|
|
|
 |
  |
 |
|
Notiziario Marketpress di
Mercoledì 30 Settembre 2009 |
|
|
  |
|
|
L’ANEURISMA AORTICO ADDOMINALE VA BATTUTO SUL TEMPO
|
|
|
 |
|
|
Milano, 30 settembre 2009 - Ogni anno in Italia 6. 000 persone muoiono per la rottura di un aneurisma dell’aorta addominale. L’aneurisma è una dilatazione localizzata permanente dell’arteria che ne indebolisce la struttura e colpisce oltre 700. 000 persone in Europa (84. 000 in Italia) con circa 220. 000 nuovi casi diagnosticati ogni anno (27. 000 nel nostro Paese). L’incidenza è stimata tra il 4% e l’8% negli uomini e tra lo 0,5% e l’1% nelle donne con più di 60 anni. L’appartenenza al sesso maschile costituisce, infatti, uno dei fattori di rischio, oltre al fumo, all’invecchiamento, o a malattie come l’aterosclerosi, la broncopneumopatia cronica ostruttiva ed alcune malattie infettive. Questi dati, unitamente al continuo allungamento della vita media, prefigurano per il prossimo futuro una vera e propria “emergenza vascolare”. Questo il monito dei chirurghi vascolari espresso durante la presentazione dell’Viii Congresso nazionale Sicve – Società Italiana di Chirurgia vascolare ed Endovascolare, in corso a Milano presso l’Hotel Marriott fino al 30 settembre 2009. L’aneurisma dell’aorta addominale decorre, quasi sempre, in modo occulto fino alla diagnosi occasionale o alla manifestazione clinica delle complicazioni. Quando si verifica la rottura, l’80% dei pazienti muore prima di giungere in ospedale, dove la mortalità degli interventi eseguiti in emergenza è del 50%, mentre se il trattamento chirurgico viene programmato il rischio è inferiore al 3%. Risulta, quindi, assai importante poter evidenziare precocemente questa condizione clinica al fine di programmare un percorso terapeutico appropriato, che oggi vede come principale applicazione l’introduzione di una protesi, o con la tecnica chirurgica tradizionale “a cielo aperto”, o con un approccio “minivasivo” per via endovascolare. Allo stato attuale, la maggior parte degli aneurismi dell’aorta addominale viene diagnosticata incidentalmente durante esami ecografici o radiografici addominali. “E’ per questo indispensabile promuovere iniziative strutturate di monitoraggio, in particolar modo sulla popolazione a rischio, per evitare possibili esiti fatali della malattia – ha affermato Maurizio Puttini, Presidente Sicve”. L’efficacia dello screening per ridurre la mortalità è dimostrata da diversi studi clinici: nel Regno Unito il Multicenter Aneurysm Screening Study (Mass) ha documentato una riduzione della mortalità per aneurisma del 44% dopo 4 anni e la previsione di un numero crescente di morti evitate nel lungo termine. Altre pubblicazioni hanno, poi, dimostrato un rapporto costo/beneficio dello screening per aneurisma più vantaggioso rispetto a quelli per altre patologie dell’età adulta. Il costo per morti evitate all’anno è pari a 1/3 di quello relativo al cancro del polmone e del colon-retto. “In questo contesto – continua Puttini - si inserisce il Progetto di Prevenzione per l’Aneurisma Aortico Addominale promosso dalla Sicve in collaborazione con i principali centri di chirurgia vascolare su tutto il territorio nazionale che, da gennaio 2010, offrirà la possibilità alla popolazione italiana tra i 65 e gli 80 anni (fascia di età in cui si riscontra la maggior incidenza della patologia) di effettuare visite specialistiche gratuite, durante le quali verrà effettuato un esame ecografico per valutare il diametro dell’aorta addominale ed individuare l’eventuale presenza di un aneurisma. Poi, si passerà al monitoraggio e al trattamento, quando necessario. Ci aspettiamo anche di ottenere dati sull’incidenza della patologia aneurismatica in una popolazione a rischio e soprattutto di riconoscere precocemente la lesione, mettendo in atto le contromisure necessarie per ogni singolo paziente”. Quando il diametro dell’arteria dilatata è sopra i livelli di guardia (generalmente superiore ai 5,5 cm di diametro trasversale; più basso per le donne, i fumatori, i bronchitici cronici ed i pazienti con familiarità per rottura dell’aneurisma), l’intervento chirurgico rappresenta il trattamento d’elezione. Quanto alle tecniche da adottare, la chirurgia endovascolare, che nel corso degli ultimi anni ha visto l’utilizzo di strumenti e dispositivi tecnologicamente sempre più avanzati e in continua evoluzione, offre vantaggi significativi nei confronti della tecnica tradizionale “a cielo aperto” che si possono riassumere in: minor invasività e sanguinamento durante l’intervento, degenza più breve, nessun ricorso alla terapia intensiva e recupero post operatorio più rapido. “Se fino a 10 anni fa l’unica opzione terapeutica proponibile al paziente con aneurisma dell’aorta addominale era rappresentata dall’intervento chirurgico tradizionale di endoaneurismectomia ed innesto protesico, con l’avvento delle metodiche endovascolari e minivasive è oggi possibile disporre di numerose alternative terapeutiche e personalizzare il trattamento sulla base del quadro clinico del paziente e delle caratteristiche della lesione aneurismatica – ha dichiarato Carlo Setacci, Vice Presidente Sicve. Questo ha permesso di ampliare l’indicazione al trattamento nei confronti di pazienti ad elevato rischio chirurgico, come i soggetti anziani, o con controindicazioni assolute per condizioni cliniche incompatibili con l’intervento. ” La procedura mininvasiva, infatti, può essere eseguita in anestesia locale e comporta l’inserimento di una endoprotesi, costituita da un tubo in materiale sintetico con uno scheletro in metallo, attraverso una piccola incisione a livello dell’inguine. Il dispositivo viene posizionato grazie all’utilizzo di un catetere di rilascio (un sottile tubo di gomma che deve trasportare l’endoprotesi stessa) che viene rimosso al termine dell’intervento. “L’utilizzo della tecnica endovascolare deve essere, tuttavia, valutata attentamente dal chirurgo vascolare in base alle caratteriste del paziente, anche se l’evoluzione tecnologica sta cercando di ovviare anche a queste limitazioni – ha continuato Puttini. Nel panorama dei device sono, infatti, emerse nuove endoprotesi estremamente flessibili, che permettono di curare l’aneurisma aortico addominale anche in quei pazienti che presentano un’anatomia complessa (come aorta molto tortuosa o aneurismi con colletto troppo corto) sui quali non possono essere utilizzate le normali endoprotesi già in uso. ” “Tuttavia, in particolari situazioni – ha aggiunto Setacci - nel corso di un intervento endovascolare possono subentrare complicanze che richiedono l’immediato passaggio alla chirurgia tradizionale a “cielo aperto”. E il chirurgo vascolare è l’unico specialista in grado di eseguire entrambe le tecniche chirurgiche”. “Se la prevenzione e il ricorso tempestivo alla chirurgia vascolare – continua Setacci - sono fondamentali per un esito favorevole della malattia aneurismatica addominale, lo stesso vale in altre patologie particolarmente gravi quali le stenosi carotidee, caratterizzate da localizzazioni aterosclerotiche a livello dei tronchi sovraortici, che possono dare origine a ischemie cerebrali transitorie o permanenti e le arteropatie diabetiche (piede diabetico) che, se non trattate adeguatamente, riportando un’adeguata irrorazione agli arti inferiori, rendono necessaria l’amputazione. Anche in questi casi, l’approccio chirurgico può essere di tipo “tradizionale” o mininvasivo. ” “Le patologie vascolari dovrebbero essere, dunque, trattate chirurgicamente prima che manifestino i propri sintomi – continua Setacci – per questo è assai importante la sensibilizzazione del Medico di Medicina Generale e del singolo cittadino, perché la malattia non arrivi a uno stadio avanzato. ” “Oggi il chirurgo vascolare può avvalesi delle più evolute tecniche, ampiamente esposte in questo Congresso – conclude Puttini - La diffusione responsabile di queste tecnologie renderà sempre più cruciale l’indentificazione dei pazienti in cui potrà esprimere al meglio le sue potenzialità per evitare dispersione di risorse e insuccessi clinici”. . |
|
|
|
|
|
<<BACK |
|
|
|
|
|
|
|