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Notiziario Marketpress di
Lunedì 22 Maggio 2006 |
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NEOPLASIE AL RENE: NUOVE TERAPIE BIOLOGICHE
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Milano, 22 maggio 2006 - ievo alle neoplasie del rene in quanto, dice Emilio Bajetta, il carcinoma a cellule renali è l´ottava causa di morte per patologia oncologica, il 2 per cento di tutte le neoplasie. Tuttavia importanti novità terapeutiche riportano alla ribalta questa patologia". "Ci sono 27mila nuovi casi all´anno e 14mila decessi all´anno e l´incidenza è in aumento". "Per il carcinoma a cellule renali", sottolinea il prof Emilio Bajetta, Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, Presidente Itmo, Presidente Aiom, "non è stato ancora identificato un sicuro agente causale, e dunque non esiste prevenzione primaria. Tuttavia la diagnosi precoce induce, attraverso un approccio chirurgico radicale, la guarigione in circa il 50 per cento dei pazienti. In presenza di recidiva a distanza o metastasi sincrone la terapia medica sistemica costituisce il trattamento di riferimento con intento antitumorale". Il carcinoma del rene origina a livello dell´epitelio dei tubuli renali e si associa nella sua variante citologica più frequente , quella a cellule chiare, con la mutazione del gene della Sindrome Von Hippel Lindau (Vhl): questa mutazione genetica favorisce una disregolazione di alcuni fattori angiogenetici quali il Vascular Endothelial Growth Factor (Vegf). La terapia immunomodulante con citochine (interleuchina 2 ed interferon alfa) determina un rallentamento della crescita tumorale senza modificare significativamente il decorso della malattia in fase avanzata. In particolare la mancata identificazione di uno schema posologico di riferimento e il non trascurabile numero ed intensità degli effetti collaterali rendono non sempre applicabili tali terapie al paziente oncologico avanzato. Alcuni studi clinici hanno di recente dimostrato una buona attività antitumorale ad opera di agenti molecolari, capaci di esercitare un´azione "target" rivolta a determinati bersagli. I differenti meccanismi d´azione rendono le nuove terapie biologiche estremamente promettenti nel trattamento del carcinoma renale avanzato. La già documentata efficacia, associata alla buona tollerabilità, rappresenta il presupposto per un impiego delle targeted therapies in fasi più precoci della malattia. Il 12 maggio sono esposte in dettaglio le novità terapeutiche sugli agenti molecolari per questa tipologia di neoplasia. Sorafenib, Bevacizumab , Sunitinib ed Erlotinib rappresentano tra i nuovi agenti biologici quelli con una miglior documentata azione antitumorale nel carcinoma renale avanzato. Ma qual è il substrato biologico e molecolare che consente il funzionamento di tali agenti nella patologia renale? L´attivazione dei geni della famiglia "Ras" è una condizione critica per la traduzione del segnale coinvolto nella regolazione del ciclo cellulare, dell´espressione genica, della proliferazione e differenziazione cellulare. Nelle cellule normali la proteina Ras è presente nella forma inattiva, ma in molti tumori umani e in linee celluuaar trasformate si è dimostrato essere mutata e pertanto costantemente espressa nella forma attiva. Ras esplica le sue funzioni attraverso numerose vie effettrici, tra le quali la meglio caratterizzata è la cascata delle Map-chinasi che comporta l´attivazione sequenziale di tre serin-treonin chinasi (Raf/mekimapk). Sorafenib è un inibitore multi-targets delle tirosinchinasi, è altamente specifico per l´attività kinasica di Raf-1 ed induce il blocco della via metabolica Ras/raf/mapk. Inibisce inoltre altri recettori quali Vegfr e Pdgfr beta con conseguente inibizione della proliferazione cellulare e della neoangiogenesi. Lo studio internazionale multicentrico di fase Iii Targets (Treatment Approaches in Renal Celi Cancer Global Evaluation) a cui anche la nostra Divisione ha preso parte, prevedeva l´arruolamento di pazienti affetti da carcinoma renale a cellule chiare in fase avanzata di malattia, in progressione ad una precedente terapia sistemica. I pazienti venivano randomizzati a ricevere Sorafenib (400 mg. 2 volte/giorno) o placebo, fino a tossicità o progressione di malattia. L´end point primario era la sopravvivenza globale. La sopravvivenza mediana per il gruppo di pazienti trattati con Sorafenib non è ancora noto, poiché il follow up di questi pazienti è ancora in corso. Tuttavia l´analisi ad interim condotta sui 903 pazienti arruolati ha messo in evidenza che la sopravvivenza libera da progressione di malattia per il gruppo trattato con il farmaco è stata di significativo aumento rispetto al gruppo di controllo. Tale studio, i cui dati preliminari sono stati presentati da Berhnard Escudier nel mese di maggio al 41 ° meeting annuale dell´Asco (American Society of Clinical Oncology), ha consentito di ottenere la registrazione del farmaco (Nexavar) dalla Food and Drug Administration come trattamento di I o Ii linea in pazienti affetti da carcinoma a cellule renali. Sono attualmente in corso numerosi studi per valutarne l´efficacia in associazione ad altre molecole biologiche o immunoterapiche. Un´altra aerea di studio è quella dell´utilizzo del farmaco in un "setting adiuvante" che ,come noto, non ha avuto risultati favorevoli con altre molecole in tale patologia. Il farmaco viene dispensato sotto forma di compresse da 200 mg. , che vanno assunte due volte al giorno preferibilmente a stomaco vuoto, per ottenere il dosaggio terapeutico di 800 mg. Al giorno, continuativamente. Gli effetti collaterali più frequentemente osservati sono a carico della cute con la comparsa di rash, hand foot sindrome, eritema acrale ed emorragie subungueali. Altri disturbi osservabili sono ipertensione arteriosa, soprattutto nelle prime settimane di trattamento, diarrea, dolori addominali, perdita di appetito. Tutti i disturbi sono peraltro reversibili con la sospensione della terapia. Il Bevacizumab è un anticorpo monoclonale rivolto verso il recettore del Vegf: presenta una documentata efficacia antitumorale in vari tipi di neoplasie solide, quali quella colorettale e polmonare. Uno studio di fase Ii ha dimostrato come il Bevacizumab, oltre a possedere una significativa azione inibitoria sulle cellule di carcinoma renale presenti un sinergismo terapeutico in associazione ad altri farmaci quale 1´Erlotinib. Erlotinib antagonizza con un fattore di crescita l´Egf e potenzia l´efficacia antitumorale del Bevacizumab. Uno studio randomizzato di fase 3 tuttora in corso dovrà chiarire se il Bevacizumab sia in grado di migliorare la sopravvivenza dei pazienti con carcinoma a cellule renali quale prima linea terapeutica, in associazione all´Interferon alfa. Il Sunitinib è un inibitore multitargets delle tirosinchinasi con una documentata azione antitumorale nel carcinoma a cellule renali in fase avanzata. La via di somministrazione, orale come per il Sorafenib, ed il favorevole profilo di tollerabilità, rendono il Sunitinib un´opzione terapeutica valida nella patologia oncologica renale. In conclusione, i differenti meccanismi di azione che le caratterizzano, rendono le nuove terapie biologiche estremamente promettenti nel trattamento del carcinoma renale avanzato anche in trattamenti di combinazione. Rimangono tuttavia aperti importanti interrogativi per il migliore utilizzo di tali farmaci, stante il diverso meccanismo funzionale rispetto ai farmaci tradizionali, in termini di management della tossicità (in particolare quella cutanea) e di criteri di valutazione della risposta; l´utilizzo infatti dei criteri Recist non sembra poter essere il metodo di valutazione più appropriato. . |
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