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Notiziario Marketpress di Venerdì 10 Novembre 2000
 
   
  ITALIANI, POPOLO DI INSONNI: I RISULTATI DELLA PRIMA INDAGINE EPIDEMIOLOGICA ITALIANA PROMOSSA DALL´A.I.M.S. SULLA FREQUENZA DELL´INSONNIA IN MEDICINA GENERALE

 
   
  Milano, 10 novembre 2000 Vivono male gli italiani che non dormono ma vivono ancora peggio quelli che non si curano. Questo è uno dei dati più significativi emersi dai risultati di un´indagine epidemiologica, unica nel suo genere, in quanto sviluppata da un team integrato di Specialisti della Medicina del Sonno (A. I. M. S. -associazione Italiana Medicina del Sonno -16 Centri distribuiti a livello nazionale) e di oltre 700 Medici di Medicina Generale che hanno osservato più di 3. 200 soggetti. L´indagine epidemiologica, che fa parte del Progetto Morfeo si è posta l´obiettivo di "fotografare l´Italia che non dorme", valutarne l´impatto sulle risorse sanitarie e le conseguenze sulla qualità della vita. "Ogni malattia deve essere pesata e valutata non solo per il rischio di vita del paziente ma anche per le ripercussioni sulla qualità di vita, sull´aumento di rischio di altre malattie (comorbilità), sulle diminuzioni delle attitudini socio-professionali, sull´erosione della spesa sanitaria nazionale e sui costi aggiuntivi che si scaricano sulla società per incidenti e ridotta produzione" ha affermato il Professor Mario Giovanni Terzano (Centro di Medicina del Sonno - Istituto di Neurologia Università di Parma), Coordinatore del Progetto Morfeo, in apertura della conferenza. Lo Studio ha analizzato 3284 pazienti che si sono rivolti spontaneamente al proprio medico di famiglia. Ben il 64% è risultato insonne; tra gli occupati, cioè soggetti in piena attività lavorativa, la frequenza dell´insonnia è ben del 54% (vale a dire 1 su 2). Il 44% dei soggetti presenta un´insonnia di livello Ii (cioè con ripercussioni diurne: stanchezza al risveglio, irritabilità, tensione, e tendenza alla depressione); il rimanente 20% dei soggetti soffre di un´insonnia di livello I (fanno fatica ad addormentarsi o hanno continui risvegli notturni oppure risvegli mattutini precoci senza presentare sintomi il giorno dopo). "E´ interessante notare che l´età media dei pazienti con insonnia di tipo I (59 anni) è più elevata rispetto a quella dei pazienti di tipo Ii (54 anni): il tipo I potrebbe infatti riflettere il fisiologico deterioramento della struttura del sonno che si verifica con l´invecchiamento, mentre il tipo Ii esprime un disturbo del sonno più serio che si verifica anche in età giovanile. Tra le cause dell´insonnia lo stress risulta al primo posto (80%), seguito da problemi fisici (44%), da una errata igiene del sonno (42%) e dai disturbi ambientali (41%)" ha commentato il Professor Fabio Cirignotta (Unità di Medicina del Sonno - Servizio di Neurologia - Policlinico S. Orsola - Malpighi - Università di Bologna). Lo Studio Morfeo ha anche ampiamente dimostrato che i pazienti che soffrono di insonnia di livello Ii presentano una netta riduzione della qualità della vita con indici progressivamente più bassi mano a mano che si passa dalla valutazione dell´attività fisica al dolore fisico ed alla salute mentale. In particolare, gli insonni di livello Ii hanno una minore vitalità negli scambi sociali, uno stato emotivo più fragile ed una maggiore tendenza ad accusare disturbi psichiatrici. "Emerge una significativa associazione tra comorbilità e insonnia. Soprattutto rilevante è l´associazione con le malattie del sistema cardiocircolatorio (67%) significativamente più alta che nei pazienti non insonni. A prescindere infatti dall´eziologia dell´insonnia, l´aspetto più importante è una aumentata attività ortosimpatica, conseguente all´eccessiva frammentazione del sonno. Questa iperattività (responsabile dell´ aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa) può determinare un maggior rischio cardiovascolare " ha affermato il Dottor Luigi Ferini-strambi (Centro per i Disturbi del Sonno - Università degli Studi di Milano - Istituto Scientifico Ospedale San Raffaele). Lo Studio Morfeo ha evidenziato anche alcuni dati di carattere socio-sanitario e socio-economico: i soggetti insonni utilizzano più frequentemente dei non insonni le risorse sanitarie. Più visite mediche (69%), più esami di laboratorio (46%) e assunzione di farmaci (67%), in misura significativamente maggiore verso i soggetti non insonni. Inoltre, un´analisi effettuata sui pazienti "occupati", rivela una maggiore frequenza di giornate di malattia da parte degli insonni (23% contro 16%) che può facilmente far immaginare l´impatto economico e sulla produttività se proiettato sulla collettività. Un dato abbastanza allarmante è che solo il 16% dei pazienti insonni dello studio sono in cura per questa malattia. Questo evidenzia diversi fenomeni: 1) l´indagine epidemiologica ha probabilmente permesso di far emergere una quota di pazienti insonni non diagnosticati 2) molti pazienti e/o medici sottovalutano il problema e le sue conseguenze, come peraltro già avviene per numerose altre malattie 3) e´ probabile che vi sia, in Italia, un certo timore nei confronti delle terapie farmacologiche (specie la dipendenza) come evidenziato da altre ricerche precedenti. Va detto che i farmaci per l´insonnia si dividono grossolanamente in due grandi gruppi: le benzodiazepine, ancora largamente usate, efficaci sulla riduzione e il mantenimento del sonno, che però possono effettivamente presentare rischi di dipendenza e avere effetti negativi sulla vigilanza diurna; le non-benzodiazepine, che agiscono altrettanto bene sui paramentri quantitativi citati prima (induzione, mantenimento durata del sonno), e che presentano un miglior profilo qualitativo. Infatti, da una parte non producono, o comunque minimizzano, il rischio di dipendenza e l´insonnia rebound da sospensione e dall´altra, agiscono su un parametro di qualità del sonno, noto ai medici come "microrisvegli notturni". Si tratta di interruzioni non coscienti del sonno, misurabili con Eeg, che comportano un sonno non sufficientemente profondo e riposante, anche a parità di durata, le cui conseguenze si osservano sulla performance diurna del paziente. Tra questi farmaci non benzodiazepinici, il più affermato in tutto il mondo (il più prescritto sia negli Usa che in Europa) si chiama zolpidem (Stilnox). Oltre a correggere efficacemente gli aspetti quantitativi del sonno (riduzione del tempo di addormentamento e dei risvegli notturni, aumento della durata del sonno), questa è la prima molecola di cui è stata misurata, con metodi obiettivi, l´efficacia sui microrisvegli notturni e può quindi documentare il miglioramento della qualità del sonno e della vita diurna del paziente, già fin dalle prime somministrazioni. Su quanto emerso da questo studi, il commento conclusivo del Prof. Terzano è stato: "Indubbiamente una maggiore attenzione deve essere posta nella diagnosi tempestiva e corretta dell´insonnia e nella predisposizione di tutte le misure terapeutiche necessarie per evitare la cronicizzazione del disturbo e le conseguenti ripercussioni sullo stato di salute dei cittadini e sulle spese sanitarie della nazione.  
   
 

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