’aspettativa di vita è a vantaggio del genere femminile, ma il divario si sta riducendo a favore degli uomini. La famiglia al centro: nel nostro Paese, il benessere degli anziani è ancora essenzialmente legato al contesto familiare in cui essi vivono, per cui la famiglia continua a svolgere una primaria azione di assistenza e cura, rappresentando l’elemento centrale per una qualità di vita accettabile; la maggiore concentrazione di anziani disabili si riscontra nel Meridione e nelle Isole e tra le diverse tipologie di disabilità esaminate la più diffusa è “difficoltà nelle funzioni”. Nell’arco delle 24 ore di un giorno medio settimanale gli anziani dedicano maggior tempo alle attività fisiologiche di base; le persone sole di 65 anni ed oltre risultano molto o abbastanza soddisfatte delle relazioni familiari, tanto che in caso di necessità gli anziani reputano più probabile il poter contare sui propri familiari e, poi, sugli amici, sui vicini di casa, sui volontari e, infine, su altri soggetti piuttosto che fare ricorso all’Assistenza Domiciliare Integrata o all’Ospedalizzazione, cosa assai più frequente per i molto anziani. Corretti stili di vita: l’abitudine al fumo è più diffusa tra gli uomini e, con l’avanzare dell’età, aumentano i non fumatori e diminuisce il numero medio di sigarette fumate; negli anziani la prevalenza dei consumatori a rischio di alcol è più elevata tra gli uomini che si contraddistinguono per un eccessivo consumo di vino ai pasti; la percentuale di persone anziane in sovrappeso ed obese presenta un trend in aumento e, considerando la distinzione per genere, l’obesità risulta più diffusa tra le donne, mentre il sovrappeso lo è tra gli uomini; con l’avanzare dell’età diminuisce l’interesse per lo sport, ma cresce quello per l’attività fisica, praticata di più dal genere maschile. Come si invecchia oggi: in generale, nella classe di età 65-74 anni, c’è una riduzione della mortalità nettamente più marcata per gli uomini rispetto alle donne. Tale tendenza può essere, in parte, ricondotta al valore dei tassi femminili, che risultano molto più bassi e pari a circa la metà di quelli maschili. Nella classe di età 75 anni ed oltre si invertono le tendenze. Più di un anziano ogni quattro vive in un nucleo monocomponente (trend in crescita) ed anche in questo caso si osserva un netto sbilanciamento verso il genere femminile. Questo divario può essere imputabile sia alla differenza di età fra i coniugi, che alla più elevata mortalità maschile, che rende le donne più a rischio di sperimentare l’evento vedovanza e di vivere sole per il resto della vita. I rischi dell’anziano: una riduzione dell’epidemia influenzale stagionale, con le percentuali di copertura vaccinali attualmente conseguite (l’obiettivo minimo previsto dalle vigenti indicazioni ministeriali è del 75%) resta lontano dall’essere raggiunto. Si prevede un aumento dell’incidenza e della prevalenza delle Malattie di Parkinson e di Alzheimer, che colpiscono maggiormente gli uomini e che andranno a costituire una priorità socio-sanitaria per il servizio sanitario nazionale. Negli anziani, poi, la mortalità per suicidio ed autolesione è maggiore nel genere maschile ed aumenta con l’avanzare dell’età. Decalogo “Healthy Ageing” - Grazie alle conquiste della medicina arrivare invecchiare in salute non è più solo un miraggio né un traguardo solo per pochi. Per questo, l’impegno per la collettività e le istituzioni è quello di garantire al cittadino le migliori condizioni possibili per evitare l’insorgere delle malattie o limitarne gli esiti invalidanti; la sfida per ognuno, invece, è quella di essere capace e preparato ad invecchiare nelle migliori condizioni fisiche e psicologiche. Il presente documento contiene dieci raccomandazioni, rivolte alla popolazione adulta e a quella anziana, per rendere la vecchiaia sinonimo di salute secondo lo spirito dell’anno 2012 dedicato “all’invecchiamento attivo e alla solidarietà intergenerazionale” dall’unione europea. Si tratta di dieci ambiti applicativi, per i quali un team di esperti suggerisce altrettante azioni evidence based, utili ad orientare la vita quotidiana verso le buone pratiche ed i corretti stili di vita. Ecco le 10 regole basate sulle prove di efficacia per invecchiare in salute: 1) Nessun uomo è un’isola; 2) La cucina, arte della salute; 3) Mantenere un peso corporeo adeguato; 4) Praticare regolarmente attività fisica; 5) Ridurre l’assunzione di alcolici; 6) Fumo? No grazie; 7) Il sole è vita, ma senza esagerare! 8) Utilizzare sempre le opportunità della prevenzione in medicina; 9) Prevenire gli incidenti domestici; 10) Il corretto uso dei farmaci. Scheda Di Sintesi ‘Libro Bianco 2012’ “La salute dell’anziano e l’invecchiamento in buona salute Stato di salute, opportunità e qualità dell’assistenza nelle regioni italiane”. L’analisi della struttura demografica della popolazione e la sua evoluzione nel tempo, è di fondamentale importanza per il dimensionamento e la pianificazione dei servizi socio-sanitari. Infatti, la diversità delle patologie che interessano le varie fasce di età della popolazione, implica la necessità di adattare l’offerta sanitaria alla domanda di assistenza che ne deriva per cui, in particolare, nella pianificazione dei servizi influiscono la popolazione “anziana” (65-74 anni) e “molto anziana” (75 anni ed oltre) che sono quelle maggiormente esposte al rischio di malattie gravi ed invalidanti e che richiedono assistenza ed impegni mirati da parte delle strutture sanitarie. In Italia la popolazione di 65-74 anni corrisponde al 10,3% della popolazione residente, mentre quella di 75 anni ed oltre al 10,0%. A livello territoriale, la regione caratterizzata da una elevata presenza di anziani e molto anziani è, ormai da tempo, la Liguria (rispettivamente, 13,0% e 13,9%). La Campania è la regione dove, globalmente, il processo d’invecchiamento della popolazione si trova in una fase meno avanzata. In riferimento alla composizione per genere la quota di donne rappresenta, a livello nazionale, il 53,6% della popolazione di 65-74 anni ed il 62,3% della popolazione over 75 anni. La regione in cui risiedono maggiormente le donne anziane è la Liguria a pari merito con il Lazio (54,5%), mentre le donne molto anziane risiedono in percentuale maggiore in Friuli Venezia Giulia (65,1%). Popolazione anziana - Gli anziani, infatti, specie negli ultimi anni di vita, sono esposti all’insorgenza di patologie gravi ed invalidanti che possono portare alla necessità di assistenza anche nello svolgimento delle normali attività della vita quotidiana. Nel 2009, più di un anziano ogni quattro vive in un nucleo monofamiliare e, rispetto all’anno precedente, si registra un trend in crescita (27,8% vs 28,3%). Da sottolineare, relativamente al rapporto tra uomini e donne, è il netto sbilanciamento verso il genere femminile. Infatti, a livello nazionale, solo il 15,1% degli uomini di 65 anni ed oltre vive solo, mentre la percentuale delle donne risulta decisamente più elevata e pari al 38,0%. Famiglie con anziani - La famiglia è e sarà sempre l’istituzione fondamentale di ogni società umana ed il luogo privilegiato per lo sviluppo e la protezione degli individui. Nel nostro Paese, il benessere degli anziani è ancora legato al contesto familiare in cui essi vivono. Negli anni 2008-2009 le famiglie con almeno un anziano over 65 anni sono il 36,5%, mentre le famiglie composte da tutti anziani ultra 65enni sono il 23,1%. La regione in cui si osserva la percentuale maggiore per entrambe le categorie analizzate è, ovviamente, la Liguria (41,9%; 30,5%) essendo, ormai da anni, la regione più “vecchia” d’Italia. Al contrario, le regioni in cui vi sono meno famiglie con almeno un anziano over 65 anni sono le Pa di Bolzano e Trento (rispettivamente, 31,5%; 32,4%), invece in Campania e nella Pa di Bolzano si registrano le percentuali minori di famiglie composte da tutti anziani ultra 65enni (rispettivamente, 19,3% e 19,9%). Speranza di vita - L’analisi dei dati relativi alla speranza di vita alla nascita ha evidenziato che, nell’anno 2008, le donne possono aspettarsi di vivere, mediamente, 84,07 anni e gli uomini 78,81 anni. A livello territoriale, considerando la speranza di vita a 65 anni, le Marche, per entrambi i generi, mantengono il primato di regione più longeva (donne: 22,37 anni; uomini: 18,56 anni), mentre la Campania conserva il primato negativo (donne: 20,40 anni; uomini: 16,95 anni). Relativamente alla speranza di vita a 75 anni ed oltre, le donne presentano un’aspettativa di vita, in media, pari a 13,30 anni invece, per gli uomini, risulta pari a 10,76 anni. Mortalità per causa - Le cause di morte considerate nelle fasce di età oggetto dello studio, 65-74 e 75 anni ed oltre, sono i Tumori, le Malattie del sistema circolatorio, le Malattie del sistema respiratorio, le Malattie del sistema digerente (solo nella classe 65-74 anni) e le Malattie endocrine, nutrizionali e metaboliche. Considerando l’insieme di tali cause si osserva, nella classe di età 65-74 anni e nell’arco temporale 2006-2008, una riduzione della mortalità nettamente più marcata per gli uomini (210,49 per 10.000 vs 200,48 per 10.000) rispetto alle donne (104,64 per 10.000 vs 101,52 per 10.000). Prevalenza malattie croniche - In base ai dati 2008 dell’Organizzazione Mondiale della Salute, circa il 60% della mortalità globale è attribuibile alle malattie croniche, con un trend destinato ad aumentare nel prossimo decennio. Il 43,0% degli over 65enni dichiara di essere affetto da almeno una delle principali patologie croniche oggetto dell’indagine, con valori maggiori in Sardegna, Calabria ed Umbria, regioni in cui più del 50% della popolazione intervistata dichiara di essere multicronica. All’avanzare dell’età aumenta l’insorgenza delle malattie croniche con un rischio che risulta più elevato per le donne. In tutte le regioni, tranne la Pa di Trento, si registrano valori maggiori per il genere femminile. Disabilità - Le persone disabili risultano meno autonome nello svolgere le attività quotidiane e spesso sono in condizioni di svantaggio nel partecipare alla vita sociale. Nel nostro Paese, la percentuale di disabili nella classe di età 65-74 anni risulta del 7,5%, mentre nella fascia di età 75 anni ed oltre è pari al 32,0%. Considerando la distribuzione territoriale, nella prima classe di età oggetto dello studio la maggior concentrazione di disabili si riscontra nel Meridione (10,3%) e nelle Isole (9,8%). Nella classe di età 75 anni ed oltre, invece, sono sempre l’Italia meridionale e le Isole a presentare le percentuali più alte, ma in ordine inverso. Infatti, il valore maggiore si osserva nelle Isole (42,5%) seguito dal Meridione (35,8%). Partecipazione degli anziani alla vita sociale - L’indagine Multiscopo dell’Istituto Nazionale di Statistica, “Cambiamenti nei tempi di vita ed attività del tempo libero”, prende in esame l’organizzazione e la distribuzione delle attività principali svolte nell’arco delle 24h di un giorno medio settimanale: le persone anziane destinano una quantità maggiore alle attività fisiologiche con una durata pari a 12h31’per il genere maschile e 12h20’ per quello femminile. Inoltre, negli anziani pesa in modo considerevole la quantità di tempo libero a disposizione che assorbe 7h31’ negli uomini, e 6h06’ nelle donne. Reti sociali - Negli ultimi anni è tornata ad essere diffusa l’espressione “rete sociale” che viene utilizzata per indicare un insieme di situazioni che comprendono relazioni di tipo affettivo, amicale, lavorativo, economico o sociale. Un processo d’invecchiamento in buone condizioni è associato a determinanti come stili di vita e sviluppo di relazioni all’interno delle cosiddette reti sociali. A livello regionale, tra le famiglie con almeno una persona di 65 anni ed oltre che ricevono aiuti, l’Emilia-romagna risulta essere la regione con la percentuale più alta (23,1%), mentre tra quelle con una persona di 80 anni ed oltre è il Piemonte (38,4%). Supporto delle famiglie - Il potenziamento di una rete informale pone al centro del sistema la famiglia, con un coinvolgimento maggiore sia nella programmazione che nella gestione dei servizi. Le persone sole di 65 anni ed oltre che risultano essere molto o abbastanza soddisfatte delle relazioni familiari sono l’85,6%. La Pa di Trento si caratterizza per un’elevata percentuale di anziani soddisfatti (91,9%), al contrario, la Puglia risulta essere la regione con la percentuale inferiore (79,1%). Partecipazione alle reti sociali - Una rete sociale consta di un gruppo di persone legate tra loro da diverse relazioni sociali e risulta essere un fondamentale supporto relativamente alla salute fisica e mentale dei soggetti, agendo sia in ambito preventivo che come ammortizzatore. Gli anziani ed i molto anziani reputano più probabile in caso di necessità il poter contare sui propri familiari (21.410 soggetti di 65-74 e 75 anni ed oltre) ed a seguire sugli amici (12.452 soggetti di 65-74 e 75 anni ed oltre), sui vicini di casa (12.429 soggetti di 65-74 e 75 anni ed oltre), sui volontari (3.145 soggetti di 65-74 e 75 anni ed oltre) ed, infine, su altre persone (2.590 soggetti di 65-74 e 75 anni ed oltre). Fattori di rischio: il fumo - Il fumo di tabacco è una causa nota di patologie cronico-degenerative, in particolare a carico dell’apparato respiratorio e cardiovascolare, comprese diverse forme di cancro. Secondo il Report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità il fumo uccide circa 6 milioni di persone ogni anno e causa, in tutto il mondo, centinaia di miliardi di dollari di danni all’economie. È stato stimato che, nel 2030, più di 8 milioni di persone moriranno ogni anno a causa del fumo. In Italia fuma ancora quasi 1 persona su 4, prevalentemente giovani di 25-34 anni, ed il 76,2% di coloro che continuano a fumare non intende cambiare le proprie abitudini; nonostante le campagne antifumo e la crisi economica, infatti, il numero medio di sigarette fumate al giorno, a livello nazionale, è rimasto di circa 13 sigarette. Nelle età più avanzate l’abitudine al fumo diminuisce in entrambi i generi anche se, complessivamente, si mantiene su valori abbastanza elevati (64-75 anni: 13,7%; 75 anni ed oltre: 6,2%). Inoltre, con l’avanzare dell’età aumentano i non fumatori e diminuisce il numero medio di sigarette fumate. Infatti, oltre i 75 anni di età i non fumatori costituiscono il 60,6% ed il numero medio di sigarette fumate al giorno è di 10,6. Consumo di alcol - L’esposizione al consumo di alcol è di per sé un indicatore di rischio per la salute per cui è necessaria un’analisi dettagliata delle quantità di alcol assunte e della frequenza delle occasioni di consumo. In Italia, la prevalenza dei consumatori, nell’anno 2009, ha raggiunto il 68,5% con un gradiente Nord-sud a svantaggio delle regioni settentrionali. La prevalenza è statisticamente più elevata tra gli uomini che tra le donne. In particolare, nella classe di età 65-74 anni la prevalenza dei consumatori anziani a rischio è pari a 47,7% per gli uomini ed a 14,1% per le donne, mentre oltre i 75 anni le percentuali sono state, rispettivamente, del 40,7% e dell’8,4%. Sovrappeso ed obesità - Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sono 1,5 miliardi gli adulti di età >20 anni in sovrappeso; di questi sono obesi circa 200 milioni di uomini e 300 milioni di donne. La percentuale di persone in sovrappeso ed obese aumenta, proporzionalmente, con l’età per poi diminuire lievemente negli anziani. Tuttavia, tenendo in considerazione il periodo 2001-2010, la percentuale di persone anziane in sovrappeso ed obese è aumentata progressivamente (persone in sovrappeso: 42,72% vs 44,22%; persone obese: 12,59% vs 15,08%). Nel 2010, si conferma il gradiente Nord-sud, con le regioni meridionali più colpite. Al contrario, la Liguria (38,01%) e la Lombardia (39,58%) presentano le percentuali più basse in termini di sovrappeso invece la Pa di Bolzano (9,69%) ed il Piemonte (10,43%) registrano le migliori percentuali in termini di obesità. Attività fisica - L’attività fisica, intesa come circa 30 minuti di movimento al giorno, per almeno cinque volte a settimana, oppure come attività intensa per più di 20 minuti per almeno 3 giorni, rappresenta un elemento imprescindibile nella prevenzione e nella promozione della salute. Le persone fisicamente attive, rispetto a quelle sedentarie, presentano un minor rischio di sviluppare condizioni disabilitanti e malattie croniche. Mediamente, nel mondo, il 28% degli uomini ed il 34% delle donne sono fisicamente inattive: la sedentarietà è considerata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità il quarto tra i fattori di rischio per la mortalità con circa 3,2 milioni di decessi annui. Nella classe di età 65-74 anni, le percentuali di coloro che dichiarano di svolgere “Sport in modo continuativo” oppure “Sport in modo saltuario” sono relativamente basse (rispettivamente, 9,8% e 5,3%) rispetto al dato di coloro che dichiarano di svolgere “Qualche attività fisica” (37,6%). Copertura vaccinale antinfluenzale - L’influenza è uno dei principali problemi di Sanità Pubblica in termini di morbosità, mortalità e costi sanitari e sociali. La copertura vaccinale antinfluenzale è, quindi, un indicatore fondamentale per verificare l’efficacia dell’offerta vaccinale, soprattutto nei gruppi di popolazione target indicati nella circolare del Ministero della Salute, “Prevenzione e controllo dell’influenza”, in particolare bambini ed anziani. Considerando che il peso della popolazione anziana e molto anziana è consistente, (la popolazione di 65-74 anni corrisponde al 10,3% della popolazione residente, mentre quella di 75 anni ed oltre al 10,0%), una buona copertura antinfluenzale può contribuire alla prevenzione delle forme più gravi e complicate di influenza ed alla riduzione della mortalità prematura. Negli anziani ultra 65enni la copertura antinfluenzale in nessuna regione raggiunge i valori considerati ottimali (95%) dal Piano Nazionale Vaccini. Malattie neurodegenerative e salute mentale: Parkinson ed Alzheimer. Le Malattie di Parkinson (Mp) e di Alzheimer (Ma) sono i principali disordini neurodegenerativi la cui diffusione è legata al progressivo invecchiamento della popolazione. La Mp, generalmente, colpisce ad un’età media di 55 anni ed è più comune sopra i 60 anni; tuttavia, molti casi sono diagnosticati intorno ai 40 anni o anche al di sotto. La Ma rappresenta il 50-60% dei casi di demenza nei Paesi occidentali e si stima che, in Italia, le persone colpite siano oltre 700 mila. Nel 2009, l’ospedalizzazione per Mp e Ma è pari a 11,15 (per 10.000) ricoveri, con valori che oscillano dal 15,84 (per 10.000) delle Marche al 7,6 (per 10.000) della Calabria. Suicidi ed autolesione - Il suicidio è un fenomeno complesso condizionato da una molteplicità di fattori, principalmente legati alla salute mentale: si stima, infatti, che oltre il 90% dei casi di suicidio sia associato a gravi disturbi mentali. Negli anziani, il fenomeno va letto secondo una duplice prospettiva; accanto ai motivi organici (perdita delle funzioni vitali etc.) pesa anche il disagio sociale legato a situazioni quali la solitudine, la vedovanza e la depressione. Nel biennio 2007-2008 il tasso specifico di mortalità per suicidi è stato di 9,49 (per 100.000) per la classe di età 65-74 anni e di 13,04 (per 100.000) per gli over 75enni. Assistenza Domiciliare Integrata - L’assistenza Domiciliare Integrata (Adi) è un servizio offerto a supporto delle famiglie per l’assistenza a persone non autosufficienti, spesso anziani, o affette da patologie gravi. L’intervento prevede l’integrazione di diverse figure professionali (medico, infermiere, fisioterapista, specialisti e personale di assistenza) secondo un piano concordato e sotto la responsabilità del Medico di Medicina Generale (Mmg). La percentuale di anziani trattati in Adi, a livello nazionale, è pari all’84,1%, valore in crescita rispetto al 2008 (80,7%). Posti letto residenziali di tipo socio-sanitario per anziani - Una valutazione corretta della panoramica dei posti letto residenziali di tipo socio-sanitario per anziani non dovrebbe prescindere dalla considerazione, per ogni singola regione, sia della domanda di residenzialità che dell’offerta complessiva che consideri anche forme di assistenza alternative rivolte alla popolazione, quali l’assistenza domiciliare. Il tasso di posti letto per 100.000 abitanti, relativo alla tipologia di utenza anziani, è pari a 478,4. Il tasso più elevato si registra nella Pa di Trento con 867,0 (per 100.000), mentre l’offerta più bassa è in Campania con 30,7 (per 100.000). Ospiti anziani e con disabilità nei presidi residenziali A livello nazionale, il tasso di ospiti anziani non autosufficienti istituzionalizzati ogni 100.000 anziani residenti è pari a 1.743,2 mentre il dato nazionale per gli anziani autosufficienti si attesta a 533,6 (per 100.000). Particolarmente basso è il livello d’istituzionalizzazione riscontrato in Campania, dove gli anziani non autosufficienti nei presidi residenziali sono soltanto l’85,9 (per 100.000). Più eterogenea appare la situazione degli anziani autosufficienti con i tassi più elevati registrati in Piemonte (1.172,7 per 100.000) e Molise (1.112,7 per 100.000). Ospedalizzazione e tipologia di attività La prevalenza di malattie croniche ed invalidanti cresce in modo esponenziale rispetto all’età determinando una maggiore richiesta di assistenza ospedaliera da parte della popolazione anziana. Diminuire il ricorso all’ospedalizzazione ed all’istituzionalizzazione comporterebbe, da una parte una riduzione del disagio per gli anziani e, dall’altra, un notevole risparmio economico per le strutture pubbliche che incidono in modo consistente sulla spesa sanitaria complessiva. Per quanto riguarda i ricoveri ordinari per acuti, si registra un’ospedalizzazione pari a 208,4 (per 1.000) per gli anziani e 314,3 (per 1.000) per i molto anziani. Relativamente all’ospedalizzazione per acuzie si passa da un tasso del 428,1 (per 1.000) della Pa di Bolzano al 258,2 (per 1.000) del Piemonte, mentre per la riabilitazione il range è compreso tra 38,7 (per 1.000) della Lombardia e 5,6 (per 1.000) della Sardegna |
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LOTTA AL DOLORE: IL PIEMONTE FA SCUOLA E PER PRIMO RENDE OPERATIVA UNA RETE REGIONALE DI TERAPIA ANTALGICA “CERTIFICATA” |
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Torino, 26 Novembre 2012 – Ancora una volta laRegione Piemonte, che nell’ottobre 2010 aveva per prima recepito la Legge 38 pochi mesi dopo il suo varo, si conferma leader in Italia per la gestione della “malattia dolore”, approvando con ladelibera pubblicata oggi sul Bollettino Ufficiale Regionale e immediatamente operativa il progetto diriorganizzazione delle strutture di terapia antalgica, articolato in ospedali di riferimento, ospedali cardine e medicina territoriale. Il progetto, messo a punto dalla Commissione Regionale per la Terapia del Dolore, si propone tre obiettivi principali. Innanzitutto, il riordino dei servizi assistenziali, attraverso la razionalizzazione dell’attività e l’identificazione di 4 centri di eccellenza (Hub) - dove operano algologi esperti, in grado di praticare tecniche interventistiche maggiori – e di 22 ambulatori (Spoke). La distribuzione di Hub e Spoke sul territorio viene proporzionata al numero di abitanti, salvaguardando le aree territoriali disagiate. Un’attenzione particolare sarà dedicata anche all’informazione per i cittadini sui percorsi da seguire, allo scopo di guidarli passo passo dal medico di famiglia (o pediatra di libera scelta) fino al centro specialistico, nei casi più complessi. Cruciale infine il monitoraggio e la promozione del corretto uso di farmaci oppioidi, anche mediante percorsi formativi specifici per le figure professionali a vario titolo coinvolte nella presa in carico del paziente che soffre: dai medici di medicina generale agli ortopedici e fisiatri, dagli anestesisti rianimatori ai farmacisti ospedalieri e territoriali. Una delibera innovativa, che il Piemonte è la prima Regione a varare e che ha il merito di aver individuato l’iter attuativo della Legge 38 a livello locale, stabilendo un modello numerico, tecnico-pragmatico per poterla applicare concretamente. Un lavoro prezioso, che si deve all’impegno e alle competenze della Commissione Regionale per la Terapia del Dolore, i cui componenti sono rappresentativi dell’intera filiera sanitaria piemontese dedicata alla lotta contro la sofferenza: dall’infermiere al docente universitario di Farmacologia. “Abbiamo cercato di sensibilizzare le strutture amministrative con idee pratiche e operative, che abbracciano tutti i settori della sanità, ma con un unico obiettivo: ridurre il dolore dei cittadini”, spiega Rossella Marzi, Coordinatore della Commissione Terapia del Dolore della Regione Piemonte. “Vogliamo garantire ai 600.000 piemontesi che soffrono la medesima possibilità di accesso a cure qualificate, migliorando la continuità assistenziale ospedale-territorio. Senza chiedere investimenti alla Regione, partendo dal censimento delle attività e dalla successiva validazione dei ruoli, abbiamo dimostrato che la Legge 38 si può applicare anche in periodo di crisi, ottimizzando le risorse esistenti e tagliando i costi impropri. La Giunta ha appoggiato incondizionatamente questo progetto, cogliendone da subito il valore e la sua replicabilità anche in altri settori”. Proprio sulla replicabilità dell’iniziativa si è espressa anche l’Aisd (Associazione Italiana per lo Studio del Dolore), coinvolgendo i suoi rappresentanti regionali per implementare il modello organizzativo-gestionale della Regione Piemonte nelle altre Regioni d’Italia. “L’intento di Aisd”– commenta il Presidente Alessandro F. Sabato, Direttore del Dipartimento di Emergenza e Urgenza, Università Tor Vergata di Roma - “è quello di creare una sorta di ‘maschera’ generale di progetto, da proporre alle varie Amministrazioni regionali, in modo che possa essere plasmata sulle singole realtà organizzative”. “La firma di questo documento da parte della Regione Piemonte rappresenta una vera svolta per la corretta applicazione della Legge 38 e una maggior tutela dei malati affetti da dolore cronico”, afferma Marta Gentili, Presidente di Vivere senza Dolore onlus. “Il lavoro compiuto è estremamente prezioso: grazie alla precisa individuazione dei centri di terapia antalgica presenti sul territorio, i pazienti piemontesi avranno la possibilità di identificare con più facilità, insieme al loro medico di famiglia, la struttura cui rivolgersi, avendo la certezza di relazionarsi con specialisti in grado di offrire loro un aiuto qualificato nei tempi opportuni”. “Invito i cittadini a rivolgersi con fiducia agli ospedali che fanno parte della rete regionale di Terapia del Dolore”, conclude la dott.Ssa Marzi. “Vi troveranno medici e personale preparati, trasparenza nei percorsi clinici, note informative sulle procedure consigliate, valutazione della customer satisfaction con un semplice questionario che ci servirà per migliorare il rapporto medico-paziente”. |
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TRENTO: DIECI NUOVE AMBULANZE E DUE AUTO SANITARIE |
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Trento, 26 novembre 2012 - Presentate il 21 novembre le dieci nuove ambulanze e le due nuove auto sanitarie acquistate con un sostanzioso finanziamento dall’Azienda provinciale per i Servizi sanitari, queste nuovi mezzi vanno a sostituire altrettanti veicoli che hanno percorso in questi anni una media di 200 mila km. Un caloroso ringraziamento è stato espresso dal direttore generale dell’Apss Luciano Flor: "A tutti coloro che lavorano su questi mezzi e a coloro che consentono un miglioramento delle tecnologie rendendo in questo modo un servizio importante alla nostra comunità soprattutto in un contesto come quello di adesso e cioè di grande difficoltà per quanto riguarda il servizio sanitario nazionale. Mezzi nuovi e efficienti che affiancheranno il parco macchine del 118, dimostrando con il loro lavoro una grande attenzione ai territori periferici in una logica di soccorso h 24 non solo in emergenza ma anche per il trasporto programmato”. Anche l’assessore alla salute e alle politiche sociali Ugo Rossi ha voluto dire un grazie: "Agli attori e operatori del 118, operatori di grande professionalità, presentando oggi un grande investimento fatto per la salute di tutti i cittadini. Questa è solo una parte di questo investimento - ha continuato Rossi - che prevede per il 2013 l’attuazione del progetto, ora in fase di studio, del volo notturno dell’elisoccorso e il rafforzamento della rete dell’emergenza tra gli ospedali di Trento e Rovereto e gli ospedali di valle. Un sistema, quello del 118, che si caratterizza per l’ottimo livello e per la qualità del servizio di livello sicuramente europeo”. Parole espresse analogamente dal vicesindaco Paolo Biasioli, il quale ha sottolineato: “L’importanza del lavoro di tutti i professionisti coinvolti nell’attività di soccorso, ringraziandoli anche a nome di tutta la città”. “La nostra Provincia autonoma non vuole chiudere le porte al futuro - questo invece l´intervento dell´arcivescovo di Trento monsignor Luigi Bressan - ma sviluppa una visione del futuro investendo coraggiosamente in servizi per il bene della popolazione. Un ringraziamento a tutti, prima della benedizione, ricordando che “andate e sanate” è una frase che dà un significato profondo al lavoro di chi si prodiga a tutti i livelli per dare aiuto e assistenza”. “I mezzi sono sempre più moderni - ha quindi confermato Alberto Zini, direttore del 118 Trentino emergenza - ed il personale sempre più formato per rispondere alle esigenze del nostro territorio in termini di soccorso, ecco alcuni dati:180 mila richieste annue, 39 mila di emergenza, 69 mila i trasporti intraospedalieri e 100 richieste al giorno di informazioni”. Uguale soddisfazione per Claudio Ramponi, direttore del Pronto Soccorso dell’ospedale Santa Chiara di Trento e del dipartimento di emergenza, che ha riaffermato: "La certezza e la voglia di tutti di dare ogni giorno il massimo per l’assistenza a tutti i cittadini in ogni parte del territorio provinciale”. Nel corso della conferenza sono state presentate anche le 2 nuove auto sanitarie che affiancheranno le attuali 4. A bordo delle auto sanitaria si trova un tecnico e un medico con equipaggiamento necessario per il soccorso; non vi è il lettino ma servono a portare sul posto un´èquipe di soccorso avanzato con un medico o un infermiere di emergenza. Normalmente all’auto sanitaria si affianca l’ambulanza. Per quanto riguarda l’ambulanza l’equipaggio è formato da due tecnici di base, o da un tecnico e da un infermiere di emergenza, l’equipaggio è impiegato in modo differenziato in relazione alla criticità dell’evento, criticità che viene stabilita dalla centrale operativa. Sulle ambulanze c’è tutto il materiale necessario per il recupero, il trasporto e il trattamento del paziente nonché dispositivi di protezione per il personale. In merito alla dotazione organica del 118 Trentino emergenza, oltre al direttore Alberto Zini, ci sono 10 medici, 98 infermieri di cui 40 lavorano nella centrale operativa e 134 tecnici. Gli infermieri di emergenza turnano anche sui mezzi di soccorso, dall’ambulanza, all’auto sanitaria all’elisoccorso. Un ulteriore novità, è in arrivo a breve, in corso di allestimento, un ambulanza speciale a doppio assetto, adatta anche al trasporto di pazienti con bisogni speciali come ad esempio affetti da Sla. |
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LA SIMG: “LA MEDICINA DI FAMIGLIA DIVENTA CURE DEL TERRITORIO A KM ZERO COSÌ A REGIME RISPARMIEREMO FINO A 8 MILIARDI DI EURO OGNI ANNO” |
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Firenze, 26 novembre 2012 – Tutti i cittadini devono avere il diritto di ricevere la migliore assistenza, anche avanzata, sul territorio, senza dover andare in ospedale se non strettamente necessario. È il principio della medicina a chilometri zero che, all’interno del modello organizzativo delle nuove cure primarie basato su servizi territoriali sempre disponibili, non deve più rappresentare una semplice opzione, ma una realtà concreta. Solo così si potranno evitare ricoveri impropri in ospedale con inevitabili intasamenti dei pronto soccorso. La nuova sfida per il servizio sanitario nazionale è rappresentata dalle cosiddette “cure di prossimità”, che faranno risparmiare una cifra compresa fra i 5 e gli 8 miliardi di euro ogni anno. Per far fronte ai tagli che il sistema deve affrontare nel prossimo triennio, la Società Italiana di Medicina Generale (Simg), nel 29° Congresso nazionale che si è svolto a Firenze, indica le priorità da realizzare a partire dal 2013. “È indispensabile – spiega il dott. Claudio Cricelli, presidente Simg - garantire ai cittadini il diritto di trovare sul territorio, nella propria comunità, le migliori cure vicino a casa per essere seguiti dal medico di famiglia e dall’equipe delle Cure primarie nell’intero percorso terapeutico. Nel nuovo modello, la medicina del territorio potrà avere un respiro più ampio, coordinando anche le prestazioni specialistiche e diagnostiche. Una cura attenta non solo ai malati cronici, ma anche ai disabili e ai giovani”. La sofferenza del sistema sanitario nazionale si misura nei numeri. La Corte dei Conti stima 31 miliardi di tagli fino al 2015, a cui si uniscono nuovi ticket, previsti dalla manovra del 2011 e che entreranno in vigore da gennaio 2014. Il totale è una somma pari a una decurtazione del 20-30% dei finanziamenti. Non solo. È anche previsto un ridimensionamento della rete ospedaliera, saranno infatti depennati dai 20 ai 27mila posti letto. E, con la revisione dei Lea (i livelli essenziali di assistenza, cioè i servizi che il Servizio sanitario è tenuto a garantire a tutti i cittadini) prevista entro fine anno, saranno più i servizi mutuabili in uscita di quelli in entrata. “Siamo pronti a fare la nostra parte – sottolinea il dott. Cricelli -. Chiediamo al Ministro della Salute, Renato Balduzzi, ed a tutte le forze politiche che le cure primarie del futuro costituiscano un Lea assoluto e prioritario. Tutti i cittadini devono potervi accedere, sempre e gratuitamente. Il nuovo sistema di pagamento ‘a franchigia’ probabilmente sostituirà gli attuali ticket. Riteniamo che, mentre le altre prestazioni possono essere erogate in base ai singoli livelli reddituali, per accedere al punto focale, il più importante del Ssn, l’assistenza territoriale, non si dovrà discriminare le persone sulla base del reddito, del censo o di qualsiasi altro criterio”. Il decreto Balduzzi (D.l. 13 settembre 2012, n. 158), recentemente convertito in legge, prevede che qualsiasi modifica, inclusa la ristrutturazione dell’assistenza territoriale in aggregazioni funzionali e unità complesse di cure primarie, avvenga senza oneri aggiuntivi. La medicina a chilometri zero permetterà risparmi diretti e indiretti. Da un lato prestazioni prima realizzate in ospedali, cioè in strutture complesse ad alta intensità, confluiranno sul territorio e si libereranno i nosocomi da compiti incongrui e inutilmente gravosi. Dall’altro i cittadini eviteranno code e attese per essere curati. “Disponiamo di conoscenze approfondite della epidemiologia della popolazione italiana – afferma il dott. Ovidio Brignoli, vicepresidente Simg -, dei costi legati ai comportamenti dei medici, della qualità delle prestazioni erogate. Un ‘patrimonio’ che ci pone in una posizione privilegiata nel valutare l’impatto delle nuove soluzioni sanitarie”. Dal 1998 la Simg ha avviato Health Search, il data base della medicina generale italiana, in grado di produrre informazioni sullo stato di salute della popolazione. Analizza oggi circa 30 milioni di diagnosi, 285 milioni di accertamenti diagnostici e 185 milioni di ricette per quasi 3 milioni di pazienti. “All’inizio del 2013 – continua il dott. Brignoli - partirà un’iniziativa, la prima di questo tipo in Italia, che coinvolgerà 1500 future unità di cure complesse in cui verrà installato il sistema di governo e controllo clinico e valutazione dei risultati della nostra società scientifica. In futuro tutti gli ambulatori dei medici di famiglia saranno dotati di questa infrastruttura in grado di gestire il budget assegnato al territorio e di verificare i risultati ottenuti dalla professione per ogni euro investito”. “La Simg laboratorio aperto della nuova medicina generale nelle nuove cure primarie” è il titolo del Congresso di quest’anno, che si conclude il 24 novembre e coincide con il trentennale della società scientifica. La Simg ha chiamato a raccolta tutti i suoi giovani iscritti (circa 700) e consegnerà loro il testimone per la continuità delle attività costruite in questi 30 anni. Un rappresentante dei giovani medici terrà infatti la lettura “Raccogliamo il legato. Progettiamo la professione del futuro”, a testimoniare l’importanza della medicina di famiglia per garantire la sostenibilità del sistema. Nel corso della prima giornata ampio spazio è dedicato al tema delle cure palliative e della terapia del dolore. Si parlerà anche di fibrillazione atriale, ipertensione, diabete e salute della donna. I lavori proseguiranno con sessioni dedicati alle malattie croniche (ad esempio Bpco e osteoporosi) e si spazierà dai temi clinici e scientifici a quelli di politica sanitaria. Questa sera, alle 20.30 (Palazzo dei Congressi, Auditorium), si terrà la celebrazione del trentennale della Simg. Sono previsti gli interventi, tra gli altri, del Sindaco di Firenze, Matteo Renzi, del Presidente della Xii Commissione Sanità del Senato, Antonio Tomassini, del Presidente del Censis, Giuseppe De Rita, e dei Senatori Claudio Gustavino ed Ignazio Marino. |
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PISTOIA: A PALAZZO FABRONI UNA MOSTRA DEDICATA AL SODALIZIO ARTISTICO TRA MELANI E FABRO |
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Pistoia, 26 novembre 2012 - Sarà inaugurata a Palazzo Fabroni venerdì 30 novembre alle 17.30 la mostra “Scultura a due voci: Luciano Fabro/fernando Melani”. Promossa e realizzata dal Comune di Pistoia con i determinanti contributi della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia e della Regione Toscana – la mostra è interamente incentrata sulla ricostruzione filologico-documentaria del rapporto tra due dei più importanti protagonisti dell’arte italiana del dopoguerra: Luciano Fabro (Torino, 1936 – Milano, 2007) e Fernando Melani (Pistoia, 1907-1985). Non solo una relazione di profonda amicizia ma soprattutto un sodalizio artistico e culturale, basato sulla discussione e lo scambio intorno a questioni fondamentali di filosofia dell’arte, che riguardano la struttura dell’opera, la sua vocazione di contenitore di senso, il rapporto tra l’arte e la natura. La rassegna si sviluppa cronologicamente nel periodo che va dall’aprile del 1967 (data del primo incontro tra i due artisti in occasione della personale di Melani alla galleria Numero di Fiamma Vigo a Milano) e il dicembre del 1980, anno della collettiva presso la galleria Vera Biondi di Firenze insieme a Renato Ranaldi. Il percorso si sviluppa pertanto intorno alla ricostruzione delle diverse occasioni espositive che hanno accomunato i due artisti, con la presenza delle opere di entrambi, corredate da un apparato fotografico e documentario originale e sostenuto filologicamente da un carteggio inedito tra i due artisti, accompagnato da una serie di testimonianze di artisti, critici, scrittori e intellettuali a loro vicini. La mostra così concepita giunge a colmare una lacuna nella storia dell’arte italiana, attraverso l’analisi di uno dei rapporti artistici più originali e fecondi tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, gettando una nuova luce sulla figura di Fernando Melani, protagonista di primo piano di quel momento di rinnovamento così fecondo per la cultura italiana ed europea, in rapporto con la nascita dell’Arte Povera, della quale Luciano Fabro era un componente di rilievo. La rassegna, curata da Ludovico Pratesi con la collaborazione dell’Archivio Luciano e Carla Fabro, riunisce un gruppo di opere dei due artisti insieme a un centinaio di fotografie d’epoca ed altro materiale documentario, proveniente dall’archivio Fabro di Milano e da casa Melani a Pistoia. Il catalogo, edito da Gli Ori, contiene il testo del curatore e un saggio di Bruno Corà, corredati dalle immagini a colori delle opere in mostra e da fotografie d’epoca in bianco e nero, scritti inediti e interviste a testimoni dell’epoca. Nell’ambito della mostra ampio spazio è dedicato alla comunicazione e alla esperienza formativa. Grazie al progetto educativo curato da Artemisia Associazione Culturale e dal Centro Culturale il Funaro per conto del Comune di Pistoia/palazzo Fabroni, al pubblico di tutte le età si offre un’occasione straordinaria di avvicinarsi in modo diverso e personalizzato a due dei più originali protagonisti dell’arte del Xx secolo: sia attraverso un percorso all’interno di quattro installazioni tematiche, ispirate all’opera e al pensiero di Melani e destinate alla fruizione libera e/o guidata del pubblico; sia attraverso un programma ricco e diversificato di attività ed eventi collaterali alla mostra. La mostra resterà aperta dal primo dicembre al 10 febbraio. Info ai numeri: 0573/371214 - 371279. |
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004 QUATTRO ARTISTI IN MOSTRA A MILANO RAFFAELE BARBUTO, SABRINA CASADEI, EDITH KIA, MARCO PARIANI |
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Milano, 26 novembre 2012 - Big Size Art, l’Associazione culturale no profit per la promozione di giovani artisti dal 2010, inaugura la nuova stagione 2012/2013 con la sua quarta mostra. Prosegue l’idea d’origine di cambiare continuamente spazi e location, per riutilizzare luoghi importanti, per estetica e tradizione, dell’ambito milanese, dal Mercato dei fiori con Arte giovane tra i fiori, allo spazio dell’Idroscalo, recuperato e storicizzato, con Arte giovane sull’acqua e Arte giovane in volo, fino all’istituzionale Palazzo Isimbardi. Ora Big Size si evolve ancora approdando nell’affascinante spazio della casa di produzione Think |Cattleya, nella chinatown di Milano. Nuova location e nuovo stile, per gli artisti di Big Size, che affrontano lo spazio con sostanziali evoluzioni e crescite personali, di forme e concetti. Grandi dimensioni e grandi pensieri. 4 artisti legati per generazione, giovani, ma con un percorso deciso già seminato, e un sottile legame: il forte espressionismo di gesti e colori, a tratti pungente e istintivo, percepibile nei lavori di Sabrina Casadei (1985), Edith Kia (1981) e Marco Pariani (1986) e più controllato nella forma e nello sviluppo in Raffaele Barbuto (1986), dall´azione sempre d´istinto, ma dal risultato calibrato su campiture falsamente uniformi, per un occhio lontano, e da lavori scultorei raffinati, di un mondo apparentemente ludico, ma quotidiano e contemporaneo. Quotidianità e contemporaneità: Barbuto, Casadei, Edith Kia e Pariani delineano mappature di quello che scrutano, vivono e assorbono quotidianamente, e, come uno specchio, lo ripropongono. A modo loro. Dalle tele stratificate, quasi materiche di Barbuto e i nuovi oggetti scultorei, alle grandi tele di Edith Kia: macchie di colore ingrandite, con l’aiuto del digitale per l’occhio dell’artista, che parte dal micro per poi ingrandire un soggetto a lei caro, che rappresenta il suo energico e colorato istinto, nel tentativo di un controllo, con la manipolazione e lo sviluppo della macchia stessa che prende vita attraverso il gesto. Forme e concetti iniziano a delinearsi nell’installazione di Sabrina Casadei, che realizza ad hoc due lavori incisivi e vivaci, per colore e per l’ampio segno, creando paesaggi a prima vista quasi astratti, ma in realtà vissuti da minuziosi dettagli che l’artista inserisce creando altre realtà, spesso definite anche dai titoli che elabora. Con Marco Pariani la figura diviene più evidente, mai del tutto definita, ma le forme e i soggetti sono intuibili: figure umane, figure mitiche, forse travestite, corazzate, con rimandi al passato, dalla biga con le ruote ben delineate, a rimandi dell’infanzia, tra sfondi di ampio respiro e pattern elaborati e dettagliati. Big Size porta alla luce il lavoro e una tangibile qualità di quattro artisti in evoluzione, e dalle valide intuizioni. 004_4 artisti per Big Size Art mercoledi 28 novembre ore 19.00 c/o Cattleya, via G.bruno 7, Milano. |
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