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Notiziario Marketpress di
Lunedì 02 Ottobre 2000 |
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"INVESTIRE SUL BEL PAESE: I SERVIZI TERRITORIALI DIFFUSI PER LA COMPETIZIONE GLOBALE"
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Roma, 2 ottobre 2000 - Sono figli di un´Italia minore, di un´Italia che invecchia, che si spopola, poco competitiva da un punto di vista economico, che vede sparire da un anno all´altro l´ufficio postale, la scuola, il presidio sanitario, gli esercizi commerciali. Sono 2. 830 comuni a rischio di estinzione: un terzo di quell´Italia polverizzata, dove ormai risiede solo l´8,7% della popolazione. Ma nello stesso tempo questi figli di un´Italia minore sono potenzialmente uno dei volani di una new economy in salsa italiana, aree privilegiate delle attività tradizionali, dei prodotti tipici, del turismo rurale, di un corretto uso del territorio e del paesaggio. Le migliaia di centri abitati e di nuclei insediativi diffusi capillarmente su tutto il territorio hanno prodotto nei secoli un patrimonio straordinario fatto di beni culturali e ambientali, abilità manifatturiere, saperi e sapori. E´ questa l´Italia che emerge dalla mappa del "disagio insediativo" disegnata per Legambiente e Confcommercio da Serico - Gruppo Cresme, presentata oggi a Roma, nel corso di un incontro che ha visto la partecipazione del presidente di Confcommercio Sergio Billè, il presidente nazionale di Legambiente Ermete Realacci e Sandro Polci, responsabile di Serico - Gruppo Cresme e coordinatore della ricerca. Le aree del disagio insediativo sono state individuate mediante l´acquisizione di informazioni relative a 53 indicatori raggruppati in 7 famiglie principali (dati strutturali e di popolazione, istruzione, assistenza sociale e sanitaria, produzione, commercio e pubblici esercizi, turismo e ricchezza). L´analisi ha individuato 9 gruppi omogenei di comuni, connotati al loro interno da forti peculiarità. Tre di questi (i comuni dell´impoverimento, quelli demograficamente depressi o dell´anzianità e quelli fondamentalmente statici), presentano preoccupanti caratteri di disagio insediativo. Una mappa che evidenzia spopolamento e impoverimento di vaste aree che si concentrano lungo l´arco alpino soprattutto piemontese, lombardo e friulano, lungo Alpi e Appennini liguri, lungo la dorsale appenninica tosco-emiliana e centro meridionale, nelle zone montuose interne di Sicilia e Sardegna. Al sud, si trovano sugli Appennini dalla Calabria all´Abruzzo, e si diffondono verso nord toccando anche le aree interne di Marche e Toscana. In sintesi, i numeri evidenziano appunto che nei 2. 830 comuni del disagio insediativo - pari al 35% del totale - risiede l´8,7% della popolazione con un reddito medio inferiore del 26% alla media nazionale; è laureato l´1,5% dell´intera popolazione residente (rispetto alla media nazionale del 3,6); gli occupati nelle imprese private sono meno di 1/3 della media nazionale (424. 631 su un totale nazionale di 13,8 milioni), e si esprime il 3,9% degli addetti al commercio (147. 000 su 3. 740. 000) ma sono registrate ben 774. 800 Partite Iva (14% in più rispetto alla media nazionale, ma che creano una ricchezza minore del 40% della media) a testimonianza della polverizzazione della struttura produttiva in piccole e piccolissime unità locali. L´elenco dei comuni, come detto, è lungo. 2. 830 realtà locali dove troviamo tanti "ricchi poveri": le Langhe piemontesi, le Cinque Terre liguri, la prima riserva marina italiana di Ustica, tanti piccoli centri all´interno di parchi e aree protette, quasi tutti i comuni dove si fanno i cento e passa prodotti di origine protetta italiani. Cosa succede dunque in questa Italia? Quali i fenomeni fissati dai 53 indicatori considerati dalla ricerca? Calano le nascite e aumenta lo spopolamento; chiudono i piccoli esercizi commerciali e aumentano i grandi centri localizzati fuori dal centro; nelle scuole, classi semivuote vengono accorpate, addirittura in molti casi chiudono le scuole stesse. Una visita medica specialistica costringe a spostarsi nella città più vicina, ma anche per i servizi bancari o postali è necessario andare nelle località più grandi. Situazioni di questo tipo penalizzano fortemente le scelte abitative delle coppie più giovani - nuova linfa vitale per questi centri - e del turismo della terza età. In Italia ben oltre il 98% dei comuni ha meno di 10. 000 abitanti. Popoliamo un territorio che conta oltre 22mila centri abitati, quasi 33mila nuclei insediativi, senza considerare le caratteristiche di tanta parte del nostro sistema agricolo composto di "case sparse" con una distribuzione insediativa che appare diffusa su tutto il territorio. Si tratta ripetiamo, principalmente di paesini, di piccoli centri, che fanno da sfondo ai paesaggi d´Italia noti nel mondo, che custodiscono deliziosi centri storici e particolari saperi che si tramandano spontaneamente. Nel nostro Paese, nel settore istruzione, nel medio periodo, la diminuzione del numero degli studenti è ampiamente superata dal numero di scuole chiuse. Nelle elementari - dove il disagio per le famiglie è maggiore vista la giovane età dei figli - il calo degli studenti tra il 1990/91 e il 1997/98 è pari al 11% (-234. 000 unità) mentre quello delle scuole oltrepassa il 23%, (con una diminuzione reale di 4. 900 scuole); nelle materne si passa dalle 27. 716 scuole del 1990/91 alle 25. 825 del 1997/98, pur nella stabilità del numero degli utenti. Nel settore Assistenza sociale e sanitaria, gli istituti di cura nel 1996 erano 1. 787, ben 113 in meno rispetto all´inizio del decennio; una simile contrazione (- 6%) è omologa a quella dei posti letto (355. 000 contro i 410. 000 del 1990); nel contempo i degenti sono aumentati dai 9 milioni del 1990 ai 10,6 del 1996. Cresce significativamente in Italia come in Europa, la superficie improduttiva che, oggi è pari a quasi 3 milioni di ettari (circa il 10% del territorio nazionale). Cala la superficie agricola (in 30 anni, 2,7 milioni di ettari, cioè il 15,3%). Negli ultimi 10 anni il peso del lavoro agricolo in Italia, è diminuito dal 3,9 al 2,5% contro la crescita del terziario e la stabilità dell´industria. Nel 1988 ad ogni persona che lavorava in agricoltura corrispondevano 26 abitanti mentre nel 1998 il rapporto è passato a 40. Nel commercio, il calo nel solo 1997 è stato quasi il 10%, pari a 56. 000 delle 600. 000 licenze per imprese di commercio al dettaglio; parallelamente sono cresciuti i grandi supermercati (5. 445 rispetto ai 2. 900 del 1988) che segnalano anche per l´utenza del commercio l´esistenza di due italie; quella della grande distribuzione, sempre più servita e agevolata, e quella dei piccoli centri, che soffre lo sviluppo e la concorrenza della grande distribuzione. In sintesi, nelle aree di disagio insediativo, oltre al fatto che le realtà commerciali sono di piccola e piccolissima dimensione, abbiamo una diffusione di 2,15 unità locali al commercio ogni chilometro quadrato a fronte di una media nazionale di 12,6 per Kmq. La dinamica turistica di lungo periodo, relativa alla domanda - arrivi, presenze, offerta (posti letto disponibili) - indica che l´Italia corre e corre a ritmi di crescita prossimi al 5% annuo; le presenze passano in 7 anni da 257 a 299 milioni, gli arrivi addirittura da 59 a 72 milioni. Cresce inoltre la redditività unitaria del settore poiché l´aumento delle presenze eccede di gran lunga quello delle strutture e dei posti letto. Ma nell´Italia del disagio abitativo, le presenze turistiche non superano le 39 unità per ogni posto letto offerto, rispetto ad una media nazionale di oltre 84; Le presenze turistiche, rapportate al territorio, sono 9 volte inferiori nelle aree del disagio. La sfida per investire sul Bel Paese parte allora da qui. Con la creazione delle giuste condizioni, con la realizzazione di quei "servizi territoriali", che niente hanno a che vedere con le politiche di generalizzato sostegno del secondo dopoguerra ma che devono essere mirate e selettive, attuate secondo forme di partnership pubblico/privata e capaci di esprimere un positivo bilancio economico, ambientale e intergenerazionale. La sfida principale consiste allora nel favorire gli strumenti per affermare le identità locali. Nel ridare un giusto orgoglio agli abitanti. I valori competitivi custoditi da queste località sono infatti molteplici. La biodiversità innanzitutto, che vede l´Italia fra i paesi più ricchi, con quasi 6. 000 specie floristiche e 1. 200 specie di vertebrati (più di un terzo del patrimonio faunistico europeo) "abita" in questi 2. 300. 000 ettari di superficie, che costituiscono il sistema delle aree naturali protette. Qui troviamo la più vasta parte dei beni culturali nazionali tra chiese e conventi, rocche e castelli, dimore storiche e giardini, archivi e biblioteche. E sempre qui alberga l´Italia delle capacità gastronomiche, delle tradizioni, dell´artigianato artistico. Si delinea quindi con chiarezza come da quest´Italia possa partire la nuova politica d´intervento imprenditoriale e produttiva, fatta di agricoltura di qualità, di turismo rurale, di valorizzazione dei beni culturali, del recupero delle attività artigianali, ma anche della manutenzione del territorio, notoriamente afflitto da gravi episodi di natura ambientale dovuti al consumo eccessivo di suolo, all´incuria e all´abbandono. Ma quali sono i modi giusti e le energie migliori per far sì che le aree di disagio si trasformino in esperienze significative, in volano dell´economia nazionale? La problematica del mantenimento di un´adeguata rete di servizi territoriali ed esercizi commerciali nelle aree del disagio insediativo costituisce una delle condizioni per una loro rivitalizzazione economica. Si tratta di una tematica che investe in modo particolare il nostro paese, notoriamente ad alto rischio geologico, afflitto quasi annualmente da gravi episodi di natura ambientale (terremoti, alluvioni ed eruzioni) ma in buona misura anche da consumo eccessivo di suolo (spesso abusivo), incuria e abbandono. Attività imprenditoriali (piccole e diffuse) in tale settore allora potrebbero attivare circoli economici virtuosi, capaci di sicuri benefici ambientali soprattutto applicando innovazione tecnologica (monitoraggio permanente, analisi strumentali adeguate e interventi di ingegneria naturalistica). Un vasto bacino di "ricchezza" risiede poi nello sviluppo del turismo rurale, in grado di fornire spazi alternativi e non omologati sfruttando una giusta combinazione di fattori locali ed esogeni, nonché nel settore dell´agricoltura ripensata secondo pratiche biodinamiche meno inquinanti. Il commercio locale costituisce poi un sistema efficiente per cercare di ridurre il rischio di marginalizzazione delle popolazioni rurali, che devono poter disporre di un´ampia gamma di servizi in loco. Attraverso la promozione e il monitoraggio di esperienze pilota da localizzare in contesti socio-economici ed ambientali differenziati, potrebbe essere possibile individuare un nucleo base di questi servizi, ai quali altri potranno aggregarsi in relazione alle caratteristiche peculiari dei differenti insediamenti. Da qui quindi, parte l´iniziativa di Legambiente e Confcommercio che, con il convegno aperto a tutti i soggetti interessati a promuovere l´Italia dei talenti da scoprire, mercoledì 11 ottobre a Roma, lanciano la prima Convenzione programmatica nazionale "Investire sul Bel Paese: i servizi territoriali diffusi per la competizione globale", che vedrà in campo idee e proposte delle associazioni di categoria (Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Confesercenti, Confartigianato, Cna), di Slow Food, Unioncamere, di Federparchi, ma pure dell´Anci, Upi, Aiab e della Conferenza dei Presidi delle Regioni e delle Province Autonome e che coinvolgerà in prima persona i ministri dell´Ambiente, delle Politiche Agricole, dell´Industria e della Funzione Pubblica. I comuni dell´impoverimento o i contesti deboli (gruppo 1). E´ quello che caratterizza le aree interne e alcuni tratti delle coste di Sardegna, Sicilia, Calabria e Basilicata e l´interno di Puglia, Campania e Molise. Un gap meridionale in aree di medio-elevato livello sul mare, con bassa densità demografica ma priva di forti shock demografici. Del gruppo fanno parte 1157 comuni, caratterizzati dall´ultima posizione rispetto agli indicatori relativi alla produzione, assistenza, commercio, turismo e ricchezza. Sono Comuni con basso reddito pro-capite (13. 5 milioni rispetto ai 19. 5 medi), un tasso di diplomati minimo (12% contro il 16% nazionale) e una tendenza migratoria elevatissima. C´è un bassissimo tasso di lavoratori, un basso livello di ricchezza immobiliare (36,6 milioni/ab. Contro una media di 133), con alto numero (22,6%) di contribuenti sotto i 7 milioni di reddito (contro la media del 16,1%) e basso tasso (2. 4%) fra quelli oltre i 40 milioni (5. 5%). Fortissima l´incidenza del settore pubblico, quasi doppia (37,4%) della media nazionale (19,7 %) e una percentuale di utilizzazione delle strutture turistiche molto bassa (solo 13 giorni/anno rispetto agli 84 medi). Le autorizzazioni alimentari sono 8. 3/1000 ab. Contro la media di 7. 5, con scarso rapporto tra i pubblici esercizi e il territorio (0,24 per kmq = un solo esercizio ogni 4 kmq, contro una media nazionale superiore a 0,8%). La fotografia è quella di una struttura sociale in forte crisi di competitività, con mezzi economici ridotti, un rapporto tra contribuente e residente mal dimensionato, peraltro resa ancora più difficoltosa dal peso del settore pubblico. I comuni dell´anzianità (gruppo 7). Il gruppo è diffuso nella zona dell´arco alpino (principalmente Liguria, Piemonte, Lombardia e Friuli Venezia Giulia), dell´Appennino tosco-emiliano e di alcune realtà locali di Toscana, Marche e soprattutto Abruzzo e Molise. Si tratta di una costellazione di paesi piccoli a bassa densità demografica, con popolazione anziana e scarsa dinamicità migratoria e naturale. Il gruppo risente limitatamente della migliore esposizione alle famiglie dell´assistenza sociale e sanitaria, della ricchezza e del turismo. Questi comuni, ben 1080, sono localizzati in area collinare e montana e presentano una densità demografica 8 volte inferiore alla media nazionale (solo 37 persone per Kmq. ), un´incidenza del 10% dei ragazzi sotto i 14 anni sulla popolazione totale (rispetto alla media italiana del 16%) e un tasso doppio di anziani (29%). C´è anche una significativa carenza di laureati (solo 1,4%). La dinamica demografica è negativa. Le case non occupate sono 1 su 2 e la struttura commerciale è polverizzata con pochi addetti al commercio e pochissimi addetti alla grande distribuzione (0,15 % degli addetti per la grande distribuzione rispetto ad una media nazionale del 4,6%); anche il turismo non costituisce un elemento di forza: si calcolano 43 presenze per posto letto (rispetto alle 84 della media nazionale) e solo 123/ab. Al valore medio di 981. Migliore il dato delle case per vacanza, forse l´unico patrimonio di questi comuni (47 presenze per abitante rispetto alle 13 medie nazionali). Difficilissima la situazione della ricchezza, della produzione e dei servizi erogati: gli sportelli bancari e i depositi sono al minimo livello così come i servizi alle persone e alle imprese; l´agricoltura non sembra rivestire un ruolo alternativo nello sviluppo locale (solo 35% di superficie agricola rispetto alla media di 48%). Pochi i contribuenti di rilievo (sopra i 40 milioni sono solo il 3,8% del totale) ma il rapporto tra contribuenti e popolazione rappresenta il massimo tra le aree in esame (1,3 rispetto a 1,6 medio); tale sintomo potrebbe indicare che la parcellizzazione della struttura produttiva funziona da garante dell´occupazione, sebbene i bassi livelli reddituali favoriscano l´emigrazione, scoraggino l´immigrazione e producano il decremento delle nascite. Preoccupa il dato degli alunni per 1000 abitanti: non si raggiunge il valore di 51 contro le 155 unità del valore nazionale. I comuni della staticità (il gruppo 4). Con una distribuzione sul territorio nazionale che amplia le criticità proprie dei due precedenti gruppi, si presentano i 593 comuni del gruppo 4, caratterizzati da indici a minore criticità rispetto a quelli dei gruppi 1 e 7, ma con l´aggravante del fatto che tutti i segni sono negativi. E´ il gruppo che presenta caratteristiche tali da richiedere interventi particolarmente mirati per "sbloccare" una situazione di grave staticità. . |
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