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LUNEDI
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Notiziario Marketpress di
Lunedì 04 Marzo 2013 |
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BEST OF THE WEB: I VINCITORI |
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Compuware Corporation, the technology performance company, ha annunciato i vincitori dell’edizione 2013 del concorso annuale Best of the Web che premia i siti dalle migliori prestazioni web, mobile e streaming. I premi Best of the Web sono attribuiti alle aziende ”best of the best” in cinque settori di mercato: Retail, Media, Servizi finanziari, Assicurazioni e Travel. Sono risultate vincitrici le aziende che hanno ricevuto il massimo dei voti in virtù delle prestazioni del loro sito sul web (Last Mile, Web Transaction), sui dispositivi mobile (Mobile Leader) e nello streaming di contenuti (Media Streaming), in base al tempo medio di risposta, la disponibilità e la coerenza nelle prestazioni del sito nel corso di tutto l’anno 2012. I vincitori del Best of the Web hanno saputo sostenere durante tutto l´anno la qualità delle prestazioni del proprio sito internet rendendolo un fattore differenziante per il business dell’azienda. Si sono inoltre impegnati nel continuare a migliorare i propri website per andare incontro alle richieste dei clienti e alle loro aspettative, fornendo agli utenti finali prestazioni di alto livello. I vincitori nelle diverse industry hanno ricevuto i premi Gold, Silver e Bronze per le prestazioni della loro homepage (Last Mile) o delle diverse transazioni di business (Web Transaction), misurate partire dalla backbone Internet e da Gomez Last Mile, una rete globale di oltre 150.000 computer connessi a 2.500 Isp locali in oltre 168 paesi di tutto il mondo. Quest´anno, Compuware ha voluto fornire un riconoscimento speciale alle aziende che si sono distinte nel garantire la qualità anno su anno. Tra i vincitori, Fidelity Investments, multinazionale americana che si occupa di servizi finanziari, che ha ricevuto una menzione speciale quale unico vincitore del Gold Award per quattro anni consecutivi. Gli award Best of the Web sono stati ampliati includendo anche il primo premio Media Streaming Leader. Oltre alle prestazioni lente sul web e nell’accesso da mobile, gli utenti oggi sono meno tolleranti anche rispetto alla scarsa qualità dei video e alla lentezza del loro caricamento. Considerando il crescere dell’interesse per i video online anche lo streaming ha oggi un impatto cruciale sull’esperienza degli utenti. Quest´anno lo Streaming Media Award è stato vinto da Demand Media, che ha saputo garantire le migliori prestazioni dal punto di vista della disponibilità, il tempo di avvio e percentuale di rebuffer misurata dallo streaming network di Compuware Gomez in più di 50 punti in 25 paesi. Nel settore Retail vince il premio Mobile Leader Amazon, che ha ottimizzato le prestazioni mobile del proprio sito raggiungendo una percentuale di disponibilità del 99,22% e supportando in questo modo il business della propria organizzazione con un’esperienza di navigazione e acquisto di alto livello anche da dispositivi mobili. Tra i vincitori della categoria Travel, si aggiudica il premio Gold sia Last Mile che Web Transaction la catena alberghiera internazionale Best Western,“sei anni fa, ci eravamo prefissati un obiettivo ambizioso: che il nostro sito fosse sempre il migliore del settore in termini di performance”, commenta Scott Gibson, Cio and Svp, Distribution and Strategic Services Planning di Best Western International Inc. “Abbiamo creato un team dedicato a questo progetto fornendo le risorse e gli strumenti necessari per perseguirlo. Abbiamo raggiunto il successo riconosciuto oggi alla nostra capacità di guidare il settore verso una esperienza online di livello superiore”.I vincitori del Best of the Web nelle diverse categorie e industry comprendono:Retalweb transaction – Gold - Overstock.comlast Mile Leader – Gold - Dellmobile Leader – Amazonmediaweb transaction – Gold - Associated Presslast Mile Leader – Gold - Cnn iReportmobile Leader – Cnntravelairlines – Web Transaction - Gold - Jetblueairlines – Last Mile – Gold - Airtran Airwaysairlines – Mobile Leader - Lan Airlineshotels & Resorts — Web Transaction — Gold - Best Westernhotels & Resorts — Last Mile - Gold - Best Westernhotels & Resorts — Mobile Leader - Fairmontonline Agents — Last Mile — Gold - Resort Vacations To Goservizi finanziariRetail Banking - Web transaction – Gold - U.s. Bankretail Banking – web transaction - Gold - Charles Schwab Bankretail Banking – Mobile Leader - Keybankbrokerage - Web transaction – Gold - Fidelitybrokerage – Last Mile - Gold - Charles Schwabasssicurazionilast Mile Leader – Gold - The Hartfordmobile Leader - Liberty Mutualstreaming Media — Leader – Demand Media"gli utenti si confrontano con l’esperienza online tutti i giorni, ma gli smartphone, i tablet e i diversi browser, oltre alle applicazioni mobile, al cloud computing e alla virtualizzazione, rappresentano oggi tecnologie dirompenti che rendono sempre più difficile alle aziende gestire le prestazioni delle applicazioni in modo da garantire una costumer experience di livello elevato”, ha dichiarato John Van Siclen, General Manager della business unit Apm di Compuware. "I vincitori del Best of the Web hanno attribuito alle performance un ruolo chiave per il business e hanno ridefinito lo standard del proprio settore nel fornire una esperienza Web dalla disponibilità e dalle prestazioni elevate, capace di accrescere la soddisfazione del cliente”.I risultati relativi al 2012 e i dati dettagliati sulle performance registrate da ogni vincitore sono stati pubblicati nel report “Best of the Web 2013: Compuware Application Performance Awards”, scaricabile al seguente link.Compuware Apm è la soluzione Apm di nuova generazione, leader di settore per l’ottimizzazione delle prestazioni web e non, mobile, streaming e applicazioni cloud. Guidato dall’esperienza dell’utente finale, Compuware Apm fornisce una visione unificata dell’intera delivery chain dell’applicazione, dal browser o da dispositivi mobile dell’utente attraverso Internet o la Wan aziendale, nel cloud, fino al data center. Compuware Apm offre ai clienti soluzioni concrete per una migliore customer satisfaction, in grado di aumentare il time-to-market per la funzionalità delle nuove applicazioni e ridurre i costi di gestione delle applicazioni attraverso analisi intelligenti dell’automazione Apm.con oltre 4.000 clienti, Compuware è stato riconosciuto leader anche nel report di Gartner Inc. “Magic Quadrant for Application Performance Monitoring” |
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APPLE RIMBORSA LE MAXI-BOLLETTE |
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Per limitare i danni derivanti dalla class action intentata nei suoi confronti, la Apple ha patteggiato e si è impegnata a rimborsare (nel complesso 100 milioni di dollari) le famiglie americane, che si erano viste recapitare a casa delle maxi-bollette, frutto dell´utilizzo smodato dell´iPhone 5 da parte di ragazzini che avevano fatto “shopping selvaggio” su App Store e iTunes. Apple effettuerà il rimborso attraverso l´utilizzo di una speciale card, del valore di 5.00 dollari, spendibile sugli store virtuali, gli stessi su cui i ragazzini si erano rivolti per musica e videogames.Per indennizzi di importo superiore gli interessati dovranno presentare entro 45 giorni la bolletta con gli esatti importi degli acquisti. Per importi superiore ai 30 dollari si può richiedere che il risarcimento sia effettuato in contanti e non con le carte regalo |
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LA DIFESA PERSONALIZZATA INTERCETTA IL “COMANDO E CONTROLLO” DELLE MINACCE PERSISTENTI EVOLUTE |
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Trend Micro Inc., leader globale nella sicurezza per il cloud, introduce nella sua soluzione di Difesa Personalizzata nuove funzionalità avanzate centrate sull’identificazione e il blocco delle comunicazioni di Comando e Controllo (C&c) utilizzate dalle minacce persistenti evolute (Apt) e negli attacchi mirati. La Difesa Personalizzata Trend Micro è la prima soluzione di protezione avanzata che consentirà non solo di rilevare e analizzare queste minacce ma anche di adattare rapidamente i propri sistemi di protezione e rispondere agli attacchi. Le nuove funzionalità di replica ai C&c forniscono un rilevamento personalizzato superiore e la protezione di network, gateway, server ed endpoint, oltre ad un sistema centralizzato di alert e intelligence sui rischi associati ai C&c, per consentire ai clienti di essere informati e controllare le risposte alle attività delle comunicazioni C&c. Per la prima volta, le organizzazioni It potranno disporre della visibilità e dell´intelligence necessarie a identificare e rispondere, prima che l’azienda subisca il danno, sulla base di indicatori fondamentali di un attacco, come i C&c. Gli Apt e gli attacchi mirati continuano a eludere le difese di sicurezza standard adottate dalle organizzazioni, come testimoniato gli attacchi recentemente mossi negli Stati Uniti contro New York Times, Wall Street Journal e la Federal Reserve. In un recente sondaggio promosso da Isaca in collaborazione con Trend Micro, il 21% degli intervistati ha dichiarato che la propria azienda è già stata vittima di un Apt, e il 63% ritiene che sia solo una questione di tempo prima che la propria organizzazione venga presa di mira. Questi attacchi sono in genere orchestrati a distanza tramite comunicazioni C&c tra i sistemi infiltrati e gli stessi cybercriminali. I malware evoluti utilizzati per l’attacco, infatti, si connettono con l’esterno per effettuare ulteriori download e ricevere nuove istruzioni. Durante l´attacco, i cybercriminali utilizzano questo canale per aprire e modificare l’accesso alle backdoor di rete in modo da trovare e appropriarsi dei dati-obiettivo. Rispetto al 2012 Verizon Reseach* ha verificato che lo sfruttamento delle backdoor o dei canali C&c è stato utilizzato nel 50% circa dei casi di furto dei dati presi in esame. Identificare e rispondere alle comunicazioni C&c rappresenta un fattore critico nel rilevare un attacco mirato. A differenza delle botnet molto estese, il traffico intermittente e di basso volume che caratterizza i C&c degli Apt li rende difficili da rilevare. I cybercriminali rendono la cosa ancora più complessa nascondendo ulteriormente le comunicazioni C&c con particolari tecniche come, ad esempio, cambiare e ridirigere gli indirizzi, utilizzare applicazioni e siti legittimi come canale e creare addirittura server C&c all´interno della rete di un cliente. I ricercatori Trend Micro hanno notato che la vita media di un indirizzo di C&c è meno di tre giorni e che i cybercriminali più all’avanguardia utilizzano tecniche rilevabili solo con sistemi specializzati basati sulla rete che operano on-site presso l´organizzazione. Recentemente, l’identificazione dei dati relativi ai C&c da parte dei ricercatori dei Trendlabstm ha mostrato oltre 1.500 siti C&c attivi e un numero di vittime che varia da un singolo obiettivo a oltre 25.000 per sito. Da segnalare, che oltre due terzi dei siti avevano solo tre o addirittura un numero minore di vittime. Inoltre, più della metà dei siti ha registrato una vita media di quattro giorni o addirittura meno. "La maggior parte dei vendor di sicurezza non ha abbastanza esperienza, capacità di scalare, tecnologia e risorse per identificare in modo affidabile le diverse tipologie di C&c. Quando i loro prodotti di sicurezza per il web, la messaggistica o gli endpoint rilevano un C&c, è probabile che lo blocchino o registrino senza notificarlo – viene quindi gestito come un evento di sicurezza di minore rilevanza. Nella maggior parte dei casi, l´organizzazione non può quindi mai sapere se sta subendo un attacco mirato di grande portata”, commenta Steve Quane, chief product officer di Trend Micro. I team di sicurezza aziendali devono saper rispondere a delle domande fondamentali: nella rete della mia azienda è in corso un’attività C&c? Si tratta di una semplice botnet o di un possibile attacco mirato? Quanto è rischioso? Da dove viene e chi lo conduce? Devo bloccarlo immediatamente e risolvere la criticità o è meglio monitorarlo ulteriormente? Solo la soluzione di Difesa Personalizzata Trend Micro è in grado di rispondere a queste domande grazie al sistema di rilevamento, intelligence e controllo delle risposte ai C&c, necessario per fermare un attacco mirato prima che danneggi il proprio obiettivo. All’evento Rsa 2013, in corso in questi giorni a San Francisco, Trend Micro ha presentato e mostrato le caratteristiche delle nuove funzionalità C&c per la Difesa Personalizzata: Migliore identificazione e monitoraggio delle comunicazioni C&c nel cloud e nei network dei clienti Rilevamento delle attività di comunicazione C&c integrato nei punti di protezione di network, gateway, server ed endpoint Sistema di alert centralizzato per i C&c, intelligence mirata rispetto ai rischi associati ai C&c, opzioni di controllo della risposta flessibili Aggiornamenti di sicurezza in grado di adattarsi e informare tutti i prodotti del rilevamento di un nuovo C&c Api open per i web service per includere qualsiasi prodotto di sicurezza nella Difesa Personalizzata L’identificazione e il monitoraggio globale di Trend Micro Smart Protection Network e degli esperti di sicurezza Trend Micro Smart Protection Network identifica automaticamente i siti C&c attivi in tutto il mondo elaborando ogni giorno 12 miliardi di richieste Ip/ Url e mettendo in correlazione tra loro oltre sei terabyte di dati. I suoi motori di correlazione rispondono perfettamente alla natura mutevole degli indirizzi C&c; il network sfrutta inoltre le più recenti innovazioni proposte da 1.200 esperti di sicurezza Trend Micro, che si occupano costantemente di identificare le misure evasive adottate dai cybercriminali. I ricercatori Trend Micro raccolgono ed esaminano le prove legali degli attacchi mirati che sono stati condotti contro alcuni clienti tra le decine di migliaia di aziende che si affidano a Trend Micro in tutto il mondo. Analizzando nei dettagli gli strati di un attacco, acquisiscono una visione più completa rispetto ai C&c, ai malware e alle nuove tecniche utilizzate, consentendo in questo modo di apportare costanti migliorie allo Smart Protection Network e alle soluzioni Trend Micro. Rilevamento Network-based e capacità di apprendimento con la protezione dalle minacce avanzata di Trend Micro Deep Discovery Trend Micro Deep Discovery utilizza un sistema di rilevamento delle minacce specifico per il cliente che consente di identificare le minacce avanzate, le comunicazioni e le attività dei cybercriminali a livello della rete. Il riconoscimento esclusivo mediante fingerprint del traffico di rete che cela i C&c identifica l’utilizzo da parte dei malintenzionati di applicazioni e siti web legittimi, oltre ad altre tecniche avanzate come l’utilizzo di server interni di C&c. Le analisi personalizzate della sandbox di Deep Discovery sono anche in grado di scoprire nuove destinazioni C&c di attacchi malware zero-day e aggiornare lo Smart Protection Network e tutti i punti di protezione della sicurezza dei clienti. Le ultime informazioni sul rilevamento globale e locale dei C&c hanno consentito di potenziare i prodotti per la sicurezza enterprise di Trend Micro a livello di endpoint, server, rete, gateway e punti di protezione della messaggistica permette di individuare e controllare l´attività C&c in tutto l´ambiente del cliente. Il rilevamento dei C&c ad ogni livello viene indicato chiaramente su una console centralizzata per avvisare il team di sicurezza e permettergli di controllare il percorso dell’azione in corso. La valutazione, il controllo e l’azione di rimedio ai C&c sono supportate dall’intelligence che collega tra loro gli eventi in base alla gravità, attività, origine e relativi indirizzi dei siti C&c - per determinare se la comunicazione è ad alto rischio, se deve essere immediatamente bloccata e come l’azione di contenimento e bonifica deve procedere. Trend Micro inserirà nel suo sistema di Difesa Personalizzata le funzionalità C&c a partire dalle versioni Beta a febbraio 2013 e le renderà definitivamente disponibili nel corso del primo semestre 2013 per le seguenti soluzioni: "Trend Micro è l´unico tra i principali vendor di sicurezza capace di contrastare gli Apt e investire costantemente in approccio di difesa personalizzato. I C&c possono essere un indicatore fondamentale degli attacchi Apt e i clienti hanno il diritto di richiedere alle proprie soluzioni di sicurezza un lavoro più puntuale nell’individuare i C&c, sfruttando un intelligence che permetta di rispondere in modo adeguato”, afferma Kevin Faulkner, director of product marketing di Trend Micro. “Stiamo tracciando un nuovo percorso grazie alle nostre capacità di intelligence e rilevamento dei C&c che saranno integrate in tutti i prodotti Trend Micro e grazie alla visibilità e al controllo di risposta che forniremo ai clienti per supportarli nel difendersi dagli attacchi”. "Gli attacchi contro le aziende oggi sono più sofisticati e mirati rispetto al passato”, commenta Richard Stiennon, chief reserach analyst di It-harvest. “La Difesa Personalizzata di Trend Micro e le funzionalità di rilevamento e controllo di risposta dei C&c integrate in tutti i prodotti aiuteranno i clienti a identificare e affrontare in modo appropriato gli attacchi contro la loro organizzazione”. Www.trendmicro.it |
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INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO TRIBUTARIO LOMBARDO 2013: DISTRIBUZIONE DEL MASSIMARIO REALIZZATO IN COLLABORAZIONE CON ODCEC DI MILANO |
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Il presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano Alessandro Solidoro è intervenuto sabato 2 marzo alla cerimonia inaugurale dell’Anno Giudiziario Tributario Lombardo, patrocinata tra gli altri da Odcec Milano e svoltasi nell’Aula Magna del Palazzo di Giustizia di Milano.in apertura del suo intervento il presidente Solidoro ha sottolineato come, in un momento storico caratterizzato da gravi difficoltà economiche che, almeno in parte, si potranno superare anche attraverso un sacrosanto recupero dell’evasione fiscale, alla giustizia tributaria è stato attribuito un ruolo cruciale, ricordando anche che lo scopo delle Commissioni tributarie non è quello di ”fare cassa”, bensì quello di risolvere con competenza e senza pregiudizi le controversie fiscali che insorgono tra il fisco ed i contribuenti, come recita l’art. 111 della Costituzione, secondo cui “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a un giudice terzo e imparziale”. Solidoro si è soffermato anche sul nuovo redditometro ricordando che la battaglia dei Commercialisti è stata quella per “meno studi di settore e più redditometro” per combattere l’evasione fiscale a 360 gradi: “forse le nuove norme sul redditometro potrebbero congestionare nei prossimi tempi le Commissioni tributarie, ma solo con una buona dose di realismo e collaborazione da parte dei contribuenti e dei funzionari dell’Agenzia, si potranno definire le potenziali controversie fin dalla fase amministrativa”. Il presidente dei Commercialisti di Milano ha messo in evidenza anche il rinnovato contributo della Commissione Contenzioso Tributario dell’Ordine alla nuova edizione del Massimario delle Commissioni tributarie della Lombardia, patrocinato da Odcec Milano |
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PRIVACY: LECITE LE TELECAMERE SUGLI AUTOBUS PER REGISTRAZIONI DI MMAGINI, MA SENZA AUDIO, PER GLI INCIDENTI |
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Il Garante per la privacy ha autorizzato [doc. Web n. 2257616] la società concessionaria del servizio di trasporto pubblico locale di Bergamo e di altri ventisette comuni dell´area urbana ad installare sul parabrezza anteriore dei propri veicoli un dispositivo che in caso di incidenti consente di registrare le immagini della sede stradale e quelle della zona interna del mezzo di trasporto, nei venti secondi precedenti e successivi all´evento. Con l´impiego di questo sistema di rilevazione - che non riprende il conducente - la società tramviaria intende agevolare la ricostruzione dei sinistri in cui sono coinvolti gli autobus, salvaguardare quindi i beni aziendali e indirettamente accrescere la sicurezza di utenti e dipendenti. Nel dare il via libera l´Autorità ha chiesto però ulteriori garanzie. Il sistema non dovrà registrare le conversazioni a bordo dell´autobus e i passeggeri dovranno essere informati della sua presenza anche attraverso cartelli con disegni stilizzati, ben visibili sui mezzi di trasporto. La società inoltre, dovrà rendere interamente "trasparenti" i trattamenti di dati personali effettuati portandoli a conoscenza dei dipendenti e in particolare dei conducenti dei veicoli. Un´informativa dettagliata rivolta alla collettività dovrà essere pubblicata anche sul sito web, nelle registrazioni, infatti, oltre i passeggeri potrebbero essere ripresi i conducenti di altri veicoli o altre persone presenti sulla sede stradale. Alla società infine, è stato ordinato di predisporre meccanismi di integrale cancellazione automatica delle informazioni allo scadere del termine (24 mesi) previsto dal codice civile per far valere eventuali pretese di risarcimento danni prodotti dalla circolazione dei veicoli e di adottare adeguate misure di sicurezza per preservare l´integrità dei dati e prevenire accessi abusivi da parte di personale non autorizzato |
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PRIVACY: DEFIBRILLATORI A PROVA DI PRIVACY |
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Il Garante con un provvedimento di rilevanza generale [doc. Web n. 2276103] ha stabilito che è lecito l´uso di defibrillatori a distanza per pazienti cardiopatici, se nel rispetto della privacy degli interessati. Per questo ha prescritto precise e rigorose misure a protezione dei dati dei pazienti a un´Azienda ospedaliera lombarda e a una società francese produttrice di apparecchiature medicali che avevano chiesto all´Autorità di potersi avvalere di un sistema a radiofrequenza (Rfid) per il monitoraggio remoto dei pazienti mediante defibrillatori cardiaci impiantati sotto pelle. L´uso di sistemi a radiofrequenza destinati all´impianto sottocutaneo attraverso "etichette intelligenti" solleva, infatti, questioni estremamente delicate e presenta rischi potenziali, sia per la sicurezza dei dati personali trattati, particolarmente delicati, sia sotto il profilo della salute. Il sistema che intende adottare l´Azienda ospedaliera prevede l´inserimento nel microchip, inserito nel defibrillatore impiantato sotto la cute del paziente, di dati clinici. Tali informazioni sono trasmesse in modalità wireless ad un monitor installato in casa del paziente e dal monitor al server situato presso l´azienda ospedaliera mediante linea telefonica. Scopo del sistema è quello di consentire ai medici di monitorare costantemente via web il paziente, evitando la tradizionale visita ospedaliera, rilevare eventuali anomalie cardiache e nel caso effettuare con tempestività la defibrillazione. L´autorità ha ribadito che per fornire il servizio è necessario il consenso informato dei pazienti. Ma ha soprattutto stabilito che il paziente dovrà poter ottenere in modo agevole la disattivazione sia del sistema remoto sia del funzionamento dell´etichetta Rfid contenuta nel dispositivo impiantato. Una delle criticità rilevate dal Garante riguarda il fatto che la società produttrice del sistema, designata dall´ospedale quale responsabile del trattamento, si avvale di operatori esterni in subappalto, a cui sono delegate alcune attività di manutenzione e sicurezza del sistema. Considerata la delicatezza dei dati ai quali gli operatori esterni possono avere accesso, il Garante ha disposto che la società possa avvalersi di terzi soltanto previo accordo con l´ospedale. I soggetti terzi che accedono ai dati devono essere sottoposti ai medesimi obblighi a cui è tenuta la società fornitrice come responsabile del trattamento. Qualora i dati clinici memorizzati nel sistema vengano messi a disposizione anche di altri operatori sanitari che abbiano in cura il paziente, questi ultimi, quali titolari autonomi del trattamento, sono obbligati a raccogliere preventivamente il libero e specifico consenso del paziente. Il Garante ha prescritto che tutte le operazioni di trattamento dei dati effettuate dall´Azienda ospedaliera, dal fornitore del servizio o dagli operatori esterni coinvolti debbano essere registrate. Le informazioni sugli accessi devono essere fornite al paziente su sua richiesta. L´autorità ha inoltre prescritto rigorose misure di sicurezza a protezione dei dati sanitari: in particolare, credenziali di autenticazione del sistema remoto e strumenti di gestione delle utenze che prevedano la possibilità di effettuare controlli degli accessi con l´attivazione di sistemi di alert |
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PRIVACY: AI SINDACATI NIENTE DATI NOMINATIVI SUL LAVORO STRAORDINARIO |
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Le pubbliche amministrazioni, in assenza di disposizioni normative o di specifiche clausole contenute in contratti collettivi, non possono comunicare le ore di straordinario svolte da un dipendente indicando anche il nome e il cognome dello stesso. Le comunicazioni vanno fatte in forma anonima o aggregata. Lo ha stabilito [doc. web n. 2288474] il Garante privacy che ha imposto al Dipartimento dell´amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia di interrompere la trasmissione alle organizzazioni sindacali dei dati relativi alle ore di straordinario effettuate da un commissario di polizia penitenziaria. L´interessato, non iscritto ad alcun sindacato, aveva lamentato la comunicazione in forma nominativa, alle organizzazioni sindacali del comparto sicurezza, del prospetto concernente le prestazioni di lavoro straordinario da lui effettuate e le relative competenze. Ritenendo violate le norme sulla privacy, aveva chiesto che il Dipartimento cessasse tale trattamento illecito dei dati. Non avendo ottenuto riscontro, si era è rivolto dunque all´Autorità chiedendo che i suoi dati personali non venissero né trasmessi alle OO.SS., né affissi e quindi diffusi in locali comuni. L´istruttoria condotta dal Garante ha messo in luce come nel caso in questione non esistono né disposizioni normative né disposizioni contenute in accordi sindacali di settore che legittimino la trasmissione in forma nominativa di informazioni relative alle ore di straordinario svolto dai dipendenti dell´Amministrazione penitenziaria: l´Accordo Nazionale quadro per il personale del Corpo di polizia penitenziaria, risalente al 2004, prevede infatti solo la comunicazione in forma anonima dei prospetti delle prestazioni di lavoro straordinario.
Nella sua decisione l´Autorità ha richiamato inoltre quanto previsto dalle Linee guida del Garante del 14 giugno 2007 (doc. web n. 1417809), sul trattamento dei dati personali nel rapporto di lavoro pubblico, le quali stabiliscono che l´amministrazione pubblica può fornire alle organizzazioni sindacali dati numerici e aggregati e non anche quelli riferibili ad uno o più lavoratori individuabili". Nell´accogliere dunque il ricorso dell´interessato e ritendendo pertanto illecito il trattamento effettuato dall´amministrazione penitenziaria, l´Autorità ha disposto il blocco dell´ulteriore comunicazione dei dati del dipendente addebitando le spese del ricorso al Ministero |
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PRIVACY: SÌ ALLA TELEVIGILANZA, MA SENZA VIOLARE I DIRITTI DEI LAVORATORI - BLOCCATO IMPIANTO VIDEO DI UN´ IMPORTANTE CATENA COMMERCIALE |
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Il servizio di televigilanza, con scopo di anti-taccheggio e anti-rapina, non deve consentire forme di controllo a distanza dei lavoratori. Gli esercenti devono segnalare adeguatamente la presenza di telecamere e affidare la gestione del servizio a guardie giurate. Queste le indicazioni del Garante [doc. Web n. 2291893] che, in seguito all´attività ispettiva condotta dalla Questura di Genova, ha bloccato il trattamento dei dati effettuato tramite il sistema di videosorveglianza installato in un esercizio di un´importante catena commerciale. Dalle verifiche effettuate è emerso che la società aveva violato in più punti l´accordo che era stato sottoscritto con i sindacati per l´installazione delle telecamere sul luogo di lavoro. Una videocamera, ad esempio, invece che essere utilizzata per finalità di sicurezza, inquadrava il sistema di rilevazione degli accessi dei dipendenti, consentendo quindi – in contrasto con quanto sottoscritto dall´azienda e con lo stesso Statuto dei lavoratori - il controllo a distanza dei lavoratori. Le immagini registrate risultavano poi accessibili con modalità diverse da quelle concordate. Non erano in regola neppure i cartelli con l´informativa semplificata utilizzati per segnalare la presenza dell´impianto di videosorveglianza: non solo non contenevano tutte le informazioni necessarie, ma erano in numero esiguo e, a volte, collocati in posizione non chiaramente visibile (ad es. Alle spalle di un espositore). Dai riscontri della Questura è emerso, inoltre, che l´impianto di videosorveglianza era stato affidato in gestione a un consorzio di ditte esterne che utilizzava per il servizio personale non qualificato. Chi effettuava il controllo delle immagini era, infatti, privo della licenza prefettizia di "guardia particolare giurata", necessaria per poter svolgere funzioni anti-rapina e anti-taccheggio, e non era stato designato incaricato del trattamento dei dati personali. Il Garante della privacy ha imposto all´esercente di provvedere a sanare tutte le violazioni riscontrate e ha bloccato il trattamento dei dati effettuato attraverso il sistema di videosorveglianza. Ha anche trasmesso copia degli atti e del provvedimento all´autorità giudiziaria al fine di valutare gli eventuali illeciti penali commessi |
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PRIVACY: IL GARANTE SCRIVE A WHATSAPP PER CHIEDERE COME UTILIZZA I DATI DEGLI UTENTI ITALIANI
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Il Garante per la privacy ha chiesto alla società californiana che fornisce Whatsapp di comunicare ogni informazione utile per valutare il rispetto della privacy degli utenti italiani. L´intervento dell´Autorità trae origine dagli esiti di un recente rapporto dei Garanti per la privacy canadesi e olandesi dal quale sono emerse alcune caratteristiche nel funzionamento dell´applicazione sviluppata dalla società che potrebbero comportare implicazioni e rischi specifici per la protezione dei dati personali degli utenti. Questi ultimi, infatti, per poter usufruire del servizio di messaggistica, devono consentire che l´applicazione acceda alla rubrica dei contatti presente sul proprio smartphone o sul proprio tablet e cioè a dati personali di soggetti terzi, anche però di coloro che non hanno scaricato l´applicazione e non utilizzano quindi il servizio. Nel rapporto sono state inoltre ipotizzate possibili criticità nelle misure di sicurezza adottate, in particolare riguardo alla conservazione dei dati trattati e al loro accesso da parte di terzi non autorizzati. Il Garante ha dunque scritto a Whatsapp Inc. Chiedendo di chiarire una serie di aspetti: quali tipi di dati personali degli utenti vengono raccolti e usati al momento dell´iscrizione e nel corso dell´erogazione dei servizi di messaggistica e condivisione file; come vengono conservati e protetti questi dati; le misure adottate (es. Cifratura, generazione di credenziali etc.) per limitare il rischio di accesso da parte di soggetti diversi dagli interessati e, in particolare, se siano stati previsti sistemi contro gli attacchi tipo "man in the middle", volti ad acquisire illecitamente il contenuto dei messaggi scambiati mediante l´applicazione. L´autorità ha inoltre chiesto di sapere per quanto tempo vengono conservati i dati degli utenti e il numero degli account riferibili a quelli italiani. Anche questo ultimo intervento dell´Autorità, al pari di altre iniziative adottate di recente, mira a garantire i diritti dei cittadini pur nell´ampio e complesso contesto di servizi ormai globalizzati |
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GIUSTIZIA EUROPEA: RESPONSABILITÀ EXTRACONTRATTUALE DELL’UNIONE EUROPEA – COMUNICAZIONE DELLE CONCLUSIONI DELL’OLAF AD AUTORITÀ NAZIONALI – COSTITUZIONE DI GARANZIE |
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La Inalca e la Cremonini sono attive nella produzione e distribuzione di prodotti per la ristorazione e nella ristorazione. Sono state oggetto di un’indagine condotta dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf) sulla legittimità di talune restituzioni all’esportazione di carne bovina destinata alla Giordania. Contro le decisioni di recupero delle restituzioni relative alle esportazioni controverse, le società hanno proposto ricorsi amministrativi che sono stati respinti nel 2000. Nel 1999 è stato aperto un procedimento penale a loro carico e le società hanno dovuto costituire due polizze fideiussorie per ottenere la sospensione del procedimento di recupero delle somme. La denuncia penale è stata archiviata nel 2002 e nel 2004 il Tribunale civile di Roma ha accertato che le censure nei confronti delle due società erano infondate e che le somme reclamate non erano dovute. Di conseguenza, è stata annullata la decisione di recupero e sono state svincolate le polizze fideiussorie. Nel 2005 la Inalca ha chiesto alla Commissione il risarcimento del danno subito a seguito dell’indagine. Nel 2006, le società hanno proposto ricorso dinanzi al Tribunale chiedendo che fosse dichiarata la responsabilità extracontrattuale della Comunità e che la Commissione fosse condannata al risarcimento dei danni, valutati in Eur 2 861 000, nonché al pagamento degli interessi compensativi connessi e degli eventuali interessi moratori. In merito alla condizione del nesso di causalità, il Tribunale ha constatato che il danno derivante dalla costituzione delle polizze fideiussorie non era stato direttamente causato dalla lettera dell’Olaf del 6 luglio 1998. Di conseguenza, il ricorso per risarcimento veniva respinto. Il Tribunale ha ricordato la giurisprudenza secondo la quale il termine di prescrizione decorre, per quanto riguarda le garanzie bancarie, a partire dal momento in cui si sono prodotte le spese generate dalla costituzione di tali garanzie e ha constatato che le spese legate alle due polizze fideiussorie si sono prodotte a partire dalla data di conclusione di tali contratti, ossia il 30 novembre 1999, dal momento che il primo premio annuale era dovuto proprio in tale data. In merito al supposto nesso di causalità tra il fatto generatore contestato alla Commissione e il danno lamentato, il Tribunale aveva constatato che le decisioni di recupero del 15 gennaio 1999 non contenevano alcun obbligo di costituire garanzie. Nella causa proposta dinanzi alla Corte per annullare la sentenza del Tribunale, la Corte, con la sua sentenza odierna, dichiara che correttamente il Tribunale ha stabilito che il pregiudizio arrecato alla reputazione commerciale delle società a causa del coinvolgimento in procedimenti amministrativi, civili e penali, si è verificato al momento dell’avvio di tali procedimenti (1999 e 2000) e che, di conseguenza, i diritti relativi si sono prescritti. La Corte dichiara che giustamente il Tribunale ha potuto dedurre che non esiste alcun nesso di causalità diretto tra le decisioni di recupero ed il preteso danno. Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce che le impugnazioni sono respinte. (Sentenza nella causa C-460/09 P, Inalca Spa, Cremonini Spa contro Commissione) st1\:*{behavior:url(#ieooui) } |
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GIUSTIZIA EUROPEA: COMPENSAZIONE PER RITARDO VOLO SUPERIORE A TRE ORE ALLA DESTINAZIONE FINALE |
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I passeggeri di un volo con una o più coincidenze hanno diritto a compensazione pecuniaria qualora il loro volo raggiunga la destinazione finale con un ritardo di durata pari o superiore a tre ore Il fatto che il ritardo del volo iniziale non abbia superato i limiti stabiliti dal diritto dell’Unione non incide sul diritto a compensazione pecuniaria Il regolamento in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri riconosce loro, in linea di principio, assistenza in caso di ritardo del loro volo. La Corte di giustizia, nella sua sentenza Sturgeon ha dichiarato inoltre che i passeggeri, il cui volo abbia subìto un ritardo, possono parimenti ottenere una compensazione pecuniaria, ancorché tale diritto sia espressamente riconosciuto dal regolamento soltanto per il caso di voli cancellati e che raggiungano la loro destinazione finale con un ritardo di durata pari o superiore a tre ore rispetto all’orario di arrivo previsto. Siffatta compensazione pecuniaria forfetaria, d’importo compreso tra Eur 250 ed Eur 600 in funzione della lunghezza del volo, è determinata in base all’ultima destinazione che il passeggero raggiunga dopo l’orario previsto. La sig.Ra Folkerts era munita di una prenotazione per un volo da Brema (Germania) a Asunción (Paraguay), via Parigi (Francia) e San Paolo (Brasile). Il volo da Brema con destinazione Parigi, effettuato dalla compagnia Air France, subiva un ritardo alla partenza e l’aeromobile decollava con un ritardo di circa due ore e mezza rispetto all’orario di partenza iniziale. Di conseguenza la sig.Ra Folkerts perdeva la sua coincidenza a Parigi per San Paolo, effettuata parimenti dall’Air France, che trasferiva successivamente tale prenotazione su un volo successivo per la medesima destinazione. A causa del suo arrivo tardivo a San Paolo, la sig.Ra Folkerts perdeva la coincidenza per Asunción originariamente prevista e ivi giungeva con un ritardo di undici ore rispetto all’orario di arrivo inizialmente previsto. Poiché l’Air France veniva condannata a corrispondere alla sig.Ra Folkerts un risarcimento danni, comprensivo, in particolare, della somma di Eur 600 ai sensi del regolamento, detta compagnia proponeva ricorso dinanzi al Bundesgerichtshof (Corte suprema federale tedesca). Tale giudice chiede alla Corte di giustizia se il passeggero aereo abbia diritto a compensazione pecuniaria qualora il suo volo abbia subìto un ritardo alla partenza inferiore a tre ore ma abbia raggiunto la sua destinazione finale con un ritardo di durata pari o superiore a tre ore rispetto all’orario di arrivo inizialmente previsto. Nella sua odierna sentenza la Corte rammenta innanzitutto che il regolamento intende riconoscere diritti minimi ai passeggeri del trasporto aereom, allorché questi ultimi si trovano di fronte a tre tipi di situazioni distinte: al negato imbarco non consenziente, alla cancellazione del loro volo e, infine, al ritardo del loro volo. Successivamente la Corte si richiama alla sua giurisprudenza secondo la quale i passeggeri di voli ritardati che subiscono un ritardo prolungato – ovvero di durata pari o superiore a tre ore – analogamente ai passeggeri il cui volo iniziale sia stato cancellato e ai quali il vettore aereo non è in grado di proporre un riavviamento alle condizioni di cui al regolamento, dispongono di un diritto a compensazione pecuniaria dal momento che patiscono una perdita di tempo irreversibile e, di conseguenza, un disagio analoghi (sentenze Sturgeon, Nelson). Poiché detto disagio si concretizza, per quanto riguarda i voli ritardati, all’arrivo alla destinazione finale, il ritardo dev’essere valutato rispetto all’orario di arrivo previsto a tale destinazione, ovvero la destinazione dell’ultimo volo. Ne consegue che, in caso di volo con una o più coincidenze, la compensazione pecuniaria forfetaria dev’essere determinata in funzione del ritardo rispetto all’orario d’arrivo previsto alla destinazione finale, da intendersi come la destinazione dell’ultimo volo sul quale si è imbarcato il passeggero. La soluzione opposta costituirebbe una disparità di trattamento ingiustificata, dal momento che si perverrebbe a considerare diversamente i passeggeri di voli con ritardo all’arrivo alla loro destinazione finale di durata pari o superiore a tre ore rispetto all’orario previsto, a seconda del fatto che il ritardo rispetto all’orario di partenza previsto abbia o meno superato i limiti stabiliti dal regolamento, e ciò benché il loro disagio risultante da una perdita di tempo irreversibile sia identico. La Corte precisa a tal proposito che la compensazione pecuniaria forfetaria che spetta ad un passeggero ai sensi del regolamento, allorché il suo volo raggiunga la sua destinazione finale con un ritardo di durata pari o superiore a tre ore rispetto all’orario di arrivo previsto, non è subordinata al rispetto dei presupposti che danno diritto alle misure di assistenza previste in caso di ritardo del volo alla partenza. Per quanto riguarda le conseguenze finanziarie per i vettori aerei, la Corte rileva che queste possono essere attenuate, innanzitutto, qualora il vettore sia in grado di dimostrare che il ritardo prolungato è dovuto a circostanze eccezionali che non si sarebbero potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso, ossia circostanze che sfuggono all’effettivo controllo del vettore aereo (sentenza Wallentin-hermann). Successivamente, gli obblighi assolti in forza del regolamento non compromettono il diritto dei vettori di chiedere il risarcimento a qualsiasi soggetto che abbia cagionato il ritardo, compresi i terzi (sentenza Nelson e a.). Ancora, secondo il regolamento, l’importo della compensazione pecuniaria, fissato in Eur 250, 400 e 600 in funzione della lunghezza dei voli considerati, può essere ulteriormente ridotto del 50%qualora il ritardo rimanga, per un volo superiore a 3 500 km, inferiore a quattro ore. La Corte ricorda altresì che l’obiettivo di protezione dei consumatori, e, quindi, dei passeggeri del trasporto aereo, è idoneo a giustificare conseguenze economiche negative, anche considerevoli, per gli operatori economici. Di conseguenza, la Corte risponde dichiarando che il passeggero di un volo con una o più coincidenze ha diritto a compensazione pecuniaria qualora subisca un ritardo alla partenza di durata inferiore ai limiti stabiliti dal regolamento, ma abbia raggiunto la sua destinazione finale con un ritardo di durata pari o superiore a tre ore rispetto all’orario di arrivo previsto. Infatti, detta compensazione non è subordinata all’esistenza di un ritardo alla partenza. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 26 febbraio 2013, Sentenza nella causa C‑11/11 Air France Sa / Heinz‑gerke Folkerts e Luz‑tereza Folkerts) st1\:*{behavior:url(#ieooui) } |
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GIUSTIZIA EUROPEA: TRASPORTO FERROVIARIO - UNGHERIA E SPAGNA NON RISPETTANO GLI OBBLIGHI DEL DIRITTO UE |
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L´ungheria e la Spagna sono venute meno agli obblighi derivanti dal diritto dell´Unione nel settore del trasporto ferroviario La normativa austriaca e la normativa tedesca sono invece conformi al diritto dell´Unione In seguito alla liberalizzazione del settore ferroviario nell´Unione europea, gli Stati membri sono tenuti a garantire alle imprese di tale settore un accesso equo e non discriminatorio alla rete ferroviaria. L´esercizio di funzioni considerate essenziali non può più essere assicurato dalle imprese ferroviarie storiche degli Stati membri, ma deve essere affidato a gestori indipendenti. Tali funzioni comprendono, in sostanza, il rilascio di licenze alle imprese ferroviarie che conferiscono l’accesso alla rete ferroviaria, l’assegnazione delle linee ferroviarie e la determinazione dei diritti che devono essere versati dalle imprese di trasporto per l’utilizzo dell’infrastruttura. Le presenti cause si inseriscono in una serie di ricorsi per inadempimento proposti dalla Commissione nei confronti di vari Stati membri per l´inosservanza degli obblighi derivanti dalle direttive sul funzionamento del settore ferroviario. La Corte di giustizia esaminare in queste cause i ricorsi diretti contro l´Ungheria, la Spagna, l´Austria e la Germania. C-473/10 Commissione/ungheria Nell´ambito dell´assegnazione delle linee ferroviarie, la Commissione addebita all´Ungheria di aver affidato la gestione del traffico alle due imprese ferroviarie storiche (Máv e Gysev) e non ad un organismo indipendente. Nella sua sentenza odierna, la Corte constata che la funzione essenziale dell´assegnazione delle linee ferroviarie comprende attività di natura amministrativa riguardanti sostanzialmente la programmazione, la determinazione dell’orario di servizio e l’assegnazione di singole linee ferroviarie ad hoc. Invece, la gestione del traffico comprende attività che rientrano nella gestione dell’infrastruttura e consiste non già nell’adozione di decisioni relative all’assegnazione di linee ferroviarie, ma nell’attuazione o nell’esecuzione di tali decisioni. Di conseguenza, la gestione del traffico non può essere considerata come una funzione essenziale e può quindi essere affidata, come avviene in Ungheria, a imprese ferroviarie. Parimenti, mentre la determinazione del diritto che deve essere versato dalle imprese di trasporto per l´utilizzo della rete costituisce una funzione essenziale, la semplice riscossione del diritto e la sua fatturazione possono essere affidate agli operatori storici. La Corte rileva invece che l´Ungheria è venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dalla direttiva 2001/14 in quanto non ha definito le condizioni che garantiscono l´equilibrio finanziario dei gestori dell´infrastruttura, né ha adottato gli incentivi per ridurre i costi e i diritti legati all´esercizio e all´utilizzo dell´infrastruttura. Parimenti, la Corte conclude che l´Ungheria ha violato la direttiva, non avendo garantito che i diritti riscossi dai gestori dell´infrastruttura siano pari ai costi direttamente legati alla prestazione del servizio ferroviario. C-483/10 Commissione/spagna La Corte ricorda innanzitutto che sebbene gli Stati membri siano competenti ad istituire un quadro normativo per l’imposizione dei diritti, essi devono tuttavia rispettare l’indipendenza di gestione del gestore dell’infrastruttura e affidare al medesimo il compito di determinare i diritti dovuti per l’utilizzo della rete ferroviaria. A tal proposito, la Corte dichiara che riservando allo Stato il diritto di determinare questi diritti, la Spagna non si è conformata alla direttiva 2001/14. La Corte sottolinea poi che gli Stati membri sono tenuti ad includere nel sistema di imposizione dei diritti di utilizzo dell’infrastruttura un sistema di miglioramento delle prestazioni, che consenta di ridurre al minimo le perturbazioni e di migliorare le prestazioni della rete ferroviaria. Ora, anche se la normativa spagnola prevede la possibilità di tener conto di considerazioni relative al miglioramento delle prestazioni della rete e allo sviluppo della medesima, essa non basta tuttavia a istituire effettivamente un sistema che permetta il miglioramento delle prestazioni. La Corte afferma anche che la normativa spagnola, che conferisce agli enti pubblici, in caso di accavallamento delle domande di un medesimo segmento orario o di saturazione della rete, il diritto di fissare priorità di ripartizione in relazione ai diversi tipi di servizi su ciascuna linea, tenendo conto, in particolare, dei servizi di trasporto merci, è contraria alla direttiva 2001/14. Questa prevede infatti espressamente che devono stabilire regole specifiche di ripartizione di capacità gli Stati membri stessi e che solo il gestore dell´infrastruttura può, in taluni casi, accordare la priorità a determinati servizi. Infine, la Corte constata che la normativa spagnola, adottando il criterio dell’utilizzazione effettiva della rete come criterio di ripartizione delle capacità dell’infrastruttura in caso di accavallamento delle domande di un medesimo segmento orario o di saturazione della la rete, è contraria alla direttiva 2001/14, in quanto la considerazione dell’utilizzazione effettiva della rete non è subordinata alla conclusione di un accordo quadro. Infatti, in virtù della direttiva 2001/14, la durata massima di utilizzo delle linee ferroviarie non può superare la vigenza di un orario di servizio, a meno che non sia stato concluso un accordo quadro tra il gestore dell’infrastruttura e l’impresa ferroviaria, conformemente alla direttiva. Inoltre, la Corte afferma che un tale criterio di ripartizione è discriminatorio poiché porta a mantenere i vantaggi per gli utenti abituali e al blocco dell’accesso alle fasce orarie più attraenti per i nuovi entranti. C-555/10 Commissione/austria e C-556/10 Commissione/germania La Corte respinge integralmente i ricorsi proposti dalla Commissione nei confronti dell´Austria e della Germania La Commissione ha fatto valere che le direttive non consentivano agli Stati membri di integrare il gestore indipendente nel quadro di una holding che deteneva anche imprese ferroviarie, a meno che non fossero previste misure supplementari per garantire l´indipendenza della gestione. Ora, a parere della Commissione, l´Austria e la Germania, nell’integrare in una holding i loro gestori di infrastruttura (rispettivamente Öbb-infrastruktur e Deutsche Bahn Netz), non hanno adottato tali misure. La Corte respinge tale censura. Essa ricorda che, per poter assumere le funzioni di imposizione dei diritti di utilizzo e di ripartizione, l’Öbb-infrastruktur e la Deutsche Bahn Netz devono essere indipendenti dalla loro holding rispettiva sul piano giuridico, organizzativo e decisionale. Risulta che tali due società dispongono di una personalità giuridica distinta, di organi nonché di risorse proprie diversi da quelli della loro holding rispettiva. Peraltro, la Corte constata che le misure supplementari fatte valere dalla Commissione non sono menzionate nelle direttive citate, per cui la loro adozione non può essere imposta agli Stati membri. La Corte respinge anche l´argomento della Commissione secondo cui la Germania sarebbe venuta meno ai suoi obblighi in materia di imposizione dei diritti di utilizzo e di istituzione di un meccanismo diretto a limitare i costi legati al servizio di infrastruttura o il livello dei diritti d’accesso. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 28 febbraio 2013Sentenze nelle cause C-473/10, C-483/10, C-555/10 e C-556/10, Commissione / Ungheria, Spagna, Austria e Germania) |
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GIUSTIZIA EUROPEA: FRODE FISCALE AMMESSO CUMULARE SANZIONE FISCALE E SANZIONE PENALE |
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La Corte precisa l’ambito di applicazione della Carta dei diritti fondamentali ed interpreta il principio del ne bis in idem Tale principio non osta a che uno Stato membro infligga, per gli stessi fatti di frode fiscale, una sanzione fiscale e successivamente una sanzione penale, qualora la sanzione fiscale non sia di natura penale Gli Stati membri e altri 20 Stati europei hanno ratificato la Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali (Cedu). Il rispetto degli obblighi risultanti da tale Convenzione è garantito dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu), la cui sede è a Strasburgo. Parallelamente, l’Unione si è dotata di una Carta dei diritti fondamentali che, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ha carattere vincolante. Laddove un diritto fondamentale sia riconosciuto tanto dalla Carta quanto dalla Cedu, la Carta dispone che esso ha lo stesso significato e la stessa portata di quelli conferitigli dalla Cedu. Uno dei diritti riconosciuti dalla Carta e dalla Cedu è il diritto fondamentale di non essere giudicato o condannato penalmente due volte per lo stesso reato (principio del ne bis in idem). È a proposito di tale principio del ne bis in idem che lo Haparanda tingsrätt (tribunale di primo grado di Haparanda, Svezia) si è chiesto se possano essere avviati procedimenti penali per frode fiscale nei confronti di un imputato, una volta che gli sia già stata inflitta una sanzione fiscale per gli stessi fatti di falsa dichiarazione. La causa riguarda il sig. Hans Åkerberg Fransson, un lavoratore autonomo che si occupa principalmente di pesca e di vendita del pescato. Egli esercita la propria attività nelle acque del fiume Kalix (Svezia), pur vendendo il pescato sia in territorio svedese che finlandese. L’amministrazione tributaria svedese ha accusato il sig. Åkerberg Fransson di essere venuto meno ai propri obblighi dichiarativi in materia fiscale nel corso degli esercizi 2004 e 2005, circostanza che ha provocato una perdita di gettito fiscale relativo a diverse imposte. Con decisione del 24 maggio 2007, l’amministrazione tributaria svedese ha inflitto al sig. Åkerberg Fransson sanzioni fiscali per gli esercizi 2004 e 2005. Nel 2009 lo Haparanda tingsrätt ha avviato un procedimento penale nei confronti del sig. Åkerberg Fransson. Il pubblico ministero lo accusa di aver commesso un reato di frode fiscale (per gli anni 2004 e 2005) passibile, secondo il diritto svedese, di una pena detentiva non superiore a sei anni. I fatti di falsa dichiarazione all’origine di tale procedimento sono gli stessi che hanno dato luogo alle sanzioni fiscali. Il tribunale svedese si chiede se l’azione penale avviata nei confronti del sig. Åkerberg Fransson debba essere considerata inammissibile per il fatto che egli è già stato sanzionato per gli stessi fatti. Tale giudice si interroga anche circa la compatibilità con il diritto dell’Unione della prassi giudiziaria svedese che subordina l’obbligo di disapplicare ogni disposizione che sia in contrasto con un diritto fondamentale garantito dalla Cedu e dalla Carta alla condizione che tale contrasto risulti chiaramente dai testi interessati o dalla relativa giurisprudenza. Nella sua odierna sentenza, la Corte ricorda anzitutto che, ai sensi della Carta, la medesima si applica agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. In tal senso, la Carta conferma la giurisprudenza della Corte secondo cui i diritti fondamentali garantiti dalla Carta devono essere rispettati quando una normativa nazionale rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Non possono quindi esistere casi rientranti nel diritto dell’Unione senza che tali diritti fondamentali trovino applicazione. L’applicabilità del diritto dell’Unione implica quella dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta. La Corte precisa che sanzioni fiscali e procedimenti penali per frode fiscale dovuti all’inesattezza delle informazioni fornite in materia di Iva costituiscono un’attuazione di diverse disposizioni del diritto dell´Unione concernenti l’Iva e la protezione degli interessi finanziari dell’Unione. Pertanto la Carta - e quindi il principio del ne bis in idem in essa contenuto - sono applicabili alla situazione del sig. Åkerberg Fransson e possono essere interpretati dalla Corte. Ciò posto, quando un giudice di uno Stato membro sia chiamato a verificare la conformità ai diritti fondamentali di una disposizione o di un provvedimento nazionale che, in una situazione in cui l’operato degli Stati membri non è del tutto determinato dal diritto dell’Unione, attua tale diritto, resta consentito alle autorità e ai giudici nazionali applicare gli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali, a patto che tale applicazione non comprometta il livello di tutela previsto dalla Carta, come interpretata dalla Corte, né il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione. Per quanto riguarda il principio del ne bis in idem, la Corte rileva che esso non osta a che uno Stato membro imponga, per le medesime violazioni di obblighi dichiarativi in materia di Iva, una combinazione di sanzioni fiscali e penali. Infatti, per assicurare la riscossione di tutte le entrate provenienti dall’Iva e tutelare in tal modo gli interessi finanziari dell’Unione, gli Stati membri dispongono di una libertà di scelta delle sanzioni applicabili. Esse possono quindi essere inflitte sotto forma di sanzioni amministrative, di sanzioni penali o di una combinazione delle due. Solo qualora la sanzione fiscale sia di natura penale e sia divenuta definitiva ai sensi della Carta il principio del ne bis in idem osta a che procedimenti penali per gli stessi fatti siano avviati nei confronti di una stessa persona. La natura penale di sanzioni fiscali dev’essere valutata in base a tre criteri. Il primo consiste nella qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, il secondo nella natura stessa dell’illecito e il terzo nella natura nonché nel grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere. Spetta al giudice nazionale valutare, alla luce di tali criteri, se occorra procedere ad un esame del cumulo di sanzioni fiscali e penali previsto dalla legislazione nazionale sotto il profilo degli standard nazionali, circostanza che potrebbe eventualmente indurlo a considerare tale cumulo contrario a detti standard, a condizione che le rimanenti sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive. La Corte rileva poi che il diritto dell’Unione non disciplina i rapporti tra la Cedu e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri e nemmeno determina le conseguenze che un giudice nazionale deve trarre nell’ipotesi di conflitto tra i diritti garantiti da tale convenzione ed una norma di diritto nazionale. La Corte ricorda tuttavia le conseguenze che il giudice nazionale deve trarre da un conflitto tra disposizioni nazionali e diritti garantiti dalla Carta. Il giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le norme di diritto dell’Unione ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale. Infatti, sarebbe incompatibile con le esigenze inerenti alla natura stessa del diritto dell’Unione qualsiasi disposizione nazionale o qualsiasi prassi, legislativa, amministrativa o giudiziaria, che porti ad una riduzione dell´efficacia del diritto dell’Unione per il fatto che sia negato al giudice, competente ad applicare tale diritto, il potere di fare, all’atto stesso di tale applicazione, tutto quanto è necessario per disapplicare le disposizioni legislative nazionali che eventualmente siano d´ostacolo alla piena efficacia delle norme dell’Unione. Ne risulta che il diritto dell’Unione osta ad una prassi giudiziaria che subordina l’obbligo, per il giudice nazionale, di disapplicare ogni disposizione che sia in contrasto con un diritto fondamentale garantito dalla Carta alla condizione che tale contrasto risulti chiaramente dal tenore della medesima o dalla relativa giurisprudenza, dal momento che essa priva il giudice nazionale del potere di valutare pienamente, se del caso con la collaborazione della Corte, la compatibilità di tale disposizione nazionale con la Carta medesima. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 26 febbraio 2013, Sentenza nella causa C‑617/10, Åklagaren / Hans Åkerberg Fransson) st1\:*{behavior:url(#ieooui) } |
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GIUSTIZIA EUROPEA: GRECIA: RECUPERO AIUTI A CANTIERI NAVALI |
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La Corte conferma la validità della decisione della Commissione secondo cui la Grecia doveva recuperare gli aiuti, concessi ai cantieri navali di Skaramangkas, incompatibili con il mercato comune Il Trattato offre agli Stati gli strumenti per salvaguardare gli interessi essenziali della propria sicurezza, senza peraltro consentir loro di alterare la concorrenza per i prodotti non destinati a fini specificamente militari. La Ellinika Nafpigeia Ae («En») è un importante cantiere navale situato in Grecia il quale, nel 1985, è stato acquistato dalla Elliniki Trapeza Viomichanikis Anaptixeos Ae (Banca greca di sviluppo industriale Spa; «Etva»), di proprietà dello Stato. Nel contesto della sua privatizzazione, nel 2001, le azioni della En sono state vendute al consorzio delle società tedesche Howaldtswerke-deutsche Werft Gmbh (laHdw») e Ferrostaal Gmbh, che hanno creato la Elliniki Nafpigokataskevastiki Ae Chartofylakeiou (Greek Naval Shipyard Holding; «Gnsh») per amministrare le loro partecipazioni nella En. Nel 2005, la Thyssenkrupp Ag ha rilevato la Hdw e la Gnsh e, pertanto, detiene la totalità delle quote sociali e il controllo dei cantieri navali. Attualmente, questi producono essenzialmente navi militari. A partire dal 1992, il governo ellenico ha concesso ai cantieri navali vari aiuti, taluni dei quali - in applicazione di una direttiva concernente gli aiuti al funzionamento a favore della costruzione navale - sono stati approvati dalla Commissione. Per contro, nel 2006, la Commissione ha imposto alla Grecia di recuperare dalla En, entro il termine di quattro mesi, sedici aiuti, maggiorati degli interessi. Inoltre, la Grecia doveva comunicare, entro un termine di due mesi, l´importo da recuperare, la descrizione dettagliata delle misure già adottate nonché la prova della richiesta di rimborso degli aiuti. Il governo doveva altresì informare la Commissione dei progressi della procedura nazionale di attuazione della decisione. I cantieri navali hanno quindi proposto ricorso avverso la suddetta decisione dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, che, con sentenza pronunciata nel 2012, ha respinto in toto gli argomenti addotti. (3) Nella presente impugnazione, la En ha contestato tale sentenza, lamentando dinanzi alla Corte di giustizia che il Tribunale aveva commesso un errore di diritto allorché aveva ritenuto che gli aiuti avessero giovato all´attività di produzione di materiale civile, senza esaminarli caso per caso, per verificare quanto fosse necessario all´esercizio dell´attività dei cantieri a fini militari. La En ha affermato che i cantieri costituiscono un´impresa complessa e che l´attività a fini civili è necessaria alla redditività dell´attività, predominante, nel settore militare. Di conseguenza, l´interruzione completa dell´attività civile dei cantieri navali comprometterebbe la prosecuzione della produzione militare. Nella sentenza odierna, la Corte ricorda che il Trattato consente agli Stati membri di adottare le misure necessarie alla tutela degli interessi essenziali della propria sicurezza e che si riferiscano alla produzione o al commercio di armi, munizioni e materiale bellico. Il riconoscimento di tale tutela, peraltro, non deve alterare la concorrenza per quanto riguarda i prodotti che non siano destinati a fini specificamente militari. Il Trattato stabilisce una distinzione rigorosa tra la produzione o il commercio del materiale bellico e qualunque altra attività economica, e ciò anche allorché una stessa impresa svolga attività in entrambi i settori, militare e civile. La Corte rileva che, pertanto, a buon diritto il Tribunale ha respinto l´argomento con cui la En aveva tentato di dimostrare che, quando un´attività a fini civili è un «corollario necessario» dell´attività di produzione militare, qualunque misura di aiuto dovrebbe essere esclusa dal campo di applicazione del Trattato. In modo analogo, esso ha giustamente concluso che solo le misure di aiuto riconducibili all´attività a carattere militare devono essere valutate secondo la procedura speciale prevista dal Trattato. Peraltro, la ripartizione tra attività militari e civili (rispettivamente nella misura del 75% e del 25%), su cui si è fondata la Commissione, è stata confermata dalle autorità elleniche e, in ogni caso, le valutazioni operate dal Tribunale hanno natura fattuale e, quindi, esulano dal controllo giurisdizionale nell´ambito della presente impugnazione. Infine - prosegue la Corte - il Tribunale ha constatato a buon diritto che, nell´ambito della procedura amministrativa condotta dalla Commissione, la En non godeva di diritti della difesa (al pari di uno Stato membro), ma solo del diritto di esservi associata (cosa che si è effettivamente verificata). Per tutti questi motivi, la Corte respinge l´impugnazione della En nella sua interezza e conferma pertanto la validità della decisione della Commissione. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 28 febbraio 2013Sentenza nella causa C-246/12 P, Ellinika Nafpigeia Ae / Commissione europea) st1\:*{behavior:url(#ieooui) } |
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GIUSTIZIA EUROPEA: ILLEGITTIMO IL SISTEMA DI FORMAZIONE OBBLIGATORIA CHE STABILISCE CONDIZIONI DISCRIMINATORIE |
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Il diritto dell’Unione non ammette che un ordine professionale imponga ai propri membri un sistema di formazione obbligatoria che elimina parzialmente la concorrenza e stabilisce condizioni discriminatorie a danno dei suoi concorrenti. Il fatto che un ordine professionale sia tenuto per legge a porre in essere un sistema di formazione obbligatoria non sottrae le norme che esso emana dal campo di applicazione del diritto dell’Unione. L’ordine degli esperti contabili (Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, Otoc) è un ordine professionale portoghese, di natura associativa, presso il quale gli esperti contabili devono essere obbligatoriamente iscritti. L’otoc ha il compito di rappresentare i loro interessi professionali e di esercitare un controllo su tutti gli aspetti collegati con l’esercizio delle loro funzioni. In Portogallo, in forza di un regolamento adottato dall´Otoc, gli esperti contabili devono conseguire, nel corso dei due anni precedenti, una media annuale di 35 crediti di formazione erogata o omologata dall’Otoc. Il regolamento relativo al conseguimento di crediti formativi adottato parimenti dall´Otoc, prevede a tal fine due tipi di formazione. Da un lato, le formazioni istituzionali (di una durata massima di sedici ore), dirette a sensibilizzare i professionisti alle iniziative e alle modifiche legislative nonché alle questioni di ordine etico e deontologico: possono essere erogate esclusivamente dall´Otoc ed un esperto contabile deve conseguirne annualmente dodici. Dall’altro, le formazioni professionali (di una durata minima superiore a sedici ore), consistenti in sessioni di studio di tematiche inerenti alla professione. Tali formazioni possono essere erogate dall’Otoc, ma anche dagli organismi iscritti presso l’Otoc. La decisione di iscrivere o meno un organismo di formazione, nonché quella di omologare o meno le azioni formative proposte da tali organismi, spetta all’Otoc a seguito del versamento di una tassa. Con decisione del 7 maggio 2010, l’Autorità garante della concorrenza del Portogallo ha dichiarato che il regolamento sul conseguimento di crediti formativi aveva causato una distorsione della concorrenza sul mercato della formazione obbligatoria degli esperti contabili in tutto il territorio nazionale, in violazione del diritto dell´Unione. All’otoc è stata pertanto inflitta un´ammenda. Infatti, detto mercato sarebbe stato artificiosamente segmentato, riservando un terzo di esso all’Otoc (12 crediti su un totale di 35) ed imponendo sull´altra parte di tale mercato condizioni discriminatorie a svantaggio dei concorrenti dell´ordine. L´otoc ha chiesto l´annullamento della decisione dell’Autorità garante della concorrenza dinanzi ai giudici portoghesi. In tale contesto, il Tribunal da Relação de Lisboa (Corte d´appello di Lisbona), investito della controversia in appello, interroga la Corte di giustizia in merito all´applicazione del diritto dell´Unione in materia di concorrenza agli ordini professionali. Nella sua sentenza odierna, la Corte di giustizia dichiara, innanzi tutto, che un regolamento adottato da un ordine professionale quale l’Otoc deve essere considerato come una decisione presa da un´associazione di imprese ai sensi del diritto dell´Unione in materia di concorrenza. D’altra parte, la circostanza che un ordine professionale, quale l’Otoc, sia tenuto per legge a porre in essere un sistema di formazione obbligatoria destinato ai suoi membri non sottrae all´ambito di applicazione del diritto europeo in materia di concorrenza le norme da esso promulgate ed ad esso esclusivamente imputabili. Inoltre, il fatto che tali norme non abbiano influenza diretta sull’attività economica dei membri dell’ordine professionale non incide sull´applicabilità del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, dal momento che la violazione censurata concerne un mercato nel quale l´ordine esercita un´attività economica. In secondo luogo, la Corte dichiara che un regolamento adottato da un ordine professionale che pone in essere un sistema di formazione obbligatoria degli esperti contabili, al fine di garantire la qualità dei loro servizi, configura una restrizione della concorrenza vietata dal diritto dell´Unione, quando elimina la concorrenza per una parte sostanziale del mercato rilevante, a vantaggio di tale ordine professionale, ed impone, per l’altra parte di detto mercato, condizioni discriminatorie a danno dei concorrenti dell’ordine. Spetta al giudice del rinvio verificare dette circostanze. Pertanto, per verificare gli effetti del regolamento sulla concorrenza, il Tribunale portoghese dovrà analizzare anzitutto la struttura del mercato e valutare se sia giustificata la distinzione operata tra i due tipi di formazione in funzione del loro oggetto, degli organismi autorizzati ad erogarle e della durata. Quanto all´oggetto, taluni elementi sono atti a dimostrare che i due tipi di formazione potrebbero essere considerati, almeno in parte, interscambiabili (ad esempio, non è escluso che gli sviluppi legislativi possano essere oggetto non solo di una formazione istituzionale ma altresì di una formazione professionale). Quanto agli organismi autorizzati a impartire i due tipi di formazione, la Corte osserva che il regolamento riserva all’Otoc una parte non trascurabile del mercato della formazione obbligatoria degli esperti contabili. Quanto alla durata, il Tribunale dovrà verificare se sia precluso ad altri organismi di formazione proporre programmi di breve durata, circostanza che pregiudicherebbe il normale andamento della domanda e dell´offerta. Dovrà altresì esaminare se il fatto che gli esperti contabili debbano ottenere imperativamente un minimo di 12 crediti annuali di formazione istituzionale – mentre per la formazione professionale non è prevista alcuna prescrizione analoga – sia idoneo a conferire un vantaggio concorrenziale alle attività formative erogate dall´Otoc. Il Tribunale portoghese dovrà poi esaminare le condizioni di accesso al mercato degli organismi diversi dall´Otoc, per stabilire se siano assicurate pari opportunità tra i diversi operatori economici. La Corte rileva che la formazione professionale erogata dall’Otoc non è soggetta ad una procedura di omologazione – contrariamente a quanto avviene per gli organismi di formazione, per i quali, oltretutto, i requisiti da soddisfare sono formulati in modo poco preciso nel regolamento. In tal modo, l´Otoc si è investito del potere di pronunciarsi in modo unilaterale sulle domande di iscrizione o di omologazione senza che tale potere sia corredato da limiti, obblighi o controlli, circostanza che potrebbe condurlo a falsare la concorrenza favorendo le proprie azioni formative. Allo stesso modo, la Corte sottolinea che la procedura di omologazione delle azioni formative, organizzata dall’Otoc, è idonea a limitare l´offerta proposta dagli altri organismi, dal momento che esige che la domanda di omologazione sia depositata almeno tre mesi prima dell´inizio della formazione, il che, di fatto, li priva della possibilità di offrire nell´immediato azioni formative di attualità. Infine la Corte osserva che tali restrizioni sembrano eccedere quanto necessario per assicurare la qualità dei servizi offerti dagli esperti contabili e non ricadono nelle esenzioni previste dal Trattato. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 28 febbraio 2013Sentenza nella causa C-1/12, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas) st1\:*{behavior:url(#ieooui) } |
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GIUSTIZIA EUROPEA: MANDATO D´ARRESTO EUROPEO E CONDANNE IN CONTUMACIA |
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La consegna di una persona alle autorità giudiziarie di un altro Stato membro in esecuzione di un mandato d’arresto europeo non può essere subordinata alla possibilità di una revisione della sentenza di condanna in contumacia. La decisione quadro sul mandato d’arresto europeo riflette il consenso degli Stati membri sulla portata dei diritti processuali di cui godono le persone condannate in contumacia che siano raggiunte da un mandato d’arresto europeo. La decisione quadro sul mandato d’arresto europeo mira a sostituire il sistema multilaterale di estradizione tra Stati membri con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie delle persone condannate o sospettate ai fini dell’esecuzione di sentenze o dell’instaurazione di azioni penali. Tale sistema tende dunque a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria per contribuire a realizzare l’obiettivo assegnato all’Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia fondato sull’elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri. Nell’ottobre 1996, l´Audiencia Nacional (Tribunale centrale, Spagna) ha concesso l’estradizione verso l’Italia del sig. Stefano Melloni, affinché fosse ivi giudicato per i fatti esposti nei mandati d’arresto emessi dal Tribunale di Ferrara. Rimesso in libertà dietro una cauzione di Esp 5 000 000 (cioè quasi Eur 30 000), il sig. Melloni si è dato alla fuga e dunque non ha potuto essere consegnato alle autorità italiane. Nel 1997, il Tribunale di Ferrara, rilevata la mancata comparizione del sig. Melloni, ha autorizzato l’esecuzione delle notifiche presso i difensori da lui in precedenza nominati. Con sentenza del 2000, confermata in appello e in Cassazione, il sig. Melloni è stato condannato in contumacia per bancarotta fraudolenta a dieci anni di reclusione. Arrestato da parte della polizia spagnola, il sig. Melloni si è opposto alla propria consegna alle autorità italiane, sostenendo, in primo luogo, che durante il processo di appello egli aveva nominato un altro avvocato e revocato la nomina dei due precedenti e che ciononostante le notifiche avevano continuato a essere effettuate presso questi ultimi. In secondo luogo, egli ha sostenuto che il diritto processuale italiano non prevede la possibilità di impugnare le sentenze di condanna pronunciate in contumacia e che pertanto il mandato d’arresto avrebbe dovuto essere subordinato, se del caso, alla condizione che l’Italia garantisse la possibilità impugnare la sentenza. Nel settembre 2008, l’Audiencia Nacional ha autorizzato la consegna del sig. Melloni alle autorità italiane ai fini dell’esecuzione della sentenza di condanna inflittagli dal Tribunale di Ferrara, ritenendo non dimostrato che gli avvocati nominati dal sig. Melloni avessero cessato di rappresentarlo. Il giudice spagnolo ha giudicato che i diritti della difesa dell’interessato erano stati rispettati, dal momento che egli era venuto previamente a conoscenza della celebrazione del processo, si era volontariamente reso contumace e aveva nominato ai fini della sua rappresentanza e difesa due avvocati, i quali erano intervenuti a tale titolo nel procedimento di primo grado, in appello e in cassazione, esaurendo così i mezzi di ricorso. Il sig. Melloni ha impugnato tale decisione dinanzi al Tribunal Constitucional (Corte costituzionale, Spagna). Tale giudice domanda alla Corte di giustizia se la decisione quadro permetta ai giudici spagnoli − come richiede la giurisprudenza del Tribunal Constitucional − di subordinare la consegna del sig. Melloni alla possibilità di revisione della sua sentenza di condanna. Nella sua sentenza odierna, la Corte ricorda, in primo luogo, che gli Stati membri sono tenuti in linea di principio a dar corso ad un mandato d’arresto europeo. L’autorità giudiziaria dell’esecuzione può subordinare l’esecuzione di un mandato d’arresto soltanto alle condizioni indicate nella decisione quadro. A questo proposito, una norma della decisione quadro impedisce alle autorità giudiziarie di rifiutare l’esecuzione del mandato emesso ai fini dell’esecuzione di una pena, nel caso in cui l’interessato non sia comparso personalmente al processo, quando questi, essendo stato informato della fissazione del processo, abbia conferito mandato ad un difensore per patrocinarlo in giudizio e sia stato da questi effettivamente difeso. Questa sarebbe la situazione del sig. Melloni nel caso di specie. Pertanto, la Corte ritiene che il tenore letterale, il contesto e lo scopo della suddetta norma non ammettano che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione (Spagna) subordini l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo alla condizione che la sentenza di condanna pronunciata in contumacia possa essere oggetto di revisione nello Stato membro che ha emesso il mandato d’arresto (Italia). Infatti, il legislatore dell’Unione ha deciso di prevedere in maniera esaustiva i casi in cui l’esecuzione di un mandato d’arresto per l’esecuzione di una decisione in contumacia deve essere considerata non lesiva dei diritti della difesa. Questa soluzione è incompatibile con il mantenimento della possibilità, per l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, di subordinare la stessa alla condizione che la sentenza di condanna possa essere oggetto di revisione per garantire i diritti della difesa dell’interessato. In secondo luogo, la Corte ritiene che la norma della decisione quadro sia compatibile con il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e ad un processo equo, nonché con i diritti della difesa garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Sebbene il diritto dell’imputato a comparire personalmente al processo costituisca un elemento essenziale del diritto a un equo processo, tale diritto non è assoluto, in quanto l’imputato, con alcune garanzie, può rinunciarvi. La norma stabilisce dunque i presupposti, in presenza dei quali si ritiene che l’interessato abbia rinunciato volontariamente e inequivocabilmente a comparire al processo. Infine, la Corte rileva che neanche l’articolo 53 della Carta, secondo cui quest’ultima non pregiudica i diritti dell’uomo riconosciuti, tra l’altro, dalle costituzioni degli Stati membri, consente a uno Stato membro di subordinare la consegna di una persona condannata in contumacia alla condizione che la sentenza di condanna possa essere oggetto di revisione nello Stato membro emittente, al fine di evitare una lesione del diritto ad un processo equo e ai diritti della difesa garantiti dalla sua Costituzione. Certo, tale articolo della Carta conferma che, quando un atto di diritto dell’Unione richiede misure nazionali di attuazione, le autorità e i giudici nazionali possono applicare gli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali, a patto che tale applicazione non comprometta il livello di tutela previsto dalla Carta, né il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione. Ebbene, subordinare la consegna di una persona ad una simile condizione, non prevista dalla decisione quadro, comporterebbe, rimettendo in discussione l’uniformità dello standard di tutela dei diritti fondamentali da essa definito, una lesione dei principi di fiducia e riconoscimento reciproci che essa mira a rafforzare e, pertanto, un pregiudizio per la sua effettività. Infatti, la decisione quadro riflette il consenso raggiunto dagli Stati membri nel loro insieme a proposito della portata da attribuire, a titolo del diritto dell’Unione, ai diritti processuali di cui godono le persone condannate in contumacia che siano raggiunte da un mandato d’arresto europeo. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 26 febbraio 2013, Sentenza nella causa C-399/11, Stefano Melloni / Ministerio fiscal) st1\:*{behavior:url(#ieooui) } |
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