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Notiziario Marketpress di Martedì 18 Aprile 2000
 
   
  I CAPITALI FUGGONO L´ITALIA DELLA RICERCA

 
   
  Milano, 18 aprile 2000 - La ricerca biomedica fugge dall´Italia. Il nostro Paese raccoglie solo l´l% degli investimenti esteri diretti in Europa. Nell´ Unione, solo la Grecia fa peggio. Secondo gli esperti sono diverse le ragioni dei mancati investimenti: non si favorisce lo sviluppo di un mercato in grado di sostenere gli onerosi costi sostenuti per la ricerca di nuovi farmaci (almeno 500 milioni di dollari), l´innovazione attraverso una rinnovata attività regolatoria che miri a creare un più profìcuo scambio tra Università ed aziende, così come lo start-up di imprese ad alto know-how promuovendo l´accesso a capitali di rischio. A meno di non perdere la sfida del mercato globale, si rende necessario che ricercatori giovani e meno giovani mettano a profitto ingegno ed esperienza entro i confini nazionali, attraverso le opportunità di lavoro fornite da nuovi capitali e da una Sanità più attenta all´investimento in ricerca e sviluppo nel settore della biomedicina. Come fare? A questa domanda ha voluto rispondere la Società Italiana di Farmacologia (Sif), riunendo nel convegno "Il Farmaco nella Società: Costi-benefici" coordinato dal prof. Vincenzo Cuomo, presidente della Sif, numerosi esperti per la definizione di strategie d´ntervento; dal prof. Luigi Spaventa, che svestendo i panni di presidente della Consob, interviene in qualità di studioso di problemi economici, al dott. Giampietro Leoni, presidente di Farmindustria, alla senatrice Anna Maria Bernasconi che porta l´esperienza e l´impegno dedicato alle questioni di salute pubblica nella Commissione Sanità del Senato, al dott. Nello Martini, direttore del Dipartimento Valutazione Medicinali e Farmacovigilanza. Secondo il prof. Luigi Spaventa, tracciando un quadro della spesa sanitaria in Italia in confronto agli altri Paesi europei appare evidente come sia già sufficientemente bassa: altri tagli strutturali potrebbero essere nocivi per una popolazione che invecchia sempre di più. Giampietro Leoni focalizza il discorso sul versante della farmacoeconomia: "Nel nostro Paese - sostiene il presidente di Farmindustria - la spesa farmaceutica pubblica è la più bassa in Europa. Inoltre, in Italia affrontare sfide imprenditoriali nel campo biomedico significa operare in condizioni di svantaggio competitivo non solo per carenze strutturali ed infrastnitturali, ma soprattutto per scarsa sensibilità nel favorire la ricerca preclinica e clinica. In queste condizioni, a meno di rapidi interventi, si corre il rischio di diventare luogo di solo consumo di farmaci sviluppati altrove. Proseguire in una simile direzione significherebbe scoraggiare l´investimento delle multinazionali per 10 sviluppo di centri di ricerca sul territorio, causando gravi danni ad una filiera produttiva che da lavoro a circa 200. 000 persone, di cui 140. 000 impiegate in aziende che forniscono servizi all´industria del farmaco (tradizionalmente intesa). Attrarre capitale, anche sotto forma dei cosiddetti ventures capilais, potrebbe al contrario garantire quella richiesta di forza lavoro qualificata". "Inoltre - evidenzia il prof. Cesare Sirtori, ordinario di Farmacologia Clinica all´Università di Milano e consigliere della Sif - in Italia il sistema di ricerca e sviluppo soffre anche di altre gravi carenze, in particolare vi è evidente incapacità a sviluppare le cosiddette Small Pharma, ovvero aziende con poco personale ma con elevato know-how e in grado di sviluppare significativa innovazione di processo o di prodotto. Tali aziende, che negli Stati Uniti sono cresciute sino a diventare motore propulsivo del Nasdaq (il mercato azionario high tech di cui tanto si parla), stentano a decollare. Le nuove idee, che non mancano certo in campo farmacologico nel nostro Paese, non trovano accesso ne all´assistenza per la tutela brevettuale ne ai capitali di rischio necessari per lo start-up di nuove imprese". Il dott Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale e della European Union of Generai Practitioners (Unione Europea dei Medici Generici), mette in risalto un ulteriore e grave danno provocato dal mancato investimento in ricerca, soprattutto in quella clinica: "Venendo a mancare l´impegno delle aziende nei cosiddetti studi di fase Iii e Iv (condotti per valutare l´efficacia di nuovi tarmaci) si perde un fondamentale ed insostituibile strumento di formazione ed aggiornamento dei medici per la prescrizione di nuovi presidi terapeutici". In conclusione, la senatrice Anna Maria Bernasconi spiega i benefici che i pazienti potrebbero trarre da una politica più attenta agli investimenti in ricerca e sviluppo nel nostro Paese: "Una migliore gestione a tutti i livelli dei processi di sviluppo ed ideazione dei tarmaci " dice Bernasconi - potrebbe garantire sia una diminuzione di costi e tempi di ricovero in ospedale, sia una migliore qualità di vita dei pazienti affetti da malattie croniche, sempre più numerosi in un Paese come il nostro dove, fortunatamente, l´aspettativa di vita è tra le più alte del mondo. Inoltre, vorrei sottolineare che una miglior gestione del farmaco dovrebbe comprendere anche una rinnovata attenzione per un suo miglior impiego da parte di tutti. A questo proposito si potrebbe istituire un ´osservatorio5 dedicato che coinvolga attivamente gli organismi territoriali, proseguendo la strada già intrapresa di decentramento della politica sanitaria, con la partecipazione attiva dei medici di medicina generale". Infolink www. Intermedianews. It .  
   
 

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